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L’azione di annullamento

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 42-52)

La seconda azione di impugnativa cui il codice civile dedica attenzione è l’azione di annullamento, regolata dagli artt. 1441-1442 c.c., nonché, quanto agli effetti della trascrizione della relativa domanda giudiziale, dagli artt. 2652, c. 1, n. 6, e 2690, c. 1, n. 3, c.c.

L’unico soggetto legittimato ad agire per l’annullamento di un contratto è la parte nel cui interesse esso è stabilito dalla legge (art. 1441, c. 1, c.c.). La sola deroga è rappresentata dall’annullamento per incapacità del condannato in stato di interdizione legale, che può essere invece domandato da chiunque vi abbia interesse (art. 1441, c. 2, c.c.). Al contrario di quel che accade rispetto all’azione di nullità, dunque, per l’annullamento la legittimazione ad agire è ordinariamente relativa ed eccezionalmente assoluta.

L’azione si prescrive in cinque anni (art. 1442, c. 1, c.c.). Il dies a quo del termine di prescrizione varia con il variare della causa di annullamento: se vizio del consenso o incapacità legale, il termine decorre dal giorno in cui la violenza, lo stato di interdizione o di inabilitazione sono cessati, il dolo o l’errore sono stati scoperti, il minore ha raggiunto la maggiore età; in tutti gli altri casi, il termine decorre dalla conclusione del contratto annullabile (art. 1442, c. 2-3, c.c.).

Spostandoci ora sul piano sostanziale, che costituisce la base su cui incide l’azione in esame, a differenza del contratto nullo, il contratto annullabile è provvisoriamente efficace: esso produce gli effetti propri di un contratto valido, i quali sono però suscettibili di essere successivamente e retroattivamente eliminati (105). L’effetto di annullamento è, per l’appunto, l’effetto che comporta la definitiva rimozione dell’efficacia precaria del contratto annullabile.

creazione di un affidamento su una situazione dotata di esistenza precaria e si complicherebbe non poco il sistema delle restituzioni conseguenti alla dichiarazione di nullità”.

(103) Si esprime in questi termini G. BERTI DE MARINIS, Nullità relativa cit., p. 294.

(104) Cfr. ancora G. BERTI DE MARINIS, Nullità relativa cit., p. 294. In giurisprudenza, v. App. Bari, 10 gennaio 2018, n. 9, in DeJure; App. Torino, 13 novembre 2017, n. 2417, in DeJure; Cass., 27 aprile 2016, nn. 8395 e 8396; Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243.

(105) In tal senso v. M. ALLARA, La teoria delle vicende del rapporto giuridico cit., p. 271; E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico cit., p. 463, per cui si qualifica annullabile il negozio che, “pur dando vita precaria alla nuova situazione giuridica che il diritto ricollega al tipo legale, possa – dietro reazione della parte interessata – essere rimosso con forza retroattiva […] e considerato come non mai posto in essere”; L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico cit., p. 352, per cui “la produzione di effetti è caduca od effimera”; A. CATAUDELLA, Il giudice cit., p. 669; G. CHIOVENDA, Principii cit., p. 194, per cui i “negozi giuridici annullabili sono quelli che possono bensì produrre effetti giuridici, ma solo in quanto non siano impugnati”; C. CONSOLO, Spiegazioni cit., vol. I, p. 154,

Si tratta di comprendere come tale effetto venga ad esistenza.

Il primo addendo dell’operazione è costituito dalle norme che prevedono le cause di annullamento dei contratti, che sono pacificamente considerate tipiche (106). Come

