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Biografia di un percorso di partecipazione

5.2 Chi sono gli attivisti lillipuziani?

5.2.4 Biografia di un percorso di partecipazione

Prima di procedere con la seconda parte del questionario riguardante l’impegno degli intervistati all’interno della Rete Lilliput, è utile riportare alcuni dati relativi alle interviste strutturate somministrate per via telematica.

Abbiamo già sottolineato, per quanto riguarda la cosiddetta partecipazione “non istituzionale”, la contiguità dei temi fatti propri dalla Rete Lilliput con le issues alla base dei cosiddetti “Nuovi Movimenti Sociali”. L’indagine condotta attraverso “Agorà” conferma e dà vigore all’idea suddetta. Gran parte degli intervistati ha alle spalle una storia di militanza all’interno dei principali “movimenti storici” del nostro paese [Ceri 1987]. Ci stiamo riferendo a quegli attori collettivi che sono stati espressione di trasformazioni interne al sistema sociale di riferimento: il movimento ecologista, quello pacifista e il movimento delle donne. La maggior parte degli intervistati mostra di aver avuto in passato un contatto con i suddetti movimenti, contatto che si sviluppa in due direzioni: da un lato si esplica nella partecipazione diretta dei nostri intervistati ai collettivi femministi, ad organizzazioni

come “Donne in nero”113, ai comitati per la pace, al “Movimento Nonviolento”, alle leghe di obiettori civili, in altri termini a quell’arcipelago variegato di gruppi che, in maniera differente, concorre a formare i “Nuovi Movimenti Sociali”; dall’altro lato, tale contatto significa, in maniera più generica, un avvicinamento ai modelli culturali e alle “visioni del mondo” di cui quegli attori collettivi sono portatori e che accompagnano ancora oggi il percorso dei nostri attivisti, sostenendo le basi del loro impegno. Come era logico attendersi, buona parte degli attivisti in questione mostra un coinvolgimento passato pure all’interno di organizzazioni legate alla cooperazione internazionale e manifesta, altresì, un certo grado di impegno anche in alcune delle principali campagne che, alla fine degli anni Novanta, confluiscono nella Rete Lilliput; stiamo parlando principalmente della campagna “Globalizzazione dei popoli”, di “Bilanci di giustizia”, della campagna “Obiezione di coscienza alle spese militari” e di “Chiama l’Africa”.

Il quadro fin qui delineato risulterebbe incompleto se non facessimo riferimento anche a quella parte di intervistati che prima di attivarsi nella Rete Lilliput già manifestava un preciso interesse per quell’insieme di tematiche e di attività che, per comodità analitica, facciamo rientrare nell’area dell’economia alternativa; l’impegno nelle botteghe del commercio equo e solidale, nella finanza etica, nelle “Mag”, la scelta del consumo critico anticipano e, nello stesso tempo, alimentano la successiva adesione alla Rete Lilliput che, in quest’ottica, diviene quasi lo sbocco naturale di questo percorso. Non va tralasciato il fatto che una piccola parte dei nostri intervistati dichiara un legame passato anche col movimento studentesco.

Più precisamente, oltre alla partecipazione di alcuni alle mobilitazioni del “Settantasette”, l’indagine sottolinea l’impegno di diversi lillipuziani in collettivi studenteschi universitari che, intorno agli anni Novanta, confluiscono nel movimento de “La Pantera”.

Approfondendo la natura dell’impegno degli attivisti intervistati, attraverso “Agorà” scopriamo che, oltre alla Rete Lilliput, i nostri intervistati sono attualmente impegnati anche in altre reti e/o organizzazioni. I dati raccolti ci permettono di identificare due grandi aree tematiche al cui interno è possibile ricondurre gran parte delle realtà che mobilitano gli intervistati: la nonviolenza e l’economia alternativa. Così, nella prima area rientra la partecipazione a una serie di gruppi come “Casa pace”, il “M.I.R.” (“Movimento Internazionale della Riconciliazione”) e alcuni centri di documentazione sulla pace, mentre alla seconda area rimandano realtà come le cooperative del commercio equo, i “GAS” (Gruppi di Acquisto Solidale), i laboratori per la decrescita, la “RES” (Rete di Economia Solidale), la Banca Etica, i “DES” (Distretti di Economia Solidale), organismi più strutturati come “Tradewatch”, l’osservatorio sull’economia internazionale nato dalla Rete Lilliput, “Fair” e le “Mag” (Mutua Auto Gestione). A tal proposito, è interessante porre l’attenzione sulla natura locale di gran parte delle realtà sopra menzionate. Sia i gruppi di acquisto solidale che i distretti di economia solidale hanno, infatti, un raggio d’azione che si estende al territorio d’appartenenza, che aggrega, cioè, bisogni e interessi relativi al territorio d’origine. Questo dato trova una ulteriore conferma nel numero abbastanza elevato di comitati e coordinamenti cittadini al cui interno si sono impegnati in passato e, in alcuni casi, si impegnano ancora oggi, gli intervistati. Si tratta principalmente di gruppi che si mobilitano in difesa di un bene pubblico o contro una minaccia, reale o presunta, che investe il territorio locale; si va dai comitati contro la privatizzazione del settore idrico a quelli che protestano contro la gestione dei rifiuti, dai coordinamenti per la mobilità sostenibile a quelli contro le grandi opere (Comitato “No-Tav”) fino ai comitati locali per la pace.

