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BEVILACQUA Università degli Studi di Parma

La rianimazione del neonato estremo

G. BEVILACQUA Università degli Studi di Parma

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Introduzione

Il numero di neonati con età gestazionale (eg) bassa o molto bassa, è aumentato progressivamente negli ultimi anni e ciò è correlabile, in parte alla migliorata assistenza ostetrica alla gravidanza ed al parto pretermine ed in parte al diffondersi delle metodiche di procreazione medica assistita.

Il parto pretermine (< alle 38 sett. eg) interessa una percentuale variabile dal 7 al 25% di tutte le nascite ed è la principale causa di morbilità e mortalità perinatale.

Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 I nati con eg inferiore a 32 sett. rappresentano circa il 2,5% di tutti i neonati e quelli con età gestazionale < 27 sett. lo 0,2-0,3%, ma contribuiscono per oltre il 65% della mortalità neonatale.

La prognosi dei neonati d’età gestazionale estremamente bassa (ELBW) è progressivamente migliorata, sia in termini di sopravvivenza sia di sequele a distanza, anche se in modo molto variabile da centro a centro (1).

La sopravvivenza è strettamente correlata, anche se non esclusivamente, all’eg ed al peso: nei nati d’eg< 27 sett. e/o peso < a 750 g essa raggiunge il 60-65%, mentre in quelli con peso tra 1251 e 1500 g supera abbondantemente il 90% (1,2).

I neonati ELBW presentano numerose patologie associate, con una fre- quenza tanto più elevata quanto più bassa è l’eg: la sindrome respiratoria idio- patica (NRDS) la cui frequenza nei nati con eg<32 sett. oscilla dal 30 al 70% e sotto le 28 sett. è praticamente del 100%, l’emorragia cerebrale intraventri- colare (IVH), la retinopatia della prematurità (ROP), la displasia broncopol- monare (BPD). Tra i sopravvissuti, il 18-20% ha delle sequele neurologiche ed il 5% paralisi cerebrali. L’incidenza del ritardo mentale, nei neonati di peso < 1000g, oscilla tra il 13,4 ed il 17,5% (1-3).

L’eg di 23 sett. è considerata, alla luce delle conoscenze e delle possibilità assistenziali attuali, il limite di sopravvivenza; le condizioni anatomiche pol- monari al di sotto di questo estremo, sono incompatibili con una vita autonoma per la grave immaturità polmonare, che non consente scambi gassosi poiché i capillari non hanno ancora raggiunto la base degli alveoli polmonari.

L’elevata mortalità e le sequele, soprattutto neurologiche, spesso molto gravi, cui vanno incontro questi bambini, giustificano l’interesse a loro rivolto ed i numerosi dibatti, incontri e discussioni che si tengono in numerose sedi, per non parlare dei problemi medico-legali che spesso essi suscitano. Le discussioni e le sentenze dei tribunali, inoltre, spesso si sovrappongono tra loro con conclusioni talora contrapposte e questo contribuisce a rendere il problema ancora più controverso.

I neonati dell’età gestazionali estreme, infatti, presentano non solo pro- blemi medico-assistenziali molto complessi, ma anche frequenti risvolti etici e sociali altrettanto o più complessi.

Problemi medici

I primi minuti di vita sono il momento più critico di tutta l’esistenza di un individuo, questo vale per tutti i neonati, ma in modo particolare per i più immaturi. Nel giro di pochi istanti debbono avvenire alcune modificazioni di funzioni vitali complesse, soprattutto cardio-respiratorie, che possono condizionare la sopravvivenza e l’integrità d’organi molto importanti quali il sistema nervoso centrale, quello cardio-respiratorio e metabolico.

In sala parto i neonati ELBW necessitano frequentemente di supporti vitali massimali, ma la decisione di intervenire ed il livello di rianimazione cardio- respiratoria da adottare, rappresentano per il medico una scelta molto difficile

che non è in rapporto, solo, all’eg o peso, ma anche ad una serie di situazioni specifiche d’ogni singolo caso: il grado di vitalità, le patologie sovrapposte, la pericolosità ed invasività delle cure.