per il quale gli effetti del contratto annullabile sono “efficacemente sorti, pur se […] invalidabili”; N. COVIELLO, Manuale cit., p. 337, secondo cui “il negozio giuridico annullabile ha piena efficacia giuridica”; P. FORTUNATO, Mutamento della «causa petendi» rispetto alle azioni di annullamento, rescissione e nullità per simulazione, in Foro. it. 1951, I, p. 931, spec. 932; F. MESSINEO, voce Annullabilità cit. p. 470, il quale precisa che, sino a quando il contratto annullabile non è annullato, esso è efficace, “onde la parte è tenuta (o le parti sono tenute) a rispettarlo e, se del caso, ad eseguirlo”; F. PECCENINI, sub art. 1441, in AA.VV., Della simulazione, della nullità del contratto, dell’annullabilità del contratto, in F. GALGANO (a cura di), Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1998, p. 503; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 821; F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali cit., p. 254; G. STOLFI, Teoria del negozio giuridico cit., p. 84, per il quale l’atto annullabile “produce gli effetti di cui è capace, fino a che non sia annullato”; R. TOMMASINI, L’azione di annullamento ed i suoi presupposti, in R. TOMMASINI –E.LA ROSA, Dell’azione di annullamento, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. SCHLESINGER

e continuato da F. D. BUSNELLI, Milano, 2009, p. 39, per cui “l’efficacia dell’atto annullabile […] è caratterizzata dalla precarietà”; R. TOMMASINI, voce Annullabilità e annullamento. II) Diritto privato, in Enc. giur. Treccani, vol. I, Roma, 1988, p. 1, spec. 2, 7, secondo cui “il contratto annullabile è produttivo di effetti precari che i soggetti interessati possono paralizzare o eliminare, oppure rendere definitivi e stabili”; P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., pp. 237, 242.

Mentre sull’efficacia del contratto annullabile la dottrina si mostra unita, sussistono diverse linee di pensiero in merito alla validità dello stesso. Secondo una prima ricostruzione, il contratto annullabile è – seppur provvisoriamente – valido: cfr. E. ALLORIO, L’ordinamento giuridico nel prisma dell’accertamento giudiziale, in Problemi di diritto, vol. I, L’ordinamento giuridico nel prisma dell’accertamento giudiziale e altri studi, Milano, 1957, p. 3, spec. 100; F. GIANNELLI – M. G. MAGLIO, Il negozio invalido cit., Parte seconda, p. 131, per cui “l’annullabilità è una situazione di validità sospesa”, “il negozio annullabile è un negozio valido”; F. MESSINEO, voce Annullabilità cit., pp. 470, 477: “il negozio annullabile è valido: tanto che se, in ipotesi, decorra inutilmente il termine per l’esercizio dell’azione di annullamento, il negozio resta definitivamente e automaticamente valido, senza che l’interessato abbia dovuto fare alcunché per renderlo tale. Soltanto che il negozio è provvisoriamente valido o, con altre parole, ha una validità pendente risolutivamente; ciò nel senso che, esercitata vittoriosamente l’azione di annullamento, il negozio diviene nullo”; in giurisprudenza, v. Cass., 24 febbraio 2010, n. 4485. Una diversa teoria, a mio avviso più attenta alla differenza che intercorre tra validità ed efficacia, propone di qualificare il contratto annullabile come contratto invalido. Come noto, mentre la validità attiene al piano genetico dell’atto, l’efficacia riguarda il rapporto che da quell’atto scaturisce. I requisiti di validità si differenziano dalle condizioni di efficacia, sicché non vi è alcuna correlazione obbligata tra validità/invalidità ed efficacia/inefficacia dell’atto (cfr. M. FORNACIARI, Situazioni potestative cit., p. 61; R. TOMMASINI, L’azione di annullamento cit., pp. 38-39). Il contratto annullabile, sebbene efficace, rimane pur sempre sul piano genetico invalido: v. L. CARIOTA

FERRARA, Il negozio giuridico cit., p. 352; G. CHIOVENDA, Principii cit., p. 194; R. TOMMASINI, L’azione di annullamento cit., p. 39; R. TOMMASINI, voce Annullabilità cit., p. 2. Un elemento a favore della seconda opinione si trae, peraltro, dalla norma sul dolo incidente (art. 1440 c.c.), che recita: “Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse”. Leggendo la disposizione a contrario, si desume facilmente che, nei casi in cui i raggiri sono determinanti del consenso, il contratto è invalido.