Nonostante la maggior parte dei nostri intervistati sia attiva all’interno dei gruppi di cui si è parlato poc’anzi, l’indagine rileva anche un certo grado di impegno all’interno di realtà consolidate in tutto il territorio nazionale: “WWF”, “Legambiente”, “Manitese”, “Arci”, “Emergency”, “Caritas”, “Un ponte per”, “Libera”. Gli attivisti che rispondono alle domande poste tramite “Agorà”, esprimono il loro atteggiamento nei confronti della sfera politica sottolineando, in particolare, la sfiducia che essi

113 “Donne in nero” è un’organizzazione di portata internazionale, presente anche in Italia. Si occupa di temi legati alla

pace e alla discriminazione delle donne. Nel nostro paese si sono aggregate intorno a questa realtà molte donne legate al movimento femminista degli anni Settanta.

provano nei confronti della politica tradizionale, elemento tra l’altro già documentato dai dati relativi all’incontro nazionale del 2006.

A questa sfiducia si ricollegano le dichiarazioni di quanti affermano di non aver mai militato nelle fila di un partito politico. L’indagine effettuata attraverso “Agorà” sottolinea che nei pochi casi in cui ciò è avvenuto, le esperienze politiche passate si collocano in un’area al cui interno le adesioni spaziano dal vecchio Partito Comunista ai Democratici di Sinistra, fino a Rifondazione Comunista, passando per i Verdi, il Manifesto e la Rete di Orlando.

L’avvicinamento alla Rete Lilliput, quindi, oltre ad essere favorito dalla condivisione di un interesse verso alcune tematiche, sorge soprattutto dall’insoddisfazione che gli intervistati sembrano aver maturato, nel corso delle loro esperienze passate, nei confronti della cosiddetta “politica tradizionale”. Svolgendo la nostra ricerca, infatti, ci siamo imbattuti in attivisti che recavano come motivazione principale con cui spiegare la loro scelta di impegnarsi all’interno della Rete il completo fallimento, dal loro punto di vista, della politica partitica. Un attivisti intervistato sottolinea che la sua critica a questo tipo di politica trova origine nella “autoreferenzialità della politica tradizionale”:

“Da Legambiente sono andato nei Verdi; sono stato eletto; abbiamo turnato, anzi io ho rispettato la turnazione quando ancora ci dicevamo –noi siamo un partito biodegradabile, noi ci sciogliamo nella società civile. Ciò non è accaduto. Sarei dovuto andare in parlamento perché ero il secondo e quello che era davanti a me avrebbe dovuto turnare ma non l’ha fatto, è rimasto attaccato alla sedia. Sono entrati tutta una serie di professionisti della politica e quello non era più il mio modello politico di riferimento, quello che ci eravamo dati come Verdi, non si rispettavano più quei principi che ci eravamo dati: biodegradabilità, turnazione, non professionalità politica (…). Il rifiuto per la politica tradizionale è proprio questo (…): è l’autoreferenzialità fine a se stessa (…), la politica che ha come scopo la riproduzione del mandato e quindi una politica che fa alleanze in funzione della riproduzione di se stessa”. [Intervista T10]

La disillusione nei confronti della politica tradizionale cui fa da sponda la necessità di un ritorno ad una politica mossa da principi etici è, in effetti, il leit motiv dell’agire della Rete Lilliput. Sono principi che ritroviamo nei documenti prodotti dalla Rete e che emergono dalle parole dei suoi attivisti per i quali l’attività all’interno della Rete è sì di tipo politico ma

“di una politica indipendente dai partiti (…). Politica significa intervento culturale sulla società, significa diffondere idee diverse, significa dare una base informativa sufficiente alle persone affinché riescano ad interpretare il mondo circostante e quindi a farsi un’idea di quello che vorrebbero o non vorrebbero. Politica è fare le cose insieme in quanto membro della società”. [Intervista T5]

Ed è questa idea di “politica” che alimenta la partecipazione dei nostri intervistati, determinando il loro coinvolgimento in forme di partecipazione politica non istituzionale.

