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Il divieto di tortura nei Trattati internazionali e regional

LA TORTURA NEL DIRITTO INTERNAZIONALE: DIVIETO, PREVENZIONE E REPRESSIONE

3. Il divieto di tortura nei Trattati internazionali e regional

Il debutto nel panorama internazionale del divieto di tortura con la Dichiarazione del 1948 e la crescente convinzione da parte dell’intera comunità internazionale della necessità di proteggere gli individui dal suo uso ha comportato la proliferazione di una serie di convenzioni volte a difendere il diritto fondamentale dell’uomo alla dignità e all’integrità fisica di fronte al perpetrarsi di gravi e sistematiche violazioni commesse a loro danno.

Se è indubbio che l’Art. 5 della Dichiarazione universale costituisce modello di riferimento per le successive convenzioni, è vero anche che gli atti successivi hanno cercato di intensificare progressivamente gli strumenti a protezione dell’uso della tortura.

A livello internazionale, la tortura e i trattamenti crudeli sono vietati espressamente, nel 1949, dalle quattro Convenzioni di Ginevra122 relative al diritto internazionale umanitario.

All’art. 3 proibiscono «il trattamento crudele e la tortura di persone che non prendono parte direttamente alle ostilità» e altresì «gli oltraggi alla dignità personale e in particolare il trattamento umiliante e degradante». Inoltre, l’Art. 99, comma 2 della III Convenzione stabilisce che «nessuna coercizione morale e fisica può essere esercitata su un prigioniero di guerra allo scopo di indurlo ad ammettere di essere colpevole dell’atto del quale è accusato».

regolarmente costituito, che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili.”

122 Con L. 27 ottobre 1951, n. 1739 l’Italia ratifica ed esegue le seguenti Convenzioni

internazionali firmate a Ginevra l'8 dicembre 1949: a) Convenzione relativa al trattamento dei prigionieri di guerra; b) Convenzione per il miglioramento della sorte dei feriti e dei malati delle Forze armate in campagna; c) Convenzione per il miglioramento della sorte dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle Forze armate sul mare; d) Convenzione relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra.(GU n.53 del 1-3-1952 - Suppl. Ordinario)

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Nel 1966, il divieto della pratica di tortura viene inserito nel Patto internazionale sui diritti civili e politici123, approvato dall’Assemblea generale dell’ONU. All’Art. 7 stabilisce che “nessuno può essere sottoposto alla tortura, né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti […]”. È interessante notare come, al precedente Art. 4, il Patto introduce la possibilità per gli Stati di derogare agli obblighi imposti dal medesimo in caso di “pericolo pubblico eccezionale” ma si preoccupa subito di precisare al 2 comma che “la suddetta disposizione non autorizza alcuna deroga all’Art. 7”. La tortura non è mai ammissibile in nome dello Stato: è vietata in ogni luogo e di fronte a qualsiasi circostanza.

Allo scopo di vigilare sulla corretta applicazione dell’accordo, con il Patto è stato istituito il Comitato per i diritti dell’uomo, entrato in funzione nel 1977.

Il Comitato opera in base a tre procedure: l’esame dei rapporti periodici -che gli Stati dovrebbero trasmettere ogni 5 anni sullo stato di attuazione del Patto-, l’esame di presunte violazioni di diritti da parte di uno Stato contraente su iniziativa di un altro Stato contraente o su istanza di individui o gruppi di individui, e la possibilità di adottare osservazioni generali, raccomandazioni utili a garantire l’uniforme interpretazione del patto all’interno degli Stati membri, anche se si tratta di una forma di controllo molto debole che dipende molto dalla volontà di collaborazione degli Stati parte al trattato124.

Sempre in sede ONU, nel 1975, l’Assemblea generale adotta la Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone sottoposte a tortura ed altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Nonostante sia un atto privo di effetti vincolanti per gli Stati (risultando così essere niente di più che una forma di raccomandazione, che implica per gli Stati hanno tutt’al più una doverosità morale) nel suo contenuto è certamente importante, soprattutto per la definizione di tortura che fornisce all’Art. 1 la quale verrà ripresa in gran parte dalla successiva Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altri trattamenti o pene crudeli, inumane e degradanti del 1984.

A livello regionale, sono quattro i documenti che si occupano di tortura:

123 Reso esecutivo in Italia con la L. 25 ottobre 1977, n. 881. Ratifica ed esecuzione del patto

internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché' del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati e aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966. (GU n.333 del 7-12-1977 - Suppl. Ordinario)

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1. la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950 rubrica l’Art. 3 con la formula «Divieto di tortura», mentre nel 1987 viene adottato un testo specifico: la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti.

