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Le emergenze in Pronto Socorso: un modello di gestione per team

G. NARDI(*), E. CINGOLANI, C. FRENI, M. CIMINELLO, I. TESEI(*),

A. PACIFICI(*), P. BELTRAMME(*), L. LUDDI, G. RASELLI, C. LOCCHI,

T. GENTILE

(*) U.O. Shock e Trauma Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini Roma E-Mail: gnardi@scamilloforlanini.rm.it

L’outcome ei pazienti con compromissione delle funzioni vitali è condi- zionato in modo estremamente sensibile dalla qualità del soccorso iniziale, sia esso in ambito pre-ospedaliero che ospedaliero. Benché negli ultimi anni siano stati compiuti grandi sforzi sia sul piano organizzativo che su quello della formazione e preparazione del personale, per migliorare la qualità della risposta all’emergenza sanitaria, i più recenti dati della letteratura continuano a mettere in luce come, anche nei sistemi più avanzati, i risultati raggiunti siano ancora potenzialmente migliorabili.

Dieci anni or sono, Stocchetti aveva dimostrato come oltre il 40% dei de- cessi intra-ospedalieri da trauma dovesse essere classificato “potenzialmente o sicuramente” evitabile1. A distanza di 8 anni, in uno studio epidemiologico

condotto in Lombardia, Chiara2 ha registrato una percentuale di morti evitabili

(12%) e potenzialmente evitabili (32%) sostanzialmente immodificata. La si- tuazione in Italia peraltro non è troppo diversa da quella riportata da Hoyt3 a S.

Diego (California), dove su 822 decessi da trauma ritardi o errori di percorso erano identificabili in 422 casi. La maggior parte degli errori viene commes- sa nella fase iniziale del trattamento all’arrivo del paziente in DEA (47%): una errata valutazione (35%) o il mancato riconoscimento di lesioni rilevanti (47%) rappresentano i più frequenti punti di caduta del percorso assistenzia- le. Nelle fasi successive del percorso clinico (ICU, Camere Operatorie), la frequenza di errori è sensibilmente minore. L’elevata incidenza di errori nella fase di emergenza è indubbiamente influenzata dalla maggior complessità del- la gestione iniziale, ma è esperienza comune il fatto che in moltissime realtà la gestione delle fasi iniziali dell’emergenza medica e traumatologica sia affidata al personale più giovane e meno esperto.

I dati relativi alla patologia traumatica rappresenta probabilmente l’epi- fenomeno di un problema più generale: le lesioni da trauma sono infatti

più facilmente standardizzabili ed esistono score prognostici che facilitano l’individuazione dei problemi relativi alla gestione clinica. Partendo dalla considerazione che esistono indubbiamente ampi margini di miglioramento nella gestione delle emergenze in DEA, la sfida per i prossimi anni è proprio su questo terreno: acquisire la capacità di misurare le performance dei sistemi di emergenza e di avviare rigorosi processi di miglioramento della qualità.

La rapida individuazione delle problematiche critiche e la definizione di percorsi clinico-assistenziali adeguati, rappresentano i punti chiave per il successo del trattamento. Negli ultimi anni l’attenzione alle problematiche organizzative relative alla prima fase del trattamento in emergenza è andata crescendo ed ha portato allo sviluppo, anche nella realtà Italiana, di modelli innovativi di gestione.

Sulla scorta delle esperienze Nord-Americane, in alcuni Centri pilota è stata rivoluzionata la metodologia di gestione del trauma grave grazie alla formazione di “trauma teams” multidisciplinari altamente specializzati e a programmi educativi volti alla diffusione delle competenze nel settore.

L’utilizzo di questo modello organizzativo si è dimostrato efficace, anche nella nostra realtà, ed ha permesso di migliorare la qualità della gestione con impatto favorevole sull’outcome dei pazienti4. Il trauma grave, per la molte-

plicità delle lesioni e la presenza di problematiche che coinvolgono specialisti di diverse branche, rappresenta indubbiamente la patologia per la quale i vantaggi di un approccio multidisciplinare sono più immediatamente intuibili, tuttavia la stessa filosofia di gestione può offrire vantaggi anche nel trattamen- to di pazienti acuti con patologie mediche.

L’utilizzo di una strategia basata sull’impiego di team multidisciplinari impone la definizione di percorsi diagnostico/terapeutici sotto forma di linee guida condivise e scritte. Le linee guida devono affrontare in modo concreto ed efficace alcuni nodi organizzativi cruciali per la corretta gestione dell’inte- ro processo, uno di questi è il triage.

Il triage è uno strumento che consente l’individuazione dei pazienti da de- stinare, in funzione della probabilità dell’esistenza di lesioni o patologie gravi, a processi diagnostici e terapeutici che per l’elevato consumo di risorse, non possono essere utilizzati in modo estensivo.

Nell’ambito del DEA del S. Camillo gruppi di studio costituiti da speciali- sti di diverse branche hanno sviluppato e condiviso i percorsi clinico-assisten- ziali adatti a garantire la gestione ottimale dei pazienti più critici. Sono state sviluppate Linee Guida scritte, regolarmente aggiornate, che servono da base per assicurare l’omogeneità nell’applicazione delle raccomandazioni. All’in- terno di queste Linee Guida sono stati definiti: modalità di partecipazione de- gli specialisti alla presa in carico dei pazienti e attribuzioni della leadership in funzione del tipo di patologia e della gravità del paziente. L’idea di base è che mettendo in campo dal primo momento il massimo delle risorse disponi- bili e condividendo le scelte, sia possibile migliorare la qualità e la rapidità dei percorsi assistenziali. Le linee guida5 in utilizzo prevedono un approccio

Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 gestione in team di tutti i pazienti, traumatizzati e non, che presentando una

compromissione delle funzioni vitali, sono “triagiati” come “codici rossi”. Di questo gruppo fanno parte anche i feriti che abbiano subito un incidente con dinamica maggiore, indipendentemente dal loro quadro clinico. In fase iniziale l’anestesista rianimatore ha la funzione di team leader. La leadership, chiaramente identificata, puo’ essere modificata durante l’iter qualora si modi- fichi il grado di severità del paziente. Questo tipo di approccio richiede moda- lità di gestione dei rapporti tra specialisti attente e rispettose dei diversi ambiti di responsabilità. Offre però al paziente l’immenso vantaggio di una presa in carico reale con precisa identificazione di un responsabile del percorso assi- stenziale: l’introduzione di questa strategia nella nostra esperienza ha ridotto sensibilmente le conflittualità permettendo di contrarre i tempi della fase di stabilizzazione e della diagnostica iniziale.

Bibliografia

1. Stocchetti N, Paglierini G, Gennai M. et al Trauma care in Italy: evidence of in-hospital

preventable deaths - J. Trauma (1994) 36 (3) 401-5

2. Chiara O. Trauma deaths in an Italian urban area: an audit of pre-hospital and in-hospital

trauma care Injury (2002)33 (7) 553-562

3. Hoyt D.B. A twelve-year analysis of disease and provider complications on an organized

level I trauma service: as good as it gets? - J Trauma (2003) 54 (1) 26-36

4. G. Nardi, L. Riccioni, E. Cerchiari et al Impatto di un modello di gestione integrata dei pa-

zienti con trauma grave (ISS>15) sulla qualità del trattamento ospedaliero e sulla mortalità ospedaliera Min Anest (2002) 68: 25-35

5. Nardi G, De Blasio E. et al (2002) Linee Guida per un centro di Rianimazione Antonio Delfino ed. Roma

Valutazione del malato in pronto soccorso e scelte

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