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L’azione di rescissione

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 52-62)

Dopo aver delineato la regolamentazione dell’annullabilità del contratto, il codice civile passa a disciplinare l’azione di rescissione, agli artt. 1447-1450 c.c., ai quali si aggiungono gli artt. 2652, c. 1, n. 1, e 2690, c. 1, n. 1, c.c. in punto di effetti della trascrizione della domanda giudiziale.

Come noto, benché si sia soliti parlare di “azione” di rescissione, in realtà il legislatore individua due diverse azioni di tale tipo: quella esperibile avverso il contratto concluso in stato di pericolo, di cui all’art. 1447 c.c., e quella generale di rescissione per lesione, di cui al successivo art. 1448 c.c. Esse hanno una disciplina in parte comune (prescrizione dell’azione e trascrizione della domanda giudiziale) e in parte divergente (ambito di applicazione, presupposti e ammissibilità di una riconduzione del contratto ad equità). Dal canto suo, l’effetto di rescissione ha due diverse fattispecie costitutive in senso stretto, ma, una volta sorto, opera sul rapporto contrattuale sempre nello stesso modo.

Nel corso dell’esposizione si darà conto della riferibilità di ciò che si va dicendo a una sola delle azioni di rescissione ovvero a entrambe, a una sola delle fattispecie dell’effetto ovvero all’operatività generale di questo.

Sul piano sostanziale, anche il contratto rescindibile, come il contratto annullabile, è provvisoriamente efficace (139), finché non interviene l’effetto di rescissione (140).

Vediamo con quale tecnica, o con quali tecniche, quest’ultimo viene alla luce.

Nell’ipotesi prevista dall’art. 1447 c.c., “Contratto concluso in istato di pericolo”, tale norma costituisce il primo elemento dello schema di produzione dell’effetto sostanziale e ne delinea la fattispecie astratta. Occorre che: (i) sussista una situazione di pericolo, causata da

(139) Così M. ALLARA, La teoria delle vicende del rapporto giuridico cit., p. 271; L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico cit., p. 383, il quale sottolinea che nei negozi rescindibili “non manca, né è viziato un elemento costitutivo o requisito di validità, ma soltanto opera a loro danno una circostanza estrinseca cui il legislatore dà rilievo”; tali negozi, quindi, “producono normalmente i loro effetti finché non viene sperimentata vittoriosamente l’azione”; P. FORTUNATO, Mutamento cit., p. 932; I. PAGNI, Le azioni cit., pp. 424, 428, la quale parla di contratto “temporaneamente efficace”. Di diverso avviso sembra essere E. ALLORIO, L’ordinamento giuridico cit., p. 110, il quale definisce il contratto rescindibile come “provvisoriamente valido”. Tuttavia, come giustamente fa notare R. TOMMASINI, voce Annullabilità cit., p. 3, “nel contratto rescindibile il ciclo di formazione dell’atto si è compiuto regolarmente ed il vizio […] attiene chiaramente alla fase di realizzazione degli effetti”.

(140) Per un’eccezione alla regola generale secondo cui il contratto rescindibile produce effetti finché non venga integralmente caducato, si veda infra, par. 15.

eventi naturali o da fatti umani (141), dalla quale possano derivare danni gravi ad una persona (142); (ii) in un momento in cui tale pericolo è attuale (143), un soggetto stipuli un contratto con condizioni inique a suo svantaggio (144); (iii) il consenso di tale soggetto sia determinato dalla necessità di salvare sé o altri dal citato pericolo (145); (iv) la controparte sia a conoscenza sia dello stato di pericolo sia del nesso psicologico tra tale stato e la determinazione volitiva dell’altra parte (146).