In neonati d’eg di 23 sett., selezionati in base alle condizioni cliniche, la sopravvivenza in centri d’eccellenza può essere anche superiore al 30%, per contro neonati di peso inferiore a 750 con di grave depressione alla nascita (punteggio di vitalità Apgar al primo minuto di vita, molto basso, tra zero ed uno) il 60% risponde a manovre rianimatorie vigore, ma il 100% di essi muore prima della dimissione dall’ospedale (3,4)

Le complicanze legate al parto e soprattutto l’asfissia, sono tra i fattori più importanti che condizionano la vita e la prognosi di questi bambini. L’asfissia può essere responsabile diretta o indiretta non solo della mortalità, ma anche di gravi patologie quali IVH, ROP, BPD,NEC.

Un punteggio Apgar costantemente basso per vari minuti si associa ad una percentuale altissima di paralisi cerebrale che supera il 50% se esso rimane, nonostante una vigorosa rianimazione, inferiore a tre dopo 15 minuti dalla nascita. La percentuale di danni cerebrali sale al 98-100% se il punteggio Apgar rimane ancora così basso per più di 20 minuti (5-7).

Purtroppo non vi sono elementi antenatali, materni o fetali, in grado di pre- dire il rischio di asfissia, alcune condizioni peripartali possono dare qualche informazione quali la marcata bradicardia fetale, il liquido amniotico tinto di meconio, le anomalie del monitoraggio elettronico fetale, tuttavia la loro sen- sibilità, ma soprattutto la specificità sono molto basse.

In particolare, anomalie di monitoraggio elettronico fetale sono presenti in circa il 40% dei travagli di parto, ma solamente una piccolissima parte di questi neonati presenterà problemi neurologici imputabili all’asfissia.

Numerosi altri fattori possono peggiorare le condizioni cliniche del neo- nato quali infezioni materne, modalità del parto, gravi patologie materne o placentari (pre o eclampsia, CID, emopatie, nefropatie, ecc.) spesso, queste patologia sono anche la causa dell’interruzione troppo precoce della gravi- danza stessa.

Obiettivi principali della rianimazione in sala parto sono: garantire un adeguata ventilazione, mantenere una buona gittata cardiaca, combattere le alterazioni metaboliche, proteggere il metabolismo del SNC, combattere e prevenire l’edema cerebrale.

E’, tuttavia, sbagliato partire dal principio che è comunque meglio ecce- dere nell’intervenire, perché alcuni trattamenti apparentemente semplici ed innocui, anche se correttamente eseguiti, possono avere delle conseguenze a lungo termine insospettate. E’ stato, per esempio, dimostrato che la venti- lazione alla nascita, anche per tempi brevissimi, con pressioni positive, con o senza intubazione, può provocare alterazioni permanenti della compliace polmonare (5).

La patologia più importante e più frequente dei pretermine che provoca la maggior parte dei problemi, già alla nascita, è legata all’immaturità polmo- nare, la quale comporta l’insorgenza di una grave insufficienza respiratoria

Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 definita Sindrome Respiratoria Idiopatica (NRDS). Questa patologia deter- mina nel neonato una difficoltà più o meno grave ad iniziare la respirazione autonoma e si associa spesso da una serie di complicanze molto severe quali IVH, leucomalacia periventricolare, encefalopatia ipossico ischemica, ROP, BPD, che condizionano non solo la sopravvivenza ma anche la prognosi.

La quasi totalità dei nati sotto le 26 settimane presenta una NRDS grave che necessita già in sala parto di manovre massimali di rianimazione.

Il trattamento e la prognosi della malattia sono migliorati sensibilmente da quando è stata scoperto che la causa della NRDS è la carenza di surfattante polmonare e che è possibile, sia stimolare la produzione endogena di surfat- tante nel feto, sia somministrare un surfattante esogeno suppletivo al bambino subito dopo la nascita.

Liggins e Howie nel 1972 hanno osservato che la somministrazione di cor- ticosteroidi alle madri durante la gravidanza riduce frequenza e gravità della NRDS nei bambini nati pretermine (9).

Per diversi anni vi è stata molta prudenza da parte degli ostetrici nell’uso di questi farmaci in gravidanza, sia per l’efficacia non ancora chiaramente dimostrata, sia per timore d’effetti indesiderati, sia materni che fetali, non ben identificati.

Fino al 1995, infatti, negli Stati Uniti(US) una percentuale molto bassa, compresa tra il 12 ed il 18% delle donne che partorivano prima del termine di gravidanza, ricevevano il trattamento con steroidi.

