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La scelta organizzativa: la “rete”

5.5 La dimensione motivazionale: perché impegnarsi all’interno della Rete Lilliput

5.5.1 La scelta organizzativa: la “rete”

Il primo dato importante rilevato dall’indagine ha a che fare con la scelta organizzativa adottata dalla realtà della quale si è parte: la rete.

Le critiche alle forme tradizionali della politica e la conseguente disaffezione verso i partiti politici contribuiscono in maniera rilevante alla definizione del percorso intrapreso dai nostri attivisti. La ricerca di modelli organizzativi più efficaci, adatti ad un sistema mondiale sempre più interdipendente, si unisce all’idea che i tradizionali modelli di partecipazione siano ormai inadeguati poiché disperdono in mille rivoli energie ed esperienze che, invece, molto spesso vanno nella stessa direzione. A tal proposito un nostro intervistato così si esprime:

“credo che oggi, in un mondo che è allo stesso tempo frammentato e globalizzato, sia quanto mai urgente e necessario lavorare in rete se insieme si vogliono raggiungere obiettivi e risultati di cambiamento. E’ quello che cerca di fare Rete Lilliput”. [Intervista A9]

La capacità di collegare, potenziando, il lavoro svolto singolarmente da associazioni e gruppi diversi stimola, quindi, la partecipazione ad una realtà che nasce proprio dall’esigenza di connettere i contributi che nascono e si sviluppano in base ad una comune idea del mondo:

“credo che il concetto stesso di rete sia il modello massimo dell’impegno associativo. Molti piccoli gruppi che lavorano su tematiche diverse, anche con ritmi diversi, ma che si fondono unendo saperi ed energie in vista di un obiettivo comune (…).

[Rete Lilliput] mi è parso un progetto nuovo (…) un utile strumento per consentire la collaborazione di chi lavora in ambiti differenti al fine di perseguire uno scopo unitario”.

[Intervista A13]

La partecipazione ad una struttura leggera che mira ad accrescere le esperienze associative accumulate nel corso di forme di impegno passato non è, comunque, priva di elementi di criticità. Come rilevato nel corso della ricerca, l’evoluzione della Rete Lilliput è caratterizzata anche dalle difficoltà nella gestione dei rapporti con le associazioni, specie con quelle dotate di una struttura nazionale, gerarchica e fortemente strutturata. Un nostro intervistato dice in proposito:

“[l’idea della Rete Lilliput] è un’idea geniale, condita da un metodo di lavoro e di approcciarsi ai problemi rivoluzionario. Purtroppo difficilmente concretizzabile: per fare realmente rete serve la forte volontà di farlo da parte dei soggetti sul territorio, mentre le varie associazioni e cooperative sono storicamente abituate a lavorare singolarmente. L’idea di inserire il proprio lavoro in rete è prima di tutto una forma mentis, purtroppo poco diffusa ed estremamente difficile da far passare. Soprattutto nelle persone che più

sono impegnate nelle associazioni, proprio perché essendo più impegnate le sentono più il proprio mondo con conseguente sindrome da io guardo al mio orticello e non mi

curo di cosa fanno gli altri perché ho già troppo da fare”. [Intervista A14]

La critica nei confronti delle grandi associazioni che sul finire degli anni Novanta promuovono il progetto della Rete Lilliput è presente pure nelle parole di un altro dei nostri intervistati il quale rintraccia le cause dell’affaticamento attuale della Rete anche nell’atteggiamento assunto dalle suddette realtà:

“la debolezza attuale deriva anche dal fatto che le associazioni nazionali promotrici non hanno più la motivazione e la spinta originaria, e non trasferiscono pertanto neppure a livello locale gli stimoli necessari per coinvolgere le strutture periferiche”. [Intervista A18]

