Sezione I – Dispositivo
3.1 Umwelt theory: Heidegger, Uexküll, Gibson
3.1.2 Uexküll: umwelt
È attraverso la nozione di mondo-ambiente (umwelt) se questa doppia polarità dell’essere- nel-mondo, una funzionale-operativa e l’altra analitico-cognitiva, si esercita e getta un ponte fra mondo umano e mondo animale. Infatti se Heidegger dedica un corso sulla differenza fra il mondo umano e animale fra il 1929-30 che sarà poi pubblicato in Concetti fondamentali della metafisica, affermando l’irriducibile differenza fra l’uomo produttore di mondo (welt) e l’animale che vive “stordito” dall’ambiente (umwelt),233 Jacob Von Uexküll utilizza già il termine a partire dal 1909
con il suo Umwelt und innenwlt der Tiere e poi con Theoretische Biologie (1920). Ma è in Ambienti animali e ambienti umani (1934), uscito pochi anni dopo il corso di Heidegger, che Uexküll affronta in maniera più sofisticata la questione su come gli organismi possano dar senso al loro umwelt così da agirne in accordo. Si tratta di smantellare la visione meccanicistica dell’animale trattandolo a tutti gli effetti come “soggetto”, ma d’altro canto di fondare l’etologia moderna, inserendola in quella riflessione ontologico-fenomenologica che intrecciava il campo della filosofia con quello delle scienze naturali a cavallo fra XIX e XX sec.
Per far questo l’etologo estone assume come dato di partenza che ogni creatura, oltre all’essere umano, possa essere considerata un soggetto la cui attività essenziale sia quella di agire e percepire. Ciò che un soggetto percepisce diventa il suo mondo percettivo, ciò su cui agisce diventa il suo mondo funzionale o operativo. Ognuno di questi mondi è composto da marche percettive (merkmal) ed operative (wirkmal) che indirizzano la percezione-azione dell’animale, creando così una “bolla” soggettiva che è appunto il suo mondo-ambiente (umwelt). Il mondo infatti è dotato di segni percettivi e operativi che si interfacciano con gli organi percettivi e operativi dell’animale, generando appunto delle marche che indirizzano la percezione-azione dell’animale sul mondo.
232 V. Paragrafo 2.4. “L’esercito dei dispositivi: Benjamin e l’equivoco della modernità”.
233 Martin Heidegger, Concetti fondamentali della metafisica. Mondo – Finitezza – Solitudine, Il Melangolo, Genova
1999, p. 302. Per un confronto teorico fra Uexküll e Heidegger v. Marco Mazzeo, “Il biologo degli ambienti. Uexkull, il cane guida e la crisi dello Stato”, in Jacob Von Uexküll, Ambienti umani e ambienti animali, cit., pp.18- 33.
Figura 2 - Circolo funzionale di percezione-azione che produce la umwelt. Illustrazione tratta da Ambienti animali e ambienti umani, p. 48.
Più precisamente, possiamo definire come umwelt il ciclo funzionale risultate dall’interazione fra gli organi sensomotori dell’animale e le marche funzionali e percettive possedute dagli oggetti. Già dal 1926, anno di fondazione dell’istituto di ricerca ambientale di Amburgo, Uexküll si scontra con l’ambiguità del termine umwelt, fino a quel momento utilizzato in ambito sociologico per indicare i contesti socio-culturali umani.234 Per Uexküll “il soggetto e
l’oggetto sono intrecciati l’uno con l’altro, per costituire un’unità sistematica” così che “i segni ricettori di un gruppo di cellule recettrici si combinano all’esterno dell’organo ricettivo, cioè fuori dell’animale, in unità che diventano oggetti esterni”.235 Come si può osservare dallo schema della
Figura 2, gli organi di senso e quelli operativi rappresentano il luogo di incontro di una rete di unità associative o “cellule macchiniste” che si organizzano al di fuori del corpo attraverso il rapporto fra animale e ambiente.236 È importante notare come nel modello di Uexküll le marche operative, ovvero ciò che indirizza l’utilizzo funzionale di una determinata unità associativa, contribuiscano a modificare e in alcuni casi a “disattivare” le marche percettive, ovvero la capacità di percepire e portare all’attenzione un determinato ambiente o oggetto da parte dell’animale.237
Anziché subire o seguire meccanicamente i cicli funzionali del proprio umwelt, l’emotività del soggetto (stimmung) influisce sull’interpretazione delle marche funzionali e quindi sul comportamento. Il paguro ad esempio può utilizzare l’anemone di mare in sei differenti modi in base alla sua disposizione emotiva, attribuendogli diversi significati biologici: difensivo, abitativo,