Nel 1995 una consensus conference del NIH, raccomandava, per prevenire la NRDS, mediante la somministrazione di betametasone o di desametasone a tutte le donne a rischio di parto prima della 34 a settimana d’età gestazionale. Da allora l’uso degli steroidi prenatali è rapidamente aumentato non solo negli US ed attualmente si è spostato nel senso opposto, con una diffusa tendenza all’ipertrattamento mediante cicli ripetuti settimanalmente(10).

In una recente indagine multicentrica europea è risultato, infatti, che 87% degli ostetrici di 14 diversi paesi, riferenti a circa 20.000 nascite, usa cicli ripetuti di corticosteroidi in gravidanza per la profilassi della NRDS. Il tratta- mento è iniziato nel 84% dei casi fra 24 e 28 settimane di gestazione ed è per lo più prolungato fino alla 34 a settimana, raramente oltre (11).

Con il diffondersi dell’uso degli steroidi sia prima sia dopo la nascita si sono, però, evidenziati nel neonato alcuni effetti indesiderati molto gravi, sia acuti, sia a distanza.

Questi effetti sono legati principalmente al fatto che gli steroidi inibiscono la divisione cellulare a vantaggio delle loro differenziazione; in altri termini accelerano la maturazione, ma bloccano la crescita cellulare e lo sviluppo di tutti i tessuti, compreso il polmone ed il cervello. Tra gli effetti avversi acuti sono la miocardiopatia ipertrofica transitoria, l’inibizione dell’asse ipofisi surrene del neonato con alterata risposta allo shock, le modificazioni del controllo glucidico, alterazione dei processi di mielinizzazione tra quelli a distanza i più gravi sono: disturbi comportamentali, aumento delle paralisi cerebrali, ritardo mentale, con riduzione del numero di neuroni e del volume

cerebrale ed i disturbi respiratori permanenti non correlabili a BPD, ma a ridu- zione dell’alveolizzazione polmonare (12).

Alla luce di questi rilievi, attualmente, le raccomandazione per l’uso degli steroidi in medicina perinatale sono diventate molto più restrittive consigliando in gravidanza, un unico trattamento nelle minaccia in atto di parto pretermine e nei neonati la somministrazione solo ai casi estremamente gravi quando non è possibile l’estubazione dopo lunghi periodi di ventilazione meccanica ed a quelli in imminente pericolo di vita, previo il consenso dei genitori (13).

La disponibilità da alcuni anni di surfattante suppletivo dimostratosi fin ad ora efficace e privo di importanti effetti collaterali ci consente ridimensio- nare il problema e di utilizzare questo trattamento in modo meno restrittivo. Negli ELBW è raccomandata l’immediata somministrazione di surfattante, in sala parto, durante le prime fasi della rianimazione, instillando il prodotto subito dopo l’intubazione e prima di iniziare la ventilazione a pressione posi- tiva intermittente. Le probabilità che questi neonati sviluppino una NRDS è altissima per cui il problema della correttezza della profilassi non è più in discussione(15,16).

Un secondo punto di estrema delicatezza nella rianimazione e nella terapia intensiva dei neonati ELBW è quello dell’uso dell’ossigeno. In questi neonati anche la percentuale di ossigeno dell’aria può essere tossica e responsabile di gravi danni ai pneumociti, alla produzione di surfattante, al sistema nervoso centrale, alla retina. La ROP che è la lesione più vistosa e più facilmente docu- mentabile come correlata, comporta danni oculare e retinici più o meno gravi, fino alla cecità completa.

Nei neonati ELBW l’ossigeno deve essere impiegato con grande cautela, in sala parto è preferibile non usare O2 al 100%. Recenti studi hanno dimo- strato che l’ossigeno in sala parto non è necessario e può essere pericoloso soprattutto nella fase di riperfusione del SNC e della retina nel neonato asfit- tico. La ventilazione del neonato in sala parto con aria consente di raggiungere rapidamente buoni livelli di paO2 (>80 mmHg) riducendo al minimo il rischio di danno da iperossia. La prognosi a distanza, inoltre, sarebbe migliore nei neonati ventilati con aria rispetto a quelli ventilati con O2 al 100%. Studi con- trollati di Saugstad hanno evidenziato che “la mortalità è significativamente più alta (19,2% vs. 12,5%) e gli esiti neurologici sono peggiori nei neonati ria- nimati con O2 al 100% rispetto a quelli rianimati con aria.” “La ventilazione con O2 al 100%, anche per brevi periodi, è pericolosa”, provoca vasocostri- zione cerebrale e retinica prolungata, aumento di radicali liberi dell’ossigeno e di ROP (17).

