• Non ci sono risultati.

La crescita della popolazione a Prato e in Toscana Numeri indice: 1810 = 100.

0 50 100 150 200 250 300 350 1820- 29 1830-39 1840-49 1850-59 1860-69 1870-79 1880-89 1890-99 1900-09 1910-19 1920-39 1930-39 1940-49 N um er i in di ce Prato Toscana

Fonte: Corsini A.C. 1988, p. 320.

La conversione al riutilizzo degli stracci e dei cascami, mediante macchine sfilacciatrici e stracciatrici da cui ottenere la cosiddetta lana meccanica, fu introdotta a Prato intorno al 1850 e venne caratterizzata fin dall’inizio dal grande sviluppo della cernita e della classificazione degli stracci, un’attività che in pochi anni avrebbe conosciuto una crescita impressionante1, accanto a quelle che scandivano la vera e propria produzione tessile: la filatura, l’incannatura, la tessitura, la follatura, la tintura, la rifinitura, tutte operazioni che spesso venivano svolte per conto terzi, su commissione di imprenditori-mercanti, definiti “impannatori”, che spesso possedevano in proprio solo qualche magazzino e un piccolo ufficio. Tra gli anni ’70 e ’80 emersero alcune significative, benché numericamente limitate, eccezioni, ovvero imprese a ciclo completo o che comunque concentravano al loro interno diverse fasi della produzione. Tra queste, per esempio, l’impresa dei Forti, originari di Montepulciano, che partiti come semplici impannatori secondo l’uso pratese, erano diventati tra gli anni ’80 e gli anni ’90 produttori diretti attraverso la costruzione o l’acquisto di alcuni stabilimenti nella zona nord-occidentale del comune, destinati alla filatura e alla tessitura in cui

all’inizio del 1900 lavoravano più di 600 operai2; il lanificio a ciclo completo di Ludovico Targetti, fondato nel 1869 in cui già alla fine del 1800 lavoravano circa 650 operai; e soprattutto la fabbrica Kössler Mayer e C. fondata nel 1888, comunemente detta il Fabbricone, in cui si trovarono concentrati fin dall’avvio circa 900 operai . Quest’ultima si distingueva dalle più tipiche imprese pratesi non solo per la dimensione, ma anche per il tipo di produzione, orientata verso i tessuti di lana pettinata invece che di lana rigenerata o meccanica.

La tabella 4.1 mostra come nel corso di 60 anni fosse andata progressivamente riducendosi la quota di popolazione attiva in agricoltura e fosse aumentata quella della popolazione attiva nel settore tessile3.

Tabella 4.1. Distribuzione della popolazione per settore di attività, ai censimenti 1841, 1871 e 1901 (valori percentuali sul totale della popolazione per ciascun sesso).

1841* 1871** 1901* M F M F M F Agricoltura 43,0 18,6 44,6 3,8 33,6 3,3 Tessile 4,9 13,7 11,2 6,5 20,4 9,2 Paglia 1,7 24,8 3,4 30,9 1,2 25,7 Resto 30,8 9,9 33,7 4,8 33,7 3,6 Senza prof. 19,6 33,0 7,1 54,0 11,1 58,2 Totale 100 100 100 100 100 100

Fonte: Corsini C.A., 1988, p. 404.

* Popolazione di oltre 10 anni ** Popolazione di oltre 14 anni.

Lo sviluppo dell’industria non era stato comunque affatto lineare e proprio tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, prima dell’introduzione della tariffa doganale, l’economia pratese aveva conosciuto un periodo di notevoli difficoltà che, se per alcuni, come i già citati Forti, aveva costituito l’occasione per compiere un salto di qualità in direzione di un potenziamento delle strutture aziendali, aveva significato per molti altri piccoli imprenditori il fallimento e l’uscita dal mercato4. D’altronde, il sistema

