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L’Embolia Polmomare (PE) come complicanza in Rianimazione.

G. CLEMENTI

S.C. Anestesia e Rianimazione Cardiochirurgica - Azienda Ospedaliera ASL Teramo E-Mail: [email protected]

La PE conta milioni di casi nel mondo, in Italia 60000 sono i casi riportati ma tale cifra sottostima il numero di pazienti affetti da tale patologia, negli USA(1) si valuta in 600000 casi con 50000 morti per PE ogni anno ma solo 260000 vengono diagnosticati. La mortalità stimata è del 2-8% e tale variabi- lità è da attribuire alle difficoltà diagnostiche proprie della PE che per questo riveste grande interesse per il rianimatore sia dal punto di vista diagnostico, terapeutico e non meno importante medicolegale per le implicazioni relative alla profilassi della PE.

La presenza di trombi in atrio e ventricolo destro ed il loro significato nella PE è descritta nell’ International Cooperative Pulmonary Embolism Registry (ICOPER) (2) da 2500 pazienti affetti da PE in 50 ospedali (1995-96).

Purtoppo solo il 4% dei pazienti sottoposti ad ecocardiografia hanno evidenziato presenza di trombi nel cuore destro; L’embolectomia è stata effettuata nell’1 % dei pazienti mentre l’ipocinesia del ventricolo destro era presente nel 50% dei pazienti studiati ed in questo gruppo la trombolisi è stata più frequente ( 60% vs 20%) del gruppo senza trombi documentati.

I pazienti sottoposti a trombolisi mostrano una più rapida risoluzione del coagulo (3 ). Nonostante l’effetto della terapia trombolitica sia difficile da dimostrare, una meta- analisi su 461 pazienti con PE mostra un netto incre- mento delle complicanze da sanguinamento nel gruppo lisato (3).

D’altra parte la correlazione tra ipocinesia documentata del ventricolo destro e mortalità (50%) fanno sì che sia raccomandato il trattamento trombo- litico in questi pazienti raccomandando inoltre di non sopravvalutare il rischio di sanguinamento spesso ovviabile con opportuno timing di procedure riani- matologiche.

Il trattamento trombolitico viene effettuato con Urokinasi, Streptokinasi od rtPA ( Recombinant Tissue-Type Plasminogen Activator) ed il rischio di sanguinamento viene confrontato col gruppo di pazienti trattati con eparina e comporta un sanguinamento ogni 17 pazienti trattati ( number need to harm) (3), ovvero RR = 1,17, inteso come complicanza maggiore (sanguinamento intracranico, retroperitoneale ovvero in sede diversa ma tale da richiedere trattamento chirurgico).

Per documentare una qualche superiorità del trattamento trombolitico occorre selezionare meglio il gruppo dei pazienti da trattare secondo criteri clinici più aderenti alla nuova realtà diagnostica disegnata dalla maggiore esperienza e disponibilità di strumenti diagnostici efficaci al letto del paziente

Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 (1).Il polmone funge normalmente da filtro naturale per cui a volte si pos- sono avere delle sindromi da microembolia (ME) silente spesso associata ad ARDS, iperossia, tossicità da Bleomicina, trauma, chirurgia agli arti inferiori e angioplastica.

Inoltre il ME porta ad infiammazione ed edema responsabili di fibrosi polmonare e ipertensione polmonare (PH). Da valutare nei pazienti trattati con eparina la ME indotta dagli anticorpi anti eparina nella sindrome trombo- citopenica idiopatica indotta dall’eparina (HIT= Heparin idiopatic Thrombo- citopenia. Il rischio di sviluppare PE dipende dal rapporto tra coagulazione e fibrinolisi.

Per cui la recente introduzione in pratica clinica di farmaci potenti come gli inibitori delle glicoproteine piastriniche ( GP IIb/IIIa) sembrano favorire la risoluzione della ME e PE.

Nei pazienti degenti in rianimazione coesistono rischi chirurgici trattati in concomitanza della parte dell’anestesia come rischio PE e medici propria- mente detti definiti dalla Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (www.siset.it) nelle linee guida per profilassi della PE.

A tal proposito si deve sottolineare la difficoltà di stratificazione del rischio in analogia a quello chirurgico in basso, moderato, alto e altissimo, perché mancano gli studi corposi che hanno caratterizzato tale classificazione, si suggerisce pertanto di dividere i pazienti in rianimazione per le patologie che sono associate ad aumento del rischio di PE:

Scompenso cardiocircolatorio:

I pazienti in classe NYHA III e IV hanno un rischio di TEV (Trombo Embolia Venosa) pari al 15%, esso appare correlato al rallentamento del circolo nelle cavità cardiache ed è inversamente correlato con la Frazione di Eiezione VS (EF) con un rischio relativo che parte dal 2,6 fino ad arrivare al 38 per FE inferiori a 20.

Infarto miocardio acuto:

I fattori di rischio correlati all’infarto miocardio per TEV ( 20% di inci- denza nei primi 7 giorni) sono tre ; Lo scompenso cardiaco secondario, l’al- lettamento e l’età.

