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Le norme non applicabili al contratto di lavoro sportivo

Nel documento Il rapporto di lavoro sportivo (pagine 147-150)

vincolarsi a tempo indeterminato o per tempi molto lunghi incompatibili con il necessario rapporto di reciproca fiducia che consente di perseguire il successo, in campo agonistico ed economico, e che solo il dinamismo nelle scelte organizzative, è in grado di assicurare.132

3.5 Le norme non applicabili al contratto di lavoro

sportivo

La l. 91/81 agli ultimi 2 commi dell'art. 4, si preoccupa di escludere le norme dichiaratamente incompatibili con la specialità del rapporto sportivo: artt. 4, 5, 13, 18, 33, 34 della l. 300/1970; gli artt. 1, 2 , 3, 5, 6, 7, 8 della l. 604/1966, che disciplinava i licenziamenti individuali; l'intera l. 230/1962, sulla disciplina dei contratti a termine.

L'ultimo comma dell'art. 4 dichiara inapplicabile l'art. 7 della l. 300/1970 alle sanzioni irrogate dalle federazioni nazionali.

Il primo problema che si pone è interpretativo e relativo alla tassatività o meno dell'elencazione. In dottrina prevale l'idea che ritiene puramente esemplificativa e non esaustiva tale serie di disposizioni, lasciando all'interprete la facoltà di valutare caso per caso, tramite un giudizio di compatibilità, l'adattabilità o meno della normativa comune ai rapporti di lavoro sportivo.133

Analizziamo ora le cause di tali inapplicabilità.

131 La l. 230/1962 aveva stabilito, con norme inderogabili, le ipotesi tassative di ammissibilità del termine, al di fuori delle quali il contratto sarebbe stato, ritenuto a tempo indeterminato fin dall'inizio. Oggi l'apposizione di un termine al contratto di lavoro sportivo, è regolata dal D.Lgs 368/2001, che prevede ragioni di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, non tipizzate dal legislatore, per apporre un termine al contratto di lavoro.

132 G. Vidiri, Il Contratto di lavoro sportivo.

L'inapplicabilità sancita per l'art. 4 della l. 300/1970 (divieto dell'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo dell'attività dei lavoratori), è motivata dalla vasta pubblicità a cui sono soggetti gli eventi sportivi, anche nella fase preparatoria, e dalla totale assenza di riservatezza, tipica invece dei normali rapporti lavorativi. Peraltro, poiché l'uso di impianti e apparecchiature audiovisive nello sport non è certamente finalizzata al controllo dell'attività sportiva, ma serve a dare pubblicità agli eventi sportivi, consentendone la visione a distanza, l'espressa deroga dell'art. 4 dello Statuto non sarebbe stata neppure necessaria.

L'art. 5 dello Statuto dei Lavoratori (divieto di accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro se non attraverso il ricorso ad organismi pubblici), non è applicabile nel mondo dello sport vista la peculiarità della prestazione dell'atleta, i cui risultati agonistici non possono andare disgiunti dalla forma fisica, la cui tutela richiede un costante monitoraggio non riscontrabile in altri settori lavorativi. Quindi, l'interesse della società sportiva a tutelare l'integrità fisica degli atleti attraverso accertamenti costanti e scrupolosi coincide con l'interesse dell'atleta a mantenere e migliorare la sua forma fisica in vista di migliori risultati e vantaggi anche economici, che ne possono derivare. Non essendo prospettabili situazioni di conflitto tra interesse della società alla massima produttività del lavoro e tutela della salute, l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 5 sarebbe risultata non solo superflua, ma anche insufficiente ad assicura un'adeguata tutela sanitaria dello sportivo professionista. Non è un caso che gli accertamenti sanitari in questo campo sono regolati da norme specifiche.