Si presenta, invece, isolata l’opinione dottrinale per cui il contratto annullabile non è idoneo a produrre effetti giuridici. Si veda, in tal senso, R. SACCO, voce Nullità e annullabilità, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. XII, Torino, 1995, p. 293, spec. 294, che osserva: “tra la conclusione del contratto annullabile e la pronuncia di annullamento si ha non tanto una efficacia provvisoria del negozio, quanto una incertezza obbiettiva sull’esito. Chi ha concluso un contratto annullabile non può essere costretto ad adempiere perché dispone di un’eccezione; come dire, allora, che il contratto è efficace (sia pure, provvisoriamente?)”. V. anche F. CARRESI, L’annullabilità del contratto, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1969, p. 1436, passim, spec. 1446, il quale rileva che il contratto annullabile è sempre “privo di efficacia, anche quando sia stato interamente adempiuto”.

Per un’eccezione alla regola generale secondo cui il contratto annullabile produce effetti finché non venga integralmente caducato, si veda infra, par. 15.

(106) Cfr., ex multis, F. GIANNELLI – M. G. MAGLIO, Il negozio invalido cit., Parte prima, p. 5, per cui “l’annullabilità opera solo nei casi espressamente preveduti dalla legge”; R. TOMMASINI, voce Annullabilità cit., p. 4, il quale sottolinea che “le cause di annullabilità sono tipicamente definite e testuali”.

autorevolmente osservato, la ragione sta nel fatto che tali disposizioni, “spars[e] un poco da per tutto nella legislazione civile” (107), sono il frutto di valutazioni attinenti alle peculiarità dei singoli casi di specie e non sono idonee a essere classificate, prima, e ricondotte a sistema, poi: il che rende il ricorso all’analogia impraticabile e l’affidarsi alle previsioni espresse l’unica via percorribile (108).

Da un lato, sussistono motivi di annullamento comuni a tutti i contratti, disciplinati agli artt. 1425-1440 c.c.: incapacità delle parti (legale o naturale) e vizi del consenso (errore, violenza, dolo) (109). Dall’altro, vi sono specifiche ragioni di annullamento che sono proprie di singoli tipi di contratti; circostanza che il legislatore evidenzia quando, nel terzo comma del citato art. 1422 c.c., allude agli “altri casi” di annullabilità: tra questi, v. l’art. 1892 c.c., in materia di assicurazione, o gli artt. 1971-1975 c.c., in materia di transazione.

Il secondo elemento del modello genetico dell’effetto di annullamento è il concreto verificarsi del complesso di fatti individuati astrattamente dalle norme: per esempio, l’effettiva sussistenza di una falsa rappresentazione circa l’oggetto del contratto, riconoscibile da parte dell’altro contraente.

Ciò non basta, tuttavia, perché sorga l’effetto di annullamento e il contratto cessi di essere efficace. Ben potrebbe accadere, infatti, che l’atto annullabile, pur affetto da un vizio, risulti comunque conveniente per il soggetto che ne è autore. Così, se l’annullamento operasse in modo necessario e automatico (secondo lo schema norma – fatto – effetto), esso finirebbe assurdamente per danneggiare la parte nell’interesse della quale è previsto. È questa la ragione per cui il legislatore lascia alla parte tutelata la libertà di scegliere se attribuire rilevanza giuridica alle cause di annullamento, così provocando (si vedrà subito se in via immediata o in via mediata) la caducazione degli effetti contrattuali, o se rimanere inerte, così conservando il rapporto giuridico nato dal contratto (110).

L’essenza stessa del rimedio dell’annullamento esige, dunque, che nella sequenza che conduce alla produzione dell’effetto si inserisca anche il potere sull’an della parte nel cui interesse l’effetto è contemplato.

Le difficoltà cominciano quando ci si chiede se il menzionato potere sull’an sia un potere sostanziale o a necessario esercizio giudiziale.

(107) F. MESSINEO, voce Annullabilità cit. p. 471. (108) Così G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 458.

