0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00 35,00 40,00 45,00 50,00 0-5 6-10 11-15 16-20 21-30 31-40 41-50 51-60 + 60 Fasce d'età A lfa be tiz za zio ne (% )
maschi 1841 femmine 1841 maschi 1871 femmine 1871
Fonte: La stessa del grafico 3.3
Il grafico 3.4 evidenzia una sostanziale riduzione dell’età d’accesso all’alfabeto e una crescita dei livelli alfabetici particolarmente consistente per gli individui di età compresa tra i 6 e i 20 anni. La scuola aveva senza dubbio favorito questo andamento, ma anche in questo caso un esame più attento dei dati suggerisce di non attribuire un peso eccessivo all’istituzione scolastica in questa fase. La fascia d’età più alfabetizzata era nel 1871 quella dai 16 ai 20 anni, ovvero una parte di popolazione non direttamente coinvolta, se non per l’impianto delle pochissime scuole festive e serali, nel processo di scolarizzazione. Se l’incremento dell’offerta educativa, con il suo portato di regole che destinavano specificamente all’infanzia la maggior parte delle nuove iniziative scolastiche, aveva dunque favorito l’avvicinamento all’alfabeto dei più piccoli, è anche vero che l’abbassamento dell’età di accesso all’istruzione in parte trovava nella società
le sue autonome ragioni d’essere. Particolarmente significativo è a questo proposito il dato relativo alle ragazze di età compresa tra i 16 e i 20 anni, il cui tasso di alfabetizzazione aveva raggiunto quello dei coetanei maschi, pur in assenza, vale la pena sottolinearlo ancora una volta, di iniziative scolastiche pubbliche. Tale dato acquista ancora maggior rilievo considerando il fatto che all’interno delle mura cittadine il tasso di alfabetizzazione delle ragazze di età compresa tra i 16 e i 20 anni di età aveva non solo raggiunto, ma anche superato (74,21%) quello dei coetanei maschi (68,22%): in modo per certi aspetti sorprendente, le ragazze di quell’età erano diventate il gruppo anagrafico più istruito all’interno della comunità (si veda la tabella in nota113).
Il saper leggere e scrivere diventava sempre meno una prerogativa degli adulti maschi o dei capofamiglia e sempre più un obiettivo che meritava di essere raggiunto con anticipo rispetto al passato, quasi che si stesse realizzando, in modo estremamente graduale ed in parte autonomo rispetto agli stessi progetti delle autorità politiche e istituzionali, il passaggio da una concezione puramente strumentale dell’istruzione, intesa come acquisizione di competenze molto limitate e immediatamente spendibili, ad una più formativa, per la quale la conoscenza dell’alfabeto costituiva un patrimonio di base, da ottenere a prescindere dalla sua immediata utilizzazione.
113 Alfabetizzazione per collocazione territoriale, per sesso e per fasce d’età al censimento del 1871.
Città Campagna
Fasce d'età Maschi Femmine Maschi Femmine
0-5 1,52 2,84 0,72 0,20 6-10 56,29 45,75 11,07 6,19 11-15 67,01 65,59 29,62 19,50 16-20 68,22 74,21 34,07 29,08 21-30 61,94 65,10 31,68 22,99 31-40 62,93 55,13 29,35 15,71 41-50 59,56 52,31 26,56 13,61 51-60 58,15 51,45 31,70 9,89 61-70 52,50 37,50 25,37 7,05 70+ 38,14 27,27 26,74 3,60
Fonte: ACP, Censimento del 1871, busta n° 7, Classificazione delle persone secondo i modelli K.I.L.M.
(età, sesso, professione, origine, stato civile, istruzione, religione, infermità).
Si deve comunque ricordare che tra le donne era ancora elevato il numero di coloro che sapevano solo leggere. Esse rappresentavano circa il 35% di tutte le donne alfabete in città (contro il 10% dei maschi) e più del 40% delle donne alfabete in campagna (contro poco dell’8% dei maschi). Anche tra le ragazze cittadine di età compresa tra i 16 e i 20 la percentuale di coloro che sapevano solo leggere era del 32%, rispetto a meno del 4% dei coetanei maschi.
