La minore eta`, l’impossibilita` ad amministrare o la mala gestio di un coniuge sono i presupposti che legittimano l’esclusione dall’amministrazione (ordinaria e straordinaria)1
della comunione su domanda dell’altro. L’inter- dizione comporta, a sua volta, l’esclusione ‘‘di diritto’’ dall’amministrazione, fino a quando permanga lo stato di incapacita` legale assoluta del coniuge.
Un’autorevole dottrina2
ritiene che la norma si limiti a sancire la mera
1GALASSO, Del regime patrimoniale della famiglia, Art. 183, in Comm. Scialoja-
Branca, Bologna-Roma, 2003, 343.
2S
sottrazione del potere amministrativo a un coniuge, ma non attribuisca auto- maticamente all’altro il potere esclusivo di compimento degli atti per i quali e` richiesto il consenso di entrambi; pertanto, per la validita` degli atti di straordinaria amministrazione, occorrerebbe il consenso del rappresentante legale del coniuge incapace o, in mancanza di quest’ultimo, l’autorizzazione giudiziale.
Non pare, tuttavia, opportuno che l’amministrazione della comunione si compia congiuntamente tra un coniuge e un terzo estraneo al vincolo co- niugale, che possa ‘‘sostituire’’ il coniuge incapace in decisioni che, inevita- bilmente, implicano valutazioni non strettamente patrimoniali. Appare pre- feribile, quindi, l’interpretazione prevalente3, secondo la quale, in seguito all’esclusione di un coniuge, l’altro e` investito del potere di compiere da solo gli atti di cui all’art. 180, 28 co., c.c.
L’analisi delle specifiche fattispecie, che consentono l’esclusione, con- ferma, peraltro, la correttezza di tale soluzione. Nel caso della minore eta`, ad esempio, il minore autorizzato al matrimonio (e, dunque, emancipato) puo` compiere da solo gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione (art. 394 c.c.) e, per gli atti di straordinaria amministrazione necessita dell’assistenza del curatore e, in molti casi (art. 394, 38 co., c.c.), dell’auto- rizzazione del giudice tutelare. La previsione dell’art. 183 c.c. – proprio perche´ consente l’esclusione del coniuge minorenne dall’amministrazione della comunione legale – evita al coniuge maggiorenne e capace di dover concordare le decisioni piu` importanti col curatore del coniuge (oltre che con quest’ultimo). D’altra parte, anche nell’ipotesi in cui il curatore sia lo stesso coniuge maggiorenne (come normalmente previsto dall’art. 392, 18 co., c.c.), l’art. 183 c.c. consente di non ricorrere alle autorizzazioni del giudice tutelare altrimenti richieste dalla disciplina in materia di cura- tela dell’emancipato4.
3B
IANCAC.M., Diritto civile, 2, La famiglia - Le successioni, Milano, 1985, 97; SANTO- SUOSSO, Delle persone e della famiglia, in Comm. cod. civ., I, 1, Torino, 1983, 255; BRUSCUGLIA,
Amministrazione dei beni della comunione legale, in Tratt. Bessone, Il diritto di famiglia, IV, II, Torino, 1999, 277.
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Nessun dubbio, invece, sull’inapplicabilita` della norma nell’ipotesi di coniugi entrambi minorenni: vale, in tal caso, la disciplina ordinaria dettata dall’art. 392 c.c. La norma e` altresı` inapplicabile nell’ipotesi in cui il minore abbia ottenuto l’autorizzazione all’esercizio di un’impresa commerciale senza l’assistenza del curatore (art. 397 c.c.), stante in tal caso la sua acquisita capacita` a compiere atti di straordinaria amministrazione anche non ine- renti a tale esercizio: cosı`, NAPOLI, Notazioni sulla esclusione del coniuge dall’amministra- zione, in Rass. dir. civ., 1980, 403; VALIGNANI, L’amministrazione dei beni in comunione, in Tratt. Ferrando, II, Bologna, 2008, 495.
L’impossibilita` ad amministrare configura un presupposto astrattamente sovrapponibile a quello previsto nel precedente art. 182 c.c. al fine di richie- dere l’autorizzazione giudiziale al compimento di uno specifico atto di straordinaria amministrazione. Il discrimine tra le due norme risiede – se- condo la piu` diffusa interpretazione5– nel carattere tendenzialmente perma- nente dell’impedimento previsto nell’art. 183 c.c. e nel carattere, invece, temporaneo, di quello previsto dall’art. 182 c.c.: ancora una volta, la misura dell’esclusione del coniuge dall’amministrazione consentirebbe di prevenire la necessita` di ripetuti ricorsi all’autorita` giudiziaria per l’autorizzazione al compimento di atti.
Rientra tra i possibili impedimenti all’amministrazione l’inabilitazione o l’amministrazione di sostegno, a cui sia sottoposto uno dei coniugi6. L’im- prevedibilita` temporale dell’incapacita` parziale di agire ha indotto, infatti, il legislatore a preferire, in questo caso (a differenza dell’interdizione), un apprezzamento in concreto7della situazione psico-fisica del coniuge.