(141) Persino da un fatto della vittima. Cfr. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 685; F. GIANNELLI – M. G. MAGLIO, Il negozio invalido cit., Parte seconda, p. 136; E. MINERVINI, La rescissione del contratto, in Rass. dir. civ. 1997, p. 764, spec. 801; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 520, il quale precisa che non rileva l’imputabilità della causa del pericolo alla stessa vittima; G. MIRABELLI, voce Rescissione (diritto civile), in Noviss. Dig. it., vol. XV, Torino, 1968, p. 579, spec. 583; A. RICCIO, sub art. 1447, in R. LANZILLO –A.RICCIO, Della rescissione del contratto, in F. GALGANO (a cura di), Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2005, p. 72; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 833; R. SACCO, Il consenso, in R. SACCO – G. DE NOVA (a cura di), Obbligazioni e contratti, tomo II, in Trattato di diritto privato, diretto da P. RESCIGNO, Torino, 2018, p. 228; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale cit., p. 692.

(142) Il danno deve riguardare i fondamentali diritti della persona: vita, integrità fisica, integrità morale, libertà, onore e altri diritti della personalità. Cfr. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 684; G. MARINI, voce Rescissione (diritto vigente), in Enc. dir., vol. XXXIX, Milano, 1988, p. 966, spec. 973; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 520; I. PAGNI, Le azioni cit., p. 424; A. RICCIO, sub art. 1447 cit., p. 72; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 833; R. SACCO, Il consenso cit., p. 227. La gravità deve essere rapportata alla singola persona minacciata: v. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 684; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 520, per cui “la gravità del danno deve essere valutata caso per caso”; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 833.

Una parte della dottrina tiene a precisare che nelle ipotesi di violenza morale si ricade nell’ambito dell’annullabilità del contratto, e non della rescindibilità dello stesso: C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 685; F. GIANNELLI – M. G. MAGLIO, Il negozio invalido cit., Parte seconda, p. 136.

(143) L’attualità del pericolo deve intendersi nel senso che l’evento dal quale scaturisce tale pericolo sia già avvenuto, sicché, se il soggetto non provvede ad arrestarne le conseguenze, queste si verificheranno ineluttabilmente: v. G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 520; I. PAGNI, Le azioni cit., p. 424. Il requisito dell’attualità non si riferisce, invece, al danno: v. E. MINERVINI, La rescissione cit., p. 802; I. PAGNI, Le azioni cit., p. 424.

(144) G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 521, e ID., voce Rescissione cit., p. 584, precisa che l’equità non va valutata in base a criteri tecnici ed economici di proporzionalità, bensì in base a un criterio etico-sociale di equità, avuto riguardo alla personalità del soggetto in pericolo. Ci si deve chiedere se sia equo ricevere quel che è stato stipulato in cambio della prestazione pattuita. Ad avviso di A. RICCIO, sub art. 1447 cit., p. 76, occorre utilizzare entrambi i criteri, tenendo conto di ogni circostanza oggettiva (rischio, perizia, sforzo del soccorritore, risultato conseguito) e soggettiva (condizioni economiche delle parti).

(145) Deve sussistere un nesso di causalità psicologica tra lo stato di pericolo e la determinazione volitiva del soggetto: cfr. G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., p. 584. In altri termini, il soggetto deve maturare la convinzione di essere di fronte ad un’alternativa tra subire il danno derivante dal pericolo o contrattare: così G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 521. V. anche V. ROPPO, Il contratto cit., p. 833, per il quale il contratto deve essere concluso “come strumento per neutralizzare il pericolo”. In proposito, giova precisare che non ha importanza che il pericolo sia reale ed effettivo; infatti, anche il pericolo putativo è idoneo a menomare la libertà di contrattazione del soggetto: v. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 685; F. GIANNELLI – M. G. MAGLIO, Il negozio invalido cit., Parte seconda, p. 136; G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., p. 584. Contra, v. G. MARINI, voce Rescissione cit., p. 974; E. MINERVINI, La rescissione cit., p. 802; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 833, secondo cui il requisito dell’attualità del pericolo esclude che lo stesso possa essere meramente putativo. (146) Cfr. G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., p. 584. Secondo alcuni, la conoscenza, consistente in un mero stato soggettivo di rappresentazione della realtà, è sufficiente per la produzione dell’effetto di rescissione: v. F. GIANNELLI – M. G. MAGLIO, Il negozio invalido cit., Parte seconda, p. 136; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., p. 522; G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., p. 584; E. MINERVINI, La rescissione cit., p. 802, il quale precisa che si richiede la “scienza concreta, e cioè mala fede in senso stretto, cui non può equipararsi la colpa grave nell’ignorare l’altrui stato di necessità”; in termini analoghi si esprimono A. RICCIO, sub art. 1447 cit., p. 74; V. ROPPO, Il contratto cit., p. 834. Altri ritengono, invece, che occorra un approfittamento da parte del soccorritore: v. I. PAGNI, Le azioni cit., p. 424.

