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L’azione Praticare la nonviolenza: il Gruppo di Azione Nonviolenta

6.3 Il nodo di Reggio Emilia: l’origine

6.3.3 L’azione Praticare la nonviolenza: il Gruppo di Azione Nonviolenta

Il percorso di lavoro locale seguito dal nodo reggiano ne influenza naturalmente i rapporti con il resto della Rete. Il confronto ruota sempre intorno al concetto di nonviolenza e alle sue implicazioni pratiche. Subito dopo il G8 di Genova il discorso sulla nonviolenza diviene uno dei punti principali sui quali si focalizzano gli incontri della Rete; in particolare, proprio di questo si discute sia nelle assemblee macroregionali del settembre del 2001 sia nel secondo incontro nazionale di Marina di Massa (2002). Il nodo reggiano partecipa ad entrambi gli appuntamenti presentando un contributo che tiene conto sia delle motivazioni ideali alla base dell’adesione al “Manifesto” della Rete sia della particolare genesi ed evoluzione del nodo stesso. Come riportato nel documento proposto alla Rete: “A nostro avviso le ragioni profonde della costituzione della Rete Lilliput (…) possono essere riassunte in tre parole chiave: rete, territorio, nonviolenza. E rete, territorio, nonviolenza sono le direttrici lungo le quali il nostro nodo intende lavorare nei prossimi anni per tentare di intervenire, in maniera efficace, sulla trasformazione delle dinamiche economiche, politiche e culturali che vanno sotto il nome di globalizzazione neoliberista e per contribuire alla costruzione di un altro mondo possibile, a cominciare da quello in cui ci troviamo a vivere tutti i giorni”131.

Le idee chiave che stanno alla base dell’elaborazione culturale del nodo reggiano sono facilmente desumibili dalla riflessione sopra riportata. L’importanza di creare una “rete” sembra avere un doppio vantaggio. Da un lato, produce sinergie fra gruppi e realtà differenti, facendo in modo che tali legami siano estremamente dinamici, perché a differenza del passato, non richiedono appartenenze esclusive, non sono, cioè, né totali né definitivi. Dall’altro lato, il valore aggiunto dell’essere “rete” è, per gli attivisti reggiani, legato alla capacità decisionale di ogni nodo lilliput locale. All’importanza di creare un’organizzazione di tipo reticolare si aggiunge, poi, l’accento posto sul concetto di “territorio”; nel documento cui si sta facendo riferimento si legge che “i nodi della Rete Lilliput (…) mettono insieme chi sul territorio sottrae pezzi di capitale finanziario trasferendolo su progetti etici locali, con chi erode il mercato delle multinazionali, promuovendo prodotti equi e solidali, con chi diffonde la cultura della solidarietà e della pace (…) con chi attiva dinamiche di solidarietà con i popoli impoveriti del Sud del mondo”132. I motivi dell’impegno vanno, quindi, nella direzione di una trasformazione degli stili di vita individuali, e attraverso questi, di quelli collettivi, avendo come punto di riferimento essenziale i territori nei quali si vive e si opera quotidianamente. La cornice all’interno della quale si inserisce questo discorso è, come già detto, la conoscenza e la pratica della nonviolenza attiva, presupposto imprescindibile per raggiungere gli obiettivi che ci si è dati. In tale ottica è necessario leggere il successivo percorso del nodo reggiano che, soprattutto dopo la costituzione del “Gruppo di Azione Nonviolenta”, continua ad impegnarsi nella formazione e nella pratica nonviolenta.

131 Documento a cura del nodo Lilliput di Reggio Emilia, “Il progetto di Lilliput: rete, territorio, nonviolenza”. 132 Ibidem.

Prima di soffermarci in maniera più dettagliata sul percorso intrapreso dal “GAN”, ci sembra utile ricordare una importante iniziativa organizzata il 6 dicembre del 2002 dal nodo lilliput di Reggio Emilia, in collaborazione con “Amnesty International-Italia” e con il Reggio Emilia Social Forum. L’incontro, intitolato “Refusenik: la scelta del rifiuto e le ricerca di soluzioni civili ai conflitti”, rappresenta un momento di sensibilizzazione aperto all’intera cittadinanza sul conflitto fra Israele e Palestina e, al contempo, una riflessione sull’azione di disobbedienza messa in atto da alcuni militari, i cosiddetti “refusenik” israeliani.

Questo evento sottolinea la capacità del nodo di collaborare e di confrontarsi anche con realtà per loro natura estremamente diverse dal gruppo lilliput.

