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Caso Agostini

Nel documento Il rapporto di lavoro sportivo (pagine 83-86)

2.3 Lo sport europeo dopo la sentenza Bosman

2.3.5 Caso Agostini

La vicenda Agostini,83 sebbene definita dalla Corte di giustizia con ordinanza

di irricevibilità del rinvio pregiudiziale, appare utile per dimostrare proprio i tentativi di “manipolare” il significato della sentenza Bosman, per far rientrare nei principi di libera circolazione dei lavoratori e di prestazione dei servizi anche norme di carattere esclusivamente sportivo, ben poco rilevanti per il diritto comunitario, secondo i parametri individuati dalle sentenze Walrave e Donà.

Agostini era un judoka europeo che, pur non avendo la cittadinanza belga, aspirava a partecipare al campionato nazionale belga, in quanto residente e iscritto alla federazione di quel paese. La federazione sportiva belga di judo tuttavia vietava agli atleti che non avessero cittadinanza nazionale di partecipare alle competizioni sportive da esse organizzate.

Sentendosi penalizzato da questa regola e allo scopo di potersi iscrivere a tale campionato nazionale, il judoka ha chiamato in causa il Tribunale di Namur (Belgio), che a sua volta ha interrogato la Corte di giustizia delle Comunità europee tramite rinvio pregiudiziale.

La prima domanda pregiudiziale giunta alla Corte riguardava in termini generali le discriminazioni tra atleti nazionali e non nazionali poste in essere dalla regolamentazione sportiva in oggetto. La questione posta dal tribunale belga verteva infatti sulla compatibilità con il diritto europeo «del divieto di un 83 Ordinanza 8 luglio 1998, Agostini c. Ligue francophone de judo et disciplines associées and Ligue

cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea di partecipare a una competizione sportiva di un altro Stato membro in qualità di sportivo sia professionista o semiprofessionista, sia dilettante, per il motivo che l'interessato non è cittadino dello Stato membro sul cui territorio è organizzata la competizione, tenendo conto del fatto che l'interessato è figlio di lavoratori stabiliti in tale Stato membro e che egli stesso ha acquisito lo status di lavoratore sul territorio del medesimo Stato membro».

La seconda e terza domanda pregiudiziale andavano più nello specifico chiedendo innanzi tutto, «se la soluzione di tale questione debba essere diversa quando trattasi della partecipazione a una competizione destinata a designare il campione nazionale dello Stato membro interessato» e poi «se l'interessato possa rivendicare il diritto di essere trattato al pari dei cittadini nazionali quanto alle selezioni […] ai fini della partecipazione a grandi tornei internazionali, o se le federazioni nazionali possano riservare selezioni siffatte esclusivamente ai loro cittadini».

La Corte ha risposto con un'ordinanza di irricevibilità, in ragione della mancata descrizione nell'ordinanza di rinvio del contesto fattuale e dei motivi precisi del rinvio stesso, dal quale, in particolare, non emergeva la condizione di professionista, semi professionista o dilettante dell'atleta, né la natura delle competizioni. Tuttavia, sebbene non abbia prodotto una sentenza, il caso Agostini, merita comunque di essere osservato, sia in termini di libera prestazione di servizi, sia riguardo al delicato problema della distinzione tra atleti professionisti e dilettanti.

La prima domanda pregiudiziale offre lo spunto per analizzare proprio quest'ultima distinzione. Infatti, giova osservare che il problema dell'applicazione del regolamento in oggetto si pone principalmente in relazione alla situazione degli atleti dilettanti. Come chiarito fin dalla sentenza Walrave, infatti, posto che l'attività sportiva diventa oggetto del diritto comunitario qualora si configuri come attività economica, il caso dell'atleta professionista o semiprofessionista,

pagato per svolgere la sua attività, non presenta particolari problemi di interpretazione, rientrando certamente nel campo di azione dell'Unione.

Posto tuttavia che le distinzioni tra atleti professionisti e dilettanti sono puramente formali, dalla giurisprudenza costante dalla Corte emerge che il criterio distintivo per discernere l'attività sportiva da quella economica è proprio la retribuzione degli atleti.84

A conferma di tali conclusioni, si osservi che tra le motivazioni di irricevibilità è stato anche evidenziato che il giudice del rinvio non aveva indicato se il ricorrente fosse professionista, semi professionista o dilettante. Se l'attività di Agostini fosse rientrata tra quelle economicamente rilevanti, ogni limitazione alla sua libera prestazione di servizi all'interno dell'Unione europea sarebbe stata sicuramente discriminatoria per l'atleta e quindi, contraria al diritto UE.

La seconda e la terza domanda pregiudiziale riguardavano più nello specifico la nozione di “campione nazionale” e di “tornei internazionali” e, per tale motivo, trascendevano la semplice distinzione professionista/dilettante. Sebbene la Corte, come ricordato, non si sia espressa sulle questioni, queste ci offrono comunque interessanti spunti di discussione.

Posto che, per logica, non può essere campione nazionale di uno Stato un atleta di altra nazionalità, è assai probabile che la Corte avrebbe considerato di natura prettamente sportiva una regolamentazione come quella belga, che stabilisce che il titolo nazionale di un certo Stato può essere vinto solo da un'atleta avente cittadinanza di quello Stato.

Pensare a un'interpretazione diversa della Corte, significherebbe, la fine delle rappresentative nazionali di qualsiasi sport, obiettivo non presente nell'agenda delle Istituzioni europee. Infatti fin dalla sentenza Donà del 1976, la Corte ha identificato proprio nelle rappresentative nazionali uno dei limiti alla libertà di circolazione dei lavoratori (talune norme «hanno natura prettamente sportiva,

come ad esempio nel caso di incontri tra rappresentative nazionali di paesi diversi»).85

2.3.6 Caso Meca-Medina e Majcen: un passo indietro per il

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