Nell’altra ipotesi, la norma che apre la sequenza generatrice dell’effetto di rescissione è l’art. 1448 c.c., rubricato “Azione generale di rescissione per lesione”, e la fattispecie astratta è così composta: (i) lo stato di bisogno in cui versi un soggetto (147); (ii) la stipulazione da parte di questo soggetto di un contratto non aleatorio in cui vi sia una sproporzione tra le proprie prestazioni e quelle della controparte (148); (iii) la dipendenza di siffatta stipulazione e di siffatta sproporzione dallo stato di bisogno del contraente (149); (iv) la lesione c.d. ultra

dimidium (con il che s’intende che la prestazione promessa o eseguita dalla parte danneggiata

vale, al tempo della conclusione del contratto, più del doppio rispetto alla controprestazione)

(147) Lo stato di bisogno consiste nella sussistenza di un interesse da soddisfare e nella deficienza dei mezzi atti a soddisfarlo, nonché nella prospettiva di conseguenze dannose, che possono riguardare sia la persona sia il patrimonio, nell’ipotesi in cui l’interesse non venga soddisfatto. Si presenta, dunque, anche in situazioni diverse dallo stato di indigenza o di deficienza di denaro (ad esempio, temporanea mancanza di liquidità, bisogno di un bene o servizio). Il bisogno può essere anche di un terzo, purché si traduca in un bisogno del contraente, il quale deve aver interesse a che il bisogno del terzo venga soddisfatto e deve subire un danno in prima persona se ciò non accade. In proposito, v. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 687; B. CARPINO, La rescissione del contratto, in Il codice civile. Commentario, diretto da P. SCHLESINGER, Milano, 2000, p. 34; G. COLAIACOMO, Il nesso causale tra stato di bisogno e sproporzione delle condizioni contrattuali nella rescissione per lesione, ovvero, approfittare è lecito, in Nuova giur. civ. comm. 1998, I, p. 335, spec. 340; L. CORSARO, voce Rescissione, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. XVI, Torino, 1997, p. 628, spec. 635-637; E. MINERVINI, La rescissione cit., p. 768 ss.; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., pp. 525-526; G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., p. 581; V. ROPPO, Il contratto cit., pp. 835-836; R. SACCO, Il consenso cit., pp. 228-229. Alcuni ritengono che lo stato di bisogno possa essere anche putativo (cfr. G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., pp. 581-582); altri credono, invece, che possa essere solo effettivo (cfr. E. MINERVINI, La rescissione cit., p. 771; I. PAGNI, Le azioni cit., p. 429, nt. 191).

(148) Cfr. art. 1448, c. 4, c.c. L’esclusione dei contratti aleatori (per loro natura o per volontà delle parti) si spiega in base al rilievo che, in questi, la sproporzione tra le prestazioni non ha significato di lesione, in quanto rientra nel rischio connesso al contratto stipulato. Analoga ratio sta alla base dell’esclusione della transazione dal terreno di operatività dell’azione generale di rescissione per lesione (art. 1970 c.c.): invero, l’eventuale sproporzione tra i vantaggi realizzati dalle parti rientra nel rischio normalmente connesso con la definizione transattiva di una controversia.

Ai sensi dell’art. 1448, c. 5, c.c., inoltre, sono salve le disposizioni relative alla rescissione della divisione, disciplinata dagli artt. 763-767 c.c.

