• Non ci sono risultati.

Segue. Le nullità di protezione

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 39-42)

Meritano un’analisi autonoma le c.d. nullità di protezione, ossia quelle nullità che vengono poste dal legislatore a tutela di una delle parti del contratto, la quale si trova in posizione di debolezza rispetto all’altra. Mentre le nullità di diritto comune presidiano interessi generali dell’ordinamento giuridico (96), le nullità di protezione presidiano un

(95) Persino Proto Pisani, nel descrivere la sentenza dalla quale gli effetti dovrebbero essere rimossi, non riesce a non parlare di “dichiarazione giudiziale di nullità” (corsivo mio; cfr. A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di mero accertamento cit., p. 666). Si segnala, comunque, che l’Autore sembra aver successivamente modificato la propria opinione: a distanza di dodici anni dalla pubblicazione degli Appunti sulla tutela di mero accertamento cit., l’Autore scrive, infatti, che “è pacifico che oggetto dell’azione di nullità sia l’accertamento negativo delle situazioni soggettive (che si pretendono) sorte dal contratto” (A. PROTO PISANI, Appunti sulla tutela c.d. costitutiva cit., p. 94).

(96) Cfr. C. CONSOLO, Nullità del contratto, suo rilievo totale o parziale e poteri del giudice, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2011, Numero speciale. La disponibilità della tutela giurisdizionale (cinquant’anni dopo), p. 7, spec. 10 ss.; F. CORSINI, Rilevabilità cit., p. 668 ss.; R. TOMMASINI, voce Nullità cit., p. 870, secondo cui la nullità è “uno strumento di controllo normativo, utilizzato […] per non ammettere alla tutela giuridica interessi in contrasto con i valori fondamentali del sistema”.

interesse “di serie o di massa”, del quale la parte tutelata è portatrice in forza di una propria condizione oggettiva (97).

Il carattere distintivo delle nullità di protezione è dato dalla loro deducibilità soltanto ad opera della parte protetta, e non dell’altro contraente: per tale ragione, le nullità di protezione vengono definite nullità relative, in contrapposizione alle nullità di diritto comune, che hanno invece carattere assoluto (98).

Proprio tale caratteristica porta l’interprete a domandarsi se anche le nullità di protezione operino di diritto, o se invece il contratto divenga inefficace solo dopo che la nullità sia stata fatta valere dalla parte debole, con tutto ciò che ne consegue in punto di natura dell’azione di nullità e della sentenza di accoglimento della domanda.

Cominciamo da quello che è sempre il primo elemento degli schemi di produzione degli effetti sostanziali: le norme. Le ipotesi di nullità di protezione contemplate dalla legislazione speciale sono parecchie e, in ogni caso, in costante aumento. In via esemplificativa, si possono richiamare: il combinato disposto degli artt. 117, c. 3, e 127, c. 2, d. lgs. n. 385/1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), per cui la nullità causata dalla mancanza di forma scritta dei contratti bancari può essere fatta valere solo dal cliente; gli artt. 23, c. 1-3, 24, 30, c. 7, 100-bis, c. 3, d. lgs. n. 58/1998 (Testo unico dell’intermediazione finanziaria), i quali sanciscono nullità che inficiano i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, denunciabili solo dall’investitore; l’art. 2, c. 1, d. lgs. n. 122/2005, che prevede una forma di nullità a tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti degli immobili da costruire, deducibile solo da questi ultimi (e non dal costruttore); art. 134 d. lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo), che disciplina le cause di nullità nell’ambito della vendita dei beni di consumo, spendibili da parte dei soli consumatori (99).

(97) È questa la felice definizione di V. ROPPO, Il contratto cit., p. 790. Di analogo avviso sono C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 624, per cui le nullità in esame “sono intese pur sempre a colpire situazioni generalizzate di dannosità sociale che richiedono l’intervento della legge in attuazione del principio della parità reciproca. L’interesse direttamente tutelato è quindi un interesse generale pur se la nullità dei contratti o delle clausole è sancita a vantaggio dei singoli contraenti”; F. CORSINI, Rilevabilità cit., p. 672, secondo cui “senza dubbio la nullità relativa tutela in via immediata gli interessi di determinate categorie di contraenti. È tuttavia indiscutibile che essa miri anche alla protezione di un interesse generale, tipico della società di massa, la quale, per raggiungere un giusto punto di equilibrio, necessita di un equo contemperamento fra tutela del contraente debole e libertà imprenditoriale, tramite la previsione di regole di mercato”.

(98) La base di diritto positivo della relatività delle nullità di protezione è data dall’art. 1421 c.c., il quale, nel prevedere che la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, fa salve “diverse disposizioni di legge”. In merito alla relatività delle nullità di protezione, v. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., pp. 623-624; A. CATAUDELLA, Il giudice cit., p. 673; F. CORSINI, Rilevabilità cit., p. 672, il quale ritiene addirittura che nullità relativa e nullità di protezione siano categorie perfettamente sovrapponibili; S. PAGLIANTINI, L’azione di nullità cit., p. 426 ss.; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 789; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale cit., pp. 678-679. (99) Si veda anche l’art. 167, c. 2, d. lgs. n. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private), che sancisce la nullità del contratto di assicurazione stipulato con un’impresa non autorizzata o con un’impresa alla quale sia fatto divieto di assumere nuovi affari.

