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La clausola risolutiva espressa

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 68-72)

9. L’azione di risoluzione

9.1. La risoluzione per inadempimento

9.1.2. La clausola risolutiva espressa

La seconda species di risoluzione per inadempimento che viene in rilievo è la risoluzione per clausola risolutiva espressa. Ai sensi dell’art. 1456 c.c., “1. I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. 2. In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva”.

La previsione non lascia dubbi circa la tecnica con cui si produce l’effetto sostanziale di risoluzione, rispetto alla quale gli interpreti sono unanimi; viceversa, anche in questo caso diversi dissensi si registrano con riferimento al presupposto meramente fattuale dell’inadempimento. Ma procediamo con ordine.

Il primo fattore dell’operazione genetica dell’effetto risolutivo è il citato art. 1456 c.c., cui segue la concreta realizzazione di quanto compone la sua fattispecie astratta.

Tutto comincia con l’inserimento nel testo dell’accordo di una clausola risolutiva espressa (193), che deve necessariamente individuare obbligazioni specifiche ed esplicitare che l’inadempimento delle stesse comporta la risoluzione dell’intero rapporto contrattuale (194).

(191) La corretta osservazione è di G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Trattato cit., pp. 51-52. V. anche P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., p. 335.

(192) Cfr. M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 248; R. E. CERCHIA, Quando il vincolo contrattuale si scioglie cit., p. 131; M. COSTANZA, sub art. 1454 cit., p. 434.

(193) Non è prescritta una forma particolare per la validità della clausola, perciò si ritiene che la forma da adottare sia quella necessaria per la validità dell’intero contratto: cfr. A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., p. 142.

(194) Costituiscono, invece, mere clausole di stile, e sono considerate come non apposte, tutte quelle clausole che si riferiscano genericamente al mancato rispetto di un qualsiasi obbligo derivante dal contratto. Si ritiene, infatti, che in simili occasioni le parti abbiano semplicemente voluto ripetere quanto la legge già dispone con l’art. 1453 c.c. (su cui infra, par. 9.1.4). Il che non significa, si badi bene, che il rimedio di cui all’art. 1456 c.c. non possa assistere tutte le obbligazioni nascenti dal contratto, dovendo sempre limitarsi ad alcune di esse. Non importa che la clausola risolutiva espressa contempli una, qualcuna o tutte le obbligazioni contrattuali; ciò che rileva è che le stesse vengano indicate in forma specifica e non in forma generica. Sul contenuto della clausola risolutiva espressa, v. G. G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942, p. 401; G. F.

Si deve, poi, verificare proprio quel particolare inadempimento contemplato dalla clausola (195). Secondo la tesi più accreditata, l’inadempimento deve essere imputabile al contraente infedele: ciò viene interpretato da alcuni nel senso che l’inadempimento deve essere colpevole, da altri nel senso che deve essere al debitore oggettivamente imputabile (196). Una corrente minoritaria ritiene, invece, che il problema debba più correttamente essere impostato come problema di ermeneutica contrattuale: se le parti che hanno redatto la clausola hanno inteso riferirsi all’inadempimento colposo, solo quest’ultimo potrà validamente costituire presupposto della risoluzione del contratto; se viceversa le parti hanno altresì attribuito rilevanza all’inadempimento oggettivamente imputabile, anche quest’ultimo renderà il contratto risolubile (197). Quanto, invece, al connotato della gravità, l’orientamento maggioritario vuole che la stessa sia in re ipsa: sono le parti che, nel momento in cui stipulano il contratto, effettuano una valutazione relativa a quali inadempienze sono a tal punto importanti da rendere l’accordo risolvibile e quali, viceversa, non lo sono; e siffatta originaria scelta non è più sindacabile da alcuno (198).

BASINI, Risoluzione del contratto cit., p. 244; C. M. BIANCA, Diritto civile, V cit., p. 342; M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 285 ss.; F. D. BUSNELLI, voce Clausola risolutiva, in Enc. dir., vol. VII, Milano, 1960, p. 196, spec. 197-198; A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., pp. 142-143; I. L. NOCERA, Clausola risolutiva espressa e condizione risolutiva tra autonomia contrattuale e automatismo della risoluzione, in Nuova giur. civ. comm. 2010, I, p. 242, spec. 243; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 905; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Trattato cit., pp. 44-45; P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., p. 332. In giurisprudenza, cfr. Cass., 18 dicembre 2015, n. 25455; Cass., 27 gennaio 2009, n. 1950; Cass., 6 aprile 2001, n. 5147.