2 Cfr. Pescarolo A., 1988, p. 68.

3 Il ritmo della riduzione della quota di popolazione attiva in agricoltura risultava a Prato di gran lunga

superiore rispetto a quella dell’intero circondario fiorentino. Nel 1921 vi era stata a Prato una riduzione del 60% tra i maschi e dell’80% tra le femmine rispetto al 1841, mentre nel resto del circondario tali percentuali erano rispettivamente del 30,5% per i maschi e del 35,1% per le femmine. Prato si andava dunque distaccando dall’ambiente del circondario per un’accentuazione del tasso di attività nel settore manifatturiero (Corsini AC, 1988, p. 405).

economico pratese, proprio per il fatto di essere basato su una moltitudine di piccole e piccolissime attività, era costantemente caratterizzato da un’elevata caducità delle imprese e da un sostenuto turn-over. A questa precarietà imprenditoriale corrispondeva quella della mano d’opera. La persistenza di una elevata quota di lavoratori a domicilio, anche quando sul finire dell’800 si era più sviluppato il sistema di fabbrica, era tra l’altro5 l’effetto della propensione degli imprenditori pratesi ad affidarsi ad una mano d’opera flessibile, che facilitasse le capacità di adattamento alla congiuntura economica di un sistema industriale che era sì in progressiva crescita, ma anche sempre fortemente instabile6.

A questa stessa logica rispondeva la larghissima utilizzazione delle donne e dei bambini. Le prime più che nella tessitura o nella filatura, dove le presenza femminile era inferiore a quella registrata in altri importanti centri tessili italiani ed europei7, erano utilizzate soprattutto nella lavorazione della paglia. La manifattura della treccia per cappelli continuò ad essere anche sul finire del 1800 la forma di “manifattura disseminata” più diffusa nei borghi e nelle campagne pratesi8, soprattutto tra le famiglie dei pigionali ma anche tra quelle coloniche. Essa coinvolgeva un numero di donne elevatissimo, che le statistiche ufficiali generalmente sottovalutavano, dato il carattere informale di questo tipo di occupazione9. Anche le adolescenti e le bambine venivano precocemente introdotte al mestiere, “sia nella famiglia che in sovraffollati stanzoni dove le ‘maestre’ lo insegnavano alle bambine piccolissime”10. Si trattava infatti di un’attività che non solo aveva un peso non indifferente nell’economia familiare, ma che nel tempo aveva acquisito anche significativi aspetti di socializzazione e relazione all’interno della comunità di riferimento: per molte donne e ragazze lavori leggeri come

5 Pescarolo ritiene che l’elevata diffusione del lavoro a domicilio fosse anche l’effetto dell’introduzione

dei telai meccanici nelle fabbriche, la quale avrebbe determinato una dequalificazione e riduzione della forza lavoro, e una conseguente offerta di mano d’opera domiciliare che non poteva che essere ben vista dagli imprenditori pratesi, dati i suoi riflessi in termini di riduzioni salariali. (Pescarolo A., 1988)

6 Cfr. Maïtte C., 2001. 7 Pescarolo A., 1988, p. 83.

8 Sul significato della definizione di “manifattura disseminata” si veda Pescarolo A., 1988, p. 89.

L’autrice sottolinea come tale termine sia più adatto rispetto a quello di protoindustria “in un territorio in cui la partecipazione libera al lavoro industriale, nelle campagne, è l’esito finale, piuttosto che quello transitorio o iniziale di un processo di industrializzazione”. Sulla inapplicabilità del concetto mendelsiano (Mendels F. 1972) di protoindustria al caso pratese si veda anche Maïtte C., 2001, pp. 436 e sgg.

9 Anche in numeri ufficiali, comunque, davano un’idea della dimensione del coinvolgimento. Secondo

una rilevazione statistica del 1896 le donne adulte che si dedicavano alla treccia erano più di 5000 e le bambine quasi 1000 (Pescarolo A., 1988, pp. 89-90).

quello dell’intreccio della paglia erano l’occasione, oltreché di guadagnare poco denaro in più, di occupare i tempi vuoti della giornata in uno spazio comune che consentiva anche “la chiacchiera e qualche rilassamento”11.