L’effetto del nuovo apparato scolastico era più distintamente visibile nella distribuzione dell’alfabetizzazione in campagna, tra borgate e case sparse (tabella 3.8). Si ricorderà come nel 1841 la mancanza quasi totale di scuole nel contado determinasse l’assenza di incisività delle caratteristiche abitative sui livelli alfabetici della popolazione. Trenta anni dopo le cose erano cambiate e soprattutto per i ragazzi di età compresa tra i 6 e i 15 anni abitare in un borgo piuttosto che in una casa isolata significava avere numerose probabilità in più di imparare a leggere e a scrivere.
Tabella 3.8. Confronto tra i tassi di alfabetizzazione tra la popolazione sparsa e quella agglomerata, in campagna, per fasce d’età (%). Censimento del 1871.
Fasce
d'età Case sparse Borgate
0-5 0,46 0,45 6-10 6,04 11,81 11-15 20,58 29,55 16-20 29,21 34,44 21-30 26,24 28,93 31-40 19,92 26,19 41-50 21,37 19,91 51-60 19,39 25,50 +60 16,04 18,51
Fonte: ACP, Censimento del 1871, busta n° 7, Classificazione delle persone secondo i modelli
K.I.L.M. (età, sesso, professione, origine, stato civile, istruzione, religione, infermità). 10. Conclusioni.
Nonostante le enunciazioni programmatiche fatte all’immediata vigilia dell’unificazione nazionale dagli esponenti di spicco dei maggiori schieramenti politici di Prato sulla necessità di estirpare l’ignoranza e diffondere l’istruzione, dopo i primi provvedimenti di riordino del sistema scolastico la politica delle diverse amministrazioni nel successivo ventennio, a prescindere dallo schieramento prevalente, fu improntata ad una concezione sostanzialmente residuale dell’istruzione rispetto agli altri settori di intervento dell’attività comunale. Tale politica, che si accordava ideologicamente con l’ostilità di gran parte della classe dirigente toscana ed in particolare fiorentina rispetto all’interventismo pubblico in diversi settori della società, compreso quello scolastico, trovava la sua effettiva ragion d’essere in una sostanziale mancanza di interesse per le sorti dell’istruzione popolare e si esprimeva in una politica
finanziaria tutta tesa a rimandare il più possibile le spese per la scuola primaria. Di conseguenza il comune di Prato si trovò spesso ad offrire una quantità di servizi che, soprattutto nei primi anni successivi all’unificazione, si rivelarono quantitativamente insufficienti rispetto ai bisogni della popolazione che si esprimevano, anche se in modo sovente confuso e disordinato, nell’affollamento di molte aule scolastiche cittadine e rurali; e si trovò anche in ritardo rispetto alle numerose sollecitazioni ad allargare l’offerta scolastica che venivano dalle autorità centrali (provveditorato, consiglio provinciale scolastico), sulla base, per la verità, di una situazione giuridica e amministrativa ambigua, dovuta, come si è visto, al fatto che la Casati non era stata recepita in Toscana114. Tali sollecitazioni, poi, soltanto in casi estremi, come in quello relativo agli stipendi degli insegnanti o all’istituzione delle scuole femminili, assunsero il tono perentorio della minaccia; la maggior parte dei richiami rimanevano a lungo lettera morta, in parte a causa della scarsa chiarezza giuridica su cui essi si fondavano, come si è appena detto, in parte perché le pressioni dal centro venivano tendenzialmente esercitate con molta cautela: infatti da un lato il risanamento del bilancio dello stato negli del governo della Destra fu realizzato spesso a danno delle finanze locali (sia a causa dell’avocazione da parte dell’erario di cespiti e tributi prima spettanti a comuni e province, sia per via delle nuove spese imposte a questi ultimi) e dall’altro, all’aumento degli obblighi in termini di spesa non sempre corrispondeva un aumento delle capacità di entrata degli enti locali115.
Cosicché alla metà degli anni ’70, dopo più di quindici anni dall’avvio della riforma educativa, il comune di Prato si trovava ad avere un livello dell’offerta scolastica estremamente basso non solo rispetto alle sue potenzialità finanziarie, come metteva in luce il confronto tra le percentuali di spesa destinate all’istruzione da Prato e dagli altri comuni della penisola, ma anche in assoluto, come dimostrava la pessima posizione di Prato nella classifica nazionale per rapporto tra numero di insegnanti e abitanti.
