5 FINE DI UNA COLONIA
7. LE TRASFORMAZIONI DELLA SOCIETA’ LIBICA NEGLI ANNI SESSANTA
7.6. Moderni modelli di vita e la tradizione
La modernità però avanzava velocemente. Per i giovani i nuovi modelli di vita erano proposti dai coetanei, figli dei militari inglesi e americani che ora non stavano più rinchiusi nelle loro basi militari. Gli orizzonti relazionali si ampliavano per la frequentazione dei coetanei appartenenti a famiglie europee che vivevano nella città, che ora offriva nuove occasioni di socialità.
“Nella precedente telefonata che mi hai fatto, ti sei ricordato di «Let Biasolà» *ride+ . Ti sei ricordato del mio nome d’arte, perché oltre a studiare di giorno, la notte suonavo in un complesso alla «Piccola Capri», che era un ritrovo di Gargaresh, a cinque chilometri da Tripoli, molto frequentato dai civili e dai militari inglesi e le loro famiglie.
Avevamo un orchestrina con fisarmonica, batteria, pianoforte, sax , io al contrabbasso e cantavo.
Là, una sera, incontrammo Moncada che aveva un locale a Tagiura, oggi si potrebbe dire un dancing, dove si ballava, si cenava, c’era una pizzeria, ma non aveva tanta gente, era poco conosciuto.
Ci sentì e ci disse: «Potreste fare qualcosa di carino voi?». Mi scatto una molla, anagrammai il mio nome e venne fuori Let Biasolà. Debuttammo un sabato o una domenica e io inventai uno stratagemma, uno scherzo. Facemmo un battage pubblicitario: «Per la prima volta a Tripoli … dall’Europa … Let Biasolà …!» e la domenica successiva non c’era posto neanche per uno spillo era strapieno di gente a sentire questo Let Biasolà … . Un successo strepitoso e divenne un locale alla moda, non si trovava posto a pagarlo oro … Non ti dico la gente che mi conosceva, ma accettò lo scherzo e ebbi un grande successo con la canzone «Sapore di Sale» di Gino Paoli … Il posto era bellissimo, in mezzo a tante grandi palme , veramente bello … “
Intervista a Letterio A.
Negli anni sessanta ci si apriva verso altri modelli di vita e i giovani italiani si confrontavano con altre collettività ―più aperte‖ rispetto a quelle in cui erano stati educati, molto tradizionali di tipo meridionale, siciliana.
“Sì, lì ho conosciuto mia moglie. L’ho conosciuta ai Bagni Sulfurei.
Mia moglie aveva una caratteristica, che ricordo con tanta nostalgia … Aveva degli occhi stupendi, non si può dire azzurri.
Erano di un verde profondo. Bellissimi. Chiunque la vedeva veniva colpito da quegli occhi. La prima volta che la vidi passare, guardandola da dietro non me n’ero neanche accorto.
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Me la fece notare il mio amico Fausto, che mi disse: «Guarda che occhi che ha quella ragazza?».
Essendo siciliana, di famiglia molto rigida, cominciammo a vederci di nascosto … l’ambiente allora era così … c’erano tutte quelle storie che capitavano quando un giovane d’allora frequentava una ragazza …”. Intervista a Gilberto C.
I maschi italiani venivano a contatto con giovani americane e inglesi, venute al seguito di genitori militari o che lavoravano nell‘industria petrolifera oppure con ragazze che lavoravano nel terziario. Le ―americanine ed inglesine ‖ come le chiamavamo, erano molto più richieste che le donne italiane, perché potevano uscire più liberamente, anche di sera.
Come nelle parole di una canzone di Adriano Celentano, del 1964: « Il problema più importante per noi è avere una ragazza di sera …».
“ Io non c’entravo niente con loro. Un giorno stavo schiacciando la solita pennichella pomeridiana e dietro la finestra sento un clackson che strombazza. Chi è ? Erano la solita compagnia con vari italliani tra i quali Domenico, Roberto, ed altri. Erano in inferiorità numerica di uomini.
Suonano e cominciano a gridare: «Scendi che sono arrivate le inglesi! Le abbiamo rimorchiate … Abbiamo appuntamento «Alle Lanterne» [un
ristorante] , vieni anche tu?»
«Dai muoviti e non farci perdere tempo! Scendi, vieni fuori con noi! Ci sono le ragazze straniere, sono inglesi ».
Io dico che ho appuntamento con mio padre per andare a pescare, devo andare con mio padre e ho tutto pronto, ma non c’è verso…
«Dai Luciano, devi darci una mano, non puoi fare il prezioso! Sono inglesine …. Dai, vieni!»
Cosa dovevo fare?
