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La comunione de residuo »

Nel documento Commento agli artt. 177-190 c.c. (pagine 57-60)

Costituiscono oggetto di comunione i «frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione»97e «i proventi dell’attivita` separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati» [art. 177, lett. b) e c), c.c.]98.

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Cosı`, Cass., 11.9.2008, n. 23391; Cass., 23.8.1996, n. 7807, in Giust. civ., 1997, I, 103; in dottrina, LENZI, Partecipazione a cooperative edilizie e comunione legale, in Giur. di Me- rito, 1986, 1026 ss. Secondo BARBIERA, La comunione legale, cit., 433, il momento rilevante

sarebbe, invece, quello dell’assegnazione provvisoria con immissione nel possesso.

95R

IMINI, Acquisto immediato e differito nella comunione legale fra coniugi, cit.,

173 ss.; BALESTRA, Attivita` di impresa e rapporti familiari, cit., 95 ss.

96Anche sul punto, ampiamente, B

ALESTRA, Attivita` di impresa e rapporti familiari,

cit., 99 ss.

97Per entrare in comunione legale, quindi, i frutti dei beni personali, che non siano stati

‘‘consumati’’, devono essere stati, al momento dello scioglimento, gia` percepiti. Cio` com- porta che, se si tratti di frutti naturali, essi siano stati ‘‘separati’’ al momento dello sciogli- mento (art. 821, 18 co., c.c.), e, se si tratti di frutti civili, che essi siano gia` ‘‘maturati’’ all’atto dello scioglimento, a prescindere dall’effettivo pagamento da parte del debitore (art. 821, 38 co., c.c.): AULETTAT., Gli acquisti ricompresi in comunione, cit., 103; NAPOLI, I frutti, in

La comunione legale, a cura di Bianca C.M, I, Milano, 1989, 41 ss.

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La legge non richiede che i proventi siano ‘‘percepiti’’ al momento dello scioglimento; conseguentemente, non v’e` dubbio che, anche in difetto di corresponsione, tutte le somme dovute per l’attivita` separata, svolta dal coniuge durante il regime di comunione, cadano in

Secondo l’opinione diffusa in dottrina, l’istituto della comunione differita risponde all’intento legislativo di garantire al coniuge percettore dei frutti e dei proventi dell’attivita` separata (e, altresı`, degli utili e degli incrementi maturati nella gestione separata dell’azienda: art. 178 c.c.) la liberta` di auto- determinazione, di lavoro e di iniziativa economica «consentendogli di uti- lizzare a proprio piacimento le suddette risorse senza dover subire le inge- renze dell’altro sposo»99.

L’assenza di limitazioni alla libera gestione dei proventi dell’attivita` sepa- rata e` stata, tuttavia, fonte di notevoli perplessita` e ha indotto parte della dottrina100a proporre interpretazioni restrittive in grado di restituire coeren- za al complessivo impianto legislativo finalizzato a consentire l’unificazione delle fortune economiche di ciascun coniuge. Richiamando, quindi, l’obbligo dei coniugi di collaborare nell’interesse della famiglia e di contribuire ai bisogni della famiglia (art. 143 c.c.), e` stato proposto101 di considerare og- getto della comunione de residuo non solo i redditi individuali percepiti e semplicemente ‘‘non consumati’’, ma anche quelli percepiti e rispetto ai quali il coniuge titolare non riesca a fornire la prova di averli impiegati o per il soddisfacimento di bisogni della famiglia o per acquisti caduti in comunione legale immediata.

La tesi – inizialmente accolta da alcune sentenze della Corte di Cassazio- ne102 – e` stata abbandonata dal piu` recente orientamento103 che limita la comunione differita ai soli beni che effettivamente e concretamente siano

comunione stessa all’atto dello scioglimento e debbano essere, pertanto, computate nella formazione della massa patrimoniale da dividere.

Per ‘‘proventi dell’attivita` separata’’ si intendono la retribuzione da lavoro dipendente (comprese le indennita`, il t.f.r., ecc.) e i redditi da lavoro autonomo, anche se prestato in modo occasionale o saltuario.

99Cosı`, A

ULETTAT., Gli acquisti ricompresi in comunione, cit., 99.

100Sul punto, in particolare, la lucida analisi di S

CHLESINGER, Della comunione legale, cit.,

380 ss., secondo cui il dato normativo letterale dell’art. 177, lett. c), c.c. «francamente lascia stupiti circa la sua coerenza con la decisione di elevare la comunione dei beni a regime patrimoniale legale della famiglia».

101S

CHLESINGER, Della comunione legale, cit., 380 ss.