(109) Giova qui riprendere quanto si è notato supra, in nota 80, in merito all’ipotesi di nullità del contratto per mancanza di accordo, e aggiungere un elemento al fine di delineare meglio il confine tra nullità e annullabilità: l’unica violenza che cagiona l’annullabilità del contratto è la violenza morale; viceversa, la violenza fisica ridonda in un caso di nullità virtuale (cfr. F. GIANNELLI – M. G. MAGLIO, Il negozio invalido cit., Parte seconda, p. 132).

(110) Si tratta di una delle principali divergenze tra l’effetto di nullità e l’effetto di annullamento. Mentre la nullità è una sanzione posta a tutela di interessi generali dell’ordinamento (cfr. supra, par. 6), l’annullamento mira a tutelare interessi privati (cfr. R. TOMMASINI, L’azione di annullamento cit., p. 39): è, dunque, ragionevole che l’ordinamento rimetta alla parte tutelata il giudizio di convenienza sulla conservazione o sulla caducazione dell’assetto di interessi che si è creato attraverso la stipula del contratto annullabile (così R. TOMMASINI, L’azione di annullamento cit., p. 39; v. anche F. MESSINEO, voce Annullabilità cit. p. 475; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 507; G. STOLFI, Teoria del negozio giuridico cit., p. 74; P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., p. 238).

La dottrina di gran lunga maggioritaria risponde nel secondo senso (111). Tuttavia, la presenza di voci discordanti impone di vagliare la tenuta della conclusione.

Innanzitutto, vi è chi reputa che la soluzione sia variabile (112). L’effetto di annullamento potrebbe essere conseguito in via di autonomia privata in tutti i casi in cui la controparte del titolare del diritto potestativo ponga in essere gli atti necessari a conformare la situazione di diritto al fatto cui la parte interessata vuole attribuire rilevanza: si avrebbe così un annullamento del contratto in via di mutuo dissenso. Viceversa, il diritto potestativo dovrebbe essere esercitato in via giudiziale in tutte le occasioni in cui manchi la cooperazione della controparte: “l’esercizio del potere sostanziale […] nella forma giudiziale […] non è altro che la modalità – legislativamente predeterminata – di esercizio del potere di determinare unilateralmente l’effetto impeditivo o estintivo” (113).

A tale teoria si può obiettare che l’effetto ottenuto dalle parti nella prima ipotesi non è un effetto di annullamento del contratto viziato; si tratta, piuttosto, della stipulazione di un nuovo e diverso contratto, col quale le parti novano il precedente, oppure dichiarano di considerarlo come mai intervenuto: le differenze rispetto all’annullamento disciplinato dagli artt. 1425 ss. c.c. sono evidenti (114). Rimane, allora, solo l’altra forma di annullamento prospettata nell’opinione in esame, ossia quella raggiungibile unicamente attraverso l’operare di un diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale.

Vi è, poi, chi ritiene che il diritto potestativo all’annullamento sia sempre un diritto sostanziale, idoneo a cagionare l’effetto in via stragiudiziale. È questa la suggestiva tesi elaborata da Ilaria Pagni, in una articolata monografia sulle azioni di impugnativa negoziale (115).

Punto di partenza è l’affermazione per cui le cause di annullamento formano sia fatti costitutivi dell’effetto di annullamento sia fatti impeditivi dell’efficacia del contratto, che vengono normalmente fatti valere in via di eccezione. Quando viene stipulato un contratto annullabile, si crea una situazione di pendenza (molto simile a quella che si ha in presenza di una condizione), caratterizzata dalla sospensione degli effetti del fatto impeditivo dal

(111) Cfr. L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico cit., p. 353, per cui “nel diritto nostro […] non può aversi annullamento su semplice dichiarazione di volontà della parte”; L. CIFFO BONACCORSO, Diritti potestativi cit., pp. 136-137, anche nt. 26; C. CONSOLO, Oggetto del giudicato cit., p. 249, anche nt. 73; E. GRASSO, La pronuncia d’ufficio cit., p. 303 ss., anche nt. 62: “non può dimostrarsi […] che la parte possa unilateralmente determinare gli effetti costitutivi manifestando la volontà di annullare […] fuori del processo”; F. MESSINEO, voce Annullabilità cit. p. 475; A. MOTTO, Poteri sostanziali e tutela giurisdizionale, Torino, 2012, p. 261 ss.; R. ORIANI, voce Eccezione cit., p. 271; E. F. RICCI, voce Accertamento cit., p. 23; R. TOMMASINI, sub art. 1441, in R. TOMMASINI –E.LA ROSA, Dell’azione di annullamento, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. SCHLESINGER

