• Non ci sono risultati.

LA TORTURA IN ITALIA

5. Lo spettro della tortura in alcuni casi italian

5.1 I maltrattamenti nel carcere di Ast

Il luogo in cui si consumano maltrattamenti e vengono ripetutamente perpetrati atti di violenza e torture spesso ha anche un nome: durante il regime nazista, era rappresentato dal campo di sterminio e di concentramento Auschwitz-Birkenau, dove i nazisti mascheravano con la scritta “Arbeit macht Frei” (Il lavoro rende liberi) una realtà antitetica a quella che avrebbe accolto i deportati, distorcendo e deridendo la parola libertà307; per le migliaia di migranti che ogni giorno sbarcano sulle coste del Mediterraneo provenienti da ogni dove si chiamano CIE (centri di identificazione ed espulsione per stranieri), luoghi nei quali c’è un tasso di sofferenza altissima, luoghi inidonei all’accoglimento degli stranieri e alla piena tutela della loro dignità in quanto esseri umani; per i “pazzi criminali” si chiamavano OPG (ospedali psichiatrici giudiziari), un nome ufficiale incolore dietro il quale si celavano le condizioni inumane e umilianti alle quali erano sottoposti i detenuti; per i “criminali normali” si chiamano carcere di Asti, le isole carcerarie di Pianosa e dell’Asinara, gli istituti di Busto Arsizio e Piacenza, il carcere di San Vittore di Milano o quello di Rebibbia a Roma.

Il carcere è il luogo dove più frequentemente si consumano episodi di violenza, maltrattamenti, torture perché l’individuo smette di essere visto come uomo e diventa un assassino, uno stupratore, un terrorista che perde ogni diritto al rispetto della dignità umana; tra le mura degli istituti penitenziari, le vessazioni sono facilitate dalla situazione di vulnerabilità dell’individuo, provato da una condizione psicologica per lo stato in cui si trova e sprovvisto di mezzi per difendersi. All’interno del carcere, si realizza un sistema di gerarchie e di paure, che costruisce muri di omertà dietro i quali si consumano soprusi e violenze; soprattutto nei reparti di isolamento, diminuisce il potenziale numero di testimoni e cresce il rischio di un esercizio sistematico della violenza.

Il sistema penitenziario italiano e il trattamento dei detenuti è da anni nel mirino della Corte EDU: numerose sono le sentenze del giudice europeo che continua a condannare e sanzionare pesantemente un sistema che non funziona e che non sembra riprendersi.

135

Tra tutte, la vicenda del carcere di Asti rileva particolarmente nei suoi contenuti in quanto concretizza la difficoltà per il giudice nel dover ricorrere a fattispecie inadeguate non potendo incriminare per tortura, facendo emergere la necessità di proseguire nel cammino verso la realizzazione di una normativa ad hoc.

Tra il dicembre del 2004 e il febbraio del 2005, due detenuti presso il carcere di Asti, dopo essere stati condotti in cella nella sezione di isolamento del carcere, vengono denudati, insultati, picchiati, privati del cibo e del sonno.

Il detenuto Renne viene spogliato completamente, messo in cella di isolamento, priva di vetri alle finestre, di materasso, di lavandino, sedie e di sgabelli. Viene lasciato così per due mesi. Per due giorni viene lasciato completamente nudo. Gli viene razionato il cibo. Gli viene dato solo pane e acqua come nei film. Claudio Renne viene picchiato ripetutamente, anche più volte al giorno, con calci e pugni su tutto il corpo. Gli viene diagnosticata la frattura di una costola. Gli viene strappato con le mani il codino che aveva ai capelli.

Il detenuto Cirino viene anche lui isolato per 20 giorni, subisce analogo trattamento e viene lasciato senza acqua corrente in bagno. Gli viene impedito di dormire. Viene picchiato più volte al giorno, anche schiacciandogli la testa308.