(149) Cfr. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 687; G. BENEDETTI, La rescissione nell’orizzonte della fonte e del rapporto giuridico, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2007, p. 15, spec. 20; E. MINERVINI, La rescissione cit., p. 769, chiarissimo nell’evidenziare che “lo stato di bisogno deve essere in rapporto di causa ed effetto con la determinazione a contrarre, e costituire il motivo per cui è stata accettata la sproporzione tra le prestazioni”; G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., p. 581; I. PAGNI, Le azioni cit., p. 428.

(150); (v) la permanenza della lesione fino al momento in cui è proposta la domanda (151); (vi) l’approfittamento della controparte che mira a trarre vantaggio dall’operazione (152).

È pacifico l’insegnamento per cui, affinché sorga l’effetto di rescissione, occorre il concorso simultaneo di tutti i requisiti previsti dalle norme: pertanto, nell’uno e nell’altro caso, il secondo fattore della sequenza è il verificarsi, in concreto, di tutti i presupposti elencati, rispettivamente, dall’art. 1447 e dall’art. 1448 c.c. (153).

Ma quelli sin qui descritti non sono gli unici presupposti cui le disposizioni in esame fanno riferimento per costruire la fattispecie astratta dell’effetto di rescissione. Sia nella prima sia nella seconda ipotesi, il legislatore prevede che i fatti richiamati non abbiano rilevanza giuridica fino a che non intervenga un atto di parte che gliela attribuisca. Ancora una volta, il legislatore conferisce al contraente vittima di iniquità o di lesione la libertà di decidere se mantenere in vita il rapporto contrattuale, pur in astratto rescindibile, oppure se rimuoverne gli effetti: ciò si rivela grandemente opportuno, perché ben potrebbe accadere

(150) Per determinare la lesione, occorre paragonare il valore di mercato dell’una e dell’altra prestazione al momento della conclusione del contratto; ciò significa che la rescissione è un rimedio contro gli squilibri originari, non contro le successive oscillazioni del mercato: v. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 686; B. CARPINO, La rescissione cit., p. 42; E. MINERVINI, La rescissione cit., p. 775; G. MIRABELLI, Dei contratti cit., pp. 528-529; G. MIRABELLI, voce Rescissione cit., p. 583; I. PAGNI, Le azioni cit., p. 430, nt. 191; V. ROPPO, Il contratto cit., pp. 837-838.

(151) Per verificarla, occorre sostanzialmente accertare se è aumentato il valore della prestazione che la parte lesa ha ricevuto o diminuito il valore della prestazione a suo carico. La ratio della norma è ben evidenziata da R. SACCO, Il consenso cit., p. 230: se al momento della domanda l’equivalenza delle prestazioni fosse ristabilita, il contraente bisognoso, che ottenesse la restitutio, verrebbe a disfare un contratto per concluderne uno identico; e la legge non protegge tale atteggiamento capriccioso. In alternativa, il contraente bisognoso verrebbe a disfare il contratto per concluderne uno completamente diverso, e ciò significherebbe che il suo pentimento è indirizzato verso l’acquisto, non verso la lesione; e la legge non tollera nemmeno questa situazione.

(152) Anche con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 1448 c.c., si assiste a un contrasto dottrinale tra chi ritiene che per la produzione dell’effetto di rescissione basti la mera conoscenza dell’altrui stato di bisogno e del rapporto di dipendenza tra quest’ultimo e la sproporzione delle prestazioni (v. B. CARPINO, La rescissione cit., p. 40; O. T. SCOZZAFAVA, Il problema dell’adeguatezza negli scambi e la rescissione del contratto per lesione, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1978, p. 309, spec. 349; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale cit., p. 694; P. TRIMARCHI, Istituzioni cit., p. 300) e chi crede che serva un quid pluris, e precisamente un comportamento sfruttatorio che si risolve nell’utilizzare a proprio vantaggio il bisogno altrui (v. C. M. BIANCA, Diritto civile, III cit., p. 687; L. CORSARO, voce Rescissione cit., pp. 638-639; G. MARINI, voce Rescissione cit., p. 975; V. ROPPO, Il contratto cit., pp. 838-839; R. SACCO, Il consenso cit., p. 230).