e continuato da F. D. BUSNELLI, Milano, 2009, p. 93. In giurisprudenza, cfr. Cass., 13 aprile 1959, n. 1086, in Giur. it. 1959, I, 1, p. 1192, con nota di L. CIFFO BONACCORSO, L’eccezione nel sistema della difesa del convenuto. (112) Di tale avviso è A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela c.d. costitutiva cit., p. 90 ss. In senso simile si esprime anche L. MONTESANO, La tutela giurisdizionale cit., p. 131.

(113) A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela c.d. costitutiva cit., p. 90.

(114) Nello stesso senso si esprime L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico cit., p. 353: “un negozio di accertamento o comunque un accordo tra le parti, diretto a considerare il negozio come non fatto possono produrre effetti praticamente corrispondenti a quelli dell’annullamento, ma annullamento vero e proprio non producono”.

momento in cui il vizio si verifica al momento in cui la parte manifesta la volontà di dare ad esso rilevanza giuridica; durante tale periodo, il contratto produce i propri effetti sotto condizione risolutiva. Se ciò corrisponde al vero, allora il mutamento della realtà sostanziale provocato dall’annullamento del contratto, ossia il passaggio da atto efficace ad atto improduttivo di effetti, discende dall’avverarsi della condizione sospensiva cui è sottoposto il vizio invalidante, i.e. dall’esercizio del diritto potestativo sostanziale, e non deve essere necessariamente ricondotto a una pronuncia giudiziale (116).

La natura sostanziale del diritto potestativo sarebbe, peraltro, confermata da un’altra circostanza. Ai sensi dell’art. 1444, c. 2, c.c., se il contraente cui spetta l’azione di annullamento dà volontariamente esecuzione al contratto, in un momento in cui ne conosce il motivo di annullabilità, il contratto stesso resta convalidato (117). Ebbene, se la parte ha la possibilità di scegliere, attraverso la convalida, se conservare o meno gli effetti del contratto viziato, allora può anche legittimamente rifiutarsi di eseguire la propria prestazione e di accettare l’adempimento della controprestazione, così mostrando di voler porre il contratto nel nulla. Ad avviso dell’Autrice, ciò significa che al potere di convalidare il contratto in via stragiudiziale si affianca anche il potere di annullarlo con le stesse modalità. Unico presupposto del legittimo esercizio del diritto potestativo sostanziale di annullamento è che la manifestazione di volontà presenti “carattere di serietà” (118).

La perplessità maggiore cui dà adito l’opinione appena delineata giace nel notevole grado di incertezza cui l’effettiva produzione dell’effetto di annullamento andrebbe incontro. Ci si troverebbe di fronte a un diritto potestativo stragiudiziale non disciplinato dal legislatore, le cui modalità di legittimo esercizio non sono cristallizzate in esplicite previsioni normative e la cui “serietà” sarebbe indubbiamente percepita in modo diverso da contraente a contraente (119).

In ogni caso, il definitivo parere sulla fondatezza delle teorie esposte può essere dato solo a valle della lettura delle norme che delineano la fattispecie astratta dell’effetto di annullamento, alla ricerca di indicazioni legislative in merito alla natura del diritto potestativo di parte.

Ancora una volta, il legislatore non si esime dal rendere manifesta la scelta compiuta: l’art. 1427 c.c. dispone che “Il contraente il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere l’annullamento del contratto”; l’art. 1432 c.c. prevede che “La parte in errore non può domandare l’annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l’altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere”; l’art. 1436, c. 2,

(116) Cfr. I. PAGNI, Le azioni cit., pp. 202-203, 250 ss., 268, per i passaggi ricostruttivi richiamati nel testo. (117) Sulla convalida del contratto annullabile, v. infra, nel presente paragrafo.

