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5 FINE DI UNA COLONIA

9. I CINQUE SENSI DELLA CUCINA TRIPOLINA ( Shūhiyya tāyyiba)

9.5. Il cibo di strada

La meta delle passeggiate pomeridiane dei giovani a Tripoli erano alcuni particolari punti d‘incontro e di ritrovo.

Finiti i compiti, dopo l‘allenamento di calcio o pallacanestro, si ―correva‖ abitualmente da Girus e si bevevano i suoi meravigliosi frappé o le granite. All‘ora di cena si arrivava sazi e s‘inventavano strani malori per saltare il pasto. La strada a Tripoli era disseminata da tentazioni alimentari.

Uscivi da casa di primo mattino e sentivi un odore di frittelle che profumava l‘aria, le sfinz, che in siciliano prendono nome di sfinci, ma sono tutta un'altra cosa come gusto. Infatti hanno perso quell‘intensità d‘odore e sapore che avevano a Tripoli, si sono ―addomesticate‖ al gusto europeo.

Si correva in fretta in Shār‟a Mizrān per riuscire a mangiarne una prima d‘entrare a scuola; là trovavi, magari, un compagno di scuola con le mani unte di olio fritto che trasudava da un foglio del quotidiano, il «Ţarābulus al-„arb , Tripoli d‘Occidente » giornale in lingua araba.

Scrive Alma Abate: «Annusando profumi a pieni polmoni, mi beavo del canto del

muezzīn che rendeva grazie ad Allah per il nuovo giorno […] mi fermavo solo alla

soglia di una certa bottega , tanto minuscola da farci entrare giusto un omino appollaiato a gambe incrociate in cima ad un pentolone colmo fino all‘orlo di olio bollente, ma grande abbastanza da contenere all‘incirca tutta la bontà del mondo e dintorni. Muovendo le dita a velocità supersonica l‘uomo dava forma all‘impasto molliccio fino a farlo diventare una specie di cerchio, che scaraventato nell‘olio bollente, riemergeva poco dopo in superficie, profumato, fragrante, squisito, quando spolverato di zucchero, paradisiaco quando intinto nel miele …» (Abate 2011, p.78).

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Di dolce, di primo mattino, c‘era stato il caffèlatte di mia madre e biscotti che non finivano mai, evitavo di mangiarli per non guastarmi l‘appetito dal frittellaio. Altri negozi offrivano dolci, tagliati a rombi o a quadretti e serviti su carta oleata.

“Per venire a scuola passavo davanti al venditore di frittelle, le sfinz, le ricordi. Oggi non mangerei mai quelle frittelle. Ce n’era uno un Shār’a Mizran su quella specie di catafalco, dove stava seduto a gambe incrociate . Ti davano le sfinz , grondanti d’olio nella carta da giornale [risata ].

C’era anche un ambulante accanto al Cinema Teatro Alhambra, in Shār’a Ūādi 122e quello che vendeva tutti quei dolci: la slebia, quei dolci con lo zucchero a grani colorati, confettini sopra o piene di miele . Tutta la pasticceria locale era dolcissima, il miele era fondamentale, talvolta era disgustosa da quanto era dolce …, ci buttavano sopra “tonnellate” di miele.

Angelo G. mi ha regalato una foto bellissima del frittellaio di Corso Sicilia. Oggi qua da noi, malati d’igiene, nessuno mangerebbe quelle frittelle che erano una carezza per il palato, buone, buone, buone.

I dolci a me piacevano e ne ho nostalgia …

Pensa che ho mangiato la slebia a Londra, in un bugigattolo, più probabilmente un ebreo del Nordafrica o del Medio Oriente … non so che derivazione avesse …

Era talmente piena di miele che ti “inquacchiava” le mani e se ti sporcavi la camicia …

I dolci li tenevano in tutte queste teglie e li tagliavano a quadrati o a rombi. Ti ricordi quel dolce che facevano le famiglie ebraiche con il semolino. Era la saffra, che tagliavano a rombi e su ogni rombo c’era una mandorla …

E vicino alla Gelateria Bascetta, in Shār’a 24 Dicembre c’era un ebreo che faceva brik, Dido credo si chiamasse, con le patate e con l’uovo .. C’è un sito di Hamos Guetta dove ti insegnano a fare i brik . Ho trovato alcuni libri di tripoline ebree dei nostri tempi che hanno fatto libri di cucina …

Guetta ha fatto un sito sulla cucina ebraica tripolina.

I brik si trovano pronti anche a Roma, prendi le sfoglie e te li fai a casa.

Anche a Padova li trovo, dai tunisini”

Intervista a Paola F

“Guarda che la vendono ancora nei negozi di articoli kosher ebraici.

Un altro argomento molto interessante per la mia tesi è la cucina araba ed ebraica libica. Ti ricordi la safra quel dolce a rombi con la mandorla sopra …?

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In realtà il nome della strada era Shār’a Ibn Al-As, ma era chiamata Shār’a Uadi, perché prima delle opere di canalizzazione veniva allagata, durante la stagione delle piogge, da un torrente stagionale un uadi appunto.