234 Marco Mazzeo, “Prefazione a Ambienti animali e ambienti umani”, cit., p. 9.
235 Jacob Von Uexküll, Ambienti animali e ambienti umani. Una passeggiata in mondi sconosciuti e invisibili, Macerata,
Quodlibet, 2010, p. 9.
236 Ibid., p. 46. 237 Ibid. p. 48.
nutritivo ecc.238 Un ambiente complesso è caratteristico da forme animali complesse che sono legate
a circuiti funzionali plurimi e diversificati. Tuttavia l’adattamento, per Uexküll, è sempre “ottimale” sia per gli animali complessi sia per quelli più semplici. Per comprendere meglio questa teoria, l’etologo estone utilizza il celebre esempio dell’ambiente della zecca:
[…] l’eccitazione dell’acido butirrico produce nell’organo percettivo della zecca segni percettivi specifici che vengono proiettati all’esterno come marche olfattive. I processi in atto nell’organo percettivo producono per induzione (non sappiamo in cosa consista questo fenomeno) gli impulsi corrispondenti nell’organo d’azione, il quale, a sua volta, provoca il rilascio della presa. Dopo essersi lasciata cadere, la zecca conferisce ai peli con i quali viene in contatto la marca operativa dell’urto, che produce una marca percettiva tattile in grado di disattivare la marca olfattiva dell’acido butirrico. La nuova marca tattile attiva un movimento d’esplorazione fino a che questo, a sua volta, non viene soppresso dalla marca percettiva termica nel momento in cui la zecca arriva in un punto provo di peli e comincia a perforarlo.239
L’umwelt è dunque un circolo funzionale distribuito, non una serie di rappresentazioni categoriali elaborate internamente dal soggetto a partire dagli stimoli ricevuti dall’ambiente. Più che fornire una prospettiva sul mondo, l’animale partecipa ad una melodia funzionale sincronizzata con le marche del mondo. Mondi ontologicamente ottimali che tuttavia possono risuonare insieme ed imbattersi con i propri dintorni pessimali (umgebung).
La specialità dell’essere umano, secondo Uexküll, consiste proprio nella sua capacità di attraversare ambienti e riuscire a trasformare il pessimale in ottimale (o viceversa). Inoltre è proprio attraverso l’esempio della zecca se Uexküll menziona l’esperienza cinematografica come un ambiente costruito in accordo con la temporalità dell’istante umano, ovvero con la capacità di percepire un cambiamento al di sopra della soglia di un diciottesimo di secondo.240
Melodie e suoni sono le metafore predilette da Uexküll e forniscono un’alternativa a quelle oculo-centriche che notoriamente assegnano alla visione e all’immagine un certo tipo di primato epistemologico. L’animale dà senso al proprio ambiente attraverso passi di orientamento che determinano dei luoghi tattili, visivi e olfattivi che non corrispondono necessariamente alle relazioni dello spazio fisico. Uno sciame di api ritrova l’alveare grazie all’uso delle antenne e non attraverso la vista, mentre per l’uomo e altri animali i così detti “canali semicircolari” posizionati in corrispondenza dell’orecchio ne determinano la bussola spaziale molto più che i riferimenti visivi.241
Queste “tonalità d’uso” (leistungton), come le chiama Uexküll, che indirizzano la percezione-azione dell’animale, corrispondono a quello che Heidegger chiamerà “appagatività”