L’esclusione opera di diritto, tuttavia, nel caso in cui il giudice tutelare che disponga l’amministrazione di sostegno sancisca l’esclusione del bene- ficiario dai poteri amministrativi della comunione (come previsto dall’art. 411, 48 co., c.c.).
Nel caso di mala gestio del coniuge, la valutazione del giudice si sposta dal piano della prognosi (come richiesto nelle ipotesi precedenti) a quello della valutazione del merito degli atti di amministrazione compiuti in prece- denza dal coniuge della cui esclusione si controverte. Assumono rilevanza, tuttavia, non soltanto gli atti aventi ad oggetto i beni della comunione legale (ad esempio, alienazioni sconsiderate senza il consenso del coniuge, inve- stimenti temerari di denari comuni, ecc.), ma anche gli atti concernenti i beni personali, i frutti di essi e i proventi dell’attivita` separata, considerato che anche questi ultimi possono determinare, in concreto, un pregiudizio (ex art. 189 c.c.) a carico della comunione legale8. La possibilita` di richiedere la separazione giudiziale dei beni (art. 193 c.c.) non esclude, infatti, l’utilita` di
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NAPOLI, Notazioni sulla esclusione del coniuge dall’amministrazione, cit., 405; ANELLI, L’amministrazione della comunione legale, in Tratt. Zatti, III, Milano, 2002, 335; VALIGNANI, L’amministrazione dei beni in comunione, cit., 496.
6G
ABRIELLIG., Infermita` mentale e rapporti patrimoniali familiari, in Un altro diritto
per il malato di mente, a cura di Cendon, Napoli, 1988, 606.
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GIUSTI, L’amministrazione dei beni della comunione legale, Milano, 1989, 107.
8In questo senso, BARBIERA, La comunione legale, in Tratt. Rescigno, 3, Torino, 1982,
una misura, tendenzialmente temporanea, come l’esclusione dall’ammini- strazione della comunione legale9.
Il procedimento di esclusione del coniuge dall’amministrazione – al pari di quelli previsti nelle norme precedenti – ha natura di volontaria giurisdi- zione e si svolge, su istanza dell’altro coniuge, avanti al tribunale che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero (art. 33, disp. att., c.c.), con decreto motivato soggetto a reclamo alla Corte di Appello10.
Il coniuge privato dell’amministrazione puo` chiedere al giudice la reinte- grazione, qundo vengano meno le cause che hanno determinato l’esclusione (art. 183, 28 co., c.c.). La misura dell’esclusione e` adottata dal giudice, infatti, rebus sic stantibuse non preclude future valutazioni che inducano a rite- nere caducate le ragioni dell’esclusione11. Oltre che nel caso espressamente previsto di revoca dell’interdizione, la reintegrazione nell’amministrazione e` automatica, altresı`, in caso di sopravvenuta maggiore eta`.
Tuttavia, con riguardo all’interdizione – mentre l’esigenza di tutela del- l’incapace fa sı` che la sentenza di interdizione determini immediatamente, al momento della pubblicazione della decisione (art. 421 c.c.), l’esclusione di diritto dell’incapace dall’amministrazione della comunione legale – gli effetti della sentenza di revoca si producono soltanto dal momento del passaggio in giudicato della pronuncia (art. 431, 18 co., c.c.), con la conse- guenza che la reintegrazione del coniuge nell’amministrazione dei beni della comunione legale operera` soltanto a far data dal giudicato. Nell’ipo- tesi in cui, in luogo della mera revoca dell’interdizione, il Tribunale dichiari l’inabilitazione o rimetta al giudice tutelare per l’amministrazione di soste- gno, l’altro coniuge potra` instaurare, ove lo ritenga opportuno, un ulteriore procedimento giudiziale di esclusione per impossibilita` del coniuge ad amministrare12.
9Per la sola possibilita` di domandare la separazione giudiziale in caso di mala gestio del
patrimonio personale, ANELLI, L’amministrazione della comunione legale, cit., 336. Per la
rilevazione della cattiva amministrazione dei beni destinati a cadere in comunione de resi- duo(e non dei beni personali), GALASSO, Del regime patrimoniale della famiglia, Art. 183,
cit., 349.
10SANTARCANGELO, La volontaria giurisdizione, Regime patrimoniale della famiglia, IV,
Milano, 1989, 492.
11L’applicazione e` problematica nell’ipotesi di cattiva amministrazione, posto che la
legge non precisa i criteri in base ai quali il giudice puo` ritenere che siano venute meno le ragioni a fondamento dell’esclusione: BRUSCUGLIA, Amministrazione dei beni della co- munione legale, cit., 280.
12G
Art. 184 – Atti compiuti senza il necessario consenso(1)
[1] Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell’articolo 2683.
[2] L’azione puo`essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell’atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l’atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l’azione non puo` essere proposta oltre l’anno dallo scio- glimento stesso.
[3] Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell’altro e` obbli- gato su istanza di quest’ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora cio` non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della ricosti- tuzione della comunione.
( 1 )Articolo cosı` sostituito dall’art. 63, l. 19.5.1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
commento di Mauro Paladini
Sommario: 1. Gli atti compiuti senza il necessario consenso di entrambi i coniugi. - 2. Il