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L’estensione del giudicato in presenza di rapporti di pregiudizialità tecnica per dipendenza o per incompatibilità dipendenza o per incompatibilità

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 184-190)

I LIMITI OGGETTIVI DEL GIUDICATO NELLE IMPUGNATIVE CONTRATTUALI

23. L’estensione del giudicato in presenza di rapporti di pregiudizialità tecnica per dipendenza o per incompatibilità dipendenza o per incompatibilità

Pare opportuno cominciare l’analisi con la disamina delle ipotesi in cui in giudizio si pongano delle questioni pregiudiziali in senso tecnico; e ciò per due ragioni.

In primis, anche la nullità del contratto può costituire, in determinati casi, una questione

pregiudiziale di natura tecnica. Si pensi, per esempio, alla transazione su contratto illecito, di cui all’art. 1972 c.c. (“È nulla la transazione relativa a un contratto illecito, ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo”). In tale situazione, l’illiceità del contratto rappresenta una questione pregiudiziale di carattere tecnico rispetto alla nullità della transazione. E infatti: (i) l’illiceità del contratto entra a far parte della fattispecie costitutiva in senso stretto dell’effetto di nullità della transazione; (ii) l’illiceità costituisce, a sua volta,

(515) In proposito, v. G. FABBRINI, L’eccezione di merito cit., p. 345, nt. 12, il quale evidenzia che, “secondo il sistema disegnato dagli artt. 187 e 279 c.p.c., […] talvolta l’istruzione e la cognizione, talvolta la sola cognizione sul fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio dall’attore sono rese legittimamente superflue dall’inserimento nella quaestio facti di un fatto modificativo, impeditivo o estintivo”; L. MORETTI, La rilevabilità d’ufficio della nullità, in Giur. it. 2014, p. 2047, spec. 2052; A. PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile cit., p. 406. Per alcune applicazioni giurisprudenziali, v. Cass., 11 maggio 2018, n. 11458; Cass., 19 agosto 2016, n. 17214; Cass., 12 novembre 2015, n. 23160; Cass., 20 marzo 2015, n. 5724; Cass., 28 maggio 2014, n. 12002; Cass., 8 maggio 2014, n. 9936; Cass., 3 luglio 2013, n. 16630; Cass., 16 maggio 2006, n. 11356.

(516) L’osservazione è tratta da F. P. LUISO, Diritto processuale cit., vol. I, p. 169.

È qui utile osservare che, coerentemente con l’operatività del primato della ragione più liquida, “il convenuto non ha mai diritto a che il giudice si pronunci sempre sulla eccezione di merito da lui sollevata: stante la funzione meramente difensiva dell’eccezione, essa dovrà essere esaminata necessariamente dal giudice solo ove questi non ritenga di dover rigettare la domanda per difetto ad es. di un fatto costitutivo o per fondatezza di altra eccezione; perché per il giudice sorga l’obbligo di pronunciarsi […] su di un fatto-diritto avente rilievo di fatto costitutivo impeditivo modificativo o estintivo, è necessario che sia stata proposta domanda di accertamento incidentale con autorità di cosa giudicata o domanda riconvenzionale in tal senso”: A. PROTO

PISANI, Appunti sul giudicato civile cit., p. 407. Per lo stesso rilievo, cfr. S. MENCHINI, voce Regiudicata civile cit., p. 437.

l’effetto di altra autonoma fattispecie costitutiva in senso stretto; (iii) i due negozi sono rapporti giuridici distinti, da cui scaturiscono diritti che attribuiscono alle parti diversi beni della vita. Analogo discorso può essere effettuato rispetto alla nullità derivata in presenza di contratti collegati (517): in simili contesti, la nullità del contratto “pregiudicante” configura una questione pregiudiziale tecnica rispetto alla nullità del contratto dipendente, per gli stessi motivi, mutatis mutandis, appena visti.

In secundis, benché l’invalidità del contratto assuma le vesti di questione pregiudiziale in

senso logico in tutti i (ben più frequenti) casi in cui oggetto del giudizio sia uno degli effetti derivanti dal contratto medesimo, non manca chi reputa che i nessi di pregiudizialità logica soggiacciano a meccanismi identici a quelli cui soggiacciono i nessi di pregiudizialità tecnica. Sicché è comunque proficuo indagare questi ultimi per primi.