Tuttavia, al di là del giudizio negativo espresso da alcuni intervistati nei confronti delle associazioni che hanno promosso la Rete e dalle quali ci si sarebbe aspettati un impegno più intenso, la maggioranza degli attivisti sottolinea l’importanza del percorso intrapreso, collegandolo proprio alla scelta organizzativa adottata dalla Rete, poiché tale scelta soddisfa pienamente il bisogno di partecipazione da essi espresso. Quanto appena detto è evidente dalle parole di un nostro intervistato che, riferendosi al periodo al quale risale la sua adesione alla Rete Lilliput, così si esprime:

“erano anni nei quali si sentiva nell’aria una forte energia collettiva. La Rete era l’unico spazio possibile per me: niente di precostituito, non un gruppo forte ma una forte curiosità e capacità di elaborazione al di fuori di paletti precostituiti. Apertura, capacità di cogliere spunti, curiosità”. [Intervista A32]

Un altro lillipuziano, andando nella stessa direzione, aggiunge:

“[la Rete Lilliput] corrisponde ai miei obiettivi politici attuali, non è un partito e sperimenta forme organizzative innovative”. [Intervista A62]

Le differenze esistenti fra il modello organizzativo adottato da Lilliput e le strutture delle formazioni classiche della politica tradizionale sono l’elemento discriminante, ciò che spinge a scegliere la Rete piuttosto che altre realtà del movimento, considerate spesso inclini alla riproduzione di meccanismi settari, scarsamente partecipativi:

“mi hanno affascinato e convinto le scelte metodologiche adottate con ostinazione dalla Rete e che hanno contribuito a differenziare Lilliput da altri movimenti che sono stati travolti dagli stessi meccanismi di potere che contestavano”. [Intervista A19]

La specificità della struttura organizzativa della Rete Lilliput la distingue da altre forme di aggregazione e riflette le strategie degli attori che si mobilitano al suo interno. Questi ultimi, intendendo la loro partecipazione come un processo in continuo divenire, rintracciano nel modello organizzativo di Lilliput la possibilità di sperimentare procedendo per esperienze successive e sottoponendo lo stesso modello ad una ridefinizione continua. Così parla un nostro intervistato:

“noi spingiamo iniziative e siamo promotori e stimolatori, non diamo importanza a chi partecipa, ma alla partecipazione (…); l’esperienza raggiunta in ciascun settore viene divulgata in rete e spiegata alle altre realtà, al fine di produrla e riprodurla, in modo che l’iniziativa possa essere allargata quanto più possibile fino a diventare metodo e sistema (…). [Si agisce] senza personalismi, ciascuno di noi cerca di comunicare con le

differenti associazioni del movimento, magari con contatti e scambio di informazioni (…) cercando di confrontarsi nel metodo, allargando le visioni e cercando il contributo e le idee di tutti; una collaborazione sincera senza prevaricazioni”. [Intervista A3]

Lo spontaneismo organizzativo è, per i nostri intervistati, essenziale perché consente di creare uno spazio aperto al cui interno far convergere esperienze già consolidate nel sociale. Un attivista a cui abbiamo chiesto il motivo del suo impegno all’interno della Rete così risponde:

"per aumentare l’incisività dell’azione nei campi nei quali ero già impegnato con le associazioni e per spendere l’attività associativa in uno scenario multitematico integrato”. [Intervista A41]

E un altro intervistato, procedendo nella stessa direzione aggiunge:

“mi sembra l’unico vero tentativo originale di sperimentare un modo diverso di coordinamento delle iniziative e delle varie anime dell’attività di volontariato sociale e politico”. [Intervista A51]

Il discorso fin qui condotto sottolinea l’importanza attribuita dai nostri intervistati al modello organizzativo adottato da Lilliput; ad esso si affianca un altro elemento che ha a che vedere con gli obiettivi che la Rete si pone. Questi ultimi, insieme alla scelta organizzativa, contribuiscono a delineare i contorni di un vero e proprio “metodo” di cui sembra che la Rete Lilliput sia portatrice e che spiega l’impegno al suo interno della totalità dei nostri intervistati.