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L’eccezione di annullabilità

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 112-115)

Ai sensi dell’art. 1442, c. 4, c.c., “l’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere”.

L’attività di esegesi della norma non può che prendere il via dalle prime parole utilizzate, ossia “l’annullabilità”. Come sottolineato da autorevole dottrina, annullabilità significa suscettibilità di annullamento, ossia esposizione alla possibilità di annullamento (322): siffatta scelta terminologica rende evidente che il legislatore ha inteso riferirsi a qualcosa di diverso dall’effetto di annullamento, e precisamente a quella situazione in cui tale effetto è solo in potenza, non in atto.

La seconda notazione che preme subito effettuare, e che attiene al profilo dell’ammissibilità dell’eccezione in esame, è che il rimedio dell’eccezione di annullabilità opera solo se il contratto non è ancora stato eseguito, in tutto o in parte, dal contraente che la solleva: invero, la norma dispone che “l’annullabilità può essere opposta dalla parte

convenuta per l’esecuzione del contratto”, il quale deve giocoforza essere ancora inattuato (323).

(322) Cfr. F. MESSINEO, voce Annullabilità cit., p. 469, il quale evidenzia che “i due termini restano intimamente legati, nel senso che il primo si concepisce come possibilità logica del secondo”.

(323) L’opinione è invalsa tra gli interpreti: v. A. CATAUDELLA, Il giudice cit., p. 670, per il quale la parte interessata può far valere l’annullabilità in via d’eccezione “sino a quando la prestazione non sia stata attuata”; C. CONSOLO, «Imprescrittibilità» della c.d. eccezione di annullabilità e parte convenuta per l’esecuzione: spunti sistematici, in Corr. giur. 2000, p. 95, spec. 98, secondo cui “tale speciale facoltà dell’obbligato escusso va ristretta al caso in cui l’azione che si vuole fronteggiare sia volta ad ottenere l’esecuzione del contratto, non ancora dunque suscettibile di potersi dire integralmente eseguito da parte del soggetto – il convenuto nel processo di condanna – titolare del potere caducatorio”; M. COSTANZA, Annullamento del contratto concluso dall’incapace naturale: imprescrittibilità dell’eccezione e decorrenza del termine di prescrizione dell’azione, in Giust. civ. 1986, I, p. 2255, spec. 2557; E. MERLIN, Compensazione e processo, vol. I, Milano, 1991, p. 237, anche nt. 76; A. MOTTO, Poteri cit., pp. 311-312, secondo il quale l’eccezione “è normativamente prevista quale mezzo di difesa dell’obbligato nel giudizio in cui gli è richiesta l’esecuzione della prestazione […], al fine di conseguire il rigetto della domanda di condanna, sottraendosi all’adempimento dell’obbligazione, di guisa che essa presuppone che questa sia rimasta inattuata”; F. PECCENINI, sub art. 1442, in AA.VV., Della simulazione, della nullità del contratto, dell’annullabilità del contratto, in F. GALGANO (a cura di), Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1998, p. 508; R. TOMMASINI, sub art. 1441 cit., p. 103; R. TOMMASINI, voce Annullabilità cit., p. 11.

In effetti, finché il contratto rimane ineseguito, la situazione di fatto corrisponde già a quella che si determinerebbe in seguito all’annullamento; in tale scenario, l’opponibilità dell’eccezione serve a risparmiare al titolare del diritto potestativo di annullamento l’onere di attivare un giudizio diretto a ottenere la caducazione del rapporto (324).

La formulazione dell’art. 1442, c. 4, c.c. costituisce, inoltre, un utile strumento ai fini dell’inquadramento dell’eccezione in discorso tra le eccezioni in senso lato o tra le eccezioni in senso stretto. Per un verso, è testualmente previsto che l’annullabilità possa essere “opposta dalla parte convenuta”; per un altro, non sono rinvenibili cenni a eventuali poteri officiosi del giudice. Se ne trae che l’eccezione di annullabilità debba essere ricompresa tra le eccezioni riservate all’istanza di parte e non rilevabili d’ufficio (325).

