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L'impatto sulle attività diverse dal calcio e sullo sport

Nel documento Il rapporto di lavoro sportivo (pagine 76-79)

2.3 Lo sport europeo dopo la sentenza Bosman

2.3.2 L'impatto sulle attività diverse dal calcio e sullo sport

Il periodo immediatamente successivo alla sentenza Bosman è stato caratterizzato da un lato, da forti istanze tese a negare qualsiasi spazio di autonomia dello sport, e lodevole sotto questo punto di vista, è stato lo sforzo della Corte di giustizia per limitare un'applicazione troppo estensiva della celeberrima pronuncia; dall'altro, le federazioni sportive hanno a lungo continuato a celarsi dietro la tesi del carattere ludico delle attività svolte per rimandare l'adeguamento dei propri sistemi al diritto comunitario. I casi che seguono dimostrano come la sentenza Bosman non abbia affatto rappresentato un punto d'arrivo bensì l'avvio di un effetto domino che ha dispiegato la sua efficacia in tutti i settori dello sport.

Nelle sentenze Lehtonen78 e Deliège79 la Corte, tornata nuovamente ad

affrontare il difficile rapporto tra sport e diritto comunitario, ha ulteriormente ribadito che l'obiettivo dell'abolizione degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e dei servizi, sarebbe compromessa se l'eliminazione delle limitazioni stabilite da norme statali potesse essere neutralizzata da ostacoli derivanti dall'esercizio dell'autonomia giuridica di associazioni ed enti privati (le federazioni, per esempio). Tuttavia, partendo dal presupposto che la Comunità Europea non è contro lo sport, anzi ne riconosce sotto certi aspetti la specificità (come affermato nello stesso periodo dal Trattato di Amsterdam), i giudici affrontano la questione in un'ottica diversa, come di seguito descritto.

2.3.3 Lehtonen v. Fédération Royale Belge des Societées de

Basketball

Il sig. Lehtonen, un giocatore di basket di nazionalità finlandese, nella stagione 1995/1996, al termine del campionato finlandese, era stato ingaggiato da una società belga per partecipare alla fasi finali della competizione nazionale. In conformità alle regole stabilite dalla FIBA per i trasferimenti internazionali, aveva ottenuto dalla federazione finlandese il provvedimento (c.d. “lettera di uscita”) che autorizzava la federazione belga a tesserarlo presso la società di destinazione.

Tuttavia, alla vigilia del primo incontro, la federazione belga invitava la società a non impiegare in gara l'atleta, pena la comminazione di sanzioni, ivi compresa la "sconfitta a tavolino", in quanto erano ormai decorsi i termini per la "registrazione" del giocatore ai fini della partecipazione alla competizione nazionale.

Dalla vicenda nasceva un giudizio, instauratosi di fronte al Tribunale di prima istanza di Bruxelles, il quale sollevava la questione pregiudiziale, chiedendo alla Corte di giustizia se «siano compatibili con il Trattato di Roma (ed in particolare 78 Corte di giustizia, causa C-176-/96, Lehtonen v. Fédération Royale Belge des Societés de

Basketball.

gli artt. 6, 48, 85, 86) le disposizioni regolamentari di una federazione sportiva che vietino ad una società di schierare in campo per la prima volta un giocatore in una competizione se esso è stao ingaggiato dopo una certa data, qualora si tratti di un giocatore professionista, cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea, nonostante le ragioni di carattere sportivo invocate dalla federazione per giustificare le dette disposizioni vale a dire la necessità di non falsare le competizioni».

La questione aveva dunque ad oggetto una norma che, pur non impedendo l'ingaggio dei giocatori, limitava l'utilizzo in gara di atleti provenienti da federazioni sportive di Stati membri.

La Corte, dopo aver richiamato la propria giurisprudenza in ordine ai casi Walrave, Donà e Bosman circa l'ambito di applicazione del Trattato, afferma che le norme in esame «sono idonee a limitare la libera circolazione dei giocatori che vogliano svolgere la loro attività in un altro Stato membro, poiché impediscano alle società di schierare in campo, nelle partite di campionato, giocatori di pallacanestro provenienti da altri Stati membri qualora essi siano ingaggiati oltre una certa data» e che dunque tali norme che costituiscono un «ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori».

Per la Corte tale restrizione appare tuttavia giustificata, poiché direttamente connessa con l'esigenza di salvaguardare la regolarità delle competizioni sportive.

La Corte sembra poi attribuire una decisiva importanza alle regole sportive nel momento in cui, entrando sorprendentemente all'interno di aspetti tecnici, afferma che le squadre «potrebbero approfittare di trasferimenti tardivi per rafforzare i propri effettivi in vista della fase finale del campionato, o persino in occasione di un unico incontro decisivo».

Anche in questo caso emerge, ed assume rilievo decisivo ai fini del vaglio di legittimità della deroga, il dato tecnico-sportivo: consentire alle squadre impegnate in competizioni nazionali di schierare atleti tesserati oltre determinati termini potrebbe alterare il valore sportivo dei concorrenti, rimettendo

inevitabilmente in discussione la comparabilità dei risultati nel corso del campionato.

Con il caso Lehtonen la giurisprudenza comunitaria sembra infatti orientata a riconoscere sempre maggiore importanza alle regole emanate dagli organi di autogoverno dello sport, i quali sono ritenuti più adatti ad interpretare le esigenze tecniche connesse alle attività sportive, nonché a salvaguardare la genuinità e regolarità delle competizioni.

I limiti temporali di tesseramento previsti dalla federazione belga, sono un esempio della c.d. eccezione sportiva e come tali derogano al diritto comunitario, vista la finalità sportiva di dette previsioni, non mosse da motivi economici ma tese a non alterare l'equilibrio delle squadre e i risultati conseguiti nel corso del campionato.

La Corte, ha però ritenuto eccessivo sottoporre i trasferimenti dei giocatori comunitari a termini più ristretti di quelli extracomunitari ed auspica una parità di trattamento.80

Nel documento Il rapporto di lavoro sportivo (pagine 76-79)