Ciò che si tratta di stabilire è se, ove il giudice si trovi a vagliare questioni pregiudiziali in senso tecnico, egli statuisca in modo incontrovertibile anche sulle stesse.

La maggior parte della dottrina risolve tale problema avvalendosi del disposto dell’art. 34 c.p.c., che, lo si ripete ancora una volta, sotto la rubrica “Accertamenti incidentali” recita: “Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza di un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo…”.

Benché la norma sia collocata nella sezione del codice di rito dedicata alle modificazioni della competenza per ragioni di connessione, diversi studiosi ritengono che essa non si limiti a dettare regole in materia di competenza, ma che disciplini altresì i limiti oggettivi dell’efficacia della pronuncia (518).

(517) Come noto, si ha un collegamento unilaterale tra negozi conclusi tra le stesse parti in tutti i casi in cui un negozio risulti voluto solo in quanto ne sia voluto un altro, e in cui il secondo risulti voluto anche laddove non sia voluto il primo. Si ha, invece, un collegamento negoziale bilaterale nei casi in cui i diversi negozi siano legati da un nesso di pregiudizialità reciproca. In proposito, cfr. A. GIUSSANI, Collegamento negoziale ed effetti del giudicato, in AA. VV., Studi in onore di Carmine Punzi, Torino, 2008, p. 291 ss.

(518) Così V. ANDRIOLI, Diritto processuale cit., vol. I, pp. 205, 1004, secondo cui “il significato della norma va oltre la materia della competenza”; C. CONSOLO, La Cassazione prosegue nel suo dialogo con l’art. 1421 c.c. e trova la soluzione più proporzionata (la nullità del contratto va sempre rilevata, ma non si forma “ad ogni effetto” il giudicato), in Corr. giur. 2006, p. 1424, spec. 1425, il quale sostiene che “l’art. 34 c.p.c. non riguarda soltanto le modificazioni della competenza per ragioni di connessione ed eventuale rimessione di tutta la causa al giudice superiore competente per materia o per valore a conoscere la questione pregiudiziale, ma attiene anche all’efficacia della pronuncia che deve essere emessa dal giudice”; F. LOCATELLI, L’accertamento incidentale ex lege: profili, Milano, 2008, p. 195, che definisce, addirittura, l’art. 34 c.p.c. “una regola fondamentale che disciplina la materia dei limiti oggettivi del giudicato in rapporto alle questioni”, sebbene, poco dopo, ne critichi la formulazione, qualificandola come “farraginosa e infelice”; S. MENCHINI, I limiti oggettivi cit., p. 77, per cui “il legislatore italiano, con l’art. 34 c.p.c., nonostante la collocazione di tale norma tra quelle in tema di competenza, sembra voler disporre in ordine all’estensione del giudicato sostanziale. Più esattamente, l’art. 34 c.p.c. si occupa, al tempo stesso, della competenza del giudice e dei limiti oggettivi di efficacia della pronuncia, riguardo alle questioni ed alle cause pregiudiziali”; L. MONTESANO, Questioni cit., p. 313 ss., per cui “l’art. 34 c.p.c. ha un significato non solo «letterale» ma anche e soprattutto sistematico”; A. ROMANO, La pregiudizialità nel processo amministrativo, Milano, 1958, p. 43, che ammonisce: “non inganni la sede della norma; l’art. 34 sembra avere sicuramente una portata generale”. In giurisprudenza, si mostra di analogo avviso Cass., 9 novembre 2017, n. 26557. Cfr. anche A. ATTARDI, In tema di limiti oggettivi cit., p. 496, che sottolinea “la portata centrale dell’art. 34 nella soluzione del problema dei limiti oggettivi della cosa giudicata”; A. PROTO PISANI, Appunti sul giudicato

La ragionevolezza di tale opinione diviene subito percepibile se si pone mente al fatto che l’art. 34 c.p.c. recepisce, nella propria formulazione, gli insegnamenti di Menestrina e di Chiovenda (519). Del primo, assorbe la distinzione tra punti, questioni e cause pregiudiziali. Del secondo, incorpora le tesi sul perimetro della regiudicata, adottandone finanche il linguaggio: “le questioni pregiudiziali decise in una lite” – scrive Chiovenda – “possono sempre liberamente discutersi in una lite successiva; a meno che, per disposizione speciale di legge o per

volontà delle parti, la contestazione sorta nel processo precedente sopra un punto pregiudiziale

siasi elevata al grado di una azione d’accertamento (accertamento incidentale)” (520).

