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Gli elementi di identificazione della domanda di nullità

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 168-172)

I LIMITI OGGETTIVI DEL GIUDICATO NELLE IMPUGNATIVE CONTRATTUALI

20. Gli elementi di identificazione della domanda di nullità

Affrontati così i diversi profili critici che sono emersi negli anni in merito a petitum e causa

petendi, ci si può adesso dedicare all’aspetto e all’assetto che gli stessi assumono quando venga

proposta una domanda di nullità del contratto.

Il petitum immediato è costituito dal provvedimento, di natura dichiarativa, che accerti l’invalidità del contratto (469). Il petitum mediato, ossia il bene della vita che chi formula la domanda mira a ottenere, è la certezza relativa all’assenza di effetti giuridici derivanti dal negozio viziato (470).

Quanto alla causa petendi, essa deve essere ravvisata, come abbiam visto (471), nel singolo fatto storico che vizia il contratto, isolato sulla base della descrizione contenuta nella norma che disciplina la corrispondente causa di nullità. Causa petendi della domanda di nullità sarà, ad esempio, la stipulazione in forma orale di un contratto di compravendita immobiliare (ex artt. 1418, c. 2, e 1350, n. 1, c.c.), il furto dell’autovettura intercorso prima della conclusione del contratto con la compagnia di assicurazioni (ex art. 1418, c. 3, e 1895 c.c.), la mancata sottoscrizione di un contratto bancario da parte del cliente (ex artt. 1418, c. 3, c.c., 117, c. 3, e 127, c. 2, t.u.b.) (472).

La questione che, però, a questo punto si pone è se la causa petendi, così definita, sia o non sia un elemento di identificazione della domanda di nullità. In altri termini, traslando sulla domanda gli aggettivi che ordinariamente vengono riferiti ai diritti, occorre comprendere se la domanda di nullità sia eterodeterminata o autodeterminata.

Il dibattito sul tema è piuttosto vivace, sia nelle aule universitarie sia in quelle giudiziarie. Un primo orientamento, di gran lunga prevalente, afferma che l’azione di nullità è sempre unica, indipendentemente dai fatti costitutivi che rappresentano le ragioni della domanda. Più precisamente, si ritiene che, avendo la domanda di nullità ad oggetto

(468) Su cui v. infra, parr. 24 ss. e 29.

(469) In tal senso, v. R. CAPONI, Azione di nullità cit., p. 95, per cui l’azione di nullità “ha come petitum la dichiarazione di inesistenza degli effetti giuridici che la norma collega alla corrispondente fattispecie dell’atto valido”. Sulla natura dichiarativa della sentenza, cfr. supra, parr. 5 e 6.

(470) In proposito, cfr. P. FORTUNATO, Mutamento cit., p. 933, il quale, parlando dell’azione di “nullità per simulazione”, come da lui definita nel titolo del contributo, scrive che l’oggetto mediato “consiste in quella situazione giuridica reale che si intende accertare”; C. MANDRIOLI –A.CARRATTA, Diritto processuale cit., vol. I, p. 179, per i quali alla controparte “si chiede di non contestare una determinata situazione giuridica che ha un certo oggetto”.

(471) Cfr. supra, par. 19.2.1.

(472) Contra, v. F. CORSINI, Rilevabilità cit., p. 677, nt. 34, il quale opina che la causa petendi della domanda di nullità sia, a ben vedere, una sola e corrisponda sempre alla “inidoneità del contratto a produrre effetti a causa dell’invalidità”.

l’accertamento negativo dell’esistenza del rapporto giuridico fondamentale (473), tale domanda si identifichi in base al solo petitum e non muti al variare delle singole cause di nullità che si facciano valere in giudizio (474).

A tale ricostruzione si oppongono quanti sostengono che la domanda di nullità sia eterodeterminata e che a diversi motivi di nullità corrispondano diverse azioni (475).