Il lavoro a domicilio non era l’unica forma di utilizzazione dei minori, benché fosse quella prevalente. I bambini, talvolta anche molto piccoli (dai 6 anni in su), lavoravano anche in fabbrica soprattutto nel settore della filatura12, per orari che andavano dalle 9 alle 11 ore e per salari giornalieri compresi tra i 50 e gli 80 centesimi13. Secondo Alessandra Pescarolo tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 il lavoro nero dei ragazzi nelle imprese più grandi, ma soprattutto in quelle più piccole, costituì uno dei cardini dell’economia pratese14.

Mentre l’industria si sviluppava, pur tra ricorrenti periodi di difficoltà, l’agricoltura pratese non dava segni di crisi, basata come era su un sistema mezzadrile che continuò a dimostrare tutta la sua vitalità per l’intero secolo XIX e per i primi anni del XX. Se infatti il peso relativo dell’agricoltura diminuiva (cfr. tab.1), soprattutto nelle aree della comunità più vivaci dal punto di vista manifatturiero e industriale come quelle nordoccidentali (Vaiano, La Briglia, Figline), in termini assoluti il numero dei contadini continuò ad aumentare per tutta la seconda metà dell’Ottocento e in modo più consistente negli ultimi due decenni del secolo, quando si intensificò un generale processo di attivazione dell’intera economia agraria della zona (messa a coltura di nuove terre, suddivisione dei vecchi poderi e apertura di nuove unità, intensificazione delle coltivazioni etc…)15. La forza della mezzadria pratese, come di quella toscana in generale, consisteva nell’essere basata su coltivazioni di tipo promiscuo, in particolare di piante erbacee (cereali) e arbustive (alberi da frutto), e sul largo predominio dell’autoconsumo poderale e contadino, ma anche padronale, caratteristiche che riducevano al minimo i legami con il mercato nazionale e internazionali, le cui crisi facevano quindi risentire i loro effetti sul contesto pratese in modo molto attenuato. La crescita dell’agricoltura andò in effetti di pari passo con il rafforzamento della conduzione mezzadrile e dell’appoderamento tradizionale, mentre invece si riduceva

11 Ivi. Sulle caratteristiche della manifattura della paglia si veda anche Pescarolo A. e Ravenni G.B., 1991. 12 Pescarolo A., 1988, p. 77.

13 Lungolnelli M., 1988, p. 29. 14 Pescarolo A., 1988, p. 88. 15 Pazzagli C., 1988, p. 192.

fortemente il peso economico e numerico, sia relativo che assoluto, della categoria dei lavoratori agricoli a giornata, sui quali l’attrazione esercitata dalle occupazioni manifatturiere ed industriali era decisamente più forte (vedi tab. 4.2).

Tabella 4.2. Popolazione agraria. Raffronto tra il 1841 e il 1901.

Coloni Altri coltivatori Braccianti Totale

Numero di Famiglie Numero di individui Numero di Famiglie Numero di individui Numero di Famiglie Numero di individui Numero di Famiglie Numero di individui 1841 979 7.507 352 2.226 935 4.283 2.266 14.016 1901 1.373 10.956 515 3.207 650 3.043 2.538 17.206 Fonte: Pazzagli C., 1988, pp. 194 – 195.

L’economia pratese nel suo complesso, quindi, pur avendo conosciuto alcune significative trasformazioni, soprattutto nel settore manifatturiero dove il tessile, e in particolare la lavorazione della lana, era diventato la punta di diamante dello sviluppo, aveva mantenuto intatte anche sul finire del 1800 quelle caratteristiche che l’avevano contraddistinta nel panorama toscano fin dal periodo preunitario, ovvero la compresenza e la compenetrazione tra agricoltura e industria, in un intreccio che risultava evidente sia a livello territoriale, con la penetrazione sempre più larga di attività industriali in un contado in cui anche quelle agricole rimanevano floride, sia a livello familiare, essendo sempre più diffusa la presenza di persone che si dedicavano ad occupazioni manifatturiere anche in nuclei domestici prevalentemente orientati al lavoro della terra.