La vicenda giudiziaria risale al 2009, quando il caso finisce in tribunale quasi incidentalmente grazie ad alcune informazioni scoperte nel corso di un’altra indagine giudiziaria: alcuni agenti in servizio presso il carcere di Asti hanno il cellulare sotto controllo per via di un sospetto spaccio di sostanze di stupefacenti all’interno dell’istituto, ma nelle loro conversazioni si fa riferimento ad alcuni pestaggi “per punire i più problematici”. Dalle intercettazioni, emergono particolari inquietanti: Renne e Cirino erano diventati vittime predilette di una cultura diffusa di violenze, pestaggi, vessazioni da parte di una squadretta composta da 15 poliziotti e di indifferenza da parte dei medici e del direttore del carcere, un muro di omertà costruito anche grazie alla mancata denuncia da parte dei due detenuti per paura di subire ripercussioni.

Il torturato è nelle mani di custodi che hanno a disposizione la sua libertà. Sa che ogni denuncia si ripercuoterà contro di lui. Anche dopo la eventuale querela o denuncia permarrà senza protezione nelle loro mani nel chiuso del carcere o della stazione di polizia309.

Nella sentenza resa il 30 gennaio 2012 dal tribunale di Asti, il giudice Riccardo Crucioli dopo una meticolosa e approfondita istruttoria ha ritenuto provato «al di là di ogni ragionevole dubbio», l’esistenza nel carcere di Asti di «una prassi generalizzata di maltrattamenti posti in essere verso i detenuti più problematici»: in particolare, secondo il tribunale di Asti «due di essi, R. e C., subirono non solo

308Lo scandalo delle torture nel carcere di Asti, in www.associazioneantigone.it , 24 ottobre

2011; P. Gonnella, op. cit., p. 51.

136

singole vessazioni, ma una vera e propria tortura, durata per più giorni e posta in essere in modo scientifico e sistematico». Passando alla qualificazione giuridica, secondo il tribunale di Asti i fatti in esame «potrebbero essere agevolmente qualificati come tortura, se l’Italia non avesse omesso di dare attuazione alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984, pur ratificata dal nostro Paese con L. 3 novembre 1988, n. 498». Per tale motivo, si è dovuto ricorrere all’applicazione di norme residuali, le uniche che astrattamente possono essere utilizzate per punire i comportamenti tenuti dai torturatori.

In mancanza di tale fattispecie delittuosa, il Tribunale ha escluso che le condotte sopra indicate possano configurare il reato di cui all’art. 572 c.p. (maltrattamenti contro familiari e conviventi), ritenendo che le stesse debbano essere ricondotte alla fattispecie di cui all’art. 608 c.p. (abuso di autorità contro arrestati o detenuti). Il pubblico ministero ha impugnato la sentenza con ricorso immediato per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo la nullità per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione alla riqualificazione del fatto in abuso di autorità contro arrestati o detenuti310.

Quando però, otto anni più tardi, la Corte di Cassazione perviene, il 27 luglio 2012, ad una decisione è troppo tardi: il risultato sono assoluzioni e prescrizioni. Il ritardo nell’emersione dei maltrattamenti, la lentezza delle indagini, l’assenza di una norma ad hoc, hanno lasciato giudizialmente impuniti i torturatori di Asti.

[...] non può essere accolta la richiesta di annullamento della sentenza, in quanto il ricorso è inammissibile per mancanza d’interesse, essendo stato più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte che l’interesse all’esatta applicazione della legge non è sufficiente a legittimare l’impugnazione da parte del p.m. quando egli non abbia la possibilità di conseguire un risultato utile e favorevole in concreto. Nel caso in esame, infatti, anche il reato di maltrattamenti è prescritto311.

Quello che è accaduto nel carcere di Asti non accade in tutte le carceri italiane ma non può nemmeno essere considerata una vicenda isolata e residuale; lo scopo dei maltrattamenti di Asti era quello di “legittimare i rapporti di forza e di potere all’interno del carcere, di punire due detenuti riottosi per dare una lezione a tutti gli altri312”, ricorrendo a tutte le forme di violenza conosciute, da quella fisica a quella psichica, da quella minacciata a quella realizzata, usando ora le parole ora le azioni.

310 Corte di Cassazione, sez. VI penale, sent. n.30780, 27 luglio 2012. 311 Ibidem.

137

5.2 La morte di Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e Stefano

Outline

Documenti correlati