238 Ibid., p. 105. 239 Ibid., p. 49. 240 Ibid., p. 52. 241 Ibid., p. 59-60.
(bewandtnis) come “il carattere specifico dell’essere del mezzo utilizzabile” e che successivamente Gibson chiamerà “affordance”.242 Per Uexküll, ad esempio, la “tonalità di seduta” è una proprietà
che i cani addestrati al comando “sedia” imparano a riconoscere in numerosi oggetti del loro ambiente: sedie, tavoli, sgabelli rovesciati e tutte le superfici rialzate diventano luoghi operativi per esercitare il comando “sedia”. Nel mondo dell’essere umano, non tutti questi oggetti possiedono invece una tonalità di seduta. Ogni mezzo, per essere compreso all’interno dell’umwelt, deve co- determinarsi fra il mondo dei sensi e quello degli effetti ed assumere un senso.
Analogamente per Heidegger l’appagatività (bewandtnis) del mezzo significa che esso si trova sempre con qualcosa e presso qualcosa, e non è mai un oggetto ontologicamente isolato. Il farsi “appagare” da un ente è rivelarne la sua zuhandenheit, il suo “a-che” che ci guida verso il prendersi cura dell’oggetto. Scrive Heidegger:
Anche il più semplice maneggio di un mezzo porta con sé il lasciar appagare. Il presso-che dell’appagatività ha il suo carattere dell’a-che; è rispetto a questo a-che che il mezzo è impiegabile o impiegato. La comprensione dell’a- che, cioè del presso-che dell’appagatività, ha la struttura temporale dell’aspettarsi. Soltanto in quanto si aspetta l’a-che, unitamente al ritenimento del con-che dell’appagatività, rende possibile, nella sua unità estatica, la presentazione manipolativa del mezzo.243
Insieme alle metafore sonore, Uexküll si serve anche di quelle visive per spiegare il ruolo dell’emotività (stimmung) nel determinare il ruolo funzionale di un determinato oggetto. Quando Uexküll parla di immagini mentali, anzichè di melodie e rapporti armonici, lo fa distinguendo fra l’immagine percettiva, ciò che un oggetto appare in un umwelt, e quella di ricerca, ciò che l’animale cerca all’interno dell’umwelt.244 Lo stimmung altro non è che la tonalità di ricerca che varia a
seconda della tonalità d’uso (e alla conseguente immagine percettiva) riconosciuta o attribuita all’oggetto (nutritiva, protettiva, abitativa). L’immagine percettiva si sostanzia, secondo Uexküll, solo nel momento in cui raggiunge il suo obiettivo: nel caso del rospo, l’immagine del lombrico si sostanzia solo nel momento in cui il rettile si ciba del lombrico. Quindi nell’attività di ricerca e orientamento nell’ambiente, l’animale segue delle tonalità le quali solo in casi ben specifici diventano delle immagini o visioni. Si può concludere quindi che l’animale non ha bisogno di rappresentazioni del mondo nella sua mente, bensì di saper captare e modulare i “flussi tonali” di una melodia di percezione-azione. Questa attività può essere metaforicamente più vicina ad un processo di ascolto o captazione piuttosto che ad uno visivo.
242 Martin Heidegger, Essere e Tempo, cit., p. 417. 243 Ibid., p. 148.
Ecco perché per Uexküll gli ambienti possiedono caratteristiche e relazioni “magiche”.245 Magiche
perché in grado di stabilirsi senza il bisogno di ricorrere ad un ciclo funzionale direttamente collegato col mondo ma basandosi su percorsi esperienziali già battuti e tonalità di ricerca che prendono il sopravvento sui cicli percettivi. In poche parole, per magiche, Uexküll si riferisce alle capacità immaginative degli animali. Quando ad esempio un storno allevato in cattività si carica della tonalità “cibo” si può osservare come senza la presenza di stimoli sensoriali “l’immagine operativa della cattura attiva l’immagine percettiva corrispondente”.246 Uexküll spiega attraverso questo tipo di immaginazione i percorsi innati condotti dagli stormi di uccelli migratori o dai canali scavati dalle larve prima di trasformarsi in coleotteri.
