3. Le Brigate rosse in Veneto.
3.2. Un tentativo fallito: la colonna del 1974.
Sulla nascita della colonna veneta vi sono testimonianze discordanti per quanto riguarda i tempi, i primi atti e la successione degli eventi che presentano alcune varianti nei diversi racconti e palesi contraddizioni. Pare evidente, in ogni caso, che si tratti di una gestazione lunga e sofferta; Serafino, per esempio, racconta di essere stato contattato da Semeria il quale, però, nel primo colloquio tra i due afferma che le Br non sono interessate a espandersi in Veneto, per poi proporgli qualche tempo
361 TPVe, Sentenza della Corte d’Assise del 20 luglio 1985, pp. 468 e sg. 362TPVe, Sentenza Corte d’Assise del 20 luglio 1985 (3/84-11/84), p. 467. 363 TPVe, Sentenza Corte d’Assise d’Appello di Venezia del 16.7.86,
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dopo di unirsi alla colonna in via di fondazione364. È possibile che alla base di queste incertezze sia un dato ambientale che, nei fatti, contribuirà effettivamente a rendere difficile la vita delle Br nel territorio: la mancanza di una metropoli industriale e di una classe operaia urbana tradizionalmente intesa. D’altra parte le Brigate rosse non vogliono rinunciare al tentativo di radicarsi in una realtà produttiva che risponde pienamente agli interessi e alla strategia del gruppo, ovvero il polo industriale di Porto Marghera. Dal canto suo Buonavita afferma che “La colonna veneta nasce in seguito alla decisione di espandersi a livello territoriale dopo il successo dell’azione Sossi.”365. Quello che emerge chiaramente dall’esame della documentazione processuale è che la genesi della prima fase è conseguente allo scioglimento della Brigata Ferretto, in seguito al cui fallimento le Br ripiegano sulla tradizionale costituzione della colonna con clandestini esperti arrivati da fuori e arruolamento di elementi locali.
Il 1974, tornante fondamentale nella parabola nazionale delle Brigate rosse, è anche un anno di grande importanza nella storia locale della lotta armata, con l’impianto della colonna, l’azione di via Zabarella; nello stesso anno si costituisce a Padova una redazione di «Controinformazione» diretto da Emilio Vesce e all’interno dell’area autonoma, si dibatte su quale modello di lotta adottare, guardando sia a Prima Linea sia alle Brigate Rosse, per rilanciare Autonomia operaia: infine prevale la linea che privilegia l’intervento nelle fabbriche senza trascurare il sociale366.
Le Br venete, in questa prima fase, hanno poche unità di militanti, di cui pochissimi regolari (Fabrizio Pelli, Roberto Ognibene, e Attilio Casaletti che presto uscirà dall’organizzazione e verrà sostituito da Giorgio Semeria), una sola base in Padova e sono impegnate nell’organizzazione della struttura e in attività prevalentemente di controinformazione. Delle operazioni progettate, quasi nessuna viene realizzata, tranne alcune azioni di modesta entità: un’irruzione nella sede della Cisnal di Mestre il 4 marzo 1974; un assalto ad una sede della DC; il lancio di molotov contro l’abitazione del presidente della Regione democristiano, Angelo Tomelleri, accompagnato a spari contro le case di giornalisti e magistrati veneziani nel dicembre del 1974; qualche incendio auto dirigenti
Montedison; alcune rapine e l’irruzione nella sede del Msi sfociata in un duplice omicidio, come vedremo367.
Il volantino di rivendicazione della prima azione rivela l’impostazione insieme offensiva e difensiva dell’antifascismo armato: accanto all’evocazione dello spettro del Cile e alla denuncia della
364 TPPd, b. 140/87, Curcio e altri, Verbale di interrogatorio reso da Martino Serafino il 13.05.1986.
365 Verbale di interrogatorio reso da Alfredo Bonavita ai GGII Caselli e Giordana il 10-11.06.1981, TPRm, Ufficio
Istruzione n. 54/80, p.18
366 ACS, Direttiva Renzi, PCM, AISE, Serie Attività eversiva e violenta, 1978-81, fasc. 208, 1980-83, Comunicazione
da sala operativa Comando generale Carabinieri Padova a 1^ Divisione Sismi, 30.01.1980.