Peraltro, non solo la conclusione discende de plano dal diritto positivo, ma consente altresì di rispettare l’armonia del sistema. Come si è visto nel precedente paragrafo 7, la produzione dell’effetto di annullamento non avviene ipso iure, ma è affidata all’esercizio di un potere di parte, necessariamente nell’ambito di un giudizio, e alla pronuncia di una sentenza costitutiva. L’ordinamento, dunque, lascia alla parte interessata la facoltà di scegliere se mantenere in vita un contratto annullabile o se ottenerne la caducazione. Ebbene, tale libertà di scelta sarebbe fortemente compressa se, convenuta in giudizio la parte interessata all’annullamento, il giudice potesse rilevare d’ufficio l’annullabilità del contratto e rigettare la domanda attorea volta a farne valere uno o più effetti. Se ciò accadesse, la discrezionalità del contraente leso sarebbe garantita solo fintantoché la controparte non instauri un’azione

Si è, peraltro, precisato che la locuzione “parte convenuta” deve essere intesa non già in senso formale, bensì in senso sostanziale. Essa si riferisce anche a coloro che, con l’obiettivo di sottrarsi alla pretesa di adempimento, si siano dovuti fare attori e prendere l’iniziativa di dare impulso ad un processo di cognizione: si pensi alle ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, o alle ipotesi di opposizione all’esecuzione o a precetto. In proposito, v. C. CONSOLO, «Imprescrittibilità» cit., p. 99; R. TOMMASINI, sub art. 1441 cit., p. 103.

(324) Lo segnalano E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico cit., p. 466; E. MERLIN, Compensazione e processo, vol. I, cit., p. 237, anche nt. 76.

(325) E, in effetti, di tale avviso si mostra la dottrina nettamente maggioritaria: cfr. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 669; L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico cit., p. 354; C. CAVALLINI, Perpetua ad excipiendum, variazioni in tema di giudicato e motivazione, in Riv. dir. proc. 2018, p. 621, spec. 622-623; G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 305; G. FABBRINI, L’eccezione di merito cit., p. 354, nt. 19, che ricomprende l’eccezione di annullabilità tra quelle che, “secondo il nostro diritto positivo, [sono] rilevabili sicuramente solo ad istanza di parte”; F. MESSINEO, voce Annullabilità cit., p. 476, per cui la natura in senso stretto dell’eccezione di annullabilità “si desume, argomentando a contrario sensu dall’art. 1421 (in fine), dove, a proposito della nullità, è disposto che questa può anche essere rilevata di ufficio dal giudice […], mentre un inciso equivalente non si trova nell’art. 1441”; L. MONTESANO, Limiti oggettivi cit., p. 45; R. ORIANI, voce Eccezione cit., p. 267; R. SACCO, voce Nullità cit., p. 305. In giurisprudenza, sottolineano che l’eccezione di annullamento è un’eccezione in senso stretto Trib. Treviso, 23 marzo 2017, n. 675, in DeJure; Cass., 5 febbraio 2016, n. 2313; Cass., 6 ottobre 2014, n. 20988; Cass., 5 giugno 2014, n. 12677; Cass., 26 marzo 2012, n. 4852 (in obiter); Cass., 29 aprile 2009, n. 10038 (in obiter); App. Bari, 10 marzo 2009, n. 231, in DeJure; Cass., 15 maggio 2007, n. 11108 (in obiter); Cass., sez. un., 27 luglio 2005, n. 15661 (in obiter); Cass., sez. un., 3 febbraio 1998, n. 1099, per cui, “nei casi di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva, identificandosi […] la manifestazione di volontà dell’interessato come elemento integrativo della fattispecie difensiva, è da escludere che, avvenuta l’allegazione dei fatti rilevanti, possa il giudice desumere l’effetto, senza l’apposito istanza di parte”; Cass., 15 gennaio 1993, n. 427.

di adempimento; dopo tale momento, la discrezionalità verrebbe inammissibilmente trasferita in capo al giudice (326).

All’attribuzione della qualifica di eccezione in senso stretto si oppone, invece, chi ritiene che il diritto potestativo di annullamento abbia natura sostanziale e che l’effetto di annullamento possa prodursi senza l’intervento dell’autorità giurisdizionale. Sulla scorta di tali premesse, si arriva coerentemente a concludere che, ove il diritto potestativo di annullamento sia stato esercitato prima dell’instaurazione del giudizio e ciò emerga dagli atti di causa, il giudice possa rilevare d’ufficio la circostanza – anche in assenza dell’eccezione del convenuto – e porla a fondamento della propria decisione (327).

Tale ricostruzione sarebbe anche astrattamente condivisibile, se si potesse accoglierne i presupposti (con il persistente problema, però, della necessità di riconciliarla con il contrario dato normativo). Tuttavia, la tesi qui accolta, per cui il potere di annullamento è a necessario esercizio giudiziale, ne mina alla base la tenuta: il giudice non può rilevare d’ufficio il fatto posto dalla legge quale presupposto di annullabilità, proprio perché tale fatto non ha autonoma rilevanza finché non intervenga la manifestazione giudiziale di volontà dell’interessato (328).

