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L’effetto di risoluzione per inadempimento

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 88-91)

9. L’azione di risoluzione

9.1. La risoluzione per inadempimento

9.1.6. L’effetto di risoluzione per inadempimento

Come si è visto, l’effetto di risoluzione per inadempimento viene alla luce seguendo due diversi itinerari: secondo lo schema norma – fatto – potere sull’an – effetto, nelle ipotesi di cui agli artt. 1454, 1456 e 1457 c.c.; secondo lo schema norma – fatto – potere sull’an – accertamento giudiziale – effetto, nell’ipotesi di cui all’art. 1453 c.c. L’elemento comune è la costante presenza di un diritto potestativo di risoluzione, il quale viene attribuito alla parte che subisce l’inadempimento per consentirle di scegliere se mantenere in vita il contratto o se sciogliere il vincolo. Tuttavia, nelle prime tre ipotesi l’esercizio del potere è idoneo a provocare direttamente l’effetto sostanziale; nell’ultima, è necessario che l’esercizio del potere sia integrato da una sentenza che costituisce l’effetto in via immediata.

Ora, nonostante i diversi sentieri percorribili, la meta che si raggiunge è sempre la medesima: l’effetto sostanziale di risoluzione per inadempimento presenta sempre le stesse caratteristiche, delineate agli artt. 1458, 2652, c. 1, n. 1, e 2690, c. 1, n. 1, c.c. (256).

Rispetto ai contraenti, secondo l’insegnamento tradizionale, l’effetto assume due declinazioni (257). Da un lato, si ha un effetto liberatorio, che consiste nella eliminazione del

(254) Così C. DE MENECH, La preclusione dell’adempimento tardivo cit., p. 573, spec. 576; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. SCHLESINGER e continuato da F. D. BUSNELLI, Milano, 2007, p. 235. In giurisprudenza, v. Cass., 24 luglio 2012, n. 12895; Cass., 11 ottobre 2002, n. 14527, per cui “l’art. 1453, comma 3, c.c., non introduce per il convenuto un divieto assoluto di adempimento dopo la proposizione della domanda di risoluzione, ma si limita a sancire l’inefficacia di un adempimento tardivo a sanare o a diminuire le conseguenze del pregresso inadempimento posto a base della domanda”; Cass., 31 luglio 1987, n. 6643.

(255) Benché il codice civile non disciplini espressamente la prescrizione dell’azione, il dato è quasi pacifico in dottrina e in giurisprudenza: in tal senso, v. M. DELLACASA, L’azione di risoluzione: legittimazione, onere della prova, prescrizione, in V. ROPPO (a cura di), Rimedi – 2, in Trattato del contratto, diretto da V. ROPPO, vol. V, Milano, 2006, pp. 206, 208; A. NATUCCI, Risoluzione per inadempimento e prescrizione, in Riv. dir. civ. 1996, II, p. 605, spec. 620, 622. In giurisprudenza, v. Trib. Busto Arsizio, 15 marzo 2013, in DeJure; Cass., 29 novembre 2005, n. 26042; Cass., 14 aprile 2004, n. 7066; Cass., 29 luglio 2003, n. 11640. Contra, R. SACCO, I rimedi sinallagmatici cit., p. 637, secondo il quale “il diritto di agire è imprescrittibile perché è un rimedio, e come tutti i rimedii è esperibile finché è in atto la situazione illecita cui deve rimediare”.

(256) Per l’applicabilità di tale disciplina anche alle ipotesi di risoluzione di diritto, v. M. COSTANZA, sub art. 1456 cit., p. 73; M. COSTANZA, sub art. 1457, in L. NANNI –M.COSTANZA –U.CARNEVALI, Della risoluzione per inadempimento, tomo I, 2, in F. GALGANO (a cura di), Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2007, p. 100, per cui l’art. 1458 c.c. “ha una portata generale comprovata non solo dalla sua collocazione in una sede che sta a significare la sua riferibilità a tutte le forme di risoluzione, ma soprattutto perché manca ogni indice normativo dal quale si possa dedurre un limite alla sua operatività”; M. PALADINI, L’atto unilaterale cit., p. 73. In giurisprudenza, v. Trib. Firenze, 23 agosto 2016, n. 2865, in DeJure; Cass., 16 gennaio 2013, n. 997; Cass., 8 novembre 1985, n. 5461.