Va inoltre ricordato che, per espressa previsione dell'art. 4, 8° comma, legge n. 91/1981, non è applicabile al lavoro sportivo l'art. 2103 c.c., così come modificato dall'art. 13 dello Statuto dei Lavoratori, il quale esclude che il datore di lavoro possa unilateralmente assegnare al lavoratore mansioni diverse da quelle di assunzione al fine di soddisfare esigenze aziendali, così come invece era consentito dal vecchio testo dell'articolo in questione. La ragione dell'esclusione dell'applicabilità al lavoro degli sportivi professionisti trova ragione

nell'incompatibilità di quanto in essa previsto con l'organizzazione del lavoro degli sportivi professionisti, all'interno della quale è difficile configurare situazioni delineate nella norma stessa. Certamente è da escludere una classificazione per categorie, mansioni e qualifiche degli atleti in ragioni dei ruoli agli stessi assegnati negli sport di squadra. Tali ruoli infatti, infatti, pur se differenti nello schema di gioco, sono da ritenere equivalenti al punto da essere intercambiabili, senza che ciò possa configurare un mutamento di mansioni.134

Quindi, anche se fosse ritenuto applicabile l'art. 2103 c.c., il cambiamento di ruolo, (unico cambiamento ipotizzabile per gli atleti) in quanto avente ad oggetto mansioni equivalenti, sarebbe stato comunque legittimo.

Se si tratta di sport individuali, poi, un problema di adibizione mansioni diverse non è ipotizzabili neppure in astratto.

Per gli altri sportivi professionisti (allenatori, direttori tecnico-sportivi, preparatori atletici) può più facilmente ipotizzarsi l'esistenza di una classificazione tra le varie figure tale da non giustificare, rispetto ad esse, la non invocabilità delle tutele di cui all'art. 2103 c.c..

Tuttavia, la generalizzata esclusione di tale norma nel lavoro sportivo (e quindi non solo con riferimento agli atleti) sembra lasciare agli accordi collettivi l'eventuale disciplina degli effetti connessi alla adibizione a mansioni diverse da quelle di assunzione, sia sotto il profilo retributivo che di carriera.

Ai contratti di cui all'art. 4 l. 91/81 non si applicano nemmeno gli artt. 33 (collocamento) e 34 (richiesta nominativa di manodopera dello Statuto), quasi a voler ribadire ancora la assoluta insensibilità dei rapporti di lavoro sportivo alle norme statali sul collocamento.

La non applicabilità dell'art. 18 (reintegro nel posto di lavoro) della l. 300/1970 va raccordata a quella prevista per gli artt. 1 (giusta causa e giustificato motivo), 2 (modalità di licenziamento), 3 (causa di licenziamento), 5 (onere della prova), 6 (impugnazione del licenziamento), 7 (tentativo di conciliazione), 8 (riassunzione e risarcimento) della l. 604/1966, al fine di avere una visione 134 G. Vidiri, Il contratto sportivo.

globale sui licenziamenti nel rapporto sportivo. Tali inapplicabilità sono giustificate dall'estrema mobilità connessa alle alterne vicende sportive ed economiche dei sodalizi, sia al carattere strettamente fiduciario del rapporto di prestazione sportiva al quale mal si adattano le norme restrittive che regolano la risoluzione del rapporto di lavoro ordinario. Su questo punto torneremo quando affronteremo il problema della risoluzione unilaterale del contratto di lavoro a tempo indeterminato e del recesso ante tempus dal contratto a tempo determinato. Di fondamentale importanza è anche l'inapplicabilità dell'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, previsto nell'ultimo comma dell'art. 4, alle «sanzioni disciplinari irrogate dalle federazioni sportive nazionali».

Sulle ragioni di tale esclusione, ci occuperemo specificamente trattando l'argomento in questione (V. infra, paragrafo 3.7.3 pag. 146).

Quello che si è detto a proposito degli atleti vale in buona parte anche per gli allenatori, mentre ha sicuramente minor attinenza con la posizione e le mansioni delle altre figure professionali, direttori tecnici e preparatori atletici, alle quali si applicano le disposizioni dell'art. 4 e il cui trattamento è stato equiparato a quello degli atleti e degli allenatori evidentemente per non differenziare soggetti che lavorano nello stesso settore professionale o alle dipendenze dello stesso datore di lavoro.

3.6 I caratteri della subordinazione: gli obblighi di

Nel documento Il rapporto di lavoro sportivo (pagine 147-150)