Ictus cerebrale:

Rappresenta un fattore di rischio elevato con un rischio di TEV del 55% nei pazienti in cui la paresi coinvolge gli arti inferiori, altrimenti tra 2° e 7° giorno è del 40%.

Insufficienza respiratoria cronica (COPD) riacutizzata:

Pur avendo pochi dati a disposizione l’incidenza di TEV supera il 28% con incidenza all’ingresso del 10% circa.

Malattie infiammatorie intestinali :

triplicato è il rischio di TEV in questo gruppo di patologie. Sindrome nefrosica :

La complicanza più frequente è la trombosi della vena renale, ma anche TEV e PE sono complicanze frequenti a causa dei bassi livelli di albumina < 20g/l, proteinuria >10 g/24h e ridotti livelli di antitirombina <70%.

Cateteri Venosi Centrali:

Si considera di 6 volte la popolazione normale il rischio di PE nei pazienti portatori di CVC o PMK endocavitari. Il rischio aumenta con la lunghezza del catetere, con il numero dei lumi che lo caratterizzano e con la sede d’in- serzione: Studi randomizzati e prospettici evidenziano in terapia intensiva una riduzione di TEV e PE che scende da 28 a 13% con l’uso di eparina a basso peso molecolare (LMWH).Si sottolinea l’impossibilità di azzerare il rischio in questi pazienti. I pazienti in terapia intensiva infatti si presentano con ampio spettro di variabilità clinica che necessita di differenti strategie terapeutiche. Aspetti diagnostici dell’embolia polmonare:

La maggior parte dei pazienti in terapia intensiva mantiene normali valori di pressione arteriosa e di funzione del ventricolo destro.

Sfortunatamente alcuni pazienti vanno incontro ad un rapido deteriora- mento clinico per cui la normale terapia anticoagulante non basta e ad essa va associata la trombolisi o embolectomia chirurgica.

Allo scopo di facilitare l’inquadramento diagnostico l’ATS ha raccolto dati da numerosi studi caratterizzati da elevato livello di evidenza da cui risulta che i segni clinici come l’insorgenza di dolore toracico pleuritico (44%) o sotto- sternale (16%) mentre la dispnea improvvisa è presente nel 78% dei casi (1) sintomi più rari sono febbre ed emottisi descritti nel 10-15% dei casi.

EMOGASANALISI ARTERIOSA mostra frequentemente ipossiemia arteriosa, ma la mancanza di essa non permette di escludere la PE.

RX TORACE Nel 36% dei casi si evidenzia amputazione dell’arteria ilare, atelettasie, la povertà della trama interstiziale (Segno di Westermark) è sugge- stivo ma raro e sollevamento di un emidiaframma, versamenti pleurici.

ECG Tachicardia improvvisa, P2 o Tricuspide rigurgitante, pattern Qr (pseudoinfarction pattern) e T invertite nelle derivazioni precordiali.

ECOCARDIOGRAMMA Rappresenta uno strumento prezioso per la pos- sibilità di stratificare il rischio dei pazienti con PE dal 4 al 30 % per quanto attiene la mortalità.Per la diagnosi di TVP il doppler compressivo della femo- rale all’origine (CUS) ha tolto spazzio alla flebografia (CV)per la sua elevata sensibilità.

MARKERS BIOUMORALI: La troponina ed il peptide natriuretico (BNP) sono oggetto di valutazione per l’utilizzo in corso di PE ; l’incremento della

Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 Atti del Congresso S.I.A.R.E.D. - Verona 2004 troponina ,inizialmente negativa è tra le 6 e le 12 ore ed è attribuibile acom- pressione della coronaria destra e alla sofferenza diretta subendocardica del ventricolo destro. Il BNP è prodotto dallo stiramento del VD è misurabile per la parte terminale del proormone che risulta attiva per 60 120 minuti (cutoff <50pg/ml). Essi possono essere utilizzati per differenziare la fase intermedia da quella leggera e vanno sempre associate alla valutazione ECO.

Il BNP avendo emivita breve può essere usato per monitorizzazione seriale del quadro clinico.

Per quanto attiene il D-Dimero effettuato col metodo lento ELISA, esso ha un valore predittivo negativo del 95% quando è inferiore a 500ηg/ml.Purtroppo il test di agglutinazione al lattice (rapido) non risulta altrettanto affidabile.

TAC SPIRALE : Trova sempre maggior spazio a scapito di esami come la risonanza magnetica difficilmente proponibile in Rianimazione ovvero la SINTIGRAFIA POLMONARE (VQ SCAN) con 81m KR o 133XE. (1). Bibliografia:

1. V. F. TAPSON, B. A. CARROLL, et al: The Diagnostic Approach to AcuteVenous hrom- boembolism Clinical Practice Guideline Am J Respir Crit Care Med Vol 160. pp 1043– 1066, 1999 Internet address: www.atsjournals.org

2. A. Torbicki, N. Galiè et al : Right Heart Thrombi in PE Result from ICOPER J of Am Col- lege of Cardiology Vol41 pp 2245-51, 20003.

3. G. THABUT, D. THABUT et al : Thrombolitic Therapy of PE A meta-analysis J of Am College of Cardiology Vol40 pp 1660-67, 2002.

Accanimento terapeutico ed eutanasia:

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