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2. LA LIBIA TRA COLONIA E POST-COLONIA

2.4. Tripoli: l’urbanistica ottomana e ed il nuovo assetto urbano

2.4.1. La città vecchia o Medina, Al-Madīnah

La Medina era abitualmente detta hara, che in arabo significa quartiere e intende quello ebraico. In realtà la hara, il quartiere ebraico, era solo una ―tessera‖ di quel mosaico di rioni etnici che costituivano la Città Vecchia e che comprendeva quartieri ebraici, arabi e cristiani.

La Città Vecchia era cinta dalle alte mura spagnole, alla quale, dall‘epoca coloniale si accedeva attraverso due ampi archi, tra i quali era ―sempre vigile‖ la statua bronzea di Settimio Severo, imperatore di Roma, berbero, a guardia del muro centrale tra le centine.

La scomposta ed irregolare disposizione delle case formava un labirinto di viuzze

33 Il malti è una lingua semitica, parlata a Malta e in altre zone d’emigrazione maltese, Libia

compresa. È sostanzialmente un dialetto arabo, con tratti simili al maghrebi, assurto al ruolo di lingua nazionale, con numerosi elementi linguistici provenienti da altre lingue o dialetti come l’italiano ed il siciliano.

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strette, ogni vicolo, la zanqah 34 , spesso si ramificava in calli cieche.

Le case erano generalmente a uno o a due piani, senza finestre esterne, con una corte centrale quadrangolare, dalla quale prendevano luce le stanze circostanti. Si accedeva, attraverso un ingresso, direttamente nel cortile, che era circondato da un doppio porticato: nel portico superiore si affacciavano e prendevano luce le stanze da letto, in quello inferiore quelle di rappresentanza e la cucina.

I tetti delle stanze erano piatti, a terrazza ed erano costruiti con travi trasversali ricoperte da travicelli posti in senso perpendicolare alle travi maestre e da tavole di copertura.

Tra il dedalo di ―zenghette‖, come gli italiani avevano italianizzato il termine libico zenqet, scorrevano nel verso Est-Ovest due strade principali, per lo più pedonali, relativamente larghe se confrontate con le altre calli: Sūq al-mushīr (Mercato del Maresciallo) e Sūq al-turk (Mercato Turco), che era ricoperto da una pompeiana lignea sulla quale si arrampicavano tralci di vite per riparare dal sole. Ai lati della strada di Sūq al-mushīr, si allineavano botteghe di fornai, calderai ed altri artigiani, venditori di spezie e di tappeti.

Una musica di martelli sulle pignatte di rame accompagnava il visitatore in cerca di esotismo. La continuità delle botteghe veniva interrotta sul lato sinistro, dal colonnato della monumentale moschea dei Qaramanli. La strada terminava nella piazza con la torre dell‘orologio , costruita dagli ottomani. Questa zona era per lo più abitata da mussulmani, così come il rione di Sūq al-turk.

Le botteghe degli artigiani, calderai, droghieri, commercianti di stoffe e tappeti, i

ṭabbākh, venditori di cibi cotti e di dolci e venditori di ogni altra sorta di

mercanzie, si addensavano lungo il tragitto dove ―stretti budelli‖ coperti come catacombe, si irradiavano perpendicolarmente all‘interno.

La città vecchia era circondata su due lati a Nord e ad Ovest dal mare.

Verso Ovest, dopo il Castello , il lungomare ai Bastioni, Shār‟a Sīdi Ḓarghut c‘era l‘ingresso della fonda ed alle sue spalle una collina che scendeva lentamente verso il porto, che i maltesi chiamavano la ―Scesa Marina‖.

In cima alla collina gli italiani avevano costruito un monumento ai caduti e quella zona era chiamata al-qubba,la cupola ed io, ancor oggi, non so se questo nome

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fosse dovuto alla forma del monumento coperto da una cupola o alla forma propria della collina, lievemente ovalare.

Il monumento fu fatto radere al suolo da Gheddafi, ma il nome sembra sia rimasto e sicuramente rimane nella nostra memoria. All‘estremo Ovest, nella zona collinare di al-qubba c‘era un'altra enclave mussulmana.