Qualche problema ermeneutico è destato dall’art. 36, c. 3, c. cons., per cui “La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore”. Secondo la teoria maggioritaria, anche la costruzione lessicale utilizzata in questa sede mira a indicare una forma di legittimazione relativa: cfr. G. BONFIGLIO, La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, in Riv. dir. priv. 2004, p. 861, spec. 896 ss. (con riferimento al vecchio art. 1469-quinquies c.c.); M. MANTOVANI, Le nullità cit., p. 86; S. PAGLIANTINI, L’azione di nullità cit., p. 427 ss.; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 863, per cui

Il secondo elemento della sequenza genetica della nullità di protezione è il concreto verificarsi del fatto – o del complesso di fatti – che, di volta in volta, è descritto in via ipotetica dalla norma: un esempio per tutti, l’intervenuta stipulazione orale di un contratto bancario.

Si tratta a questo punto di capire se ciò è sufficiente per l’insorgere dell’effetto di nullità di protezione, o se occorra altresì che la parte tutelata faccia valere tale nullità. Anche rispetto alle invalidità in esame si può cercare la risposta nelle parole del legislatore, che puntano nettamente nella prima direzione: “Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto

è nullo” (art. 117, c. 3, t.u.b.); “Le nullità previste dal presente titolo operano soltanto a

vantaggio del cliente” (art. 127, c. 2, t.u.b.); “Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo” (art. 23, c. 1, t.u.f.); “L’omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti” (art. 30, c. 7, t.u.f.); “Qualora non sia stato pubblicato un prospetto, l’acquirente […] può far valere la nullità del contratto”, la quale deve allora ritenersi già sorta prima dell’atto di manifestazione di volontà (art. 100-bis, c. 3, t.u.f.) (100).

Si deve, dunque, concludere che anche le nullità di protezione operano ipso iure, rendendo il contratto immediatamente inefficace, secondo il tipico schema norma – fatto – effetto (101).

D’altro canto, come correttamente osservato in dottrina, riconoscere provvisoria efficacia ai contratti affetti da nullità relativa potrebbe risultare in una minore protezione della parte tutelata: infatti, “l’iniziale efficacia del contratto finirebbe per imporre al contraente debole, che volesse svincolarsi dall’accordo ‘nullo’, l’onere di attivarsi per ottenerne la caducazione, arrivando così a frustrare, se non addirittura a vanificare del tutto, in alcuni casi, le intenzioni ‘protettive’ del legislatore” (102).

“la regola, anche se formulata in termini sostanziali, va letta come regola di legittimazione: solo la parte protetta può prendere l’iniziativa di far valere il rimedio, in base all’autonoma valutazione del proprio interesse”. In una diversa prospettiva si pone, invece, chi opina che la norma alluda, più che ad una legittimazione riservata, ad una nullità parziale unidirezionale: così A. GENTILI, L’inefficacia delle clausole abusive, in Riv. dir. civ. 1997, I, p. 403, spec. 432 (commentando il vecchio art. 1469-quinquies c.c.), per cui “la pronuncia di inefficacia estingue gli obblighi e oneri a carico del consumatore che generano in suo danno significativo squilibrio, ma non i diritti e facoltà che la stessa clausola, o un suo elemento, gli accordi”. Analoghe alternative interpretative potrebbero porsi anche rispetto alla nuova formulazione dell’art. 127, c. 2, t.u.b.

(100) La medesima interpretazione deve ricollegarsi alla formulazione dell’art. 167, c. 2, c. ass.

(101) Cfr. G. BERTI DE MARINIS, Nullità relativa cit., p. 294; G. BONFIGLIO, La rilevabilità d’ufficio cit., p. 895, secondo cui “la nullità relativa, proprio perché non smette di essere nullità, opera ipso iure”; G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità), in Contratti 2009, p. 732, spec. 740 ss., per il quale, “nella nullità di protezione, la presenza di un interesse generale tutelato dalla norma rende più coerente la configurazione di una inefficacia originaria del contratto o della clausola, anziché l’idea di una loro iniziale efficacia; la tesi dell’inefficacia originaria, inoltre, si accorda maggiormente con la rilevabilità d’ufficio della nullità (anche di protezione)” (sulla rilevabilità officiosa delle nullità di protezione, v. in dettaglio infra, par. 11); inoltre, “la imprescrittibilità dell’azione, che dovrebbe valere anche per la nullità di protezione, ha un significato completamente diverso rispetto ad una fattispecie inefficace ab origine piuttosto che rispetto ad una fattispecie che si assume essere efficace”; se il contratto fosse effettivamente efficace, “ci troveremmo di fronte ad una possibilità di scioglimento del rapporto tendenzialmente priva di limiti temporali”.

(102) M. GIROLAMI, Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali: per una teoria della moderna nullità relativa, Padova, 2008, p. 438, la quale così prosegue: “inoltre, così ragionando, si finirebbe per avallare e legittimare la

Diviene allora evidente che, quando il legislatore attribuisce a una sola delle parti contraenti la legittimazione a far valere una determinata causa di nullità del contratto, in realtà non riconosce a tale parte la possibilità di provocare l’effetto di nullità, ma solo quella di

avvalersi degli effetti che l’inefficacia del contratto ha già prodotto in ragione della sussistenza

del vizio invalidante (103).

La logica conseguenza della genesi stragiudiziale delle nullità di protezione è che l’azione di nullità è, ancora una volta, un’azione di mero accertamento negativo, la quale viene giocoforza definita da una sentenza dichiarativa (104).

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 39-42)