(473) Secondo I. PAGNI, Le azioni cit., p. 297, l’accertamento negativo delle situazioni soggettive che si pretendono sorte dal contratto.

(474) Sono di tale avviso M. BOVE, Rilievo d’ufficio della questione di nullità e oggetto del processo nelle impugnative negoziali, in Giur. it. 2015, p. 1387, spec. 1390, che scrive: “non si vede quante volte potrebbe un contratto essere dichiarato nullo, ancorché, in ipotesi, si possano far valere più cause di nullità”; R. CAPONI, Azione di nullità cit., p. 96, secondo cui l’oggetto del giudizio di nullità “non muta in relazione alle singole cause di nullità che l’attore faccia valere in giudizio”; G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 321, secondo il quale, nelle azioni di accertamento negativo, la causa dell’azione è sempre costituita dall’“inesistenza di una volontà di legge che garantisca un bene all’avversario”; e “l’inesistenza del diritto non può avere alla sua volta una causa piuttosto che un’altra; se si afferma l’inesistenza del diritto per mancanza di un fatto costitutivo, indi per mancanza di un altro o per la presenza di un fatto estintivo, l’azione è sempre unica”; C. CONSOLO, Nullità del contratto cit., p. 18; C. CONSOLO, Postilla di completamento. Il giudicato ed il rilievo officioso della nullità del contratto: quanto e come devono essere ampi?, in Corr. giur. 2013, p. 184, spec. 186-187, per il quale la natura autodeterminata della domanda di nullità si pone maggiormente “in linea con il carattere grandangolare di tale giudizio”; C. CONSOLO, Poteri processuali e contratto invalido, in Eur. dir. priv. 2010, p. 941, spec. 951 ss.; C. CONSOLO –F.GODIO, Patologia del contratto e (modi dell’) accertamento processuale, in Corr. giur. 2015, p. 225, spec. 237-238, anche nt. 30; M. DE

CRISTOFARO, Giudicato e motivazione, in Riv. dir. proc. 2017, p. 41, spec. 84; C. MANDRIOLI –A.CARRATTA, Diritto processuale cit., vol. I, p. 192, nt. 53, i quali scrivono: “ci sembra, in linea di massima, che tutti i possibili fatti che possono determinare la nullità del contratto concorrano a fondare l’unica azione dichiarativa della nullità”; V. MARICONDA, La Cassazione rilegge l’art. 1421 c.c. e si corregge: è vera svolta?, in Corr. giur. 2005, p. 962, spec. 967; S. PAGLIANTINI, A proposito dell’ordinanza interlocutoria 21083/2012 e dintorni: rilievo d’ufficio della nullità all’ultimo atto?, in Corr. giur. 2013, p. 178, spec. 182. In giurisprudenza, ex plurimis, v. Cass., 21 maggio 2019, n. 13607; Cass., 29 marzo 2019, n. 8914; Cass., 12 marzo 2019, n. 7034; Cass., 5 marzo 2019, n. 6391; App. Reggio Calabria, 29 gennaio 2019, n. 72, in DeJure; Cass., 12 dicembre 2018, n. 32148; Cass., 22 agosto 2018, n. 20944; Cass., 6 giugno 2018, n. 14688; Cass., 13 dicembre 2017, n. 29985; Cass., 2 maggio 2017, n. 10629; Cass., 23 gennaio 2017, n. 1674; Cass., 11 novembre 2016, n. 23064, che parla di “inerenza” dell’azione di nullità a un “diritto autodeterminato”; Cass., 11 ottobre 2016, n. 20446; Cass., 26 gennaio 2016, n. 1368; Cass., 30 ottobre 2015, n. 22179; Cass., 27 ottobre 2015, n. 21775, per la quale “Il giudizio di nullità/non nullità del negozio (il thema decidendum e il correlato giudicato) sarà, così, definitivo e a tutto campo indipendentemente da quali e quanti titoli di nullità siano stati fatti valere dall’attore”; Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242 e n. 26243, par. 6.13.5.

