Sezione I – Dispositivo
3.2 Il dispositivo della mente
3.2.2 Embodiment ed Embodied Cognition
La nozione di eco-fenomenologia che propongo parte da un’idea di base e cioè che la cognizione e l’esperienza fenomenologica siano sempre situate in un corpo-ambiente secondo la linea teorica descritta nel paragrafo precedente. Questa ipotesi si integra oggi nell’embodiment, il movimento teorico che sostiene che la mente si sia evoluta e continui a svilupparsi mediante la co-
evoluzione dei processi neurali dell’SNC in accordo con l’apparato muscolo-scheletrico e somatosensoriale dell’essere umano. A partire da questa premessa si tenta di spiegare non solo i meccanismi di percezione e cognizione ma anche l’evoluzione della mente, l’apprendimento, la costruzione del sé e l’esperienza soggettiva.
Percepire il mondo e agire su di esso fanno parte di un medesimo processo che rende il pensiero un processo che nella terminologia cognitiva viene chiamato “enattivo”, ovvero strettamente legato alle azioni dell’organismo nel suo ambiente.282 L’enazione di un agentività risulta da un ciclo interattivo funzionale (feedback loop) fra (a) gli input percettivi multisensoriali, (b) la molteplicità dei processi cognitivi ed emotivi consci e inconsci che questi input innescano, (c) le reazioni del corpo che da un lato (d1) intervengono attivamente sull’ambiente e dall’altro (d2) si riverberano sull’apparato cognitivo stesso, producendo in entrambi i casi degli output che rinnescano un nuovo ciclo. In un’aforisma che ha lanciato le teorie enattive, Alva Noë sostiene infatti che “percepire è qualcosa che facciamo, non qualcosa che ci succede”.283
In particolare il ramo a cui farò riferimento prende in linea generale le distanze (i) dal dualismo mente/corpo di stampo cartesiano e dall’individualismo esistenzialista; (ii) dall’indagine metafisica volta all’identificazione della realtà o di principi trascendentali; (iii) da quello che viene chiamato “rappresentazionalismo rigido”, ovvero dall’ipotesi che la mente debba necessariamente produrre contenuti o entità mentali di stampo visuale o linguistico per considerarsi tale; (iv) dalla divisione fra natura e cultura, dall’innatismo rigido e dalla modularità rigida del cervello (il fatto che sia diviso in aree delimitate che assolvono a compiti specifici), abbracciando invece una prospettiva legata da un lato alla plasticità neocorticale e dall’altro al ruolo delle aree più antiche del cervello284; (v) dalla prospettiva antropocentrica, sia da un punto di vista analitico (studiando forme di cognizione, fenomenologia e intelligenza “non-umane”) che filosofico (attraverso la rivalutazione del concetto di “animalità”).285
Gli studi di George Lakoff e Mark Johnson hanno forse prodotto l’eco più forte nella comunità scientifica. L’impianto teorico da loro proposto parte dall’assunto che ogni concetto sia “incarnato” in quanto collegato all’evoluzione e all’utilizzo in tempo reale dell’apparato sensomotorio, cosicché la maggior parte delle nostre inferenze concettuali emergano dall’interazione con inferenze sensomotorie.286 Per “apparato sensomotorio” si intende la
282 Come ho mostrato in precedenza, il rapporto fra percezione, azione e pensiero è stato teorizzato ben prima delle
scienze cognitive da Uexküll, Heidegger e Gibson.
283 Alva Noë, Percpetion in Action, New York, The MIT Press, 2004, p. 10..
284 Un autore “singolare” a cui farò riferimento è il neurofisiologo e filosofo della mente William Hirstein che al
contrario rivaluta il ruolo delle rappresentazioni e identifica il “locus” della coscienza in un punto ben preciso del cervello. Me ne occuperò in seguito.
285 Per una spiegazione più articolata dei termini, delle nozioni e del dibattito nel campo della filosofia della mente v.
Pete Mandik, Key Terms in Philosophy of Mind, Boolmsbury Academic, New York, 2010.
coordinazione neuronale che si stabilisce fra sistema sensoriale (atto all’elaborazione degli stimoli sensoriali) e il sistema motorio (atto all’attivazione dei muscoli del corpo). La teoria della percezione “sensomotoria” sostiene che l’esperienza del mondo implichi necessariamente la comprensione, da parte del sistema nervoso, delle relazioni fra azioni possibili e cambiamenti sensoriali ad esse risultanti.287 Secondo i filosofi statunitensi l’apparato sensomotorio non partecipa solamente alle dinemiche parcettive, ma coinvolge attivamente i meccanismi di ragionamento e linguaggio, e concorre a determinare l’esperienza fenomenologica degli esseri umani e degli animali.