2. La pubblica istruzione negli anni dell’egemonia moderata.

Tale periodo di sviluppo e di crescita della comunità fu ininterrottamente governato da giunte di coloritura politica moderata,16 che soprattutto nell’ultimo decennio dell’800 si distinsero per una gestione amministrativa basata su alcuni limitati principi: il pareggio, se non l’avanzo, del bilancio da ottenere piuttosto con una riduzione delle spese che attraverso un aumento delle entrate, ed in ogni caso calcando più sui tributi indiretti (come il dazio di consumo) che non su quelli diretti; la difesa di alcuni valori (come la monarchia o la religione cattolica) e interessi particolari (come quelli dei

16 Da prima, fino alla fine degli anni ’80, nella variante progressista, e poi, per tutti l’ultimo decennio del

secolo, in quella conservatrice. Tale distinzione rimaneva interna al partito liberale, erede della destra storica, e non deve essere confusa con quella, ancora esistente, tra moderati e democratici, eredi, questi ultimi, degli ideali mazziniani. Cfr. Caponi C., 1988, pp. 1333 e sgg., e Caponi C., 1970.

proprietari fondiari o della curia e del clero). Nello stesso periodo, sulla sinistra dello schieramento politico, mentre andava declinando la forza del movimento democratico, che era ancorato ad ideali sociali mazziniani e risorgimentali ormai datati, nascevano e si sviluppavano il movimento anarchico e quello socialista, rappresentanti del nascente movimento operaio17. L’azione di questi ultimi si faceva sentire più che all’interno del consiglio comunale, dove fino alla fine del 1800 rimasero poco rappresentati, nello sviluppo di un associazionismo e mutualismo operaio che, a differenza dei decenni precedenti in cui era prevalsa l’impronta moderata interclassista, cominciò dagli anni ‘80 a manifestare più decisamente la sua matrice democratica, radicale, repubblicana e socialista. Gli anni ‘80 e ’90 furono per altro due decenni in cui le lotte e le rivendicazioni operaie si fecero sentire con particolare intensità, a partire dal primo grande sciopero dei tessitori pratesi del 1885, fino alle frequenti agitazioni degli anni ’90 (quella degli operai del Fabbricone nel 1891, della Forti nel 1895, gli scioperi delle trecciaiole e dei cenciaioli del 1896, solo per fare alcuni esempi).

Mentre la questione sociale costituì uno dei fuochi principali della lotta politica a fine ‘800, l’istruzione popolare rimase, soprattutto negli anni ’80, ai margini sia del dibattito politico sia della gestione amministrativa dei moderati: questi ultimi continuarono, come le giunte dei due decenni precedenti, ad amministrarla secondo l’unico principio del maggior contenimento possibile delle spese.

Il grafico 4.2 evidenzia come la spesa per l’istruzione elementare rimanesse sostanzialmente costante nel corso degli anni ’8018, a fronte di un vistoso aumento della spesa totale per l’istruzione, dovuto all’incremento del contributo dato dal comune al Liceo Cicognini e all’istituzione nel 1885 della scuola professionale di tessitura e tintoria, finanziata congiuntamente dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, dalla Camera di Commercio, dalla provincia e dal comune19.

17 Cfr. Ciuffeletti Z., 1988, pp. 1311 e sgg. e Caponi C., 1988, pp. 1340 e sgg.

18 Il picco del valore percentuale della spesa per l’istruzione sulla spesa totale nel 1881 fu dovuto ad una

consistente riduzione delle uscite in quello stesso anno. Nella relazione finale della giunta sul bilancio del 1881 si indicava nelle difficoltà economica generale il motivo di un evidente contenimento delle spese: si era in tempo di crisi e anche se non era stato possibile allargare le “comodità” degli amministrati, “giova(va) star contenti di esser stati buoni massai in tempo di distretta” e di aver migliorato intanto i conti del comune, in attesa di un nuovo periodo di floridezza. ACP, Bilanci consuntivi, registro n° 32, 1881, Relazione finale della giunta, adunanza del 5 giugno 1882.

19 ACP, Protocolli del consiglio comunale, registro n° 19, 24 giugno 1884 - 3 dicembre 1885, seduta del 9

Grafico 4.2. Spesa per l’istruzione in lire correnti e in percentuale sulla spesa

Documenti correlati