(118) Cfr. I. PAGNI, Le azioni cit., p. 273 ss.

(119) Vero è che lo strumento del diritto potestativo sostanziale di annullamento viene, in alcuni ordinamenti, utilizzato (ciò accade, in via esemplificativa, in Germania). Tuttavia, proprio per le controindicazioni che esso genera in punto di (in)certezza del diritto, è necessario che sia la legge a prevederlo espressamente: infatti, solo il legislatore può scegliere di sacrificare la sicurezza dei traffici alla loro speditezza. E, come si vedrà subito infra nel testo, non è stato questo l’approccio selezionato dal nostro.

c.c. precisa che, “Se il male minacciato riguarda altre persone [diverse dal coniuge, dai discendenti e dagli ascendenti del contraente], l’annullamento del contratto è rimesso alla

prudente valutazione delle circostanza da parte del giudice”; l’art. 1441 c.c. chiarisce che

“L’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge” (120). La terminologia utilizzata nitidamente chiarisce che il diritto potestativo di cui si discute deve essere esercitato attraverso la proposizione di una domanda giudiziale (121).

E se l’effetto di annullamento non viene prodotto in via immediata attraverso l’esercizio del diritto potestativo, si deve allora concludere che esso consegue ad un ulteriore elemento di fattispecie, ossia alla sentenza che accoglie la domanda.

Si giunge così alla soluzione sia della questione relativa alla modalità di produzione dell’effetto di annullamento sia di quella inerente alla natura della sentenza che definisce positivamente il giudizio: l’annullamento viene alla luce secondo lo schema norma – fatto – potere sull’an – accertamento giudiziale – effetto; l’azione di annullamento è un’azione costitutiva (122); la sentenza di annullamento è una sentenza costitutiva, in quanto opera in via immediata il mutamento giuridico (123). Più precisamente, tale pronuncia costituisce l’effetto di annullamento ed estingue gli effetti prodotti dal contratto annullabile, a partire dal momento in cui quest’ultimo è stato concluso (ex tunc) (124); e ciò in quanto il fatto storico

(120) Anche le norme che disciplinano i motivi di annullamento propri dei contratti tipici offrono indicazioni conformi: v., per esempio, l’art. 1971 c.c., per il quale, “Se una delle parti era consapevole della temerarietà della sua pretesa, l’altra può chiedere l’annullamento della transazione”; l’art. 1972, c. 2, c.c., per cui “Negli altri casi in cui la transazione è stata fatta relativamente a un titolo nullo, l’annullamento di essa può chiedersi solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del titolo”; l’art. 2098, c. 2, c.c., in forza del quale “La domanda di annullamento [del contratto di lavoro stipulato senza l’osservanza delle disposizioni concernenti la disciplina della domanda e dell’offerta di lavoro] è proposta dal pubblico ministero”.

(121) Sottolineano l’importanza del dato normativo anche A. ATTARDI, In tema di limiti oggettivi cit., p. 536, per cui “è la lettera della legge, che, sempre […], prevede per l’interessato il potere di chiedere al giudice un (provvedimento che disponga un) mutamento giuridico, non di provocarlo con la sua dichiarazione di volontà” (nel citato contributo, l’Autore cambia opinione rispetto a quanto sostenuto nel suo precedente articolo ID., Conflitto di decisioni e sospensione necessaria del processo, in Giur. it. 1987, IV, p. 417, spec. 431-432); R. ORIANI, Diritti potestativi cit., p. 23.

(122) Così espressamente F. CAMMEO, L’azione cit., p. 41; P. FORTUNATO, Mutamento cit., p. 932; F. MESSINEO, voce Annullabilità cit., pp. 475, 477; R. TOMMASINI, sub art. 1441 cit., p. 94; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale cit., p. 686.

(123) Si è già detto, invece, della natura sempre dichiarativa dell’eventuale provvedimento di rigetto: cfr. supra, par. 3.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 42-52)