Le scuole comunali presero a funzionare tra mille ostacoli, a partire da quelli di trovare personale insegnante sufficientemente qualificato e locali adatti allo scopo. A
114 Cfr, Ragazzini D., in Angelini 1998, pp. 10-11. Ancora nel 1873 il prefetto, Montezemolo, presidente
del Consiglio Provinciale scolastico, insisteva con tutti i sindaci della provincia fiorentina che il regolamento scolastico 15 settembre 1860, n° 4336, il quale rimandava alla Casati, aveva valore di legge anche in Toscana (ACP, Carteggio degli affari comunali, Carteggio ufficiale: Ministeri e Uffici dello Stato, filza n° 338, fascicolo 4, lettera del prefetto al sindaco di Prato del 16 giugno 1873)
ciò si aggiungeva la difficoltà estrema di calare la nuova realtà scolastica, che almeno in teoria avrebbe dovuto essere ordinata secondo una serie di regole che andavano dall’igiene agli orari delle lezioni, nella vita quotidiana della popolazione, che benché non ostile alla possibilità di dare ai propri figli un’istruzione formale, faticosamente si adattava ai ritmi e alle norme della nuova scuola istituzionalizzata e alla concezione dell’istruzione come luogo e tempo precipuo della formazione dei bambini. In altri termini, alla concezione sostanzialmente residuale dell’istruzione pubblica rispetto agli altri settori della politica locale, che stava alla base dell’attività delle giunte comunali, si affiancava una concezione altrettanto residuale del tempo che i ragazzi avrebbero dovuto dedicare alla scuola e allo studio rispetto a quello destinato al lavoro, da parte della popolazione. In questo, poi, le famiglie erano decisamente facilitate dalla pressoché completa assenza di coercizione al rispetto delle norme vigenti, a partire da quelle che regolavano le assenze in classe.
Tutto ciò andava senza dubbio a detrimento della didattica e delle possibilità di apprendimento da parte dei ragazzi, come si evidenziava dai risultati degli esami alla fine dell’anno scolastico. Tuttavia nel 1871, a trenta dalla rilevazione censuaria granducale, le cose erano cambiate nel grado di alfabetizzazione della popolazione. Si trattava di mutamenti per molti aspetti più significativi dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Il livello di alfabetismo era cresciuto complessivamente solo di 14 punti percentuali, lasciando ancora la stragrande maggioranza della popolazione, specie quella del contado, nell’ignoranza della parola scritta. Sarebbe estremamente importante conoscere l’andamento dell’alfabetizzazione negli ultimi venti anni del periodo granducale e sapere se l’incremento era cominciato già in quell’epoca oppure se si era realizzato soprattutto nei dieci anni successivi all’Unità, per stabilire quanto vi aveva influito la riforma scolastica pratese. Le fonti, purtroppo, non ci aiutano su questo punto. Ciò nonostante, i dati del censimento del 1871 hanno consentito di evidenziare alcuni importanti cambiamenti rispetto a trenta anni prima e in particolare quello relativo all’abbassamento dell’età di accesso all’alfabeto e quello che riguardava l’alfabetizzazione femminile, cresciuta in modo significativo soprattutto in città. Il sistema scolastico comunale aveva influito solo parzialmente su queste trasformazioni, poiché se è vero che il notevole incremento (più che raddoppio) dei livelli alfabetici dei maschi di età compresa tra i 6 e i 15 anni poteva essere facilmente attribuito alla
presenza dei nuovi istituti comunali, ciò non valeva per le bambine, che ne erano rimaste prive per tutti gli anni ’60 tanto in campagna quanto in città, ed in particolare per le ragazze dai 16 ai 20 anni di età, che tra tutti i gruppi anagrafici avevano registrato l’aumento assoluto più elevato (di 26,37 punti pari ad un incremento percentuale del 149,44%). Ciò significa che se anche la scuola pubblica aveva contribuito significativamente ad allargare la quota di popolazione alfabeta, il percorso seguito dall’alfabetizzazione nella sua crescita non era stato interamente dettato dall’input istituzionale e che il nuovo sistema scolastico andava ad incontrare un bisogno che emergeva autonomamente dalla società, anche se in forme diverse da quelle che erano previste da leggi e regolamenti. Lo si vedrà in modo ancor più netto nel prossimo capitolo.