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Grafico 3.2. Spesa per l’istruzione elementare in percentuale sulla spesa totale effettiva, 1873.

6. La vita scolastica nei primi due decenni postunitari: un primo bilancio.

Da un primo bilancio sulla crescita del sistema scolastico pratese pubblico a quasi venti anni dalla sua attivazione emergono dei risultati per molti aspetti deludenti, soprattutto se confrontati con le speranze e i progetti di lotta all’ignoranza e di diffusione dell’istruzione e dell’alfabetizzazione emersi durante il periodo della rivoluzione nazionale. La tabella 3.1 mostra la consistenza e la distribuzione territoriale degli iscritti alle scuole comunali nell’anno scolastico 1877-1878: si tratta di numeri veramente esigui rispetto alla dimensione della popolazione scolastica. Tenendo infatti conto della presenza rilevata dal censimento del 1871 di circa 1600 bambini e di circa 1500 bambine di età compresa tra i 6 e i 10 anni (che oltretutto dovevano essere aumentati nel 1877), la scolarizzazione rimaneva limitata a meno di un terzo dei maschi e meno di un decimo delle femmine. Questo dato va per la verità letto alla luce di tre

58 Ivi.

59 ACP, Protocolli del Consiglio Comunale, registro n° 14, 24 ottobre 1878 - 15 novembre 1879, seduta

elementi correttivi, che verranno esaminati più avanti, ma che è opportuno anticipare fin da ora. In primo luogo il fenomeno diffusissimo della frequenza saltuaria limitava fortemente la partecipazione scolastica anche di coloro che risultavano iscritti; in secondo luogo la scolarità non coinvolgeva solamente, né prevalentemente, la fascia di età a cui i regolamenti comunali e nazionali destinavano la scuola, ovvero indicativamente quella dai 6 ai 10 anni60, giacché il numero di coloro che avevano tra i dieci anni e i quindici anni e che sedevano sui banchi delle scuole elementari era molto consistente; infine oltre a coloro che erano iscritti o frequentavano le scuole comunali c’erano quelli che frequentavano le scuole private. Una stima adeguata di queste ultime non è disponibile, poiché le rilevazioni statistiche sulle scuole private non erano sistematiche e lo divennero sempre meno col progredire dell’apparato scolastico comunale. Tuttavia la presenza di iniziative private di vario genere non era irrilevante, come si vedrà più avanti.

Tabella 3.1. Iscritti alle scuole comunali nell’anno scolastico 1877-1878. Maschi Femmine Città 183 41 Cafaggio 52 Figline 40 16 Galciana 45 20 Iolo 49 18 Mezzana 20 Pizzidimon te 21 S. Giorgio 35 S. Giusto 30 Tavola 41 34 Vaiano 35 15 TOTALE 551 144

Fonte: ACP, Carteggio degli affari comunali, Statistica, filza n° 321, fascicolo 6, Censimento

scolastico relativo all’anno 1877-1878.

60 Sull’età dei bambini a cui era destinata la scuola elementare si deve precisare che la legge Casati

individuava in un arco compreso tra i 6 e i 12 anni l’età in cui si doveva compiere l’intero corso elementare composto da quattro anni e suddiviso in un corso inferiore e uno superiore, ciascuno di due anni; il regolamento comunale, invece, stabiliva che l’età minima per essere ammessi a scuola fosse di 6 anni, ma non indicava un’età massima; la legge Coppino, infine, individuava nella fascia di età da 6 a 10 anni quella interessata dall’obbligo scolastico.

Queste necessarie precisazioni non tolgono comunque nulla di sostanziale all’evidente incapacità del sistema scolastico comunale di catturare una quota non esigua di ragazzi e ragazze in età scolare, incapacità dovuta, oltreché alle resistenze di una parte della popolazione di cui si parlerà più oltre, all’assenza di coercitività e alla grave carenza di strutture e di personale. Rispetto all’affluenza rilevata nei primissimi anni successivi alla riforma le cose sembravano anzi peggiorate a livello di iscrizioni per singole scuole, quasi che l’apparato scolastico comunale non avesse retto all’impatto di una domanda di istruzione potenzialmente più ampia, almeno per ciò che concerneva la popolazione maschile.

La debolezza e la grave insufficienza del sistema scolastico pratese, insieme a quello di molti altri comuni della provincia di Firenze, furono sottolineati con toni amari dal relatore dell’inchiesta sull’applicazione della legge sull’obbligo scolastico, Girolamo Buonazia61. L’inchiesta intendeva esaminare non tanto lo stato di diffusione dell’istruzione e dell’alfabetizzazione nei comuni della penisola, quanto il livello dell’offerta pubblica, ed in particolare il numero di insegnanti e di scuole rispetto alla dimensione della popolazione, dato che proprio a tale rapporto era legata la proclamazione dell’obbligo scolastico62. Da questo punto di vista la Toscana, in cui solo il 58,12% dei comuni era in grado di proclamare l’obbligo, non era messa molto meglio della Calabria, una delle regioni più povere d’Italia, in cui tale percentuale era di poco inferiore, ovvero del 56,06%. Ma il fatto più sorprendente e deludente per Buonazia era la situazione nella provincia di Firenze, in cui i comuni che non avevano ancora un numero sufficiente di insegnanti per introdurre l’obbligo rappresentavano più dell’80% del totale, una percentuale superiore a quella della Basilicata (76,61%) che risultava ultima nella classifica nazionale. La sorpresa dipendeva chiaramente dal fatto che la provincia di Firenze era una delle più ricche della penisola e la quantità delle risorse potenzialmente indirizzabili all’istruzione pubblica non era in alcun modo paragonabile a quelle delle poverissime provincie meridionali, tanto che Buonazia non esitava ad