(257) Sul punto, v. M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 188 ss.; A. BOSELLI, La risoluzione cit., p. 278; A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., p. 144 ss.; G. GABRIELLI, Recesso e risoluzione per inadempimento,

vincolo rispetto alle obbligazioni non ancora adempiute e che opera ex nunc, ossia dal momento in cui si produce la risoluzione. In secondo luogo, si ha un effetto restitutorio, in forza del quale ciascuno dei contraenti ha l’obbligo di restituire le prestazioni ricevute (anche quello deluso, in quanto nessuno può arricchirsi sine titulo di una prestazione altrui) (258). Come regola generale, esso opera ex tunc, ossia dal momento in cui il contratto è stato concluso. Tuttavia, nell’ipotesi di contratti ad esecuzione continuata o periodica, l’effetto non si estende alle prestazioni già eseguite.

La ratio di tale eccezione è rinvenibile nell’opportunità di conservare le prestazioni corrispettive che abbiano già pienamente realizzato l’interesse dei contraenti, ridurre i costi e i tempi di durata della controversia, nonché alleggerire la posizione del contraente inadempiente (259). Secondo la tesi più accreditata, l’irretroattività dell’effetto si estende solo alle “coppie di prestazioni” già eseguite (260). Viceversa, quando solo il contraente fedele abbia adempiuto alla propria obbligazione periodica, senza ricevere il corrispettivo, sarà il medesimo contraente a individuare la modalità più conveniente per ripristinare il sinallagma: potrà scegliere se chiedere la risoluzione dal momento della domanda o dal momento dell’inadempimento, e, quindi, se domandare l’adempimento della controprestazione oppure la restituzione della propria (261).

Quanto ai soggetti estranei al contratto, l’art. 1458, c. 2, c.c. dispone che la risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, nemmeno se è stata espressamente pattuita. Non viene operata alcuna distinzione tra terzi di buona o di mala fede, e tra subacquirenti a titolo

in Riv. trim. dir. proc. civ. 1974, p. 725, spec. 734 ss.; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Trattato cit., p. 126 ss.

(258) Per attuare le restituzioni, si applicano le norme sulla ripetizione d’indebito e sull’arricchimento senza causa: v. R. SACCO, I rimedi sinallagmatici cit., p. 631.

(259) In tal senso, cfr. A. BELFIORE, voce Risoluzione cit., pp. 1329-1330; G. CASELLA, La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, Torino, 2001, p. 210, il quale sottolinea che “l’eccezione al principio di retroattività si applica esclusivamente a quei contratti in cui la continuazione o la periodicità non solo esiste per entrambe le parti, ma si realizza in modo che sia costantemente attuato l’equilibrio sinallagmatico tra prestazione e controprestazione”; A. MOTTO, Poteri cit., pp. 247-248, nt. 100; G. OPPO, I contratti di durata, in Riv. dir. comm. 1943, I, p. 227, spec. 244-245, il quale fa notare che “al decorso del tempo corrisponde […] economicamente la soddisfazione continuativa degli interessi contrattuali, giuridicamente l’adempimento continuativo dell’obbligazione duratura: la risoluzione o lo scioglimento trova l’interesse contrattuale già soddisfatto e l’obbligazione già adempiuta per il tempo trascorso e non può che rispettare gli effetti economici e giuridici già prodotti dal contratto […]. Nessuna delle parti può d’altro canto lamentare il mantenimento di tali effetti, giacché lo svolgimento del rapporto di durata è utile ad entrambe”.

(260) Cfr. A. BELFIORE, voce Risoluzione cit., p. 1329; M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 206; G. CASELLA, La risoluzione cit., p. 310. Pare, invece, muoversi in direzione opposta la Corte di Cassazione quando esclude dall’efficacia retroattiva della risoluzione anche le prestazioni che sono state eseguite da uno solo dei contraenti, con la conseguenza che colui che ha adempiuto può solo domandare l’adempimento della controprestazione, e non la restituzione di quanto prestato: v. Cass., 6 dicembre 2011, n. 26199, in Contratti 2012, p. 121, con nota di F. S. PATTI, Autonomia privata ed effetti della risoluzione del contratto ad esecuzione continuata o periodica.

