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5. La lotta armata oltre la colonna.

5.1. La Brigata Buranello

Il maggiore di questi gruppi è la Brigata Buranello, fondata nel novembre del 1979 da Enrico Cresta di ventidue anni e Marco Roberto di ventiquattro, entrambi genovesi245. Dopo un incontro in ambito universitario, i due giovani decidono di creare un nucleo eversivo autonomo, si unisce in seguito Lorenzo Carpi che insegna loro a costituire e a rendere operativa la struttura che teorizzano. Carpi assume la direzione del gruppo e tenta di farlo confluire nelle Brigate Rosse di cui è un militante;

244 Cfr. TPG, Sentenza della Corte d’Assise d’Appello contro Cresta Enrico e altri del 10.02.1984.

245 Sulla Brigata Buranello cfr. TPG, Sentenza della Corte d’Assise d’Appello contro Cresta Enrico e altri del

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figura unica, almeno a Genova, di regolare legale, vale a dire non clandestino. L’inserimento non riesce per la ferma opposizione dei suoi compagni che lo rifiutano per tre motivi. In primo luogo sono orgogliosi della loro autonomia e temono di venire fagocitati da un’organizzazione più grossa; inoltre, sono diffidenti verso l’impostazione verticalista delle BR, troppo rigida e gerarchica; infine, sono contrari alla pratica della violenza facile ed estrema e alla ferocia delle azioni del gruppo.

La Brigata Buranello resta, quindi, autonoma pur svolgendo attività di fiancheggiamento nei confronti delle Brigate Rosse. Questa attività di fiancheggiamento consisteva nel custodire per conto dell’organizzazione denaro, materiale propagandistico, armi da guerra e ordigni esplosivi in due covi, uno in via Oberdan a Genova e l’altro in località Scaiggia a Creto. Quest’ultimo venne allestito dopo il blitz di via Fracchia.

L’attività della brigata consiste soprattutto in attentati incendiari. La prima azione risale al 15 febbraio del 1980, quando i tre scrivono sul muro di via San Muro minacce contro Giorgio Rinaldi, guardiano della vigilanza interna presso lo stabilimento Ansaldo di Genova Sampierdarena, firmandosi “Brigate d’Assalto Buranello”. Dopo il blitz di via Fracchia, la Brigata Buranello ribadirà il legame con le Brigate Rosse, apponendo il 25 aprile, in via Piacenza uno striscione che rende onore ai “compagni di ieri e di oggi”, paragonando, come si è visto, l’uccisione dei brigatisti alla fucilazione del celebre partigiano cui hanno dedicato la propria formazione. L’episodio di via Fracchia verrà ancora ricordato dalla Buranello il 28 marzo dell’anno successivo, tracciando sui finestrini di numerosi autobus un saluto ai militanti morti. Il sette maggio si verificano due attentati incendiari contro due sedi della Democrazia Cristiana, una sita in via De Vincenti e l’altra in largo Merlo, in quest’ultima compare anche una scritta sul muro: “Brigata Buranello distruggere i covi della DC”. Sopra la scritta c’è disegnata la stessa stella a cinque punte che è il simbolo delle Br; un altro striscione inneggiante alla lotta armata accompagnato dallo stesso disegno e dalla stessa firma compare in via Piacenza il dieci di luglio: è evidente la volontà di inserirsi nelle campagne portate avanti contro la Democrazia Cristiana dalle Brigate Rosse in questo stesso periodo.

Carpi continua a militare in entrambe le organizzazioni fino all’estate del 1980, quando, ormai latitante, abbandona la direzione della brigata e si allontana da Genova, nell’autunno i contatti tra i due gruppi si interrompono per poi riprendere nel febbraio del 1981 per iniziativa dei due capi colonna d’allora, Francesco Lo Bianco e Barbara Balzerani.

Il 3 febbraio la Brigata Buranello compie un attentato più violento dei precedenti: due bombe ananas vengono sistemate sulla 128 Fiat di Giancarlo Marin, amministratore delegato dell’IGER s.p.a.; lo stesso Marin viene minacciato con una telefonata di subire prossimamente un ferimento. L’attentato viene rivendicato, sei giorni dopo, attraverso uno striscione, apposto al cancello della ditta Mazzi, che recita: “BB rivendica il regalo a Marin – contro licenziamenti, ristrutturazione, carovita formare

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nuclei armati in fabbrica!” Il dodici dello stesso mese un’altra auto viene incendiata; si tratta della BMW di Gino Dani, dirigente industriale, che ha ricevuto anche minacce telefoniche dalla Brigata Buranello che rivendicava l’attentato. Qualche giorno dopo un cartello, posto via Mastrangelo e recante la firma “BB”, minacciava Augusto Tardoni, dirigente generale della IMETEC e Mario Feltrami, dirigente generale della SIELTE di ritorsioni per i licenziamenti avvenuti in queste due aziende.

Nell’aprile del 1981, Balzerani riesce a vincere le resistenze di Cresta e Roberto a rinunciare alla loro autonomia, convincendoli con l’argomentazione che fosse inutile mantenere in vita un’organizzazione di supporto a un’altra decimata dagli arresti e ormai allo sbando. La Buranello confluirà, quindi, nelle Brigate Rosse nella primavera del 1981. Nei mesi seguenti, l’attività della brigata consisterà nella diffusione di qualche volantino e nell’esposizione, in via Molini a Nervi, di uno striscione inneggiante alla lotta armata; ma Cresta parteciperà con Balzerani anche a un ferimento, non riuscendo a portarlo a termine. Il Comitato Esecutivo di quello che restava delle BR aveva, infatti, lanciato una campagna contro le fabbriche e Balzerani aveva studiato un’azione per inserire la colonna genovese in questa battaglia: il ferimento di Carlo Cattaneo, responsabile dell’Ufficio Relazioni dell’Italsider. Il commando doveva essere composto da lei stessa e dai due militanti della Buranello, ma il 18 giugno Roberto non si presenta, così Balzerani spara, coperta dal solo Cresta, terrorizzato e disarmato; fortunatamente nessun proiettile raggiunge l’uomo che saltellando si è rifugiato nel box. Due ore dopo una telefonata ai giornali cittadini, firmata Brigate Rosse, rivendicherà l’attentato. La stessa capo colonna riferirà al Comitato Esecutivo del mancato ferimento, imputando il fallimento all’inesperienza e al nervosismo del suo compagno che durante l’azione non aveva prestato alcun aiuto246.

Questo episodio è rivelatore di un salto di qualità sofferto e inopportuno da parte di militanti di un gruppo eversivo, ma restio a compiere azioni cruente. Nell’ottobre Cresta e Roberto avranno l’ultimo contatto con Balzerani, la vita delle due organizzazioni è ormai finita. I due fondatori della BB verranno arrestati il ventisei novembre del 1981 e confesseranno, Cresta dopo un’iniziale reticenza, ampiamente le loro responsabilità, giustificando la loro dissociazione con l’esigenza morale di prendere le distanze dalla spirale di omicidi e violenza gratuita che aveva ormai ingoiato le Brigate Rosse.