A mio avviso, quindi, sebbene l’art. 34 c.p.c. non abbia l’obiettivo precipuo di regolare la portata dell’incontestabilità della sentenza, implicitamente ne rivela le dimensioni.

Ebbene, secondo la tesi più accreditata, che si ispira al dato testuale della norma, le questioni pregiudiziali vengono decise con efficacia di giudicato solo se le parti hanno proposto esplicita domanda in tal senso, o se la legge lo impone. Se non si verifica nessuna di queste due alternative condizioni (che consente di convertire le questioni in cause), il giudice conosce di tali questioni incidenter tantum, ossia al solo fine di statuire sulla situazione soggettiva oggetto della domanda, con effetti limitati al singolo giudizio in cui le questioni emergono (521).

civile cit., p. 394, per cui il problema dell’estensione del giudicato alle questioni pregiudiziali è risolto “senza ombra possibile di dubbio” dall’art. 34 c.p.c.; A. PROTO PISANI, Note problematiche cit., p. 450.

Contra, V. DENTI, voce Questioni pregiudiziali cit., pp. 677-678; C. FERRI, Profili cit., p. 134; M. TARUFFO, «Collateral estoppel» cit., p. 286, nt. 186, per cui “l’art. 34 regola quindi soltanto un caso di modificazione della competenza per ragioni di connessione”; A. GIUSSANI, Appunti dalla lezione sul giudicato delle Sezioni Unite, in Riv. dir. proc. 2015, p. 1564, spec. 1565.

(519) La circostanza non sfugge a V. ANDRIOLI, Commento cit., vol. I, p. 113; L. CIFFO BONACCORSO, Questione pregiudiziale cit., p. 929; M. DE CRISTOFARO, Giudicato cit., p. 44; S. MENCHINI, I limiti oggettivi cit., p. 68; A. ROMANO, La pregiudizialità cit., pp. 16-17, il quale sottolinea che la teoria del Menestrina fu “recepita in toto nel sistema chiovendiano, e soprattutto, forse pure per effetto di questa recezione, dominò la stessa redazione del vigente codice di procedura civile, il quale, in alcune norme, e specialmente nell’art. 34, ha chiaramente accolto le impostazioni e le soluzioni relative”; A. SEGNI, Tutela giurisdizionale cit., p. 348.

(520) È quanto si legge in G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 332. Ma lo stesso concetto è espresso anche in altri punti dell’opera: v. G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., pp. 347 ss., 361-362, dove l’illustre studioso propone l’indicata ricostruzione al fine di evitare continue sospensioni del processo.

(521) La dottrina che abbraccia tale ricostruzione è estesissima: G.ARIETA –F.DE SANTIS –L.MONTESANO, Corso cit., p. 689; A. ATTARDI, Diritto processuale cit., vol. I, p. 482 ss.; A. ATTARDI, In tema di limiti oggettivi cit., pp. 481 ss., 501-502; M. BOVE, Lineamenti cit., pp. 230-231; F. D. BUSNELLI, Della tutela giurisdizionale cit., p. 220; CAPONI –A.PROTO PISANI, Lineamenti cit., p. 80; C. CAVALLINI, Il rilievo d’ufficio cit., p. 141 ss.; L. CIFFO

BONACCORSO, Questione pregiudiziale cit., p. 929; V. COLESANTI, voce Eccezione cit., p. 203; L. P.COMOGLIO – C.FERRI –M.TARUFFO, Lezioni cit., p. 762; C. CONSOLO, Spiegazioni cit., vol. I, p. 93; G. FABBRINI, L’eccezione di merito cit., pp. 347-348; E. FAZZALARI, Istituzioni cit., p. 466, anche nt. 27; M. FORNACIARI, Situazioni potestative cit., pp. 330-331; E. GARBAGNATI, Questioni cit., pp. 267-268, 272-273; S. LA CHINA, La tutela giurisdizionale cit., p. 52; E. T. LIEBMAN, Manuale cit., vol. I, pp. 281-282; F. P. LUISO, Diritto processuale cit., vol. I, p. 164; S. MENCHINI, I limiti oggettivi cit., pp. 92-93, anche nt. 79; S. MENCHINI, Il giudicato civile cit., pp. 78-79; L. MONTESANO, Questioni cit., pp. 306-307; N. PICARDI, Manuale cit., p. 96; A. PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile cit., p. 394; A. PROTO PISANI, Note problematiche cit., p. 450; S. RECCHIONI, Rapporto giuridico fondamentale, pregiudizialità di merito c.d. logica e giudicato implicito, in Riv. dir. proc. 2018, p. 1598, spec. 1600-1601; E. REDENTI – M.VELLANI, Lineamenti di diritto processuale civile, Milano, 2005, pp. 48-49; E. F. RICCI, voce Accertamento cit., p. 18: “si parla di mera cognizione (o mera cognitio incidenter tantum) per alludere ai giudizi su problemi pregiudiziali, dai quali non scaturisce accertamento (e sui quali, pertanto, sarà consentito un libero riesame)”; G. F. RICCI, Diritto processuale cit., p. 295; A. SEGNI, Tutela giurisdizionale cit., p. 348; G. VERDE, Diritto processuale cit., vol. II,

