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La regolamentazione del rapporto dei c.d professionist

Nel documento Il rapporto di lavoro sportivo (pagine 35-38)

1.3 La legge n 91/1981

1.3.5 La regolamentazione del rapporto dei c.d professionist

La soluzione adottata dal legislatore del 1981 tesa a disciplinare il solo sport professionistico individuato sulla scorta dei criteri offerti dalla legge n. 91, ha suscitato in dottrina notevoli perplessità, essendo rimasti esclusi dall'ambito di applicazione delle legge, quel vasto, e certamente preponderante, numero di atleti che, in quanto privi dei necessari requisiti previsti dalla stessa legge, non possono essere definiti professionisti, ma gravitano nell'area del dilettantismo sportivo.

Si è, infatti osservato come di fronte a situazioni sostanzialmente identiche l'elemento discretivo da cui dipende l'applicazione della legge n. 91/81, costituito dall'intervento qualificatorio della Federazione, ha finito con il determinare l'applicazione al rapporto tra atleta e società, di differenti regolamentazioni giuridiche, senza reale giustificazione.

Conseguentemente parte della dottrina ritiene che, pur in mancanza di qualificazione da parte delle federazioni, il professionismo di fatto dovrebbe trovare tutela nelle norme di cui alla l. 91/81, e ciò al fine di evitare una palese disparità di trattamento, non consentita dall'identità delle situazioni concrete da disciplinare.29 A sostegno di tale indirizzo si è dedotto che la stessa

promulgazione della l. 91 manifesta in modo trasparente l'intendimento del legislatore di assoggettare il rapporto di lavoro sportivo ad un regime speciale, risultando al riguardo significativo che l'art. 4, ottavo comma, della l. 91 escluda l'applicabilità dello statuto dei lavoratori. Si è, precisato che il ritorno alla disciplina del diritto comune per l'area del “professionismo di fatto” oltre a urtare la voluntas legis, farebbe sorgere problemi di disparità di trattamento. Ci si troverebbe a dover giustificare la ragione per cui agli atleti esclusi dall'ambito della l. 91 viene riconosciuta una tutela qualitativamente più intensa.

Un altro orientamento30 non consente estendere la normativa della l. n. 91/81

oltre il campo di applicazione da essa specificatamente delineato, e cioè alle discipline non qualificate come sport professionistici, con la conseguenza che tutte le questioni, relative a quei prestatori di lavoro non praticanti detti sport ma che pure svolgono a titolo oneroso e continuativo la propria attività lavorativa, garantendo la presenza costante agli allenamenti e partecipando a manifestazioni agonistiche dai ritmi serrati (cosiddetto professionismo di fatto), devono essere risolte ricorrendo alle norme generali sul lavoro subordinato.

Più convincente risulta il secondo degli orientamenti indicati.

Infatti, gli artt. 2094 e succ. disciplinano in via generale i rapporti di lavoro subordinato, la l. 23 marzo 1981 n. 91 regola, invece i rapporti tra società e sportivi professionisti, sicché le relazioni tra le due normative possono essere 29 Realmonte, L'atleta professionista e l'atleta dilettante, in Riv. Dir. Sport., 1997, che richiama

l'opinione del Mercuri, Sport professionistico (rapporto di lavoro e previdenza sociale), secondo il quale «la discrepanza di tutela tra i soggetti che operano all'interno delle federazioni che qualificano professionistica la loro attività e quelli che operano invece in altre federazioni non è peraltro giustificata, atteso che l'attività onerosa e continuativa svolta da uno sportivo a favore di una società sportiva in entrambi i casi è tipologicamente la stessa. Ne può rimanere senza tutela alcuna, nel secondo caso, per il solo fatto che manca l'attribuzione dello status del professionista».

30 F. Bianchi D'urso-G. Vidiri, La nuova disciplina del lavoro sportivo; G. Martinelli, Lavoro autonomo e subordinato nell'attività dilettantistica, Riv. Dir. Sport 1993.

regolate in base al criterio della specialità, con la conseguenza che ogniqualvolta la fattispecie da regolamentare non presenti i tratti qualificanti della normativa speciale, la fattispecie stesse non può che ricadere nell'ambito della più ampia disciplina generale.

Inoltre il fatto che all'opinione seguita, consegua una tutela, per gli atleti esclusi dall'ambito della l. n. 91, qualitativamente più intensa degli sportivi professionisti, senza le importanti esclusioni operate dalla legge sul professionismo sportivo, non risulta irrazionale ma si presenta come logica conseguenza di una graduazione delle tutele in ragione della diversa capacità economica delle due diverse categorie di sportivi.

Per concludere sul punto, qualora sussistano i requisiti previsti dall'art. 2094 c.c., che il giudice sarà chiamato ad accertare caso per caso, nulla vieta di applicare, anche ai rapporti di lavoro dei settori dilettantistici la figura del rapporto di lavoro subordinato.

Il legislatore ha fissato una presunzione a favore del rapporto di lavoro subordinato per l'atleta professionista, lo stesso non può verificarsi per gli atleti dilettanti, il cui contratto d'ingaggio deve essere, pertanto, volta per volta esaminato alla luce dei principi generali.

Da ricordare che, nell'ordinamento comunitario, il quale come vedremo si occupa dell'attività sportiva soltanto in quanto rientrante tra le attività economiche, la qualificazione di professionista assegnata dalle federazioni è stata considerata del tutto irrilevante; in sostanza per la Corte di Giustizia è del tutto secondario che si tratti di uno sportivo professionista. È dirimente che l'attività sia resa sotto la direzione di altri, a fronte della erogazione di una remunerazione, e che sia apprezzabile sotto il profilo quantitativo e, dunque, non marginale o accessoria.31 Da tanto discende che la qualificazione comunitaria di lavoratore ai

fini della libertà di circolazione prescinde da un'eventuale qualificazione operata dal giudice nazionale.

La Corte segue tale scia anche nelle giurisprudenza successiva32; in

particolare, ritiene lavoratore subordinato soltanto l'atleta che, a prescindere dal requisito formale attribuitogli dalla singola federazione, esercita «una prestazione lavorativa in condizione di subordinazione, a titolo oneroso, a prescindere, dunque, dalla circostanza che egli sia vincolato con una società che pratica attività sportiva professionistica, ovvero con una società che pratica attività formalmente dilettantistica».

1.3.6 Natura autonoma o subordinata del lavoro sportivo

Nel documento Il rapporto di lavoro sportivo (pagine 35-38)