(261) Così F. S. PATTI, Autonomia privata cit., p. 126 ss.; R. SACCO, I rimedi sinallagmatici cit., p. 632; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, in Trattato cit., pp. 128-129.

oneroso o a titolo gratuito (262). Tuttavia, anche nell’impugnativa in discorso, tale regola viene temperata dalla disciplina degli effetti della trascrizione della domanda giudiziale. In particolare, la risoluzione è opponibile a tutti coloro che abbiano trascritto o iscritto i titoli d’acquisto dei propri diritti dopo la trascrizione della domanda di risoluzione (cfr. artt. 2652, c. 1, n. 1, e 2690, c. 1, n. 1, c.c.). Inoltre, secondo un’interpretazione estensiva suggerita in dottrina, anche ove la domanda giudiziale non sia stata trascritta, la risoluzione è altresì opponibile a tutti coloro che abbiano trascritto i propri titoli d’acquisto successivamente alla trascrizione della sentenza che definisce positivamente il giudizio (263).

Occorre, poi, effettuare una precisazione con riguardo ai rapporti tra gli effetti della trascrizione e la risoluzione di diritto. Ovviamente, ove il contraente fedele instauri un’azione di mero accertamento per sentir dichiarare l’intervenuto scioglimento del contratto, si applicherà la disciplina appena ricordata. Tuttavia, la parte che subisce l’inadempimento ha anche la possibilità di trascrivere gli atti con i quali esercita il proprio diritto potestativo di risoluzione (chiaramente, quanto subito si dirà non è applicabile alla risoluzione per decorso di termine essenziale, in quanto, come si è visto, il potere risolutorio viene attuato mantenendo il silenzio). In questo caso, la norma cui si deve far riferimento è l’art. 2655, c. 1, c.c., in forza del quale, quando un atto trascritto o iscritto sia risolto, la risoluzione deve essere annotata a margine della trascrizione o dell’iscrizione dell’atto. Il contraente insoddisfatto dovrà aver cura di rendere le dichiarazioni di cui agli artt. 1454 e 1456 c.c. in forme tali che possano essere utilizzate a scopo di trascrizione/annotazione, ossia mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata (cfr. art. 2657 c.c.); in alternativa, potrà proporre e trascrivere una domanda di accertamento della sottoscrizione apposta alla scrittura privata contenente la diffida o la dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa. In tali occasioni, saranno pregiudicati tutti i diritti dei terzi i cui titoli d’acquisto siano stati trascritti o iscritti dopo la trascrizione degli atti di esercizio dei diritti potestativi stragiudiziali di risoluzione, o dopo la trascrizione della domanda di accertamento giudiziale delle scritture private in cui sono contenuti (264).

Infine, il legislatore rende applicabile anche alla risoluzione la disciplina relativa ai contratti di cui all’art. 1420 c.c.: negli accordi che coinvolgono più di due parti, nei quali le prestazioni di ciascuna sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, l’inadempimento di una sola delle parti non importa lo scioglimento del contratto rispetto alle altre, a meno che la prestazione inadempiuta debba considerarsi essenziale (art. 1459 c.c.).

(262) Cfr. M. BORRIONE, La risoluzione per inadempimento cit., p. 207; R. E. CERCHIA, Quando il vincolo contrattuale si scioglie cit., p. 135. L’irrilevanza dello stato soggettivo del terzo discende dalla circostanza che l’inadempimento del dante causa non costituisce un vizio del titolo di acquisto del terzo.

(263) Cfr. A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., p. 147, per cui gli artt. 2652, c. 1, n. 1, e 2690, c. 1, n. 1, c.c. costituiscono dei casi in cui la legge minus dixit quam voluit.

(264) In proposito, cfr. M. COSTANZA, sub art. 1456 cit., pp. 73-74; A. DALMARTELLO, voce Risoluzione cit., p. 148.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 88-91)