L’ultimo aspetto su cui occorre soffermare l’attenzione è quello della prescrittibilità dell’eccezione. Il problema ha ragion d’essere in quanto, sul piano sostanziale, per rendere definitivi tra le parti gli effetti di un contratto annullabile, non è sufficiente il mancato esperimento dell’azione, ma si rende altresì necessario uno specifico comportamento positivo di convalida (329); ne segue che, ogniqualvolta tale comportamento manchi, il negozio continua ad essere invalido, anche se l’azione di annullamento si è prescritta.

Anche rispetto alla questione in esame, è il legislatore a fornire un’indicazione inequivocabile, laddove stabilisce che l’annullabilità può essere opposta “anche se è prescritta

(326) Si mostrano sensibili all’armonia del sistema tutti quegli autori che ravvisano un’eccezione in senso stretto ogniqualvolta il fatto che la giustifica potrebbe dar luogo a una separata autonoma azione del convenuto: in tal senso, cfr. V. ANDRIOLI, Diritto processuale civile, vol. I, Napoli, 1979, p. 369; G. CHIOVENDA, Istituzioni cit., p. 305, per cui “nel campo dei diritti potestativi, […] come il convenuto sarebbe libero di proporre o no l’azione né il giudice potrebbe ad esso sostituirsi, così deve ritenersi che il convenuto sarebbe libero di proporre o no la corrispondente eccezione”; C. CONSOLO, Spiegazioni cit., vol. I, pp. 159-160, il quale rileva come l’eccezione di annullabilità “corrisponde al potere monopolistico della parte […] di ottenere l’annullamento del contratto. E poiché il potere di annullamento è riservato alla parte, anche la corrispondente eccezione (che avrà l’effetto di paralizzare, proprio in forza della denunciata annullabilità, la domanda avversaria di adempimento del contratto) è ad essa riservata, e non potrà essere rilevata d’ufficio”; E. T. LIEBMAN, Manuale cit., vol. I, p. 162; L. MONTESANO, Limiti oggettivi cit., p. 46, nt. 69; R. ORIANI, voce Eccezione cit., pp. 272, 311, per cui, quando “l’ordinamento attribuisce al soggetto privato la facoltà di scelta se creare il nuovo rapporto, previsto a tutela del suo interesse dalla norma di modificazione, ovvero se conservare lo status esistente, […] l’atto di volontà della parte, come occorre nel proporre l’azione, così occorre nell’eccezione. Ciò si verifica, ad esempio, nelle azioni costitutive”.

(327) È questo il pensiero di I. PAGNI, Le azioni cit., pp. 271, 276-277, nt. 153. (328) Cfr. R. SACCO, voce Nullità cit., p. 305.

(329) Così E. LA ROSA, sub art. 1442, in R.TOMMASINI –E.LA ROSA, Dell’azione di annullamento, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. SCHLESINGER e continuato da F. D. BUSNELLI, Milano, 2009, p. 141; R. TOMMASINI, voce Annullabilità cit., p. 10, per il quale “il mancato esperimento dell’azione di annullamento nei termini di legge […] non determina la sanatoria (dei vizi) dell’atto e di conseguenza non implica convalida implicita”.

l’azione per farla valere”. La circostanza non deve in alcun modo stupire. L’imprescrittibilità

dell’eccezione di annullabilità non configura una regola eccezionale, ma rappresenta, piuttosto, una lineare applicazione dei principi che vigono in materia di prescrizione. Quando il contratto annullabile non è stato eseguito da parte di colui che sarebbe legittimato a proporre l’azione, la necessità di far valere l’invalidità del negozio sorge solo nel momento in cui venga richiesto l’adempimento; prima di allora, non occorre, invece, attivarsi per ottenere la tutela dei propri interessi, essendo questi già realizzati grazie alla mancata esecuzione della prestazione. Così, poiché la scelta del momento in cui opporre l’eccezione dipende dall’esercizio dell’azione, che è nell’esclusivo potere dell’avversario, fin quando la parte interessata non venga convenuta in adempimento non può parlarsi di inerzia, e di conseguenza nemmeno di prescrizione. È fisiologico, dunque, che l’eccezione di annullabilità rimanga in vita fintanto che rimanga in vita la pretesa di controparte; dopodiché l’eccezione diviene inoperante (330).

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 112-115)