(153) Cfr. G. BENEDETTI, La rescissione cit., p. 20, per cui la mancanza anche di un solo elemento “è sufficiente ad escludere la rescindibilità del contratto”; B. CARPINO, La rescissione cit., pp. 42-43; G. MARINI, voce Rescissione cit., p. 973, secondo il quale il “concorso simultaneo” degli elementi previsti “si presenta come condizione necessaria per condurre alla inefficacia del regolamento contrattuale”; R. SACCO, Il consenso cit., p. 227. In giurisprudenza, v. Cass., 12 giugno 2018, n. 15338, per cui l’azione di rescissione per lesione “richiede la simultanea ricorrenza d[e]i tre requisiti” descritti nel testo, tra i quali “non intercede alcun rapporto di subordinazione o alcun ordine di priorità o precedenza, per cui riscontrata la mancanza o l’omessa dimostrazione dell’esistenza di uno dei tre elementi, diviene superflua l’indagine circa la sussistenza degli altri due e l’azione di rescissione deve essere senz’altro respinta”; in termini analoghi, ex plurimis, v. anche Cass., 2 settembre 2011, n. 18040; Cass., 13 febbraio 2009, n. 3646; Cass., 23 settembre 2004, n. 19138; App. Roma, 15 luglio 1997, in Nuova giur. civ. comm. 1998, I, p. 332, con nota di L. COLAIACOMO, Il nesso causale cit.; Cass., 1 marzo 1995, n. 2347. Peculiare è l’approccio di P. M. PUTTI, Brevi note in tema di prova dello stato di bisogno nella rescissione per lesione, in Foro pad. 1995, I, p. 134, spec. 134, il quale opina che “la necessità della contemporanea presenza degli elementi indicati nella norma […] non cancella l’esigenza di forzarne il dato testuale tutte le volte che la rigorosa applicazione dello stesso conduca ad esiti contrari alla stessa ratio dell’istituto”.

che il soggetto danneggiato trovi più conveniente ottenere la (pur limitata) controprestazione piuttosto che ripristinare lo stato di fatto anteriore alla conclusione del contratto (154). D’altro canto, anche l’effetto di rescissione, al pari dell’effetto di annullamento, è previsto a protezione di una delle parti del contratto (155): come tale, esso non opera in automatico, ma subordinatamente a una scelta di tale parte.

Che il diritto potestativo di rescissione debba necessariamente essere esercitato in via giudiziale appare, in tutta franchezza, difficilmente contestabile. Ai sensi dell’art. 1447 c.c., il contratto concluso in stato di pericolo “può essere rescisso sulla domanda della parte che si è obbligata” a condizioni inique. Se si verificano i presupposti fattuali di cui all’art. 1448 c.c., “la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto”, purché la lesione permanga fino al tempo in cui “la domanda è proposta”. In questa seconda ipotesi, “il contraente contro il quale è domandata la rescissione può evitarla” riconducendo il contratto a equità. Come si vede, il codice civile contempla una sola modalità con cui il diritto potestativo possa essere attuato: la proposizione di una domanda, e quindi l’instaurazione di un giudizio. Non è, dunque, un caso che la dottrina quasi unanime inquadri il diritto potestativo di rescissione tra i diritti potestativi a necessario esercizio giudiziale (156).

Si è detto quasi perché vi è, per vero, una (pur isolata) voce che ammette che il potere di rescissione possa essere esercitato in via stragiudiziale, attraverso un atto formale con cui il soggetto legittimato manifesti espressamente la propria intenzione di avvalersi del motivo di rescindibilità (157).

La conclusione sarebbe necessitata dal rispetto del principio di buona fede. Colui che ha ricevuto la dichiarazione stragiudiziale di rescissione, e che si è, quindi, ritenuto libero dalle proprie obbligazioni contrattuali, non può poi essere costretto ad adempiervi perché la parte danneggiata ha deciso di cambiare idea. In tale prospettiva, ricondurre in ogni caso all’esito del processo l’inefficacia del contratto, anche qualora non vi sia contestazione sui presupposti del potere di rescissione, significherebbe “imprigionare la realtà sostanziale in una dimensione processuale necessitata, che in questo caso appare priva di qualsiasi reale giustificazione”. Si reputa, allora, più corretto consentire l’esercizio stragiudiziale del diritto potestativo di rescissione ed evitare il ricorso all’autorità giurisdizionale nelle occasioni in cui il destinatario passivo del diritto non contesti né l’esistenza dei fatti cui la dichiarazione di parte intende dare rilevanza né la legittimità dell’esercizio del diritto potestativo.