102Cass., 10.10.1996, n. 8865, in Famiglia e dir., 1996, 515, con nota di Schlesinger;

Cass., 23.9.1997, n. 9355, in Dir. famiglia, 1999, 537, con nota di Leone; Cass., 17.11.2000, n. 14897: secondo questa impostazione, una volta dimostrata l’esistenza di ‘‘redditi’’, si verificherebbe un’inversione dell’onere della prova e spetterebbe al coniuge titolare dell’at- tivita` dimostrare di avere utilizzato i redditi percepiti per soddisfare bisogni della famiglia o per fare investimenti in beni caduti in comunione; solo i proventi per i quali e` raggiunta questa prova restano esclusi dalla caduta in comunione de residuo.

103Cass., 8.2.2006, n. 2597, in Corriere giur., 2006, 813, con nota di Oberto; Cass.,

esistenti nel patrimonio dei coniugi al momento dello scioglimento. L’esten- sione della comunione a tutti i proventi di cui il coniuge non riesca a dimo- strare l’utilizzazione in favore della famiglia, infatti, imporrebbe – al momen- to della cessazione del regime legale, eventualmente dopo svariati anni di vita in comune – un gravoso onere di rendimento dei conti circa le modalita` di impiego delle somme ricavate dalla propria attivita`. Altro argomento, che deporrebbe a sfavore della tesi precedentemente accolta, consisterebbe, altresı`, nel forte squilibrio che si determinerebbe a vantaggio dei creditori della comunione legale, che vedrebbero espandersi la garanzia patrimoniale fino a comprendere somme che il coniuge percettore di reddito dovrebbe prelevare dal proprio patrimonio personale.

Frutti e proventi sono rimessi, quindi, durante la comunione legale alla libera disponibilita` del singolo coniuge, il quale – salvo il rispetto degli obblighi di contribuzione ai bisogni della famiglia (art. 143 c.c.) – puo` im- piegarli nelle forme che preferisce. In concreto, sono ipotizzabili tre tipi di impiego, che conducono a differenti conseguenze sul piano patrimoniale:

1) in primo luogo, il coniuge puo` ‘‘consumare’’ i frutti e i proventi (ad esempio, spendendo in attivita` ricreative, viaggi, donazioni, beneficenza, ecc.); in tal caso, l’altro coniuge non potra` pretendere alcunche´ dopo lo scioglimento, posto che – come l’interpretazione letterale della norma – nessun incremento potra` realizzarsi in favore della massa oggetto di comu- nione legale;

2)il coniuge puo` impiegare i frutti e i proventi nell’acquisto di beni: in tal caso, i beni acquistati divengono oggetto di comunione legale immediata, ex art. 177, lett. a), c.c. [salvo che i beni acquistati debbano ritenersi personali, ai sensi dell’art. 179, lett. c) e d), c.c.];

3) il coniuge, infine, puo` accantonare frutti e proventi sotto forma di risparmio (depositandoli, ad esempio, sul proprio conto corrente): e` questa l’ipotesi in cui, non essendo stati ne´ consumati ne´ impiegati in acquisti, i frutti e i proventi cadono in comunione nella misura in cui sussistono al momento dello scioglimento.

Anche la tesi piu` liberale, tuttavia, non e` priva di aspetti problematici, posto che, in relazione al rischio che il coniuge percettore compia atti di occultamento o dilapidazione dei risparmi accumulati nei momenti prodro- mici allo scioglimento della comunione (e, in particolare, nelle more del giudizio di separazione personale), l’altro coniuge non vanta alcun diritto di credito in senso tecnico, bensı` di una mera ‘‘aspettativa di fatto’’, a tutela della quale non sono azionabili rimedi revocatori (art. 2901 c.c.) o cautelari (art. 671 c.p.c.). Le effettive possibilita` di limitare la rapida sottrazione dei

proventi reddituali si assottigliano ulteriormente, inoltre, alla luce del con- solidato orientamento secondo cui, in caso di separazione personale tra coniugi, lo scioglimento della comunione si perfeziona soltanto col passag- gio in giudicato della sentenza o con la definitivita` del decreto di omologa104. In definitiva, la coordinata operativita` dei descritti orientamenti giuri- sprudenziali fa sı` che la probabilita` di significativi incrementi quantitativi e qualitativi della massa dei beni comuni e, dunque, la speranza di affidare alla comunione differita la solidaristica funzione di riequilibrio patrimoniale tra i coniugi, risultino concretamente problematiche e, spesso, utopistiche105.

Art. 178 – Beni destinati all’esercizio di impresa(1)

[1] I beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell’impresa costituita anche prece- dentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa.

( 1 )Articolo cosı` sostituito dall’art. 57, l. 19.5.1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.

commento di Mauro Paladini

Sommario: 1. Funzione della norma. - 2. Il problema della possibilita` di rendere defi-

Nel documento Commento agli artt. 177-190 c.c. (pagine 57-60)

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