2. Nel contesto americano, la Convenzione americana dei diritti dell’uomo del 1969 che all’Art 5, par. 2 stabilisce “Nessuno sarà sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Tutti coloro privati della libertà saranno trattati con il rispetto dovuto alla dignità inerente di persona umana”, si arricchisce nel 1987 della Convenzione interamericana per la prevenzione e la punizione della tortura mediante la quale gli Stati si impegnano a prevenire e punire la tortura. Oltre alla definizione contenuta all’Art. 2125, segue l’enunciazione di alcuni principi

fondamentali - quali, ad esempio, l’attribuzione della responsabilità per il compimento di atti qualificabili come tortura - e l’impegno da parte degli Stati contraenti ad adottare misure al fine di prevenire la commissione di tali atti e ad introdurre nel loro ordinamento giuridico adeguati strumenti che garantiscono ad ogni persona, che denunci di aver subito tortura nell'ambito delle rispettive giurisdizioni, il diritto ad un esame imparziale del caso che la riguarda, nonché regole che assicurino alle vittime di tortura un'adeguata riparazione126.

3. Nella Carta africana sui diritti dell’uomo e dei popoli del 1981, alla tortura viene riservato un minuscolo spazio vitale all’Art. 5, par. 2 dove si legge “Qualsiasi forma di sfruttamento e di svilimento dell'uomo, specialmente la schiavitù, la tratta delle persone, la tortura fisica o morale, e le pene o i trattamenti crudeli, inumani o degradanti sono interdetti.”

4. Per completare la disamina degli strumenti adottati a livello regionale, occorre menzionare ancora la Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo del 1981 che all’Art. 7 rubricato «Diritto alla protezione contro la tortura»

125 Art. 2 “Ai fini della presente Convenzione, per tortura si intende ogni atto intenzionalmente

posto in essere con cui si infligge un dolore o una sofferenza fisica o mentale è inflitta ad una persona a scopo di indagine penale, come mezzo di intimidazione, come castigo personale, come misura preventiva, come pena, o per ogni altro scopo. Per tortura si intende anche l'uso su una persona di metodi volti ad annullare la personalità della vittima o diminuire le sue capacità fisiche o mentali, anche senza causare un dolore fisico o angoscia psichica.

La nozione di tortura non comprende il dolore o la sofferenza fisica o mentale implicita o conseguenza esclusiva dell'applicazione di misure legali, a condizione che tali misure non comprendano la esecuzione degli atti o l'uso dei metodi di cui al presente articolo.”

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stabilisce “Nessuno potrà essere sottoposto a tortura fisica o psicologica, o degradato, minacciato con ingiurie a sé stesso ed ai membri della sua famiglia, né costretto con la forza a confessare un crimine, né forzato a dare il consenso ad un’azione nociva per i suoi interessi” e la Carta Araba sui diritti umani del 1994, che all’Art. 8 recita “Nessuno sarà soggetto a tortura fisica o psicologica o ad un trattamento crudele, degradante, umiliante o inumano”127.

A ben vedere, da oriente ad occidente, non manca l’elaborazione di documenti e meccanismi d’azione predisposti a contrastare il fenomeno della tortura. Nonostante ciò, la comunità internazionale assiste ancora oggi a nuove forme di tortura di cui gli esseri umani sono vittime in tutto il mondo tanto che, in tempi assai recenti, nell’elaborazione dei contenuti dello Statuto della Corte penale Internazionale, il divieto di compiere atti di tortura, trattamenti, punizioni inumane e degradanti, è stato reiterato e configurato come «crimine contro l’umanità»128.

Ciò costituisce un ulteriore dimostrazione dell’attuale condizione di pericolo in cui vivono milioni di persone, specialmente in territori sede di conflitti civili, che non assumono proporzioni di natura mondiale, ma nei quali è evidente il mancato rispetto dei diritti fondamentali di cui ogni persona è titolare129.

127Il 2 comma dell’Art. 8 prosegue affermando che “Ogni Stato Parte proteggerà qualunque

individuo si trovi soggetto alla sua giurisdizione dalle suddette pratiche e adotterà misure effettive per prevenire tali pratiche. La commissione o la partecipazione a simili atti sarà considerata tra i delitti punibili in base alla legge e ad essi non si applicherà la prescrizione. Ogni Stato Parte dovrà garantire, all'interno del proprio sistema giuridico, riparazioni per chi sia vittima di tortura, compreso un sistema di riabilitazione e indennizzo.”

128 C. Zanghi, op. cit., p. 374. 129 Ibidem.

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4. La Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone

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