(475) In tal senso, cfr. A. BARLETTA, Extra e ultra petizione: studio sui limiti del dovere decisorio del giudice civile, Milano, 2012, p. 164 ss., per cui “il dovere decisorio del giudice in tema di accertamento della lesione, a fronte dell’azione di nullità, è circoscritto alla verifica in concreto del tipo di situazione antigiuridica ipotizzato dall’attore, individuato qui in relazione all’interesse protetto dall’ordinamento, per il quale è stabilita la sanzione dell’invalidità del contratto; in altre parole, l’accertamento è normalmente limitato alla specifica azione di nullità proposta dall’attore in relazione alla tutela di un peculiare interesse protetto”. In giurisprudenza, v. App. Roma, 3 aprile 2019, n. 42, in DeJure; Cass., 26 gennaio 2010, n. 1526, secondo cui “i principi della domanda e del contraddittorio escludono invero che, qualora la parte abbia chiesto l’accertamento dell’invalidità di un atto a sé pregiudizievole, la pronuncia del giudice possa fondarsi su ragioni d’invalidità […] tardivamente indicate”; Cass., 26 giugno 2009, n. 15093 (in materia di licenziamento); Cass., 28 novembre 2008, n. 28424; Cass., 10 luglio 2008, n. 19029, la quale afferma che “le domande di nullità della donazione in quanto stipulata tra coniugi contro il divieto (dichiarato incostituzionale) di cui all’art. 781 c.c. e di nullità della donazione obnuziale per effetto del successivo annullamento del matrimonio, ai sensi dell’art. 785 c.c., comma 2, sono diverse per il titolo”; Cass., 19 giugno 2008, n. 16621, la quale sottolinea che, quando viene proposta una domanda di nullità di un contratto o di una sua clausola, “una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d’ufficio, né può esser dedotta per la prima volta in grado d’appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ‘ab origine’ proposta dalla parte”; Cass., 8 gennaio 2007, n. 89 (in obiter), per cui, quando “nel giudizio si discute dell’illegittimità dell’atto, costituisce domanda nuova la proposizione per la prima volta in appello (o nello

Chiaramente, il problema di scegliere se inquadrare la domanda di nullità nell’una o nell’altra categoria non si porrebbe ove si aderisse alla tesi attardiana per cui anche le domande su fattispecie autodeterminate sono identificate dalla singola causa petendi allegata in giudizio.

Ove, invece, si volesse seguire l’approccio predominante e attribuire alla causa petendi un diverso compito individuatore a seconda dei casi, si dovrebbe definire la natura della domanda di nullità, per poi trarne le opportune conseguenze.

Ora, dal punto di vista del diritto sostanziale, tra gli svariati vizi che astrattamente possono colpire un contratto e renderlo nullo, è statisticamente molto probabile – e, anzi, pressoché certo – che solo alcuni affliggano il negozio giuridico. Pertanto, se in un dato caso concreto si arrivasse a concludere che il contratto non è viziato da carenza di forma scritta, ma è viziato da impossibilità dell’oggetto – e, quindi, non è nullo per il primo motivo, ma è nullo per il secondo – si formulerebbero due affermazioni logicamente compatibili e giuridicamente legittime.

Partendo da questa premessa, proviamo a valutare le implicazioni che le due contrapposte tesi sopra riportate hanno dal punto di vista degli effetti del giudicato, tenendo sempre come criterio orientativo l’effettività dei diritti di azione e difesa.

Immaginiamo che un primo giudice abbia dichiarato un determinato contratto nullo per vizio di forma. La declaratoria di nullità rende irrilevante la circostanza che quel negozio fosse o meno affetto da altri vizi. Eventuali successive pronunce che accertassero che il contratto sia nullo anche per altre cause e non nullo per ulteriori altre risolverebbero, in sostanza, questioni di puro diritto e non avrebbero alcuna utilità pratica: infatti, è sufficiente che una sola sentenza renda incontrovertibile l’inidoneità di un contratto a produrre effetti perché divenga superfluo indagare quante e quali fossero le cause di nullità sussistenti nel caso di specie.

