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Responsabilità dello Stato per la violazione dell’Art

3.1 La soglia di gravità come criterio interpretativo

3.3 Responsabilità dello Stato per la violazione dell’Art

L’Art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo pone a carico dello Stato un duplice obbligo: l’obbligo negativo impone allo Stato membro di astenersi dal compiere atti contrare al contenuto dell’articolo stesso, mentre dall’obbligo positivo discende il dovere a carico dello Stato di adottare tutte le misure volte ad impedire che le persone soggette alla sua giurisdizione siano sottoposto a torture o a pene o trattamenti inumani e degradanti, e l’obbligo di procedere all’accertamento e all’eventuale sanzione dei casi denunciati che si rivelino fondati. L’obbligo di protezione riguarda sia le persone libere che quelle private della libertà personale.

La responsabilità dello Stato per violazione dell’Art. 3 è legata al verificarsi di un inadempimento nei confronti degli obblighi assunti: lo Stato che ponga in essere atti qualificabili come tortura o che si mostri negligente nell’accertare la fondatezza di gravi abusi denunciati da un suo cittadino, commette una violazione ai sensi dell’Art. 3.

Il rispetto dell’obbligo negativo risulta essere l’obbligo primario posto a carico dello Stato dal quale l’obbligo positivo: innanzitutto, lo Stato deve astenersi dal porre in essere atti di torture o trattamenti inumani o degradanti; inoltre deve predisporre le misure necessarie volte ad impedire casi di violazione e ad accertare e sanzionare quelle che, malgrado le misure preventive, si siano comunque verificate.

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Alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte, lo Stato contraente può essere chiamato a rispondere di una violazione dell’Art. 3 secondo quattro diversi tipi di responsabilità242:

1. Responsabilità diretta, quando il maltrattamento è posto in atto dagli organi statali;

2. Responsabilità diretta di secondo grado, che la giurisprudenza riconosce quando i maltrattamenti siano posti in essere da organi non direttamente statali ma indirettamente collegati ad essi perché ad essi sono chiamati a rispondere o perché di essi svolgono le funzioni sostitutive;

3. Responsabilità indiretta, per atti contrari alla Convenzione posti in essere da un altro e diverso Stato. È la forma di responsabilità tipica che obbliga ogni Alta Parte contraente a non espellere, estradare o allontanare un individuo quando nello Stato di destinazione potrebbe essere sottoposto dalle autorità pubbliche ad atti di tortura o a trattamenti inumani o degradanti;

4. Responsabilità indiretta di secondo grado, per atti che potrebbero essere compiuti dallo Stato di destinazione o altrove e non sono imputabili agli organi statali ma a fattori diversi e non riconducibili direttamente al ruolo delle autorità pubbliche del Paese di destinazione.

Nella determinazione della soglia minima di gravità e dei limiti fissati dall’Art.3, il giudice europeo valuta anche il grado di responsabilità dello Stato chiamato in causa.

La responsabilità dello Stato per inadempimento dell’obbligo positivo si configura ogni qualvolta si sia omesso di avviare le indagini a seguito di denunce di atti di tortura o trattamenti inumani e degradanti che siano funzionali ad accertare l’effettiva violazione. Secondo la Corte, l’Art. 3 deve essere letto congiuntamente all’Art. 13 della Convenzione che garantisce ad ogni persona, i cui diritti e libertà siano stati violati, un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale; da ciò deriva l’obbligo dello Stato di svolgere un’indagine ufficiale effettiva la quale deve condurre all’individuazione e alla conseguente punizione dei colpevoli.

Se così non fosse, nonostante la sua capitale importanza, il divieto legale generale della tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti sarebbe in pratica inefficace e sarebbe

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possibile in taluni casi per gli agenti dello Stato calpestare, godendo di una qualsiasi impunità, i diritti di coloro che sono sottoposti al loro controllo243.

Nel caso Labita contro Italia, la Corte non ha ritenuto provati al di là di ogni ragionevole dubbio i maltrattamenti imputati al personale penitenziario denunciati da parte del ricorrente durante il periodo di detenzione, ma ha ritenuto comunque di condannare lo Stato italiano tenuto conto dei seri ritardi, delle negligenze e della eccessiva lunghezza delle indagini; secondo la Corte, il mancato avvio effettivo di indagini a seguito di denuncia per verificare la commissione di comportamenti configurabili come tortura o trattamenti inumani e degradanti determina una responsabilità diretta della Stato per inadempimento dell’obbligo positivo.

Nel caso Cipro contro Turchia244, il governo cipriota denunciava la scomparsa dei greci ciprioti e delle loro famiglie avvenute a seguito dell’occupazione militare del territorio a Nord dell’isola da parte della Turchia. Nel ricorso davanti alla Corte di Strasburgo, Cipro denuncia tra le tante violazioni perpetrate ai danni dei suoi cittadini anche la violazione dell’Art. 3, chiedendo alla Corte di dichiarare come comportamenti contrari alla Convenzione le sofferenze inflitte alle famiglie degli scomparsi, che avevano causato sentimenti di profonda angoscia e impotenza, e che trovavano fonte, secondo Cipro, proprio nella mancata attivazione da parte delle autorità turche di adeguate indagini volte a fare chiarezza sulle sparizioni. Secondo la Commissione, le circostanze violente e cruenti delle sparizioni avevano portato le famiglie a conoscere “i tormenti dell’incertezza e dell’angoscia”, sentimenti amplificati dalla colpevole inerzia investigativa della autorità turche, giudicati dalla Commissione come trattamenti inumani.

Secondo giurisprudenza successiva della Corte, la violazione dell’Art. 3 si consuma non solo in via diretta per la scomparsa di un familiare, ma anche in via indiretta per la sofferenza ingenerata nei familiari dello scomparso dal diniego di giustizia e di tutela da parte della autorità interpellate.

243 F. Trione, op. cit., p. 45.

244Corte, 10 maggio 2001, Cipro contro Turchia.

Nel 2014, la Turchia è stata condannata dalla Corte europea a versare 90 milioni di euro a Cipro per il risarcire i familiari delle vittime delle operazioni militari condotte contro i greco-ciprioti residenti durante l’occupazione dell’isola da parte del governo turco.

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4. La Convenzione europea per la prevenzione della tortura e

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