367 Cfr. le dichiarazioni rese da Bozzano al GI Mastelloni il 28.5.82 presso caserma CC a Delo in TPVe, Busta B,
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minaccia di trame golpiste in cui sarebbe coinvolto anche il Msi, il documento, infatti, rivendica l’azione anche come “colpo inferto” ai fascisti (che vengono definiti “topi” e “carogne”); il carattere offensivo è soprattutto evidente nella minaccia costituita dal fatto di aver prelevato gli elenchi degli iscritti e i loro indirizzi.
Secondo Semeria, fino all’autunno del 1974 non si può parlare di una colonna compiutamente strutturata, ma di un piccolo gruppo di clandestini e irregolari368; Buonavita aggiunge che fino all’agosto del 1974 non esisteva ancora una vera e propria colonna e che proprio lui ( a suo dire insieme a Semeria369) viene mandato in Veneto con il compito di costituirla eleggendo a zona principale di intervento il polo industriale di Marghera-Mestre; l’ambiente si presenta promettente, a detta del brigatista, per l’impianto di una colonna, ma i problemi organizzativi sono molti, così che si trova costretto a richiedere l’invio sul luogo di altri clandestini esperti, vengono quindi mandati Micaletto e Alunni. A questo punto la colonna comincia a strutturarsi sia dal punto di vista logistico, sia da quello politico con le prime riunioni e la ricerca di contatti da indottrinare in vista dell’ingresso nell’organizzazione370; in quello stesso anno Pelli e Alunni acquistano e rivendono, utilizzando documenti falsi e pseudonimi, un appartamento a Mestre che potrebbe essere stata una delle prime basi delle Br venete.
Tra gli irregolari che ingrossano progressivamente i ranghi della colonna, troviamo Susanna Ronconi, ex militante di Potere operaio, del movimento femminista e della Brigata Ferretto; Martino Serafino, detto Sheriff, un giovane padovano che si era reso irreperibile per sfuggire al servizio militare ed era quindi entrato nella Ferretto come clandestino di fatto; Carlo Picchiura, Nadia Mantovani, Fasoli, Galati; i militanti della colonna in questa fase sono comunque poco numerosi371.
Dal punto di vista politico, la colonna veneta è profondamente informata di antifascismo,
nonostante nasca in un periodo in cui l’organizzazione abbandona progressivamente questa tematica per concentrarsi sull’attacco alle istituzioni democratiche. Infatti, mentre per Toni Negri
l’antifascismo armato costituiva una battaglia di retroguardia, superata dagli eventi, per le Brigate rosse, all’inizio degli anni Settanta, costituiva ancora una prospettiva attuale, soprattutto in un contesto come quello veneto, e in particolare padovano, dove l’estrema destra, il neofascismo e un gruppo eversivo e filonazista come Ordine Nuovo mostravano una notevole vitalità. Giorgio
368 Tribunale di Padova, b. 140/87, Curcio e altri, Verbale di interrogatorio reso da Giorgio Semeria il 09.05.1986. 369 È evidente che la notizia su Semeria non può essere corretta, poiché partecipò, per sua stessa ammissione alla
spedizione in via Zabarella per cui era attivo in Veneto almeno dal giugno del 1974; su questo punto è più affidabile Casaletti che parla del trasferimento di Giorgio Smeria in Veneto nella primavera del 1974, cfr. Tribunale di Padova, Ufficio Istruzione, Sentenza-ordinanza nel procedimento penale 316/86 AGI contro Curcio e altri.