Di più, oltre ai percorsi innati, alcuni animali dopo aver subito il trauma di un’esperienza negativa (un predatore all’interno di un pollaio), percepiscono delle “presenze immaginarie” che li fanno agire come se quei predatori fossero ancora lì. È il caso della gallina che becca nemici immaginari per difendere i propri pulcini o che dopo essersi imbattuta in un porcellino d’india nel pollaio, “sente” la sua presenza ancora a distanza di tempo, evitando di mangiare all’interno del pollaio.247 Questa attivazione di “immagini magiche” si deve, secondo Uexküll, ad un’esperienza pre-sensoriale e soggettiva che egli paragona ancora una volta ad una “melodia”.248 Sebbene Uexküll termini il suo ragionamento rivendicando la radicale natura soggettiva di tutti gli ambienti, il rapporto con l’oggetto non cade vittima di un dualismo soggetto-oggetto, ma riconosce la facoltà immaginativa e attiva dell’animale, evitando, come farà Heidegger, di vedere l’animale come passivamente assorbito dal proprio mondo-ambiente.249
In sostanza per Uexküll il soggetto si costruisce come l’ambiente dell’altro. Infatti se si decidesse di mettere insieme tutte le proprietà oggettive che sostituiscono un oggetto, come la quercia, nei diversi ambienti (della volpe, del cacciatore, della formica o della bambina), per Uexküll non si avrebbe una visione obiettiva dell’oggetto ma il caos.
la percezione visiva non si spiega infatti nella semplice relazione fra occhi e cervello, ma dipende dal rapporto degli occhi con i movimenti della testa e del corpo all’interno di un ambiente e si compone di tutta una serie di fenomeni virtuali che si ricollegano alla “magia” evocata da Uexküll. Su questo tema, James Gibson si pone come ideale continuatore di Uexküll, analizzando in maniera dettagliata alcuni fenomeni paradossali che avvengono durante la percezione visiva.
Perché, ad esempio, quando un oggetto viene occluso, esso viene naturalmente “percepito” come nascosto e non come scomparso? Per Gibson il motivo di questo “effetto” si spiega perché il
245 Ibid. p, 143. 246 Ibid., p. 144. 247 Ibid., p. 148. 248 Ibid., p. 147.
249 Cfr. Martin Heidegger, Die Grundbegriffe der Metaphysik. Welt, Endlichkeit, Einsamkeit (1929-30) tr. It. Concetti fondamentali della metafisica. Mondo, finitezza, solitudine, Genova, Il Nuovo Melangolo, 2005.
movimento di un oggetto non è percepito come lo spostamento di un corpo su uno sfondo trasparente, bensì come la cancellazione o il taglio delle texture che formano il nostro campo di visione; il nostro sistema percettivo registra quindi una rottura e un riassetto della continuità topologica del campo visivo piuttosto che una ricombinazione degli oggetti fisici.250 In virtù del principio dell’occlusione cinetica (kinetic occlusion), il movimento della testa e del corpo dell’animale è funzionale alla produzione di un cambiamento dinamico del suo assetto ottico ambientale. Questa visione non rivela soltanto i bordi e la profondità di una superficie ma specifica anche l’esistenza continuativa di una superficie occlusa da un’altra. In riferimento a questa proprietà “paradossale” che ci permette di percepire la continuità di un oggetto anche in assenza di dati percettivi completi, Gibson cita gli “eleganti” esperimenti condotti dal laboratorio di Michotte van den Berck sull’occlusione visiva. Se Michotte chiama l’occlusione visiva un “amodal perception”, ovvero una paradossale percezione senza percezione, che si verifica anche nell’effetto tunnel: un oggetto “scompare” e ricompare dietro un altro, generando la percezione che esso di muova alle spalle della superficie coprente. Per Gibson l’effetto si spiega perché “un oggetto è visto nel mondo visivo ma non nel campo visivo”.251 Sia per Uexküll che per Gibson, l’ambiente può veicolare delle
informazioni percettive anche in assenza di dati sensoriali o percetti. Gibson, come mostrerò, arriverà alle stesse conclusioni di Heidegger, riguardo all’immediatezza della percezione ambientale che si apprende come un processo naturale di estrazione delle informazioni provenienti dalla luce e non come un costrutto intellettuale o categoriale.