L’analisi svolta sulla Rete nel suo complesso ha messo in evidenza le sue difficoltà nel creare sinergie con i Social Forum, difficoltà avvertite ancora più chiaramente nel nodo reggiano, al cui interno, come detto, è forte l’impostazione nonviolenta. Come sottolinea un nostro intervistato:

“nel nostro nodo si è parlato molto della nonviolenza, di molti aspetti della nonviolenza che era un po’ lo specifico della Rete rispetto ai Social Forum. A Reggio c’è il Social Forum, ma c’è questa difficoltà sulle modalità, per cui su alcune cose noi non eravamo d’accordo, non aderivamo ad alcune cose nel momento in cui ci sembrava che le modalità fossero provocatorie, e noi non volevamo essere provocatori, non volevamo che il confronto diventasse uno scontro. Volevamo mantenere un atteggiamento di dialogo, e non un atteggiamento provocatorio che a volte il Social Forum di Reggio aveva”. [Intervista R9]

Nonostante questa impostazione di fondo, il nodo riesce a collaborare e a realizzare convergenze col Social Forum locale in occasione di iniziative ritenute di particolare importanza, come l’incontro cui si è appena accennato.

La costituzione all’interno di ogni nodo della Rete Lilliput di un “Gruppo di Azione Nonviolenta” è il tema principale del seminario nazionale svoltosi nel settembre del 2002 a Roma133. All’incontro prende parte un rappresentante del nodo reggiano, attivo sia nel Gruppo di Azione Nonviolenta locale sia nel Gruppo di Lavoro Tematico “Nonviolenza” della Rete che sottolinea la doppia direzione che si intende seguire:

“sul piano nazionale descriviamo una ipotesi di strategia, a livello locale cominciamo a metterla in atto”. [Intervista R5]

Seguendo le linee guida della strategia pensata dalla Rete Lilliput, il “Gruppo di Azione Nonviolenta” del nodo reggiano si attiva, quindi, a livello locale.

E’ necessaria, a questo punto, una considerazione. Il gruppo di cui si parla, pur nascendo dal nodo lilliput di Reggio Emilia, vive in un certo senso di vita propria; ciò è dovuto principalmente al fatto che alle attività da esso organizzate partecipano molti individui e gruppi che non aderiscono al nodo locale.

Ma consideriamo per un momento anche la situazione di contesto che fa da sfondo all’attività del nodo reggiano e, in particolare, a quella del gruppo che ne è una sua diretta emanazione: il “Gruppo di Azione Nonviolenta”. Siamo fra la fine del 2002 e il 2003, in un momento in cui la preparazione della guerra all’Iraq mette in moto un movimento capace di mobilitare più di 100 milioni di persone in occasione della giornata mondiale per la pace del 15 febbraio del 2003.

Le mobilitazioni per la pace che si susseguono in tutto il mondo alimentano il bisogno di una riflessione più profonda, che tenga conto anche degli eventi che si susseguono a livello globale. Come afferma un attivista intervistato:

“cominciammo a riflettere che la guerra era sul petrolio, ed il petrolio serve per alimentare le automobili e quindi i conti tornavano. [Intervista R5]

Questa idee spinge il “GAN” di Reggio Emilia a focalizzarsi su una problematica molto avvertita a livello locale: il traffico cittadino. Come ci racconta un attivista del nodo e del “Gruppo”:

“Reggio Emilia è una città inquinatissima, ferita, con molti morti a causa delle auto (…) Nella prima assise che fece il GAN, scegliemmo un semaforo strategico della città e quando scattava il verde per i pedoni c’erano 2 o 3 persone che attraversavano le strisce pedonali. Ad un certo punto fingevano di essere colte da un malore e svenivano sulle strisce; contemporaneamente partivano gli altri che le prendevano e le portavano sul marciapiede, le mettevano uno sull’altra, tipo montagna di persone e degli altri alzavano dei manifesti in cui c’era scritto: La domenica a piedi, il resto della settimana

stesi!”. [Intervista R5]

L’elaborazione culturale sull’esistenza di una relazione diretta fra il crescente bisogno di petrolio e gli stili di vita delle popolazioni occidentali sono alla base delle iniziative messe in atto, nel periodo considerato, dal nodo reggiano attraverso il suo gruppo d’azione nonviolenta. Il percorso proposto, denominato “In bici contro la guerra del petrolio”, prevede delle azioni dirette nonviolente di sensibilizzazione sul nesso che lega tre elementi: le automobili, il petrolio, la guerra. L’obiettivo è stimolare l’attenzione su questo problema offrendo, al contempo, le informazioni necessarie per stimolare un ripensamento degli stili di vita individuali dei cittadini. L’opera di formazione teorica sul tema della modifica del sistema dei trasporti che vada verso una mobilità sostenibile e nonviolenta si intreccia con una dimensione pratica che fa delle cosiddette “biciclettate nonviolente” il fulcro del percorso avviato:

“ci incontrammo ogni 15 giorni in bicicletta, tenevamo un banchetto in Piazza Prampolini con la scritta “Contro la guerra per il petrolio” (…) e sul banchetto tenevamo dei dossier sul traffico automobilistico, sul petrolio e sulle guerre. Poi, facevamo le biciclettate per la città in fila indiana, [partivamo] da Piazza della Vittoria (…). C’era una bicicletta che apriva e un’altra che chiudeva (…). Così dal 14 dicembre fino a maggio, due volte al mese, con un numero variabile di persone da quindici a quaranta”. [Intervista R5]

Le “biciclettate nonviolente” costituiscono un’iniziativa ad alto contenuto simbolico. Le biciclette che, in fila indiana, attraversano la città mostrando cartelli che recano la scritta “Contro la guerra del petrolio”, oltre a concentrare l’attenzione sul sistema dei trasporti, e in particolare sull’uso dell’automobile privata, rendono esplicita la crescente interdipendenza globale.

La prima “biciclettata nonviolenta” si svolge il 14 dicembre del 2002 e registra la partecipazione sia di altre realtà legate all’associazionismo cittadino sia di numerosi singoli:

“il GAN riuscì ad aggregare della gente che era interessata a fare delle azioni, per esempio le biciclettate, che però non è mai venuta al nodo Lilliput. Non gli interessava il nodo, ma gli interessava fare le biciclettate contro la guerra e venivano insegnanti, studenti, ecc. L’abbiamo fatto per tantissimi mesi, e nonostante non siamo stati più di 40 persone, non eravamo sempre le stesse per queste biciclettate, ed era della gente che a Lilliput non è mai venuta o non sapeva neanche che ci fosse. Interessava la modalità, interessava l’azione contro la guerra, il rapporto guerra-petrolio”. [Intervista R5]

Il nodo reggiano diviene ben presto un punto di riferimento essenziale per quanti, negli altri nodi della Rete, intendono dar vita allo stesso tipo di azioni di sensibilizzazione. A Reggio Emilia le “biciclettate nonviolente” si svolgono fino al maggio del 2003; il 31 di questo mese viene indetta, in

concomitanza con l’avvio della settimana dell’impronta ecologica promossa dalla Rete Lilliput, la “giornata nazionale dell’autoboicottaggio”, cui aderiscono anche il “WWF-Italia”, i “Bilanci di giustizia”, il “Movimento Nonviolento”, il “M.I.R.”, “Greenpeace Italia”, “Assobotteghe”, la “Federazione Italiana Amici della Bicicletta” e “Legambiente”.

La giornata nazionale dell’autoboicottaggio è anticipata a Reggio Emilia da un incontro con Dawn Peterson dell’associazione “Peaceful tomorrow”134. L’appuntamento di cui si parla introduce il “week-end di pace” organizzato dai lillipuziani reggiani e pensato in due tappe: il dibattito con l’attivista americana, preparato in collaborazione con il Coordinamento “Basta guerre”, e il giorno successivo le “biciclettate nonviolente”.

L’esperimento delle “biciclettate nonviolente” si sviluppa, come detto, da una riflessione degli attivisti del nodo reggiano. La scelta è quella di focalizzare l’attenzione sulle possibili strategie d’azione da praticare per rendere esplicita la necessità di trasformare il sistema dei trasporti in senso sostenibile e nonviolento e, a partire da questo, porre l’attenzione sul legame fra il consumo del petrolio e i conflitti internazionali. Questa idea di fondo è alla base di una delle ultime iniziative di rilievo del nodo reggiano: il convegno nazionale “Economia, energia, petrolio e guerre: le alternative della nonviolenza” del dicembre del 2003.

Dopo questo appuntamento il nodo entra in una fase di “latenza”, per dirla con Melucci, le cui ragioni vanno ricercate in più direzioni.

