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I caratteri principali del processo di alfabetizzazione Gli squilibri territoriali.

Capitolo 1. Alfabetizzazione e istruzione elementare: un excursus storico e storiografico tra l’Europa, l’Italia e la

2. I caratteri principali del processo di alfabetizzazione Gli squilibri territoriali.

Il processo che condusse l’Europa alla realizzazione di una delle più significative trasformazioni dell’età moderna e contemporanea, ovvero il passaggio da livelli di analfabetismo prossimi al 90% alla sua pressoché completa eliminazione, ebbe dunque grosso modo origine intorno al 150037 e si concluse sostanzialmente a XX secolo inoltrato. Almeno fino al 1800 la crescita dell’alfabetizzazione non fu né costante né ininterrotta: per periodi diversi, in zone diverse, sono stati verificati segnali di declino dei tassi di alfabetizzazione, benché il trend complessivo fosse largamente positivo.38 Fino a quel momento inoltre, non vi furono strategie sistematiche di alfabetizzazione

delle famiglie) a quelli relativi al mercato del lavoro (l’aumento progressivo del salario degli adulti che rendeva meno indispensabile il contributo dei più piccoli). Su questo complesso argomento si vedano anche Cunningham H., 1990 e Horrel S. e Humphries J., 1995.

34 Cfr. Ragazzini D., 1997, p. 53.

35 Contini G. e Ravenni G.B., 1987, p. 149.

36 Cfr. Compère M.M., 1995, capitolo 7; Roggero M., 1999, pp. 113 e sgg. Per una trattazione generale di

questi temi si veda il classico Ariès P., 1960. A questo proposito sarebbe da verificare a livello europeo un risultato che, come si vedrà, emerge da questo lavoro per il caso pratese, ovvero l’esclusione dell’infanzia dall’alfabeto almeno fino all’affermazione della scolarizzazione di massa. Si tratta di un’operazione difficile, dal momento che per la maggior parte dei paesi europei le statistiche sull’alfabetizzazione prima della metà dell’800 vengono prodotte sulla base della capacità di firmare nei registri matrimoniali, cosa che impedisce di valutare il livello alfabetico dei bambini. Il censimento toscano del 1841, invece, permette di individuare proprio la popolazione infantile come quella più sistematicamente esclusa dal contatto con la parola scritta, fosse perché i percorsi non sistematici di apprendimento a cui si è fatto accenno non producevano risultati per un lungo periodo di anni, o perché la lettura e la scrittura erano considerati strumenti di pertinenza degli adulti.

37 Cfr. Chartier R., 1989, p. 112. 38 Ivi, p. 114.

dall’alto39, se si eccettua il caso della Svezia, dove la chiesa luterana promosse significative campagne per diffondere la lettura tra i ceti popolari fin dalla seconda metà del XVII secolo, e la Prussia, dove la prima legislazione sull’obbligo scolastico risale al 1717. Nel XIX secolo il trend di crescita dell’alfabetizzazione divenne invece costante e, soprattutto nella seconda metà del secolo, gli interventi degli stati per promuovere l’istruzione popolare divennero sempre più consistenti e incisivi.

Il primo dato che balza agli occhi nel quadro della crescita dell’alfabetismo in Europa, sono i forti squilibri a livello territoriale. A fronte di un Europa settentrionale e nordoccidentale largamente alfabetizzata già alla fine del XVIII secolo, almeno relativamente alla sua componente maschile e alla facoltà di leggere (Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda, Scozia, Prussia, parte dell’Inghilterra e della Francia), si trovava un’Europa orientale e meridionale in cui le capacità di leggere e scrivere non erano generalizzate a nessun livello e in cui c’erano vaste parti della società, in special modo quella rurale, dove la parola scritta penetrava assai raramente (Spagna, Italia, Portogallo, Russia, Ungheria)40. Nel corso dell’800 il primo gruppo di paesi continuò a registrare una lenta benché continua riduzione dei livelli di analfabetismo. Alla metà dell’800 l’analfabetismo poteva dirsi debellato in Prussia, sia per la popolazione maschile che per quella femminile, mentre in paesi come la Svezia, dove fino ad allora era largamente più diffusa la capacità di leggere, aumentò significativamente anche la percentuale di coloro che erano in grado di scrivere.

L’Europa meridionale e quella orientale nel loro complesso, invece, conobbero, un significativo aumento dei livelli di alfabetizzazione solo dopo la metà del XIX secolo (benché in alcune zone limitate, come il Piemonte e la Lombardia in Italia, i ritmi di crescita fossero più simili a quelli dell’Europa settentrionale), in molti casi coincidente temporalmente con l’intervento diretto delle autorità pubbliche in campo scolastico; solo a ventesimo secolo inoltrato la lotta contro l’analfabetismo in questi paesi poté dirsi conclusa. Una tale ripartizione territoriale dell’uso della parola scritta ha dato luogo in passato ad interpretazioni, per così dire, weberiane della diffusione dell’alfabetizzazione: i protestanti e gli altri dissidenti religiosi, la cui scissione rispetto alla chiesa romana dipendeva da una differente interpretazione dei testi sacri, fondavano la loro identità confessionale su una meditazione personale della Bibbia che

39 Reis J., 2001.

presupponeva almeno la capacità di leggere. Come si è già accennato all’inizio di questo capitolo, la validità di questo tipo di interpretazioni è stata in parte ridimensionata.

Se è vero che il fattore religioso ha indubbiamente avuto un ruolo significativo nell’avvicinare la popolazione alla scrittura e soprattutto alla lettura, come dimostra, per esempio, la diversa consistenza di libri rinvenuti negli inventari post-mortem di protestanti e cattolici anche nelle medesime città41, è anche vero che tale fattore non può essere considerato troppo semplicisticamente l’unica o la principale variabile nel determinare larghe disparità tra paesi prevalentemente cattolici o prevalentemente protestanti. Innanzitutto per il fatto che deve essere stabilita con chiarezza la direzione del nesso causale. Si potrebbe infatti altrettanto fondatamente sostenere che è stata la prosperità dei ceti medi urbani a favorire la crescita dell’alfabetizzazione, la quale avrebbe a sua volta facilitato la diffusione delle confessioni riformate42. Inoltre, se ci sofferma su un caso di realtà confessionale composita, come quello della Germania, si osserva un’incisività molto minore della variabile religiosa nell’accompagnare i livelli di alfabetizzazione, almeno per ciò che concerne la popolazione maschile. Nel 1813 in Westfalia il 92,2% degli sposi cattolici era in grado di firmare rispetto al 91,1% degli sposi luterani43. Semmai la “superiorità” protestante giocava ovunque un ruolo decisivo sui differenziali di genere, dal momento che tra i cattolici la disparità tra maschi e femmine era generalmente molto più accentuata che tra i protestanti.44

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