Esaminando più in dettaglio i presupposti della formazione della res iudicata, la domanda con cui la parte chiede al giudice di accertare con effetti incontrovertibili l’esistenza o il modo di essere del fatto-effetto pregiudiziale viene comunemente denominata domanda di accertamento incidentale, in quanto incidit in un processo pendente su altro oggetto (522). Essa non deve essere proposta con forme particolari, ma deve essere esplicita; il che comporta che la mera contestazione del fatto-effetto pregiudiziale non è sufficiente e che occorre, invece, che la richiesta di accertamento sia inserita tra le conclusioni della parte (523). Quanto al giudicato ex lege, esso presuppone una esplicita previsione normativa. Si tratta di casi in cui il legislatore ritiene opportuno che, in occasione della causa principale, una

pp. 290-291; G. VERDE, Considerazioni inattuali cit., pp. 19, 27: “non a caso l’art. 34 c.p.c. non affida al giudice il compito di stabilire che cosa va deciso con efficacia di giudicato, ossia non affida al giudice il potere di determinare i confini del conflitto o i limiti della discussione, ma lo riserva alle parti e alla legge. Il giudice è tenuto a rispettare le indicazioni delle parti o le imposizioni di legge”. In giurisprudenza, cfr. Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242, par. 2.9; Cass., 4 aprile 2013, n. 8172; Cass., sez. un., 4 settembre 2012, n. 14828, in Contratti 2012, p. 869, con nota di S. PAGLIANTINI, La rilevabilità officiosa della nullità secondo il canone delle Sezioni Unite cit.; in Giur. it. 2013, p. 299, con nota di M. RIZZUTI, Il problema dei limiti alla rilevabilità ufficiosa delle nullità; in Giur. it. 2013, p. 907, con nota di E. D’ALESSANDRO, Le Sezioni unite compongono il contrasto giurisprudenziale riguardante la rilevabilità ex officio della nullità del contratto nell’ambito del processo intentato per ottenerne la risoluzione. Il punto di vista del processual-civilista; Cass., 14 febbraio 1995, n. 1574.

Si veda, inoltre, L. MONTESANO, La tutela giurisdizionale cit., p. 119, il quale precisa che le questioni pregiudiziali vengono conosciute incidenter tantum anche nelle ipotesi in cui la domanda di accertamento incidentale sia respinta per difetto di interesse o dichiarata inammissibile per tardività.

(522) Cfr. F. CARNELUTTI, In tema di accertamento incidentale, in Riv. dir. proc. 1943, p. 17, passim, per cui “per parlare d’accertamento incidentale occorre che la questione, intorno alla quale l’accertamento deve essere pronunziato, interessi non solo il rapporto litigioso dedotto nel processo, ma altresì uno o più rapporti diversi”; F. CARNELUTTI, Sistema cit., vol. I, pp. 930-931; G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., pp. 307-308, 348; C. CONSOLO, Spiegazioni cit., vol. I, p. 93; E. GARBAGNATI, Questioni cit., p. 273; S. MENCHINI, I limiti oggettivi cit., p. 93; S. SATTA, voce Accertamento incidentale cit., p. 243.

Secondo alcuni studiosi, la mera contestazione di un punto pregiudiziale determina, sia per la parte che contesta sia per l’altra, l’interesse a proporre domanda di accertamento incidentale (v. G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 349). Altri sostengono, invece, che sussista interesse ad agire in accertamento incidentale solo ove la questione pregiudiziale sia comune ad altra lite tra le stesse parti (v. S. MENCHINI, I limiti oggettivi cit., p. 93, nt. 80, secondo cui ciò serve a impedire manovre dilatorie; L. MONTESANO, In tema di accertamento incidentale e di limiti del giudicato, in Riv. dir. proc. 1951, p. 329, spec. 336).