370 TPVe, b. 3/84, fascicolo Buonavita Alberto, 19.04.1980, Interrogatorio del 02.03.1982
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Semeria attribuisce questa caratteristica propensione della colonna veneta all’antifascismo anche alla personale formazione ideologica sua e degli altri militanti di Reggio Emilia che lì militavano ricorda che si svolgeva un’intensa attività di schedatura degli appartenenti a formazioni
neofasciste372. Si noti anche la frequenza degli assalti a sedi di formazioni politiche di estrema destra – quelle alla Cisnal a opera sia delle Br sia della Ferretto, quella alla sede provinciale del Msi che si concluderà con un duplice omicidio. Ma già nel 1971 vi era stata un’irruzione nella sede del Msi di Verona, Santa Lucia, anche in questo caso per sottrarre documentazione a opera di un gruppo chiamato Collettivo politico di cui facevano parte Arrigo Cavallina e Martino Serafino. Nel volantino di rivendicazione si legge che l’obiettivo dell’azione è quello di stroncare
l’organizzazione di progetti neofascisti; l’ottica insieme difensiva e offensiva di questo antifascismo è ben visibile nelle due azioni messe in opera dal gruppo in conseguenza dell’irruzione: la prima suggerisce l’avvertimento dato a tutti i militanti di sinistra il cui nome era stato trovato negli schedari del Msi della minaccia che incombeva su di loro, la seconda informa la decisione di pubblicare un elenco degli iscritti alla sezione del Msi corredato di fotografie e indirizzi373. Il volantino con cui il Msi denuncia l’accaduto è rivelatore nel linguaggio utilizzato di una pratica di disumanizzazione del nemico, definito “sottospecie di essere animale”. Del resto, la sorta di gogna, ordita dagli aggressori, che non può non far pensare ad una istigazione a colpire queste persone, oltre che a difendersene (non si capirebbe diversamente la necessità di pubblicarne gli indirizzi) appare speculare alla schedatura che il Msi aveva operato dei militanti di sinistra, un gesto che appare altrettanto offensivo. E, infatti, come abbiamo visto, in Veneto e soprattutto a Padova, all’inizio degli anni Settanta si susseguono le aggressioni di militanti di destra e di sinistra da parte di appartenenti allo schieramento opposto.
I guai per la neonata colonna cominciano presto: dopo un avvio stentato il progetto di una colonna efficiente e rigidamente strutturata si infrange contro l’indisciplina dei militanti e la loro scarsa propensione a restare nei limiti imposti dall’organizzazione. Nell’agosto del 1974 Pelli sfugge per un soffio all’arresto, riuscendo a divincolarsi e a fuggire dopo essere stato fermato. L’episodio alla base della sua individuazione è una grave imprudenza commessa dal brigatista che dimentica in una casa che aveva subaffittato per qualche tempo documenti falsificati e altro materiale
compromettente. Non è questa l’unica leggerezza commessa dai veneti: Ognibene verrà arrestato a causa della mancanza osservanza delle regole relative agli appuntamenti, lo stesso Pelli e Susanna Ronconi, secondo la testimonianza di Buonavita, trascurano sovente le misure di sicurezza per
372 TPPd, b. 140/87, Curcio e altri, Sentenza ordinanza del Giudice Istruttore 316/86 AGI
373 TPPd, volantino di rivendicazione allegato a Comunicazione della Legione dei Carabinieri di Padova, 1 sezione al
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incontrarsi per ragioni personali e per questo motivo Pelli viene addirittura allontanato dall’organizzazione374.
Sarà ancora Buonavita a raccontare di questa prima fase fallimentare: “Avevano una vecchia casa di Pelli a Mestre e una stanza a Verona affittata da Semeria. Dopo l’arresto di Curcio e Franceschini si tiene una riunione di vertice e entro nell’esecutivo. Il Veneto era considerato una zona sicura perché i due capi arrestati non c’erano mai stati, ma pochi giorni dopo avvengono gli arresti di Robbiano e cadono Ognibene, Bertolazzi, Bassi, l’arresto fu determinato da un infrangimento delle regole dell’organizzazione da parte di Ognibene che era andato a cercare a casa Bertolazzi che non si era presentato all’appuntamento. Queste cose non accadevano a Torino dove c’era Curcio che era molto rigoroso”375.
Non stupisce che presto si avverta la necessità dell’apporto di un militante affidabile come Buonavita considerata la gestione disastrosa della nuova colonna: le imprudenze e la non
osservanza delle regole che conducono all’arresto di Ognibene, l’avventato comportamento di Pelli che determina il suo allontanamento dall’organizzazione e, soprattutto, l’omicidio “sbagliato” di via Zabarella.