61 Girolamo Buonazia, SULL’OBBLIGO DELLA ISTRUZIONE ELEMENTARE NEL REGNO

D’ITALIA. ATTUAZIONE DELLA LEGGE 15 LUGLIO 1877, Roma, Tipografia Eredi Botta, 1878.

62 Come si ricorderà, l’articolo 9 della legge Coppino prevedeva che nei comuni al di sotto dei 5.000

abitanti l’obbligo fosse proclamato quando c’era almeno un insegnante di grado inferiore per ogni 1.000 abitanti; in quelli di popolazione da 5.000 a 20.000 abitanti, quando c’era un insegnante per ogni 1.200 abitanti; in quelli con oltre 20.000 abitanti, quando c’era un insegnante per ogni 1.500 abitanti.

attribuire questo stato di cose al profondo disinteresse delle amministrazioni comunali per l’istruzione popolare.

“Peggiori sono le condizioni della provincia di Firenze. I comuni, ove l’obbligo può attuarsi, sono finora 14, cioè: Firenze, Bagno a Ripoli, Empoli, San Miniato, Castel Fiorentino, San Casciano in Val di Pesa, ed altri 8 minori comuni, i quali hanno posto buon ordine alle pubbliche scuole, provveduto lodevolmente ai locali, alla suppellettile scolastica. 64 comuni non possono attuare l’obbligo per difetto di insegnanti, di locali, di cura solerte per parte delle rispettive amministrazioni; cosicché sopra una popolazione di 766,824 abitanti mancano di scuola 267.810; e si conta un solo insegnante su 1.220 persone. I sindaci di molti comuni cospicui, dove sono facili le comunicazioni, prospera l’agricoltura, fiorente l’industria, non si curano delle scuole. Non che manchi nella popolazione la volontà di istruirsi, il facile ingegno, il gentile costume; ma chi vuole imparare, bisogna si paghi il maestro, o si trovi l’istruzione nelle scuole private o nella famiglia”63.

Non è forse senza fondamento percepire in queste parole un richiamo diretto a Prato, che il senese Buonazia conosceva personalmente per avere insegnato al liceo Cicognini tra la fine degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’4064 e che tra i comuni della provincia fiorentina, fatta eccezione per il capoluogo, era senza dubbio il più “cospicuo” e il più “fiorente”. Ed era anche uno dei più inadempienti agli obblighi previsti dalla legge, stando alle cifre presentate dallo stesso Buonazia: Prato era infatti all’ultimo posto tra i comuni della provincia per numero di insegnanti che ancora mancavano per poter proclamare l’obbligo, ovvero 9, e al 45° (su 78) per numero di individui che non potevano usufruire di una scuola, cioè più del 49% della popolazione. D’altronde, il rapporto tra popolazione e numero di insegnanti (tab. 3.2) indicava chiaramente che a Prato la responsabilità dei ritardi nella scolarizzazione andavano ricercati in primo luogo nella politica dell’amministrazione locale. Con un insegnante ogni 1800 abitanti e più, Prato dimostrava di avere un livello dell’offerta pubblica tra i più bassi non solo della provincia di Firenze e della Toscana, ma anche dell’intera penisola.

63 Buonazia G., “SULL’OBBLIGO DELLA ISTRUZIONE ELEMENTARE NEL REGNO

D’ITALIA…” cit. § 10, La Toscana.

Tabella 3.2. Insegnanti per numero di abitanti, anno scolastico 1876-77. Regioni Rapporto tra abitanti e numero di insegnanti Piemonte 406,44 Lombardia 527,81 Liguria 549,36 Umbria 604,62 Veneto 645,53 Marche 692,97 Emilia 738,07 Lazio 804,52 Sardegna 843,26 Abruzzi e Molise 884,75 Sicilia 889,84 Campania 965,51 Toscana 982,81 Calabria 1.057,23 Puglie 1.125,90 Basilicata 1.286,00 Prato 1.885,43

Fonte: Girolamo Buonazia, SULL’OBBLIGO DELLA ISTRUZIONE ELEMENTARE NEL

REGNO D’ITALIA. ATTUAZIONE DELLA LEGGE 15 LUGLIO 1877, Roma, Tipografia Eredi Botta, 1878. Mia elaborazione.

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