Non potevo fare a meno di fare … un favore a degli amici . Ci sono andato. Arriviamo là.! … Dove si va? Si va in campagna, c’è un bel posto, un aranceto da…. Era il 6 di Marzo del 1969, faceva freschetto. A Tripoli a Marzo è bello, ti ricordi…, ma il sole non è tanto caldo e tramonta presto. Avevo messo jeans e un maglioncino senza niente sotto.
Si parte con una Fiat 850. Dietro ci sono io e Carole davanti. Al volante Roberto. Loro non parlvano una parola di italiano.
Lei apre il finestrino. Io le dico che entra troppa aria e così attacco discorso. Carole a quei tempi era strepitosa, bionda, due gambe da un metro e mezzo. Mi rimase in mente.
Mi rimase in mente a tal punto che poi sono andato a trovare lei e le altre inglesi…” [oggi sono felicemente sposati con tre figli e tanti nipoti].
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Se i maschi avevano conseguito una certa autonomia e libertà, il cruccio delle ragazze erano le relazioni sociali chiuse anche all‘interno della stessa collettività italiana: potevano frequentare solo ed esclusivamente ragazzi ―conosciuti‖, di buona famiglia, di status sociale uguale o superiore. L‘apertura verso l‘esterno, magari anche verso altri occidentali non appartenenti alla cerchia conosciuta era guardato dalla famiglia della ragazza con sospetto e spesso disapprovato e le stesse ragazze mantenevano a distanza gli ―stranieri‖.
―L‘uscita‖ in gruppo presupponeva che i rapporti di frequentazione fossero circoscritti al gruppo.
“Noi quando andavamo fuori ballavamo sempre col nostro ragazzo, al massimo con i nostri amici. Non ballavamo mai con estranei. Tu hai visto che tipo che ero io. Ero carina, una bella ragazza. Ti ricordi com’ero vero? Si avvicina un “malanno” di americano e mi invita a ballare.
Io ero imbarazzata, primo perché non era bello andare a ballare con degli amici e poi ballare col primo venuto, almeno da noi si usava così, ballare con quelli nel nostro gruppo e non con estranei.
Invece si presenta questo americano … Ero molto imbarazzata … Insomma uno che era con noi, uno degli amici, gli dice di lasciarmi stare in pace e che …
Pensavo che questo gigante potesse reagire … ora chissà cosa fa? Invece, se ne andato”.
Intervista a Sofia G.
Solo tardivamente, verso la fine degli anni sessanta, si superò una sorta ―d‘endogamia‖. Alle ragazze ―perbene‖ era permesso andare in alcuni locali pubblici, come il Uaddan o circoli privati ben frequentati, ma sempre in compagnia ―di bravi ragazzi‖.
Assolutamente interdetti quelli ―peccaminosi‖ come il Mokambo, uno di quei numerosi locali venuti su per alleviare l‘astinenza di sesso dei ―petrolieri‖ e di ricchi libici alla ricerca di donne occidentali. Chi tornava dai campi petroliferi del deserto e ogni tre mesi godeva di un mese di ferie, si poteva concedere ―un giorno da leone‖ a caro prezzo, nei numerosi locali che sorgevano in periferia, o in discreti ristoranti e night club, che suscitavano grande curiosità, ma che offrivano poche possibilità d‘accesso agli studenti squattrinati.
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tempo di pace, non mancavano: dai villoni di periferia dotati d‘isolamento acustico a prova di orgia, ai compiacenti locali notturni con separè a fondo pista e un andirivieni di maschi un po‘ alticci […] inquiline di passaggio, artiste di varietà, cantanti, ballerine, contorsioniste accomunate dalla stessa tendenza a sporgersi dai davanzali più del dovuto» (Abate 2011, p.13).
“Nei locali pubblici ci si andava qualche volta. Al massimo al Bingo il giovedì sera all’Uaddan. Una volta, per curiosità, siamo stati al Mokambo.
Sì, come tutti. Era il locale peccaminoso … non ci potevi portare la ragazza.
Andavamo i soliti cinque amici da soli, che stavamo sempre insieme: ci chiamavano i cinque dell’Ave Maria come il film ” .
Intervista a Silvio V.
“ … si andava all’Uaddan , ma poche volte. A fine anno della scuola si faceva una serata all’Uaddan, ogni tanto andavo, ma per i fatti miei al Casinò, ma anche qualche volta sono stato al Mokambo …
Che ti devo dire, ci sarò andato per curiosità tre o quattro volte. Là le “ballerine” ti facevano pagare la bottiglia, ma con noi poveri studenti se la potevano scordare ... C’era un sacco di gente che si permetteva queste , chiamiamole evasioni …”
Intervista a Renato A.