Anche nell’assistenza successiva dei neonati ELBW l’ossigeno deve essere impiegato con estrema cautela per la grande sensibilità di questi neonati ai danni da radicali liberi dell’ossigeno, legata all’immaturità dei sistemi protet- tivi antiossidanti.

Una buona ventilazione polmonare nei primi minuti di vita, oltre ad aumentare la paO2 consente di abbassare rapidamente i valori di pCO2 del sangue ed attiva la glicolisi ossidativa con utilizzazione, attraverso il ciclo di

Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Krebs, degli acidi lattico e piruvico che si sono accumulati, in tal modo anche la componente metabolica dell’acidosi si riduce. L’uso di bicarbonato di sodio alla cieca, pertanto, non è necessario; esso è raccomandato solo dopo che si è instaurata una buona ventilazione e circolazione e quando la rianimazione cardiopolmonare deve essere molto prolungata. L’infusione di bicarbonato aumenta la CO2 e la sodiemia, può determinare una riduzione del pH intracel- lulare e favorire l’insorgenza di emorragia cerebrale(6,7).

Inoltre bisogna tenere presente che la soluzione di bicarbonato di sodio è molto ipertonica e, al fine di evitare danni da iperosmolarità, essa va diluita, meglio se con soluzione glucosata al 5% ed iniettata molto lentamente (1 mEq/min.). L’infusione nella vena ombelicale non evita il pericolo dei danni da iperosmolarità, i più gravi dei quali avvengono a livello epatico e cerebrale con alterazione della barriera ematoencefalica. Peraltro la necessità di dover incannulare la vena ombelicale in sala parto si è molto ridotta da quando è stato dimostrato che alcuni farmaci importanti per la rianimazione primaria, come l’adrenalina o il naloxone, sono più efficaci se somministrati per via endotracheale.

Va ribadito che, soprattutto nei neonati ELBW, in sala parto debbono essere fatti esclusivamente gli interventi indispensabili per mantenere le fun- zioni vitali; interventi più complessi e più mirati saranno eseguiti successiva- mente nella unità di terapia intensiva sotto la guida dei controlli ematochimici e del monitoraggio strumentale. Il pericolo di danni iatrogeni è molto elevato quando si trattano questi pazienti.

Il primo dei principi fondamentali della professione medica è quello che oggi viene chiamato della “non maleficienza” cioè il vecchio principio del ”non nocere”, ma questo non significa che il danno deve essere volontario, anche l’impiego di trattamenti potenzialmente dannosi come l’uso di steroidi o di ossigeno ad alta concentrazione, si possono configurare come interventi contrari a questo principio. Anche la legge, per altro, prevede in questi casi, una responsabilità professionale per imperizia ed imprudenza.

Problemi etici e medico legali

La rianimazione dei neonati estremi oltre alla numerose problematiche assistenziali, comporta, una serie di controversie e questioni etiche spesso di difficile soluzione.

Per semplicità considererò alcuni quesiti etici riferiti ai neonati di bassis- sima eg, al limite, cioè, della vitalità, perché più frequenti e paradigmatici, ma i problemi sono simili anche per altri casi estremi come i gravi malformati o gli asfittici gravi.

Fino a che punto è giusto ed etico spingere le nostre cure? quali sono i limiti fra la corretta assistenza e l’accanimento terapeutico? lo scopo della rianimazione è di salvare il maggior numero di vite possibili a qualsiasi costo? che ruolo dare alla qualità della vita, ammesso che si possa prevedere la qua- lità della vita futura di un neonato? quale è il miglior interesse per il neonato

nelle specifiche situazioni che richiedono interventi vitali estremi? quale è l’autonomia del neonato? quando sospendere trattamenti eroici? come si inse- risce il problema dell’assistenza così complessa e costosa che questi neonati richiedono con quello della equa distribuzione delle risorse? In altre parole il medico come può ragionevolmente stabilire su ciò che è giusto e bene fare o non fare

Il dibattito è particolarmente acceso negli US ed è scoppiato nel 1982 con il caso di Baby Doe, un bimbo nato con sindrome di Down e fistola tracheo- esofagea per il quale i genitori avevano rifiutato qualsiasi trattamento. I medici chiesero l’intervento della corte dello stato dell’Indiana per poter curare il neonato, ma la corte lo rifiuto. Il bambino morì. I medici portarono il caso fino alla corte suprema degli US ed anche il presidente ed il congresso furono coinvolti.