(523) In proposito, cfr. V. ANDRIOLI, Commento cit., vol. I, p. 114; V. ANDRIOLI, Diritto processuale cit., vol. I, p. 1004, per cui “la contestazione del titolo non vale a trasformare la questione in causa pregiudiziale: ammonisce l’art. 34 che occorre la esplicita domanda intesa a sollecitare sulla questione pregiudiziale la decisione con autorità di cosa giudicata sostanziale”; G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 351, il quale osserva che, “in mancanza d’una norma che richieda una domanda formale d’accertamento incidentale, la volontà della parte si può desumere da qualunque elemento”; M. DE CRISTOFARO, Giudicato cit., p. 73; S. LA CHINA, La tutela giurisdizionale cit., p. 52; L. MONTESANO, In tema di accertamento incidentale cit., pp. 335, 341, secondo cui è “da escludersi che l’art. 34 imponga una dichiarazione con formula letteralmente fissata di chiedere l’accertamento incidentale o la decisione con efficacia di giudicato sul punto controverso […]. La «esplicita domanda» non può dunque significare se non che la richiesta debba formare oggetto di una conclusione specifica: […] occorre che l’accertamento del rapporto controverso venga dedotto espressamente nelle conclusioni”; L. MONTESANO, Questioni cit., p. 312.

In giurisprudenza, interessante è la risalente Cass., 11 aprile 1961, n. 770, in Foro it. 1961, I, p. 924, con nota di L. CIFFO BONACCORSO, Questione pregiudiziale cit., secondo cui la domanda di accertamento incidentale “può ritenersi proposta esplicitamente anche per equipollenti, come nel caso in cui una parte eccepisca la incompetenza per materia o per valore del giudice adito, dato che manifesta così la precisa volontà di ottenere un provvedimento con carattere definitivo ed efficacia di giudicato”. Concorda con tale affermazione anche V. ANDRIOLI, Commento cit., vol. I, p. 114.

questione pregiudiziale sia accertata una volta per tutte, con effetti trascendenti la singola lite in corso (524). Ne sono esempi la verificazione di scrittura privata richiesta in via incidentale, ex artt. 216 e 220 c.p.c., la querela di falso proposta in corso di causa, ex artt. 221 e 225 c.p.c., e l’art. 124 c.c., per cui un coniuge può sempre impugnare il matrimonio dell’altro, ma “se si oppone la nullità del primo matrimonio, tale questione deve preventivamente essere giudicata” (525).

La regola per cui il giudicato non copre le questioni pregiudiziali in senso tecnico, salva la domanda di parte e salvo il diverso disposto di legge, si applica sia nelle ipotesi di accoglimento sia nelle ipotesi di rigetto della domanda (526). Inoltre, al medesimo regime sono sottoposti anche ai punti pregiudiziali che, stante l’assenza di contestazioni, non si sono mai trasformati in questioni (527).

La conseguenza pratica dei delineati confini della res iudicata è che, se una volta definito il primo giudizio sorge una controversia su un fatto-effetto che in quello costituiva questione pregiudiziale in senso tecnico, l’esistenza e il modo di essere di tale fatto-effetto possono essere liberamente discussi e decisi in un secondo processo, senza che l’autorità successivamente adita sia in alcun modo vincolata dalla cognizione incidentale effettuata da chi l’ha preceduta. E lo stesso vale per gli elementi che compongono la fattispecie costitutiva in senso stretto della situazione giuridica pregiudiziale.

Ciò con un solo, fondamentale, limite: quello dell’intangibilità del giudicato sostanziale. Invero, “l’essenza della cosa giudicata dal punto di vista oggettivo consiste in ciò, che non è ammesso che il giudice in un futuro processo possa comunque disconoscere o diminuire il bene riconosciuto dal precedente giudicato” (528). Da tanto consegue che le questioni pregiudiziali possano essere (nuovamente) dibattute e (per la prima volta) decise

solo se non si rimetta in discussione il risultato della precedente pronuncia, solo se “ciò possa

(524) Così G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., pp. 348-349, il quale precisa che, solitamente, tali disposizioni sono ispirate a un favor per l’economia dei giudizi. Nel senso che la previsione di legge deve essere espressa, cfr. anche L. MONTESANO, Limiti oggettivi cit., p. 48, per cui si tratta di un’ipotesi normativa “eccezionale rispetto alla regola d’impulso di parte alla tutela giurisdizionale dei diritti e perciò da escludere quando sia estranea ad esplicita previsione del legislatore”; G. VERDE, Diritto processuale cit., vol. II, p. 291.