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Saffra !

[mi dà un saggio di dizione di dialetto tripolino, con un accento che non

sentivo da almeno 45 anni. Sento sulla pelle e nell’anima quella cadenza inconfondibile, che quasi mi commuove … è un qualcosa che mi manca]”

Intervista a Etty B.

“Te la ricordi la safra, quel dolce che vendevano a quadri e che mettevano sopra al centro la mandorla, la bocca di dama che vendevano in quel carrettino in fondo a suq Al-Mushīr, dove c’era la torre dell’orologio …

La roba dolce a me non piaceva molto …

Sì, ma ti ricordi dietro il Corso, il cinema Corso sulla sinistra, c’era una specie di fundūq e in una specie di negozio c’era quello che vendeva le zeppole, andavamo a prenderci queste zeppole, ne mangiavamo quindici e ne pagavamo una … come erano buone …! Ti ricordi ? Erano due vecchietti e lui era mezzo cieco … Pensa che poi io l’ho rivisto a Siracusa …

Io invece mi fermavo tutte le mattine dal frittellaio di Shār’a Mizrān , le sfinz.

Le sfinz, come no … quelle sì”.

Intervista a Gilberto C.

Durante la ricreazione si scappava, non visti, fuori della scuola. Davanti al portone c‘erano due carretti, uno ricoperto da un piccolo catafalco di vetro per proteggere il cibo: tonno, harissa, olive nere e pane di orzo, il pane nero, come lo chiamavamo. Era appena sfornato ed era fragrante, croccante.

Pane, tonno, harissa e olive, mentre la merenda preparata da una madre premurosa la si metteva nel cestino.

Anche alle festine il menu era il medesimo, innaffiato da Kitty Cola, Mirinda, Sinalco, le bibite locali e birra Oea.

“Tutti i sabati si facevano feste, c’era Dodi (David), che organizzava feste in casa ogni sabato

Le famose feste dette “a casa degli ebrei …” che Dodi organizzava

Sì, le famose feste a casa degli ebrei col panino tonno e harissa … Lui faceva pagare 5 piastre ai maschi e le ragazze niente [in realtà erano 10 piastre se non accompagnati dalla ragazza e 5 se accoppiati; donne gratis].

C’era la Kitty Cola e la Mirinda [la Coca Cola e l’ aranciata locale]) …”

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Ancor oggi nel mio frigorifero c‘è sempre una busta di brik. Anche questi sono cibi che si consumavano per strada e sono entrati nella mia cucina familiare. Si tratta di una pasta filo abbastanza complicata da fare, ma che si può acquistare pronta: viene variamente farcita e fritta nell‘olio.

“E quelli che gli ebrei mettevano dentro la sfoglia l’uovo … ti ricordi come si chiamavano?

Sì, i brik, ma quelli li fa sempre mia moglie, perché ho trovato un negozio etnico a Padova dove ti vendono la sfoglia …

Io so fare anche quella, la pasta … e l’ho imparato sul sito internet (You Tube) di Hamos Guetta 123. Mi sono messo il computer davanti e mi sono detto che ci dovevo riuscire e ci sono riuscito”.

Intervista a Gilberto C.

A Tripoli, in Shār‟a 24 Dicembre, c‘era la friggitoria di un certo Dido, era un soprannome, così lo chiamavamo, che faceva queste delizie, da mangiare per strada: take away si direbbe oggi.

I brik hanno una storia lunga quanto quella del Mediterraneo.

Furono esportati in America dagli spagnoli, in tutto il mondo ottomano e hanno assunto sembianze diverse nei diversi luoghi.

Un sociologo francese, Edgar Morin, descrive quest‘origine mediterranea e la sua diffusione divenuta universale (Morin 1995, pp. 435-436).

“… aspetta che prendo un libro perché ti voglio leggere qualcosa. Il libro è introvabile in commercio.

Senti cosa dice il Morin quando diventa parigino: « … tengo un piede piantato in Spagna, in Italia , in Oriente *…+ amo la cucina francese ma preferisco quella mediterranea a base di olio d’oliva e quello che gli piace di più è “lo sfondattico, lo sformato di melanzane ed il pastellicco di Salonicco”.

Senti, senti Mimì, cosa dice il Morin a proposito del brik : “ … finché Corinne ebbe gusto a cucinare preparò il pastellicco *…+ insegnò il pastellicco ad Irene, lei a Lilian, Lilian insegnò il pastellicco a Veronique e lei lo prepara quando invita gli amici e soprattutto quando invita suo padre. Questo pastellicco di famiglia *… con+ formaggio arrostito al forno , i borek *…+, la borechita, vengono dal fondo dei secoli. Un certo tipo di borechita, migrò in Argentina ed in Cile per diventarvi l’empanada.

I borek si propagarono in tutto il mondo ottomano, si diffuse in Grecia

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E’ un tripolino che riporta con dimostrazioni audiovisive tutte le ricette etniche degli ebrei di Libia. http://www.youtube.com/playlist?list=PL5430B9A844C59259

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