(195) Così G. F. BASINI, Risoluzione del contratto cit., p. 246; C. M. BIANCA, Diritto civile, V cit., p. 343, per il quale “ai fini della risoluzione occorre che sussista l’inadempimento previsto dalla clausola”; M. ROSSETTI, La risoluzione per inadempimento, Milano, 2012, p. 387, perentorio nel precisare che l’inadempimento “deve avere ad oggetto esattamente la medesima obbligazione dedotta nella clausola risolutiva espressa”.

(196) Coloro che abbracciano la prima ricostruzione precisano che anche in questo settore opera la presunzione di colpa di cui all’art. 1218 c.c.: v. A. ADDANTE, Colpa dell’obbligato cit., p. 234, la quale evidenzia che, se non si concedesse al debitore “la possibilità di dimostrare che l’inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile, ex art. 1218 Codice civile, si opererebbe una ingiustificata alterazione del sistema risolutorio ad esclusivo vantaggio del creditore”; F. D. BUSNELLI, voce Clausola risolutiva cit., p. 198; I. L. NOCERA, Clausola risolutiva cit., p. 245, per il quale la clausola risolutiva espressa non può “dar luogo ad una responsabilità senza colpa”; M. ROSSETTI, La risoluzione cit., pp. 387-388; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Trattato cit., p. 41. Sulla necessità che l’inadempimento sia imputabile e colpevole si sono attestati anche i giudici, sia di legittimità che di merito: cfr. Trib. Bari, 27 febbraio 2017, n. 1060; Trib. Bergamo, 7 luglio 2008, in Obblig. e contr. 2009, p. 708, con nota di I. M. GONNELLI, La clausola risolutiva espressa tra principio di buona fede e importanza dell’inadempimento; Cass., 6 febbraio 2007, n. 2553, in Contratti 2007, p. 965, con nota di M. FONTANELLA, Imputabilità dell’inadempimento e clausola risolutiva espressa; Cass., 5 agosto 2002, n. 11717, in Contratti 2003, p. 228, con nota di A. ADDANTE, Colpa dell’obbligato cit.

Di diverso avviso sono coloro che credono che l’inadempimento debba essere imputabile nel senso oggettivo, e quindi oggettivamente riferibile alla condotta del soggetto agente, senza che occorra anche la colpevolezza della stessa: così M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 298; A. MUTARELLI, Per il superamento della colpa nell’ipotesi di clausola risolutiva espressa, in Riv. dir. civ. 1978, II, p. 252, spec. 265 ss.

Esclude, invece, che l’inadempimento debba essere imputabile al debitore M. DELLACASA, Inadempimento cit., p. 264.

(197) Si fanno portatori di tale distinzione G. G. AULETTA, Risoluzione e rescissione cit., p. 643; C. M. BIANCA, Diritto civile, V cit., p. 344; F. MACIOCE, Risoluzione cit., p. 41 ss.

(198) In tal senso si esprimono C. M. BIANCA, Diritto civile, V cit., p. 344; M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., pp. 287, 295, per cui la gravità della violazione contrattuale “viene valutata a priori dalle parti, le quali […] stabiliscono che quel determinato comportamento, contrario agli obblighi assunti, è dotato di carica lesiva sufficiente ad intaccare gravemente il sinallagma, sì da giustificare la risoluzione del contratto”; F.