Più precisamente le nostre traiettorie di pensiero e ragionamento si basano, secondo Lakoff e Johnson, su delle “immagini schema” legate alla proiezione nel mondo di caratteristiche proprie della morfologia e dell’apparato sensomotorio del nostro corpo. Schemi immaginari che vengono impiegati in maniera cross-modale, ovvero ci servono per dare senso a tutti i tipi di percezione (sonora, tattile, visuale ecc.) e vengono ulteriormente orientati dalle nostre risposte emotive. Queste concettualizzazioni avvengono all’interno del nostro “inconscio cognitivo”, una versione de- edipicizzata dei processi neurali che sottondendo la nostra esperienza e di cui non abbiamo accesso consapevole. Un concetto incarnato non è quindi una proprietà trascendentale svincolata dal corpo ma una struttura neurale che è parte integrante dell’apparato sensomotorio. Si pensi alla morfologia del corpo umano. Il fatto che sia dotata di una parte frontale dove è rivolto lo sguardo ed è indirizzata la locomozione e la manipolazione, e di una parte posteriore attraverso la quale normalmente non avvengono le stesse interazioni, influsice sui nostri meccanismi di produzione del pensiero. Ne segue che la capacità del nostro corpo di muoversi e manipolare il mondo tracciando le relazioni spaziali fra noi stessi e gli oggetti che si muovono nel mondo ci permette di concettualizzare il movimento attraverso un’immagine schema di partenza definita “sorgente- traiettora-traguardo” (source-path-goal) che rende così possibile l’egocezione e l’esterocezione senza elaborati calcoli coscienti, al fine di intervenire prontamente. Analogamente a Gibson, la propriocezione del corpo diventa l’unità di misura con cui percepiamo il mondo, che in ultimo è tra i fattori fondamentali per generare il nostro senso di agentività e del sé. Da queste categorie di base o immagini schema (la “pietra angolare” della nostra comprensione, come la definiscono Lakoff e Johnson), si sviluppano delle “metafore primarie” o concetti incarnati legati non solo a meccanismi di sopravvivenza ma che dipendono largamente dal contesto storico-linguistico di una determinata cultura o società. L’estensione di queste strutture immaginarie produce numerose “metafore concettuali” che ci aiutano a dare senso a concetti più astratti come ad esempio la forza morale, la Violi, Milano, Bompiani, 2005; Id., Philosophy in the Flesh, cit., p. 20. L’impianto teorico e gli esempi a cui faro riferimento in questo paragrafo sono relative al secondo volume.
287 Cfr. Andy Clark, “Perceptual Experience and Sensorimotor Dependences”, in Id., Supersizing the Mind.Embodiment, Action and Cognitive Extension, Oxford, Oxford University Press, 2008, p. 22.
discpilina, l’obbedienza e così via. Ad esempio, partendo dall’immagine schema “sorgente- traiettoria-traguardo” il corpo-mente elabora la metafora primaria del viaggio che a sua volta può essere utilizzata per dare senso ad una storia d’amore mediante la produzione di una metafora concettuale (The Love is a Journey), che traccia una serie di associazioni metaforiche fra ciò che accade in una relazione amorosa e il viaggio.288
Quella che potrebbe sembrare una nuova teoria “strutturalista” della mente, vede nelle metafore concettuali dei set allegorici sempre incompleti e non a base linguistica. Come ricorda Johnson, applicare una metafora concettuale non significa applicare in maniera algoritmica uno schema sorgente ad uno di arrivo (come nelle espressioni metaforiche) ma piuttosto una mappatura di corrispondenze fra domini di conoscenza diversi.289
Nei riguardi della tecnologia, se da un lato il rapporto con la tecnologia digitale ha sviluppato nuove metafore concettuali come “Mind is a Computer” o “Consciousness is a software”, dall’altro l’integrazione con i dispositivi non ha solamente provveduto a una funzione prostetica o di alleggerimento della cognizione, ma ad un vero e proprio ri-orientamento delle nostre categorie e concetti embodied:
Strumenti come telescopi, microscopi e spettro-scopi hanno esteso il nostro livello di percezione base, e altre tecnologie hanno espanso le nostre capacità di manipolazione. In più, i computer hanno allargato la nostra capacità di calcolo di base. Questi miglioramenti delle capacità corporee di base estende il nostro livello base, il livello che è al centro del realismo incarnato.290
L’idea stessa della mente si basa largamente su molteplici sistemi incompleti di metafore e metonimie concettuali ispirate, ad esempio, ai processi di percezione, manipolazione, movimento, nutrimento e riproduzione sessuale. Ad esempio, nella lingua inglese, questi assetti epistemologici inconsci si manifestano attraverso il linguaggio tramite espressioni metaforiche come “I see” (letteralmente “io vedo”) o “I got it” (“ce l’ho”) per esprimere di aver compreso un’idea.
Questo perché, secondo Johnson, non esiste ragionamento né esperienza di pensiero indipendente da un certo sistema di metafore che traggono origine dal rapporto primitivo e infantile col corpo ma che possono svilupparsi nel corso della storia individuale dato che ogni corpo-mente è sempre situato in un ambiente.291
Per un aggiornamento della filosofia del dispositivo, la relazione fra mente e media si estende ora su più piani interpretativi. I media tecnologici sono stati impiegati per indagare la mente
288 Cfr. Mark Johnson, “The Contemporary Theory of Metaphor”, in Andrew Ortony, a cura di, Metaphor and Thought,
Cambridge University Press, New York, 1993, pp. 202-251.
289 Ibid.
290 George Lakoff e Mark Johnson, Philosophy in the Flesh, cit., p.91.
umana sul piano sperimentale (con test ed esperimenti di tipo medico scientifico), teorico (attraverso lo studio dell’effetto dei media, come il cinema, sulla mente umana) e sul piano della rappresentazione narrativa (all’interno degli stessi sistemi di media come il cinema e la televisione). I media tecnologici sono stati a loro volta impiegati per amplificare le capacità della mente umana e animale, tramite metodi più o meno invasivi strettamente legati a discorsi economici, politici, sociali e culturali. Questa invasione della mente da parte dei media, o per dirla con Benjamin, questa “innervazione”, produce dei cambiamenti nel corpo e di conseguenza, anche sugli schemi logico-percettivi dell’essere umano.