Come sottolineato nelle pagine precedenti, il nodo reggiano si caratterizza sin dall’inizio per una forte impronta nonviolenta che ne orienta l’evoluzione, soprattutto a partire dal periodo immediatamente successivo ai fatti di Genova. Nel triennio 2001-2003 l’attività del nodo è quasi interamente indirizzata alla formazione nonviolenta degli attivisti del nodo, e alla diffusione del metodo nonviolento all’esterno del gruppo lilliput. Il periodo considerato è anche quello in cui si verificano dei cambiamenti organizzativi di rilievo all’interno del nodo: se da un lato, infatti, si registra l’avvicinamento dell’associazione “Atlantide”, dall’altro lato si nota il progressivo allontanamento della “Mag 6”, allontanamento in parte direttamente collegato alla scelta nonviolenta del nodo, come sottolineato da un nostro intervistato:

“sono stati anni intensissimi (…). Dopodichè (…) alla Mag 6 non c’era il ricambio e sono mancate energie al gruppo per riflettere appunto su tutte le cose che ti ho detto, sulle criticità che portava la nonviolenza in quel momento storico particolare. Perché è mancata questa energia? Perché l’unica realtà che poteva portare davvero uno sguardo dialettico in quel momento lì era la Mag all’interno di questo gruppo (…), l’unica che poteva portare davvero una riflessione di criticità su quel nodo lì [sulla questione della nonviolenza] (…) eravamo noi come Mag 6 e non ce l’abbiamo fatta perché non avevamo l’energia (…). Noi siamo una realtà che lavora continuamente, però c’è una discriminante che è quella del cambiamento sociale che ci ha fatto sentire vicino a tante altre realtà. Io credo che non è così per il Movimento nonviolento e per altri [per i quali] la discriminante è la nonviolenza; per noi è il cambiamento sociale. Io credo che ci siamo trovati bene all’inizio, perché il punto di partenza era simile; è l’elaborazione successiva che ci ha portato a posizioni non così più sovrapponibili”. [Intervista R7]

All’affaticamento causato dalle energie spese sia nell’impegno nell’associazione di riferimento sia nel nodo della Rete Lilliput si aggiunge il distacco da un percorso avvertito come estraneo, soprattutto dopo i fatti di Genova del 2001. L’evento in questione, che rappresenta uno spartiacque per la Rete nel suo complesso, produce all’interno del nodo reggiano delle criticità maggiori proprio per l’impostazione nonviolenta che lo caratterizza sin dall’origine.

Come sottolineato da un attivista con riferimento alle giornate genovesi:

134 Dawn Peterson ha perso il fratello nell’attentato alle Torri Gemelle nel 2001; l’associazione della quale fa parte è stata

fondata da alcune famiglie delle vittime dell’attentato con lo scopo di approfondire lo studio e la ricerca di soluzioni nonviolente al terrorismo.

“non abbiamo partecipato al G8 come nodo perché il nostro Movimento Nonviolento ha valutato che saremmo stati letti male, perché i media avrebbero monopolizzato questa cosa, i rischi di essere considerati distruttori invece che costruttori erano troppo elevati; l’organizzazione era troppo massiccia e nello stesso tempo debole nelle relazioni. Secondo loro [Movimento Nonviolento] non c’era abbastanza preparazione per fare questo e abbiamo obbedito alla competenza”. [Intervista R1]

La scelta della nonviolenza radicale è interpretata dalla “Mag 6” come una “condizione preclusiva”135, come l’elemento sine qua non la possibilità di costruire relazioni con altri gruppi e realtà viene meno, e questo è avvertito come un limite e come un fattore di isolamento, anche politico per il nodo reggiano.

Dopo circa quattro anni dall’avvio del percorso della Rete Lilliput nella città di Reggio Emilia, viene meno l’apporto della realtà che per prima aderisce al progetto lanciato dal Tavolo Intercampagne nel lontano 1999. Ciò non significa uno strappo netto ed un allontanamento definitivo dal nodo lilliput da parte della “Mag 6” che continua, infatti, a ricevere le informazioni provenienti dal nodo e ad interagire con i suoi attivisti dando, in effetti, un appoggio esterno, e reinserendosi, invece, in maniera attiva nell’ultima fase del percorso evolutivo del nodo, proponendo un importante progetto intorno al quale si ricostituisce il gruppo emiliano della Rete Lilliput.