L’indagine condotta su “Agorà”, inoltre, mette in evidenza che la posizione assunta dagli intervistati nei riguardi dei soggetti istituzionali oscilla fra il rifiuto ed il confronto, mano mano che si passa dai soggetti politici nazionali alle amministrazioni locali. L’opposizione principale è, come già sottolineato nelle pagine relative alla quarta assemblea nazionale, verso i partiti politici dai quali ci si tiene rigorosamente alla larga, mentre a livello locale si nota un certo grado di interesse e di impegno verso la politica. In tal senso, il dato da tenere in considerazione è che una parte degli attivisti intervistati, benché non rappresenti la maggioranza, dichiara di aver collaborato con organismi istituzionali per l’elaborazione o la messa in atto di determinati progetti. Si tratta di interazioni avvenute soprattutto con le amministrazioni comunali, cui si affiancano quelle realizzate con la provincia e la regione. Le collaborazioni di cui si parla riguardano principalmente progetti inerenti le tematiche di cui si occupa la Rete Lilliput: si va dall’organizzazione di percorsi di educazione ambientale per le scuole, alla realizzazione di incontri e momenti informativi

sull’economia alternativa ed il consumo critico; dalla progettazione di piani per la mobilità sostenibile a livello cittadino all’ideazione di organismi stabili per l’approfondimento e la ricerca sulle tematiche della pace e della nonviolenza114. Nella maggior parte dei casi, le persone che dichiarano di aver collaborato con soggetti istituzionali sono anche quelle che più facilmente si muovono all’esterno del nodo d’appartenenza, prendendo parte ad incontri informativi sulle tematiche di propria competenza. Gran parte degli intervistati attraverso “Agorà” ha, infatti, partecipato, in qualità di esperto, a momenti informativi organizzati da una molteplicità di soggetti. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di enti e di organizzazioni a carattere locale; oltre alle amministrazioni comunali, alle scuole e ad alcune realtà legate all’associazionismo cittadino (botteghe del commercio equo, comitati di cittadini, centri di documentazione locali) compaiono anche le sezioni locali di gruppi che sono presenti a livello nazionale: l’“Arci”, l’associazione “Libera”, l’“Agesci”. Pure in questo caso, le tematiche sulle quali i nostri intervistati sono chiamati ad intervenire hanno a che fare con le principali aree di cui si occupa la Rete Lilliput nel suo complesso: nonviolenza ed economia alternativa principalmente, ma anche questioni ambientali e problematiche inerenti i territori locali (la gestione del territorio, una serie di problematiche relative alla privatizzazione del servizio idrico o alla mobilità cittadina). Il discorso fin qui condotto sembra ruotare intorno ad un elemento di estrema importanza per i nostri attivisti: il proprio ambito di competenza come risorsa essenziale alla base dell’impegno. Le competenze acquisite grazie al lavoro svolto o alle precedenti esperienze di partecipazione rappresentano, infatti, un mezzo fondamentale per l’intervento nel sociale. L’azione attraverso cui si rende esplicito l’impegno nella Rete Lilliput rivolgendosi, come abbiamo sottolineato, sia ai soggetti istituzionali sia all’opinione pubblica in generale, punta per prima cosa ad aumentare la consapevolezza di questi soggetti sulla necessità di un cambiamento negli stili di vita personali. In tal senso ci pare di poter leggere le iniziative di informazione e di sensibilizzazione, e i progetti pensati in collaborazione con le amministrazioni locali che si avvalgono della cooperazione e delle competenze dei nostri intervistati.

Questi ultimi segnalano attraverso la loro azione innanzitutto la necessità di una educazione ai valori di cui la Rete Lilliput è portatrice, educazione da realizzare principalmente tramite l’informazione senza la quale pensare di poter incidere sugli stili di vita diviene quasi impossibile.

114 Un esempio è il progetto “Scuola di pace” realizzato dal comune di Reggio Emilia in collaborazione con il nodo locale