(525) Per una disamina dei casi di accertamento incidentale ex lege, cfr. F. LOCATELLI, L’accertamento incidentale cit., p. 212 ss.

(526) Lo sottolineano A. ATTARDI, Diritto processuale cit., vol. I, p. 486; C. CAVALLINI, Il rilievo d’ufficio cit., p. 144. (527) Potrebbe, infatti, accadere che una parte formuli una domanda di accertamento relativa a un profilo che ha carattere pregiudiziale e che la controparte non svolga attività difensiva al riguardo. Per l’estensione della disciplina delineata nel testo ai punti pregiudiziali, v. A. ATTARDI, In tema di limiti oggettivi cit., p. 482; F. D. BUSNELLI, Della tutela giurisdizionale cit., p. 220 (se ben se ne comprende il pensiero); L. P.COMOGLIO –C. FERRI –M.TARUFFO, Lezioni cit., p. 762; A. SEGNI, Tutela giurisdizionale cit., p. 348.

(528) Le cristalline parole sono di G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 361, successivamente riprese da R. ORIANI, voce Eccezione cit., p. 306; A. PROTO PISANI, Note problematiche cit., p. 446. Nello stesso senso, v. anche M. BOVE, Lineamenti cit., p. 246, per cui “l’essenza del giudicato sta nella stabilità dell’attribuzione del bene della vita che con esso è stata sancita”; G. CHIOVENDA, Cosa giudicata e competenza, in Saggi di diritto processuale civile (1894-1937), vol. II, Milano, 1993, p. 411, spec. 413, 416, per cui la “ragione della cosa giudicata […] sta nel bisogno sociale della saldezza della tutela giuridica accordata”; “l’istituto della cosa giudicata è destinato a garantire fuori del processo i risultati del processo”; G. CHIOVENDA, Sulla cosa giudicata, in Saggi di diritto processuale civile (1894-1937), vol. II, Milano, 1993, p. 399, spec. 407-408; E. T. LIEBMAN, Manuale cit., vol. I, p. 280; S. MENCHINI, I limiti oggettivi cit., p. 300; S. MENCHINI, voce Regiudicata civile cit., p. 414.

farsi senza attentare alla integrità della situazione delle parti fissata dal giudice rispetto al bene della vita controverso” (529).

Concludere diversamente equivarrebbe a negare l’esistenza stessa della res iudicata (530). Applicando tale disciplina agli esempi delineati all’inizio del paragrafo, si deve immaginare che sia pendente un giudizio relativo alla nullità di un contratto di transazione

ex art. 1972, c. 1, c.c. o relativo alla nullità di un negozio dipendente da un altro. Il giudice

deciderà in modo irretrattabile, rispettivamente, dell’illiceità del contratto sottostante e della nullità del negozio pregiudicante solo se alcuna delle parti avrà proposto domanda di accertamento incidentale di dette nullità (questa si presenta come l’unica alternativa, in quanto il nostro ordinamento non contempla alcuna norma espressa che imponga di decidere della nullità contrattuale con efficacia di giudicato). In assenza di domanda di parte, il giudice si limiterà a conoscere delle questioni pregiudiziali di nullità incidenter tantum, con effetti circoscritti al processo in corso.

In quest’ultima ipotesi, dell’illiceità del contratto sottostante e della nullità del contratto condizionante si potrà liberamente dibattere in un secondo giudizio, ma non per rimettere in discussione gli esiti della pronuncia (di accoglimento o di rigetto) sulla nullità della transazione e sulla nullità del contratto derivato.

(529) G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 332.

(530) Per le conseguenze pratiche indicate negli ultimi capoversi, cfr. V. ANDRIOLI, Commento cit., vol. I, pp. 115-116, che scrive: “ciò, però, non significa che, ancorché non sia richiesto sul rapporto […] l’accertamento incidentale, si possa in altro giudizio porlo di bel nuovo in contestazione al fine di attentare al bene della vita, già aggiudicato con la sentenza passata in giudicato: vi si oppone la res judicata, la quale, però, non impedisce

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