Il legislatore ha preferito astenersi dal conferire all’inadempimento un automatico effetto risolutivo, al fine di evitare che la risoluzione si ponga in contrasto con gli interessi del contraente adempiente (199). Così, ha previsto che, una volta violati gli specifici obblighi contrattuali descritti dalla clausola, sorga in capo alla parte creditrice un diritto potestativo alla risoluzione del contratto, il quale viene esercitato attraverso una dichiarazione recettizia con cui il contraente fedele manifesta la propria volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa. Tale diritto è inconfutabilmente un diritto potestativo sostanziale e provoca la risoluzione del rapporto contrattuale sul piano stragiudiziale, senza il ministero dell’autorità

D. BUSNELLI, voce Clausola risolutiva cit., p. 198; U. CARNEVALI, La risoluzione per inadempimento cit., p. 42; R. E. CERCHIA, Quando il vincolo contrattuale si scioglie cit., p. 125; M. COSTANZA, voce Clausola risolutiva espressa, in Enc. giur. Treccani, vol. VI, Roma, 1988, p. 1, spec. 1; A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., p. 143; P. GALLO, Inadempimento reciproco e caparra confirmatoria nel prisma della giurisprudenza, in Giur. it. 2017, p. 316, spec. 319; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 558; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 905; M. ROSSETTI, La risoluzione cit., p. 388; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Trattato cit., p. 38; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale cit., p. 700; S. TRIFIRÒ, Clausola risolutiva espressa, in Quadrimestre 1989, p. 685, spec. 690; P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., p. 332. In giurisprudenza, cfr. Trib. Roma, 3 giugno 2019, n. 11621, in DeJure; App. Firenze, 13 gennaio 2017, n. 1714, in DeJure, per cui “il giudice, chiamato ad accertare l’avvenuta risoluzione del contratto per l’inadempimento convenzionalmente sanzionato, non è tenuto a effettuare alcuna indagine sulla gravità dell'inadempimento stesso, avendone le parti anticipatamente valutato l’importanza, e, quindi, eliminato la necessità di un’indagine ad hoc, avuto riguardo all’interesse dell'altra parte”; Cass., 20 dicembre 2012, n. 23624; Trib. Bergamo, 7 luglio 2008, in Obblig. e contr. 2009, p. 708, con nota di I. M. GONNELLI, La clausola risolutiva cit.; Cass., 19 novembre 2004, n. 21886, per la quale “in presenza della clausola risolutiva espressa è preclusa ogni indagine sulla gravità dell’inadempimento”.

Nonostante l’ampio consenso di cui gode la ricostruzione in esame, esso non è del tutto granitico. Propendono per la sindacabilità della gravità dell’inadempimento I. M. GONNELLI, La clausola risolutiva cit., p. 721; M. GRONDONA, La clausola risolutiva espressa, Milano, 1998, pp. 52-53, per cui il giudice eventualmente adito deve sempre valutare la gravità dell’inadempimento rispetto all’interesse negoziale e all’economia del contratto, attraverso un giudizio di buona fede, al fine di impedire che chi invoca la clausola risolutiva espressa ne approfitti indebitamente; R. MONGILLO, Importanza dell’inadempimento cit., p. 835 ss., secondo la quale “l’interesse alla esatta esecuzione della prestazione dovuta non coincide necessariamente con quello prospettato nella fase di creazione del vincolo” e, quindi, “l’indagine sull’importanza dell’inadempimento deve tener conto non solo della distribuzione dei rischi effettuata dai contraenti in sede di stipulazione, ma anche dello sviluppo successivo del rapporto sulla base di un giudizio di buona fede, alla luce delle circostanze sopravvenute”; C. TURCO, L’imputabilità cit., p. 176 ss.

Sussiste, poi, una tesi intermedia, secondo cui la valutazione di gravità non è necessaria nelle ipotesi in cui i contraenti abbiano puntualmente definito le modalità con cui l’inadempimento deve aver luogo, mentre è imprescindibile nella situazione inversa: v. L. DERIU, Clausola risolutiva espressa e gravità dell’inadempimento, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1964, p. 421, spec. 424-425, il quale, a conclusione di un articolato ragionamento, scrive che “escludere sempre, a priori, qualsiasi potere del giudice di valutare la gravità dell’inadempimento verificatosi equivale praticamente a dire che anche violazioni non espressamente previste dalle parti possono portare a quella risoluzione del contratto che, invece, il legislatore vuole ricollegata solamente ad una valutazione diretta dei contraenti circa l’importanza che un dato risultato o una data modalità assumono nell’economia contrattuale”; C. A. FUNAIOLI, Effetti della clausola risolutiva espressa, in Foro it. 1949, IV, p. 81, spec. 83. (199) Cfr. Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile del 1942, n. 661: “a tutela del creditore si è evitato l’effetto automatico assoluto […] della clausola risolutiva espressa. Tale automatismo potrebbe non corrispondere più all’interesse del creditore nell’atto in cui l’inadempimento si verifica”. V. anche R. E. CERCHIA, Quando il vincolo contrattuale si scioglie cit., p. 132, che fa notare come il creditore ben potrebbe preferire agire per l’adempimento; A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., p. 143; M. DELLACASA, Il creditore cit., p. 30, per cui, “siccome il creditore, che non è stato pregiudicato in modo irreversibile, può conservare interesse per la prestazione, la legge pone a suo carico l’onere di manifestare la volontà di risolvere il contratto”; C. A. FUNAIOLI, Effetti della clausola risolutiva cit., p. 87; M. GRONDONA, La clausola risolutiva cit., pp. 19-20; G. IORIO, Ritardo cit., p. 285; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 906; P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., p. 332.