Le cose stanno diversamente nelle ipotesi di rigetto della domanda di nullità. Se l’attore ha chiesto la declaratoria di nullità del contratto per carenza di forma scritta e il giudice ha respinto la domanda (per esempio, perché è stato prodotto il testo contrattuale sottoscritto da tutti i contraenti), ciò non esclude che, secondo il diritto sostanziale, quello stesso

stesso giudizio di primo grado, qualora la domanda fosse formulata oltre il termine consentito) della richiesta di declaratoria di nullità per un titolo diverso da quello dedotto in primo grado”; Cass., 5 novembre 2001, n. 13628, per cui “una ragione di nullità diversa da quella posta a base della domanda introduttiva […] non può esser dedotta per la prima volta in sede di gravame, trattandosi di domanda nuova e diversa rispetto a quella ab origine proposta dalla parte”; Cass., 18 febbraio 1999, n. 1378 (in materia di delibera condominiale); Cass., 14 marzo 1998, n. 2772, secondo cui “la sanzione della nullità colpisce svariate ipotesi di vizi dell’atto, sicché, in riferimento ad uno stesso negozio, sono ben ipotizzabili molteplici ipotesi di nullità, ciascuna indotta da profili specifici. L’azione di nullità è per questo caratterizzata da una causa petendi, che ne definisce la species agli effetti delle preclusioni processuali, in modo che la proposizione di una domanda intesa a ottenere la declaratoria di nullità del contratto impedisce alla parte di far valere in appello una diversa causa di nullità, ed al giudice di porre a base della decisione ragioni diverse di nullità”; Cass., 15 febbraio 1991, n. 1589; Cass., 11 marzo 1988, n. 2398; Cass., 29 novembre 1985, n. 5958 (s.m.); Cass., 25 giugno 1985, n. 3820 (s.m.); Cass., 8 ottobre 1981, n. 5294 (s.m.), la quale, a fronte di una domanda di nullità della donazione per difetto dei requisiti di forma, esclude che il giudice abbia il potere-dovere di verificare di ufficio se sussista o meno l’animus donandi; App. Firenze, 8 gennaio 1960, in Giur. tosc. 1960, p. 212.

contratto sia affetto da altre cause di invalidità. La cognizione del giudice è di necessità limitata a quanto emerge dagli atti di causa e ben potrebbe accadere che alcuni vizi siano rimasti a lui ignoti. Pertanto, il contratto oggetto di causa potrebbe, in verità, essere nullo dal punto di vista del diritto sostanziale, senza che le parti abbiano avuto occasione di contraddire in proposito e senza che il giudice se ne sia reso conto.

Ebbene, se si qualifica la domanda di nullità come domanda autodeterminata, essa viene individuata sulla base del solo petitum e solo a questo occorre fare riferimento per vagliare l’identità di azioni. Ne segue che, ove a valle della proposizione della domanda di nullità per difetto di forma venisse proposta una successiva domanda di nullità per diversa causa, il secondo giudice dovrebbe limitarsi a verificare l’uguaglianza dei due petita e dovrebbe rigettare la domanda in rito, in applicazione del principio del ne bis in idem. Ciò non rappresenterebbe un problema, come si è visto, nell’ipotesi in cui il primo giudice avesse accolto la domanda di nullità; viceversa, ove la prima sentenza avesse contenuto di rigetto, la natura autodeterminata della domanda in esame impedirebbe di valutare eventuali cause ulteriori di nullità del contratto e, in definitiva, di rendere incontrovertibile una situazione conforme all’effettiva realtà sostanziale.

Ma quel che più rileva è che inquadrare la domanda di nullità tra quelle autodeterminate significherebbe accettare che il giudicato copra anche la sussistenza o, peggio ancora, l’insussistenza di cause di nullità sulle quali le parti non hanno mai avuto modo di contraddire.