6.3.4 “Visibilità” e “latenza”: la terza fase del nodo Lilliput di Reggio Emilia

Una delle ultime iniziative di rilievo organizzate dal nodo reggiano è, come accennato, il convegno nazionale “Economia, energia, petrolio e guerre: le alternative della nonviolenza” che si svolge dal 5 al 7 dicembre del 2003. L’idea fondamentale dell’incontro è quella alla base delle precedenti attività del nodo: analizzare le connessioni fra il consumo di petrolio e lo scoppio di un numero sempre maggiore di conflitti e di guerre. Il convegno mette in luce innanzitutto la capacità del nodo di creare alleanze all’esterno del gruppo originario, attivando flussi di informazioni e scambi di risorse. Come già avvenuto in altre occasioni, infatti, anche in questo caso l’evento è organizzato in collaborazione con altri soggetti, alcuni istituzionali, altri no. Trattandosi di un convegno nazionale, vi aderiscono: “Assobotteghe”, “Bilanci di Giustizia”, “Campagna per la riforma della Banca Mondiale”, “Movimento Nonviolento”, “Pax Christi” e “Rete Radiè Resh”. A livello locale, invece, collaborano all’organizzazione dell’evento “Attac RE”, il coordinamento “Basta guerre”, “Reggio Terzo Mondo”, e il gruppo “Vojana”. A queste realtà si aggiungono da un lato l’assessorato all’ambiente del comune di Reggio Emilia e dall’altro l’assessorato alle politiche sociali della Regione Emilia Romagna e quello della Provincia di Reggio Emilia. L’evento è pensato per riportare al centro del dibattito il problema energetico al quale, dal punto di vista dei nostri attivisti, è direttamente collegato il ciclo di guerre in atto. L’analisi delle connessioni fra l’economia, l’energia e le guerre e l’esplorazione delle soluzioni possibili allo stato di cose esistente nell’ottica di un approccio nonviolento sono, quindi, i fuochi principali intorno ai quali ruota l’intero convegno che registra una buona partecipazione della cittadinanza locale: circa 300 persone cui se ne aggiunge un centinaio proveniente da altre zone d’Italia.

Il seminario nazionale chiude un ciclo di intensa attività, soprattutto dal punto di vista dell’elaborazione culturale, del nodo Lilliput di Reggio Emilia e, come accennato precedentemente, segna l’inizio di quella che a nostro avviso può essere definita la fase di “latenza” del nodo, collocabile appunto fra il 2004 e il 2005. L’attenuarsi delle mobilitazioni generali e le difficoltà attraversate dalla Rete Lilliput nel suo complesso136 fanno da sfondo al calo di partecipazione

135 Intervista R7 dell’1 febbraio 2007.

all’interno del nodo reggiano al quale è riconducibile, nel periodo considerato, solo un importante evento, il seminario teorico-pratico sulla nonviolenza dal titolo “La forza disarmante”. Per essere più precisi, è soprattutto il Gruppo di Azione Nonviolenta del nodo ad attivarsi per l’organizzazione dell’incontro sopra citato, e sul quale ci sembra opportuno soffermarci per un duplice ordine di motivi.

Prima di tutto perché il seminario di cui si parla è pensato per essere un incontro rivolto soprattutto ad alcune realtà di carattere istituzionale. Come sottolinea un nostro intervistato:

“volevamo sviluppare i rapporti con i partiti e i sindacati: nonviolenza-conflitti sociali. Quindi abbiamo preso due personaggi, uno dei Ds e uno della CGIL, per lavorare sul tema nonviolenza-conflitti sociali (…). E’ [un incontro] fatto con una certa attenzione, cerchiamo delle aree specifiche; per esempio sul tema della violenza politica chiediamo di intervenire a Fulvio Bucci, non in quanto Pax Christi, ma in quanto consigliere comunale dei Verdi, e a Zardetto che faceva pure parte del Gan ma era anche di Rifondazione Comunista; chiediamo a loro di sviluppare il tema nonviolenza-politica per metterci in contatto con queste due aree politiche”. [Intervista R5]

L’obiettivo del seminario, organizzato col patrocinio del comune di Reggio Emilia, è, quindi, duplice: da un lato si vuole avviare un confronto sulla nonviolenza e sulla possibilità di fare del metodo nonviolento uno strumento di azione politica e sociale, a partire da una riflessione sul movimento delle donne che ha messo in pratica molti degli elementi caratterizzanti la strategia nonviolenta; d’altro canto, l’incontro di cui si parla mira a coinvolgere degli interlocutori politici locali su tali tematiche.

In secondo luogo, “La forza disarmante” è l’ultimo appuntamento per il quale si registra il ruolo attivo e propositivo del “Gruppo di Azione Nonviolenta” del nodo reggiano; a partire da questo momento, infatti, la realtà in questione intraprende un percorso che conduce alla sua trasformazione in “Laboratorio nonviolento”, un organismo molto più attento all’elaborazione culturale dei principi e