giurisdizionale: “la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva” (art. 1456, c. 2, c.c.) (200).

L’effetto sostanziale di risoluzione ex art. 1456 c.c., dunque, viene alla luce seguendo lo schema norma – fatto – potere sull’an – effetto. Eventuali giudizi che dovessero essere successivamente instaurati al fine di rendere lo scioglimento dell’accordo incontrovertibile sarebbero sempre giudizi di mero accertamento, e sarebbero sempre definiti da pronunce dichiarative, con le quali il giudice accerterebbe se si siano verificati o meno i presupposti della risoluzione, ma non modificherebbe la situazione giuridica sostanziale (201). In tali

(200) In proposito, v. A. ATTARDI, Diritto processuale cit., vol. I, p. 111; G. F. BASINI, Risoluzione del contratto cit., pp. 129-130; C. M. BIANCA, Diritto civile, V cit., p. 346; M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 300, per cui l’inadempimento “determina di per sé – in maniera diretta e immediata – non lo scioglimento del rapporto contrattuale, bensì il sorgere, in capo alla parte non inadempiente, del diritto a produrre tale scioglimento”; F. D. BUSNELLI, voce Clausola risolutiva cit., p. 199, per cui la dichiarazione del contraente fedele ha “funzione costitutiva”; “essa appare come causa efficiente della risoluzione ipso iure el contratto (rectius: del rapporto consequenziale), dato che questa costituisce l’effetto immediato e diretto della dichiarazione stessa”; U. CARNEVALI, La risoluzione per inadempimento cit., pp. 42-43, secondo il quale la clausola risolutiva espressa è una fattispecie di risoluzione riconducibile “a poteri giuridici di autotutela che l’ordinamento attribuisce ai privati e che rientrano […] nella categoria dei diritti potestativi sostanziali, secondo lo schema fatto/atto/effetto”; M. COSTANZA, sub art. 1456, in L. NANNI – M.COSTANZA – U. CARNEVALI, Della risoluzione per inadempimento, tomo I, 2, in F. GALGANO (a cura di), Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2007, p. 66; M. COSTANZA, voce Clausola risolutiva cit., p. 1; C. A. FUNAIOLI, Effetti della clausola risolutiva cit., pp. 86-87, per il quale il diritto potestativo è “diritto di risolvere, non di considerare già risolto il contratto. Sicché la risoluzione si opera solo colla dichiarazione”; M. GRONDONA, La clausola risolutiva cit., pp. 13, 16, 18; G. IORIO, Ritardo cit., pp. 285, 288, per cui al contraente deluso è attribuita “una facoltà potestativa sanzionatoria ad esercizio non giudiziale: qui, infatti, la potestatività non passa attraverso il necessario controllo del giudice”; L. MONTESANO, La tutela giurisdizionale cit., p. 132, per il quale “non v’è luogo ad attuazione giurisdizionale di diritti potestativi” ex art. 1456 c.c.; U. NATOLI, Termine essenziale, in Riv. dir. comm. 1947, I, p. 221, spec. 229; I. L. NOCERA, Clausola risolutiva cit., p. 243; I. PAGNI, Le azioni cit., pp. 232, 318; A. PROTO