Dopo un lungo dibattito tra diversi organismi ed associazioni, anche l’Ac- cademia Americana di Pediatria ha riconosciuto che il miglior interesse per quel bambino sarebbe stato il trattamento.

Alla luce del dibattito pubblico generale che si era innescato in tutti gli US, il Congresso emanò una serie di disposizioni, che vanno sotto il nome di “ Baby Doe regulations”, per la rianimazione dei neonati estremi. I membri del congresso, infatti, hanno ritenuto che molti medici negli US non fossero suffi- cientemente aggressivi nella rianimazione dei neonati con vitalità marginale. Questa opinione era emersa anche nel mondo scientifico americano ed è stata confermata più tardi, nel 1997, dai dati pubblicati da Wall e Partridge del- l’Università di California in San Francisco: su un totale di 1609 neonati rico- verati nell’arco di 36 mesi, 165 sono deceduti, dei quali il 73% a causa della sospensione o limitazione delle cure. Per i neonati ELBW tale percentuale raggiunse l’80%, solo il 20% hanno ricevuto rianimazione e cure massimali. Le motivazioni della mancata assistenza sono state per il 74% la convinzione del medico dell’inutilità del trattamento e nel 51-53% il timore per la qualità della vita futura del bambino (18).

Questi dati sono collocati in una realtà diversa dalla nostra e si riferiscono ad un singolo centro, ma comunque sottolineano una tendenza abbastanza dif- fusa nel mondo medico quella di limitare arbitrariamente, in alcuni casi, i trat- tamenti massimali per timore di esiti gravi. A supporto della necessità di trat- tare anche casi estremi, sono i rilievi di un recente studio (2001) di McElrath et al della Harvard Medical School di Boston, dal quale emerge che in un gruppo di 33 neonati con eg di 23 sett. nati da gravidanza singola, 11 (33%) sono sopravvissuti, solo due con ROP grave > a tre, uno con severa IVH ed uno con PVL (4). Questi dati sono contro la convinzione di molti medici della cattiva prognosi generalizzata dei neonati limite e sottolineano come forse sia più importante sviluppare e migliorare le nostre competenze piuttosto che ridiscutere continuamente sui limiti dei nostri interventi e sui possibili rischi futuri. Per altro, queste sono anche le preoccupazioni e le argomentazioni che spesso sono offerte ai genitori al fine di convincerli a negare l’assistenza rianimatoria ai casi estremi (2,4).

Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Più recentemente 2002, la Texas Medical Association, sulla base anche della sentenza della corte suprema dello stato del Texas, a proposito di un altro caso quello di Sidney Miller, una neonata di 23 sett. di eg, rianimata alla nascita e sopravvissuta con gravi esiti neurologici, ha stabilito che per legge e sulla base dell’etica professionale sì “richiede al medico di assistere in sala parto neonati estremamente prematuri che sono potenzialmente in grado di sopravvivere” e l’AMA (Policy E-2.215) ha precisato inoltre che “trattamenti di sostegno alla vita possono essere ridotti o interrotti solo quando le soffe- renze ed i dolori attesi superano qualunque potenziale gioia durante la vita futura del soggetto” ma “quando la prognosi di un bambino è largamente incerta, tutti i trattamenti debbono essere iniziati”. Nel neonate estremo questa incertezza esiste sempre.

La legge italiana n. 194 del 1978, art. 7, ultimo capoverso recita “ Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto…il medico che esegue l’in- tervento (interruzione volontaria della gravidanza) deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”, quindi la legge, come del resto l’orien- tamento di molti medici, è che se un bambino nasce vivo deve essere assistito e rianimato senza tenere conto delle possibili complicanze o esiti.

Nel caso del neonato a rendere le scelte più difficili e complesse è il fatto che esso non è in grado di esprimere un consenso autonomo che viene, per- tanto, delegato ai genitori. Quale ruolo dare al parere dei genitori? Sempre nel caso della piccola Sidney la corte suprema dello stato del Texas, ha annullato una precedente sentenza del tribunale della contea di Harris che aveva con- dannato l’ospedale dove era nata e rianimata, nonostante il parere contrario dei genitori che temevano danni dalla rianimazione, sostenendo che la madre “non aveva il diritto di negare le cure rianimatorie alla neonata fintanto che essa non fosse stata dichiarata in stato terminale” La stessa sentenza conclude che anche la legge non può negare un trattamento finché il paziente non viene

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