(154) La considerazione è analoga a quella già svolta in sede di analisi dell’effetto di annullamento, che ha condotto il legislatore a non renderlo automatico, ma soggetto a un potere di parte sull’an: v. supra, par. 7. (155) Nel caso dell’art. 1448 c.c., tale parte è il contraente economicamente più debole: cfr. O. T. SCOZZAFAVA, Il problema dell’adeguatezza negli scambi cit., pp. 315, 316, 350.

(156) In tal senso, v. A. ATTARDI, In tema di limiti oggettivi cit., p. 536, il quale, come ricordato supra (nota 121), cambia opinione rispetto a quanto sostenuto nel suo precedente articolo ID., Conflitto di decisioni cit.; L. CIFFO

BONACCORSO, Diritti potestativi cit., pp. 136-137, anche nt. 26; M. COMPORTI, Fondamento e natura giuridica della rescissione del contratto per lesione, in Studi sen. 1956-1957, p. 1, spec. 40-41; C. CONSOLO, Oggetto del giudicato cit., p. 249, anche nt. 73; E. GRASSO, La pronuncia d’ufficio cit., p. 303 ss., anche nt. 62; R. ORIANI, voce Eccezione cit., p. 271; E. F. RICCI, voce Accertamento cit., p. 23. Sono dello stesso avviso anche tutti gli autori che qualificano la sentenza di rescissione come sentenza costitutiva, citati infra in nota 160. In giurisprudenza, cfr. Cass., 13 aprile 1959, n. 1086, in Giur. it. 1959, I, 1, p. 1192, con nota di L. CIFFO BONACCORSO, L’eccezione cit. (157) Si tratta di I. P , Le azioni cit., p. 443 ss.

In tal modo, l’Autrice giunge ad attribuire al diritto potestativo di rescissione una diversa natura a seconda delle risposte che l’altra parte oppone, di volta in volta, all’atto di esercizio dello stesso.

Vi sono diversi aspetti della tesi in esame che destano perplessità. Quello più critico riguarda l’estrema incertezza che affliggerebbe il titolare del diritto potestativo. Definire se vi sia o non vi sia contestazione potrebbe risultare complesso nel singolo caso di specie; e, nel dubbio, per il contraente danneggiato sarebbe senz’altro più opportuno lasciare al giudice la valutazione sull’esistenza e sul corretto esercizio del diritto potestativo di rescissione: a fronte di una situazione in cui è difficile capire se la manifestazione stragiudiziale sia sufficiente per determinare la rescissione del contratto o se sia necessario che tale manifestazione assuma la forma di domanda giudiziale, per la parte lesa sarebbe sicuramente più sensato imboccare il sentiero meno rischioso e instaurare un processo. Inoltre, anche qualora le parti considerino di comune accordo il contratto rescisso, non è comunque scontato che concordino altresì sulle modalità con cui ripristinare lo status quo ante; le divergenze in proposito le spingerebbero ancora una volta ad adire l’autorità giurisdizionale. E ancora, ove anche il consenso si estendesse alle conseguenze della rescissione, comunque risulterebbe per le parti preferibile essere in possesso di un titolo esecutivo da poter sfruttare nell’ipotesi di inadempimento della controparte. Si pensi, infine, all’ipotesi in cui la contestazione del contraente in posizione di soggezione riguardi solo le modalità con cui il diritto potestativo è stato esercitato, e non la sussistenza dei fatti cui il soggetto leso intende dare rilevanza. Potenzialmente, il contraente danneggiato potrebbe avvalersi del diritto potestativo nuovamente in via stragiudiziale, modificando il proprio modus procedendi per tener conto delle reazioni della controparte; aumenterebbe così l’incertezza tanto sul

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