PISANI, Appunti sulla tutela c.d. costitutiva cit., p. 74, per cui la risoluzione ex art. 1456 c.c. si verifica “solo a seguito dell’esercizio del potere sostanziale di attribuire rilevanza al fatto inadempimento dedotto nella clausola”; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 906; C. SCOGNAMIGLIO, Termine essenziale e interesse del creditore, in Giur. it. 1986, I, I, p. 691, spec. 695; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale cit., pp. 699-700; S. TRIFIRÒ, Clausola risolutiva cit., p. 692; P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., p. 335. In giurisprudenza, v. Trib. Bari, 27 febbraio 2017, n. 1060, in DeJure; Trib. Milano, 13 luglio 2016, n. 9118, in DeJure, cristallino nell’affermare che, “in definitiva, gli elementi della fattispecie risolutiva ex art. 1456 c.c. sono: la esplicita e specifica menzione delle obbligazioni, inerenti a un contratto a prestazioni corrispettive, al cui inadempimento si intende ricollegare l’effetto risolutivo ipso iure; il verificarsi di un inadempimento imputabile e colpevole; la dichiarazione della parte non inadempiente di volersi avvalere della clausola; la persistenza dell’inadempimento al momento in cui avviene tale dichiarazione”; Cass., 31 ottobre 2013, n. 24564; Cass., 31 agosto 2009, n. 18920, in Nuova giur. civ. comm. 2010, I, p. 239, con nota di I. L. NOCERA, Clausola risolutiva cit., chiara nell’affermare che l’art. 1456 c.c. “consente alle parti di prevedere che, in caso di inadempimento, la parte creditrice abbia il potere (diritto potestativo) di risolvere immediatamente – senza ricorrere al giudice – il contratto”; Cass., 5 gennaio 2005, n. 167; Cass., 16 maggio 2002, n. 7178; Cass., 18 giugno 1997, n. 5455.

Occorre, comunque, ricordare che, secondo una corrente dottrinale, non vi sono preclusioni a che le parti si accordino per escludere la necessità della dichiarazione ai fini risolutori; in tal caso, l’effetto di risoluzione sorgerebbe secondo lo schema norma – fatto – effetto: v. G. IORIO, Ritardo cit., pp. 284-285; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Trattato cit., p. 50.

(201) La natura dichiarativa del provvedimento giudiziale è pacifica: v. A. ADDANTE, Colpa dell’obbligato cit., p. 232; G. F. BASINI, L’importanza dell’inadempimento cit., p. 550, il quale precisa che “l’eventuale intervento del giudice non è diretto a risolvere il contratto, ma soltanto a dichiarare che esso si è, appunto, risolto di diritto”; C. M. BIANCA, Diritto civile, V cit., p. 346; M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 303; F. D. BUSNELLI, voce Clausola risolutiva cit., p. 200; A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., p. 143; I. M. GONNELLI, La clausola risolutiva cit., p. 720; G. IORIO, Ritardo cit., pp. 286-287; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 562; I. L.

ipotesi, il giudice dovrebbe verificare che: il contratto della cui risoluzione si discute contenga una clausola risolutiva espressa; gli obblighi in essa descritti siano determinati; l’inadempimento abbia ad oggetto proprio uno di tali obblighi e sia imputabile al debitore; la dichiarazione di volersi avvalere della clausola sia giunta a conoscenza del destinatario. Al contrario, nessuna verifica dovrebbe essere operata circa l’importanza dell’inadempienza: nella misura in cui sia contemplata dalla clausola, essa è grave. In proposito, in dottrina si è correttamente osservato che il vero vantaggio della risoluzione per clausola risolutiva espressa è quello per cui, una volta verificatosi l’inadempimento previsto dal contratto e resa la dichiarazione risolutoria, il dichiarante è sicuro della risoluzione e può disporre della prestazione a suo carico. Conferire all’autorità giudiziaria il potere di indagare sull’importanza dell’inadempimento significherebbe distruggere tale vantaggio (202).

Anche rispetto alla risoluzione per clausola risolutiva espressa si può ripetere quanto osservato in sede di esame della diffida ad adempiere: l’azione di mero accertamento non si prescrive; tuttavia, potrebbe sussistere un difetto di interesse alla sua instaurazione ove le azioni di ripetizione e di risarcimento dei danni fossero, invece, già prescritte (203).

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 68-72)