L’irrilevanza della causa petendi ai fini dell’identificazione della domanda giudiziale conduce, poi, a esiti irragionevoli anche nella prospettiva degli effetti conformativi del giudicato. Vi sono, infatti, delle ipotesi in cui non è indifferente che il contratto sia affetto dall’una o dall’altra causa di invalidità. Si pensi, ad esempio, alle previsioni dell’art. 2035 c.c., per cui “Chi ha eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua, costituisca offesa al buon costume non può ripetere quanto ha pagato”, o dell’art. 1972 c.c., per cui “1. È nulla la transazione relativa a un contratto illecito, ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo. 2. Negli altri casi in cui la transazione è stata fatta relativamente a un titolo nullo, l’annullamento di essa può chiedersi solo dalla parte che ignorava la causa di nullità del titolo”.

In simili occasioni, la regiudicata produce effetti positivi diversi a seconda che il contratto sia stato dichiarato nullo, rispettivamente, per contrarietà al buon costume e per illiceità ovvero per una diversa causa di nullità. Se il primo giudice ha accertato la nullità del contratto per i motivi indicati, il giudice che debba decidere sulla ripetizione delle prestazioni effettuate in adempimento agli obblighi contrattuali o sulla nullità della transazione avente ad oggetto quel contratto sarà vincolato dal modo in cui è stata decisa la questione della nullità negoziale. Se, invece, il primo giudice ha accertato la nullità del contratto per motivi diversi dalla contrarietà al buon costume e dall’illiceità, egli non avrà accertato alcunché rispetto all’effettiva sussistenza di tali vizi e non si vede come il secondo giudice potrebbe essere vincolato dalla prima pronuncia, benché la stessa contenga la statuizione incontrovertibile della nullità del contratto.

Esempi analoghi si possono effettuare con riferimento alla pronuncia di rigetto. Se il primo giudice ha accertato che il contratto non è nullo per contrarietà al buon costume e per illiceità, il giudice che debba decidere sulla ripetizione delle prestazioni effettuate in adempimento agli obblighi contrattuali o sulla nullità della transazione avente ad oggetto quel contratto sarà vincolato dal provvedimento di rigetto. Se, invece, il primo giudice ha respinto la domanda di nullità del contratto fondata su motivi diversi, tale accertamento non può esplicare effetti positivi nel secondo giudizio.

Non sembra, quindi, che, nella prospettiva degli effetti conformativi del giudicato, si possa ignorare quale sia il motivo che chi ha formulato la domanda di nullità ha posto a fondamento della stessa. Sicché, come già accennato (476), o si considera la domanda eterodeterminata, oppure la si considera autodeterminata, ma si modellano gli effetti della

res iudicata sulla singola causa di nullità che costituisce il motivo portante della decisione.

Se si dovesse decidere sulla sola base delle implicazioni in punto di efficacia positiva della regiudicata, le alternative sarebbero ugualmente accettabili (si potrebbe, forse, soltanto osservare che la seconda comporterebbe un doppio passaggio – iniziale estensione massima del giudicato e successiva restrizione del medesimo al motivo portante – che la prima alternativa non rende necessario). Tuttavia, se si considera anche quanto osservato in merito alla cognizione parziale del giudice e alla limitazione dei diritti di azione e difesa delle parti, ammettere che la pronuncia sulla nullità accerti in modo incontestabile che il contratto è valido tout court, o invalido tout court, non pare la scelta più opportuna.

Alla luce di quanto esposto, sembra che vi siano valide e plurime ragioni per prediligere la tesi che conferisce alla domanda di nullità natura eterodeterminata, con la conseguenza che a diversi vizi di nullità corrispondono diverse azioni giudiziali.

21. Il rilievo officioso di ulteriori cause di nullità e della diversa estensione oggettiva

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 168-172)