Per le ragazze invece, solo alcuni locali pubblici erano permessi e gli orari di libera uscita con selezionate compagnie, erano stabiliti rigidamente dai genitori che resistevano strenuamente ai loro tentativi d‘evasione.
“Abbiamo avuto una bellissima gioventù, però offuscata da regole che mio padre riteneva imprescindibili … una di queste era di dover tornare a casa all’ora di pranzo e all’ ora di cena.
Tu sai che il mare era relativamente vicino, bastava avere una macchina, ma sul più bello, quando tutti gli amici cominciavano a divertirsi, si doveva scappare a casa …
Gli altri si mangiavano il panino con l’hamburger o con lo hot dog e noi dovevamo tornare a casa. Per fortuna c’era mia madre che mediava … . Le feste erano una tragedia. Per le feste dovevano venire gli amici o le amiche che mio padre aveva in simpatia, di cui conosceva la famiglia, lo pregavano e allora si lasciava convincere … complice mia madre *…+ Per esempio al Beach Club c’erano tutti i nostri amici e lui non voleva che ci andassimo perché diceva che non era frequentato da donne perbene. Questa era la sua testa e non c’è stato niente da fare. Siamo andate
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all’Underwater 104, non so se ricordi ?” Intervista a Concetta B.
“Noi ragazze occidentali avevamo la vita molto difficile. Se qualcuna dice di no, io non ci credo.
Anche C. questa mattina mi raccontava che suo padre non permetteva che le figlie tirassero fuori il naso se non in compagnia con persone di cui avevano fiducia …
Anche mio padre era così …
Io mi ricordo che quando venivo a prenderti per andare fuori a qualche festa,almeno nei miei confronti era molto tranquillo, anzi affettuoso …
Sì, è vero! Perché conosceva tua madre, conosceva tua zia, era amico della famiglia, conosceva i tuoi nonni … sapeva chi eri, avevi un nome …
… la vita era difficile forse perché c’era una commistione di comunità diverse …
In che senso?
Per esempio. Mi diceva Cetty che lei ha incontrato a Parigi Dodi, che è diventato il più grosso impresario di manifestazioni musicali nel mondo … ricordi che a Tripoli organizzava le feste pomeridiane 105.
E veniva a chiederci i soldi …
No, le ragazze non pagavano … eravate merce rara … Mi ricordo che faceva pagare 5 piastre «…se vieni con la donna, se vieni senza donna, paghi 10 …» .
… mi dissero che scrisse che iniziò la sua attività di impresario teatrale e musicale … con i soldi guadagnati alle feste …
Intervista a Ignazia A.
Le ragazze di qualunque età ed estrazione sociale dovevano uscire accompagnate da ―persone fidate‖, con una ―genealogia certificata‖, in compagnie ben conosciute dai genitori che esercitavano un controllo discreto, ma più che vigile. Di fatto, la situazione evolveva anche se lentamente.
104 L’Underwater Explorers Club era un altro club privato, considerato meno prestigioso del Beach
Club. C’era una piscina e l’ambiente era sostanzialmente familiare. Di subacqueo aveva solo il nome.
105 David Zard nacque a Tripoli da famiglia di religione ebraica. In un certo senso, cominciò la sua
attività di impresario musicale organizzando feste studentesche. Lascia la Libia, per il pogrom contro gli ebrei nel 1967, durante la guerra arabo- israeliana. Negli anni ottanta ha portato in Italia tutte le principali rockstar dai Rolling Stones, ai Pink Floyd, da Michael Jackson, da Bob Dylan a Elton John, dai Duran Duran a Madonna e con Riccardo Cocciante Notre Dame de Paris. Lo ricordo con simpatia e con la nostalgia della passata gioventù, le sue feste pomeridiane del sabato pomeriggio in case d’amici.
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“Si faceva vita di “compagnie” . Noi avevamo la nostra compagnia e andavamo al Malta House … a ballare, a cocktail danzanti.
Come mai non andavate, visto che Elia ? [il fidanzato era greco...]
Non è che ci fosse la regola che uno è greco e va al Circolo Greco. Si andava a ballare. Sì, siamo anche stati all’ambasciata greca per un ricevimento perché c’era una festa greca .
Siamo andati anche là. Non so come e perché andavamo al Malta House. Forse perché c’erano tra noi tanti amici maltesi,ma anche italiani però... Non andavamo solo là; siamo andati anche al Circolo Inglese; ecco, frequentavamo poco il Circolo Italia …
Perché, non ti piaceva perché c’era zahma , una jmā 106 di gente che non ti piaceva …?
C’era una certa “puzza al naso” verso certa gente … li ritenevate di basso rango … “gente bassa” come qualcuno diceva …?