I quartieri ebraici erano all‘interno della Città Vecchia: la hara kebira o hara

kabīra o hara grande, a Nord-Ovest, e hara sghira o hara ṣ‟īra o piccola, a Nord

Est, con le sinagoghe. Questi quartieri erano sovraffollati, non erano cinti da mura e porte come in altri ghetti europei ed in essi c‘erano ben 11 yeshivot, scuole talmudiche35 e 30 sinagoghe 36.

La zona più a Nord Ovest era abitata da maltesi, greci, siciliani che convivevano con famiglie ed esercizi commerciali di ebrei.

I quartieri ebraici della hara grande e di quella piccola erano giustapposti a quelli arabi. Quello cristiano, di maltesi, greci e siciliani era sito invece, con la chiesa di Santa Maria degli Angeli, a Nord vicino all‘antico arco trionfale marmoreo dedicato all‘ imperatore Marco Aurelio. Era un imponente arco con la cupola ottagonale, ornato da statue che attestava la romanità di Oea, l‘antica Tripoli. La distinzione tra quartieri arabi, cristiani ed ebrei risiedeva non nelle caratteristiche delle case, delle strade, ma nella diversità della religione praticata, del modus vivendi. Sfumature di odori più o meno intensi di cumino e zafferano esalavano dalle case, profumavano le strade e gusti diversi si assaporavano nei

ṭabbākh e risuonavano le differenze fonetiche del dialetto libico.

Così descrive magistralmente Giulio Busi in una recensione del libro ―E venne la notte‖ di Victor Magiar, nel ―Sole 24 Ore‖ del 22, Febbraio, 2004 .

«A Tripoli, quando l‘identità era nell‘emporio [ ..] dietro un arco della città vecchia, la strada dei fornai arabi segna il confine. Da lì comincia la hara, che per secoli ha rappresentato il cuore della comunità ebraica di Tripoli. [… ] solo mura invisibili separano questa zona dal resto dell'abitato. Non vi sono recinzioni né cancelli, come nei ghetti europei. Piuttosto la barriera è costruita dalla diversità di

35 Scuole maschili di studi religiosi ebraici in cui si studiano la Torah e il Talmud. 36

Roberto Nunes-Vais: Le comunità ebraiche di Libia: dalla distruzione del I Tempio nel 597 a.C.,

all’esodo nel 1967, a seguito della Guerra dei Sei Giorni. Comunicazione personale su “Incontro

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religione e di stile di vita, dai profumi, dall'alchimia dei cibi e dalle cadenze del dialetto. Con le affollate botteghe di stoffe, i fondaci degli orafi e le sinagoghe, il quartiere ebraico è innanzitutto emporio, ma anche rifugio d'identità, macchina creatrice di nostalgie, isola del passato … .» 37

Le moschee nella Città Vecchia erano un po‘dappertutto.

Le più belle e monumentali erano quelle della Cammella del VII secolo, più volte ricostruita fino al XVII, quella dei Qaramanli dello stesso secolo e di Gurgi costruita nel secolo successivo.

Dal qubba si dominava gran parte della costa Ovest. Poco distante dal braccio occidentale del porto partivano delle scogliere sottili come sbarre difensive dai marosi a formare un piccolo arcipelago.

Su uno di questi, che era un vero e proprio isolotto, Jazīr al-Fransī , isola dei francesi, in dialetto Zīr Al- Franzīs, i turchi avevano costruito una polveriera. Il braccio di mare sotto Al-Qubba, per circa un chilometro e mezzo lungo la costa non era adatto alla balneazione per la morfologia scogliosa e perché in quella zona c‘erano gli scarichi fognari della città vecchia, della centrale elettrica a carbone e del Monopolio Tabacchi.

Proseguendo lungo la costa verso ponente, il paesaggio si addolciva in spiagge finemente sabbiose, profonde e diversamente colorate dal riflesso dei raggi del sole. Il tratto costiero si introfletteva verso sud disegnando una graziosa baia fino a Giorgimpoli, nome assunto dal concessionario di quelle terre, Giorgini.

La costa proseguiva fino a Gargaresh, alternando scogli e spiagge.

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