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Cognizione distribuita

Sezione I – Dispositivo

3.2 Il dispositivo della mente

3.2.6 Cognizione distribuita

Nel momento in cui l’apparato mentale si estende attraverso circuiti emulatori intra ed extra- neurali, la centralità della mente all’interno di questo vero e proprio sistema cognitivo viene messa in crisi. Che la mente umana non sia il centro di un sistema intelligente più allargato è uno dei fondamenti della così detta teoria della “cognizione distribuita” (distributed cognition).328

Legata all’ipotesi estensiva della mente, tanto da suscitare confusioni e sovrapposizioni epistemiche, la cognizione distribuita propone un approccio epistemolgico di tipo connessionista (studio di modelli basati su sistemi dinamici, emergenti e a sciame) e parte dall’assunto che ogni istanza cognitiva possa essere studiata come fenomeno emergente da processi distribuiti nell’ambiente. Fra gli studiosi di riferimento di questo campi di ricerca c’è sicuramente Edwin Hutchins che con il suo Cognition in the Wild (1995) ha coniugato efficacemente le teorie cognitive con la prospettive antropologiche e storico-culturali.329 Hutchins ricorda come la cognizione distribuita sia una prospettiva su tutta la cognizione, mentre l’ipotesi della mente estesa riguardi solo alcuni casi (legati all’uso di tecnologie e a cicli cognitivi di pochi minuti). Inoltre sebbene l’ipostesi della mente estesa implichi la produzione di un sistema cognitivo allargato, tuttavia essa presuppone che l’SNC ne sia il fulcro centrale. 330

Al contrario, l’idea di “cognizione distribuita” si riferisce alla capacità di un sistema dinamico e intelligente di suddividersi attraverso una rete di sottoinsiemi cognitivi più semplici e autonomi, che insieme concorrono a risolvere un problema di ordine più grande. La distribuzione cognitiva non è quindi una proprietà empirica del sistema intelligente ma riguarda la scala epistemologica del sistema preso in esame dalla ricerca, laddove i confini delle unità base che lo compongono possono variare notevolmente da un caso all’altro. Analizzare il sistema dinamico formato da una fila di persone in attesa al botteghino, rispetto allo studio dell’organizzazione di una colonia di formiche, o al sistema di apprendimento del linguaggio nel bambino senza la guida di un insegnante, o ancora del sistema formato dalla “situazione cinema”, richiede infatti scale spaziali, temporali e “ambientali” molto differenti. Lo studio si basa quindi sulla generazione di modelli e pattern di interconnettività allo scopo di prevedere lo sviluppo e il comportamento delle unità all’interno di determinati ecosistemi cognitivi.

328 Per una panoramica sulle origini e gli sviluppi di questo campo di ricerca v. Edwin Hutchins, “Distributed

Cognition”, 18 Maggio 2000, reperibile presso http://comphacker.org/pdfs/631/DistributedCognition.pdf.; James Hollan, Edwin Hutchins e David Kirsh, “Distributed cognition: toward a new foundation for human-computer interaction research”, «TOCHI. Transactions on Computer-Human Interaction», vol. 7, n. 2, 2000, pp.174-196.

329 Cfr. Edwin Hutchins, Cognition in the Wild, Cambridge (MA), The MIT Press, 1995. 330 Edwin Hutchins, “The Cultural Ecosystem of Human Cognition”, cit., p. 36.

Un esperimento mentale offerto dal teorico dell’informazione Tom Stonier prende come esempio il lavoro svolto da una ditta di pulizie per spiegare le dinamiche collettive e ambientali di accrescimento del significato e di problem-solving. Un pezzo di informazione ritrovato da un operaio della ditta all’interno di una casa (mettiamo un brandello di immagine) può aumentare di “significatività” passando di mano in mano e in base al soggetto che lo prende in esame. Il lavoro di contestualizzazione ambientale e distribuzione cognitiva può portare alla risoluzione del problema “cosa è questo oggetto?”. Così come il punto di vista non appartiene all’osservatore privato, anche il significato simbolico e funzionale di un oggetto non dipende dalla mente umana ma da un sistema olistico di percezione-azione che si co-determina insieme alle invarianti fornite dall’ambiente.331 Dall’applicazione di questi principi la robotica proattiva sta sviluppando robot intelligenti che basano le loro azioni su differenti pattern di percezione-azione che, a partire da una disposizione processuale di default, si auto-organizzano attraverso l’interazione con l’ambiente senza l’intervento di un controllore esterno.

Analogamente Hutchins si è occupato della distribuzione cognitiva che avviene attraverso l’uso dei cruscotti di pilotaggio degli aerei di linea. Nel pannello di comando di aerei del genere, Hutchins ha individuato fino a 18 assetti ottici formati dai vari indicatori, tachimetri ecc. che creano una zona di alta densità cognitiva basata sul principio della ricerca di traiettorie. Il feedback loop non avviene quindi fra il pilota e le affordance dell’ambiente naturale descritte da Gibson (la linea d’orizzonte, lo spostamento e l’occlusione degli oggetti, la visione ambulante ecc.), bensì attraverso un assetto ottico “artificiale” ed emulatorio che mostra sotto forma di diagrammi, cifre e indicatori le caratteristiche che normalmente verrebbero co-determinate dalla visione ambientale. In questa ottica, la mente (indipendentemente dal grado di estensione che raggiunge) è solo una parte di un ecosistema cognitivo più grande, composto da una zona ad alta intensità cognitiva (la “cabina di pilotaggio”) e i suoi dintorni (i componenti dell’aeromobile, le comunicazioni con la torre di controllo e l’equipaggio, le procedure e gli standard di navigazione, ecc.) così che “l’attività del sistema nervoso è legata a processi cognitivi di alto livello attraverso un’interazione incarnata con materiali culturalmente organizzati e mondi sociali”.332

Più di recente, con il termine “ecologia cognitiva” Hutchins definisce un campo di studi che facendo leva sulle teorie dell’embodiment e della cognizione distribuita si propone di analizzare sistemi di intelligenza dinamici e distribuiti (un’ecologia appunto) da un punto di vista storicamente e culturalmente situato. Secondo Hutchins: “Mentre tutto è connesso a tutto il resto, i pattern nella

331 Tom Stonier, Information and Meaning, Londra, Springer, 1997. p. 120 cit. in Maria Eucrice Quilici Gonzalez,

“Infromation and Mechanical model of Intelligence”, in Cognitive Technologies, cit., p. 118.

densità di interconnettività determinano le proprietà cognitive del sistema, sia che il sistema sia un area del cervello sia un gruppo di enti governativi che rispondono a una crisi”.333