No, ma gli ultimi tempi c’era sempre tanta gente e che non mi andava. Non che noi avessimo la “puzza al naso” come dici tu, ma se devi andare in un posto che non ti va, non ci vai.
Con i maltesi si andava d’accordo, i greci ci andavano d’accordo. Anche là c’era qualche cretino … ma non si faceva una questione di razza …
E con gli ebrei?
Eh, sì, con gli ebrei … che erano quelli più ricchi. Avevano tutti questi grandi negozi nel centro di Tripoli. Nella nostra compagnia ce n’era uno solo, un certo Ellis R., una brava persona, ma una testa un po’ calda, voleva andare in Israele.
So che adesso è a Roma,spero che sia ancora vivo. Ma tu stai registrando? Cos’è quello?
Sì, te lo detto all’inizio che ti registro.
Se hai dei problemi nella revisione del testo puoi tagliare … certo, ti prego, non le cose importanti!
Con questo fatto qua che c’erano molti maltesi frequentavamo molto gli inglesi. Sai che i maltesi si sentivano inglesi … Loro, gli inglesi, avevano la base vicino all’aeroporto di Castel Benito,là avevano i campi .
Io mi trovavo molto bene con loro, ci frequentavamo, andavamo anche a casa loro a feste private …, ma anche degli americani sai questi che lavoravano nel deserto e che magari avevano la famiglia a Tripoli. Quando tornavano organizzavano cene, feste e si ballava anche nelle case private, loro avevano ville e loro erano molto più aperti di noi.
Eh sì, noi eravamo molto chiusi!
Sì, con loro invece ci si trovava bene.
Io avevo un’amica inglese, la classica inglese, alta e secca. Aveva degli occhi azzurri bellissimi, ma era strabica, che non ti dico. Questa era
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Le parole zahma e Jmā sono parole gergali tripoline per indicare confusione di gente poco garbata.
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fidanzata, guarda caso con un maltese 107.
Un mio amico, un certo Franco R. che era un tipo scherzoso come te, una volta ha detto che in quella casa avevano tutti gli occhi strabici, anche il cane … . A furia di guardare la padrona era diventato strabico anche lui [risata].
Quindi frequentavate, tramite amici maltesi conoscevate molti inglesi …
Ma anche americani. Andavamo a ballare alla base aerea americana del Wheelus Fied . Te la ricordi la base della Mellaha?
Intervista a Sofia G.
A Tripoli si praticava una forma di selezione nella scelta dei ritrovi e luoghi di riunione che erano categorizzati in base alla qualità della frequenza.
Alcuni luoghi di riunione, tradizionali centri d‘aggregazione degli italiani ed europei in genere, cominciavano ad essere evitati, non tanto perché l‘ambiente era multietnico, quanto perché, come si diceva, era frequentato da zaḥma, da una jmā di gente, parole che nel gergo tripolino indicano letteralmente una grande confusione di persone con modi ―plebei‖ di comportamento.
Nascevano nuove forme di aggregazione sociale, si cominciavano ad accettare ―gli stranieri‖, si seguivano mode in generale anglosassoni e si creavano nuove forme di esclusione.
“Seguo qualcuno di questi siti *internet, social network+ c’è ne uno, “Noi del Circolo Italia” sul quale sono intervenuto una volta per dissenso *…+ Ho detto che alla fine il «Circolo Italia” era diventato un minestrone di gente che con noi non c’entrava per niente … e che tra l’altro neanche conoscevo »
Intervista ad Angi C.P.
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I maltesi si consideravano inglesi, “affermavano d ’avere passaporto inglese”, i più abbienti frequentavano corsi in Inghilterra per impadronirsi della lingua e amavano inserirsi nei gruppi degli inglesi per confermare la loro appartenenza britannica. Di fatto però, la maggiore frequentazione era con italiani e la cultura era quella italiana o meglio siciliana..
La loro “madre patria” l’Inghilterra aveva una certa difficoltà ad accogliere tutti i sudditi del Commonwealth e i maltesi, come tanti sudditi dell’Impero Britannico, trovarono difficoltà d’inserimento nel Regno Unito. In poche parole il Regno Unito non li voleva. Molti maltesi, emigrarono in Australia, ben lieta d’accogliere una popolazione bianca, con conoscenza della lingua e culturalmente evoluta per contrastare la crescente immigrazione asiatica.
Coll’indipendenza di Malta il piccolo arcipelago senza tante risorse e con una popolazione da secoli dedita all’emigrazione, era impossibile accogliere nel suo seno un così grande numero di emigrati. Pertanto ci furono restrizioni basate sulla reale e documentabile origine maltese e quindi pochi rientrarono a Malta, altri o per jus connnubi o dopo anni di permanenza in Italia sono oggi a tutti gli effetti cittadini italiani.
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