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Il reato che non c’è: la prolungata assenza di una disposizione ad hoc nel codice penale

LA TORTURA IN ITALIA

3. Il reato che non c’è: la prolungata assenza di una disposizione ad hoc nel codice penale

L’affermazione e lo sviluppo della fattispecie di tortura in ambito costituzionale e internazionale non si sono, per lungo tempo, tradotti nella formulazione di uno specifico reato di tortura nel sistema penale italiano; solo nel 2002, con L. n. 6 che ha convertito il decreto legge n.421/2001, gli obblighi assunti sono stati parzialmente adempiuti mediante l’introduzione dell’Art. 185-bis del Codice penale militare di guerra, il quale però non appare idoneo a colmare la lacuna normativa, potendo essere invocato soltanto in casi eccezionali come sono per loro stessa natura i tempi di guerra. Per quanto riguarda il diritto penale ordinario, l’inadempienza legislativa permane.

290 Ibidem.

291 P. Gonnella, Un reato fantasma ma è l’unico chiesto dalla Costituzione, in Il manifesto, 18

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L’assenza di una figura di reato di tortura comporta che ogni denuncia alla pubblica autorità e sottoposta all’accertamento e alla sanzione del sistema giudiziario italiano non ha la possibilità di tradursi nell’applicazione di una norma ad hoc292: in Italia, i giudici non possono incriminare per tortura in maniera esplicita come emerge dalla sentenza n. 78 del Tribunale di Asti del 30 gennaio 2012 nella quale si legge che

i fatti in esame potrebbero essere agevolmente qualificati come tortura, se l’Italia non avesse omesso di dare attuazione alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984, pur ratificata dal nostro Paese con L. 3 novembre 1988, n. 498.

Ciò comporta che, per sanzionare tale crimine sul piano giudiziario, è necessario ricorrere analogicamente ad altre figure criminose contemplate nel nostro codice penale, nonostante queste si rivelino assolutamente inadeguate.

In questi anni di inadempienza, si è cercato di riparare all’inerzia del legislatore facendo confluire alcuni atti riconducibili alla tortura in una serie variegata di atti generici; è stato infatti sostenuto che una copertura penale esiste ed è riconducibile a “fattispecie penali che andrebbero a comporre un’adeguata costellazione punitiva293”: percosse (Art. 581 c.p.), lesioni personali (Art. 582 c.p.), ingiurie (art. 594 c.p.), sequestro di persona (Art. 605 c.p.), arresto illegale (Art. 606 c.p.), indebita limitazione di libertà personale (Art. 607 c.p.), abuso di autorità contro arrestati o detenuti (Art. 608 c.p.), perquisizioni e ispezioni personali arbitrarie (Art. 609 c.p.), violenza privata (Art. 610 c.p.), minacce (Art. 612), stato di incapacità procurato mediante violenza (art. 613 c.p.). La realtà fattuale, però, è ben diversa: la tortura è altra cosa rispetto alle fattispecie contemplate dal codice Rocco del 1930.

Se si prende come riferimento l’unica nozione di tortura universalmente riconosciuta, cioè quella prevista all’Art. 1 della Convenzione ONU del 1984, è agevole notare come essa ha la forza di sanzionare condotte che altrimenti non sarebbero punibili dalle normali fattispecie penali di lesioni, percosse o maltrattamenti “proprio perché, a differenza degli altri delitti, il bene giuridico offeso dal reato di tortura non è il corpo ma la dignità umana di quel corpo294”. Questi reati, non essendo pensati per punire nello specifico la tortura così come

292 F. Trione, op. cit., p. 130. 293 A. Pugiotto, p. 14. 294 P. Gonnella, op. cit., p. 38.

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strutturata nei suoi elementi costitutivi dalla norma internazionale, non possono considerarsi sostitutivi di uno specifico reato di tortura che necessita di ricevere adeguato riconoscimento nell’ordinamento italiano.

Andrea Pugiotto evidenzia come la possibile applicazione di questo lungo elenco di reati in realtà si restringa progressivamente, mettendone in luce le carenze che toccano diversi profili:

1. si tratta di reati prevalentemente comuni, discostandosi pertanto dalla previsione internazionale che costruisce la tortura come reato proprio chiamando in causa la responsabilità di soggetti riconducibili all’apparato statale;

2. molti di essi non prendono in considerazione l’elemento materiale della violenza psicologica, a dispetto della norma internazionale che qualifica come tortura ogni atto che provochi dolori e sofferenze non solo fisiche ma anche mentali;

3. in altri reati ancora, a mancare sarebbe l’elemento psicologico dell’infliggere “intenzionalmente” tipico della tortura così come definita dal diritto pattizio;

4. la determinazione della pena da irrogare per questi reati se bilanciata con le attenuanti si abbassa notevolmente, in palese contrasto con la gravità del ricorso alla tortura;

5. per la procedibilità di molti di questi reati, è prevista la querela di parte, il che rende ancora più difficile la denuncia da parte delle vittime di tortura, soprattutto se detenuti, per il timore di subire ripercussioni, dovendosi piuttosto il reato di tortura annoverarsi tra quelli procedibili d’ufficio;

6. da ultimo, i termini di prescrizione sono rapidi “non assicurando nel concreto l’effettività della risposta sanzionatoria”295, mentre un crimine

contro l’umanità dovrebbe essere imprescrittibile.

Pugiotto offre valide argomentazioni capaci di minare l’obiezione posta da chi ritiene che la previsione esplicita di un reato di tortura non sarebbe necessaria

295 L’elenco è tratto in maniera approssimativa dall’analisi più specifica e completa di A.

Pugiotto, Repressione penale della tortura e Costituzione: anatomia di un reato che non c’è, pp. 14 ss.

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perché «esiste già una batteria di norme repressive» capaci di dare copertura penale di condotte materiali riconducibili alla pratica vietata296.

Si comprende, allora, come la gravità della tortura non possa essere ricondotta entro le maglie strette delle norme penali sopra elencate: esse risultano del tutto insufficienti soprattutto per l’inadeguatezza del contenuto normativo e per la scarsa severità della sanzione, mettendo in difficoltà anche il giudice che si trova sprovvisto di uno strumento adeguato per sanzionare sul piano giuridico la fattispecie di tortura.

Difatti l’assenza di una figura di reato che contempli la fattispecie di tortura entro il paradigma normativo italiano e che sia idonea ad offrire alle funzioni giudiziarie lo strumento per sanzionare tale crimine, arriva a ledere lo stesso sacrale principio giuridico dell’inviolabilità dei diritti fondamentali della persona297.

4. Una prospettiva comparatistica: il reato di tortura nei

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