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I.6. Differenze e unità disciplinari tra responsabilità contrattuale ed aquiliana

I.6.1. La colpa

La distinzione tra la colpa contrattuale ed extracontrattuale rappresentava uno dei capisaldi del pensiero dottrinale sotto il codice civile abrogato.

La dottrina muoveva dall'idea per cui la colpa sia in senso contrattuale sia in senso extracontrattuale consisteva nella violazione di un obbligo giuridico165.

Nonostante la base comune, venivano individuate delle differenze tra le due colpe collegate alla loro struttura originaria.

Infatti, nel primo caso l'obbligazione violata nasce da un contratto e quindi presuppone un accordo tra le parti. Questo patto riguarda la natura e l'estensione dell'obbligazione e in alcuni casi determina anche l'estensione della colpa. Da ciò nasce l'esigenza di determinare delle regole relative alla graduazione della colpa stessa166.

In ambito extracontrattuale, invece, manca un accordo tra i soggetti, posto che alla base della responsabilità, come visto nel precedente capitolo, vi è la violazione del

163A.DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 245.

164A.DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, artt. 1173- 1176, cit., 246: «(…) ad essere tutelato dunque

da tale obbligazione non è il conseguimento di aspettative ma il mantenimento dello statu quo, ossia delle condizioni, personali e patrimoniali del soggetto, preesistenti all’illecito».

165G.GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, V, Firenze, 1926, 219.

166G.GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 219: «Tanto la colpa contrattuale

(…), quanto quella fuori di contratto sono violazioni di un obbligo giuridico. Ma differiscono nell'obietto. L'obbligazione violata con la prima nasce da un contratto e presuppone perciò un patto preesistente che determina la natura particolare e l'estensione dell'obbligazione, e talvolta gradua la colpa. Quindi la necessità di regole relative alla gradazione della colpa contrattuale».

principio di neminem laedere. Di conseguenza, non vi alcun accordo in ordine alla graduazione della colpa e per questo motivo interviene la legge, che supplisce per l'appunto alla mancanza di regole poste dalle parti167.

La prima differenza riguarda, quindi, il grado della colpa, o meglio la diversa entità della colpa extracontrattuale rispetto a quella contrattuale.

Mentre nella responsabilità contrattuale l'entità della colpa viene regolata dalle parti, seppur con dei limiti, in ambito extracontrattuale, invece, nell'individuazione del grado di colpa (in assenza dell'indicazione legislativa) si fa ricorso al noto brocardo «in

lex Aquilia et levissima culpa venit»168.

Ulteriori differenze, oltre l'entità della colpa, venivano individuate, nella misura del risarcimento, nella diversità dei soggetti danneggianti e delle parti lese, in tema di onere della prova, ma soprattutto in materia di valutazione della colpa stessa. Si parla a questo proposito della nota distinzione tra culpa in concreto e culpa in abstracto. La colpa contrattuale doveva essere intesa in senso oggettivo, paragonandola ad un modello astratto di condotta che doveva essere tenuto. La colpa extracontrattuale, invece, veniva concepita sotto una chiave prettamente psicologica e concreta169 proprio per giustificare la responsabilità anche in materia di culpa levissima170.

La distinzione tra colpa contrattuale ed extracontrattuale inizia a scemare lentamente, quando, con l'entrata in vigore del codice civile del 1942, si ha chiaramente l'affermazione di un unico parametro di valutazione, facendo così venir meno le diverse graduazioni della colpa.

Ciò è espresso chiaramente nella relazione al Codice civile del 1942, precisamente al n. 794. Il legislatore esprime la volontà di utilizzare un unico criterio misuratore nella

167 G.GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 219: «Tuttociò non avviene,

quando manca il contratto, e la colpa promana ex nunc da una violazione dell'obbligo sociale di non ledere. Mancando il patto, esula la possibilità di una graduazione concordata fra le parti, o almeno, richiesta dalla particolare natura di certi contratti. Ed ecco perciò fra regole comuni a tutte le colpe contrattuali o non contrattuali, si conoscono delle regole particolarmente ristrette alla colpa contrattuale».

168G.P.CHIRONI Colpa extra - contrattuale, cit., 139: « (…) qualsiasi mancanza di diligenza nel prevedere

le conseguenze del fatto che si compie dà origine al q. delitto, in corrispondenza così alla massima in lex Aquilia et levissima culpa venit (...)».

169G.GIORGI, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, cit., 151.

170M.FRANZONI, L'illecito, cit., 1090: «La teoria dei diversi gradi (di rilevanza) della colpa (…) nasce come

corollario della concezione tradizionale che assegna alla colpa il contenuto esclusivamente soggettivo di uno stato d'animo riprovevole (...)»; cita A. DE CUPIS, Il danno: teoria generale della responsabilità civile,

valutazione della colpa contrattuale ed extracontrattuale. Il metro di valutazione è rappresentato dalla diligenza del buon padre di famiglia di cui all'articolo 1176 cod. civ. Nella relazione si specifica che si tratta di un criterio generale e oggettivo, che richiama «il modello del cittadino e del produttore che a ciascuno è offerto dalla società in cui

vive» e che va comunque commisurato al tipo speciale di rapporto, come previsto dal

secondo comma dell'articolo 1176 cod. civ.171.

Si afferma così un unico metro di valutazione valido in ambito contrattuale ed extracontrattuale. In entrambi i casi la colpa scaturisce dalla violazione del medesimo dovere giuridico: quello di adottare nei rapporti con chiunque (art 2043 cod. civ.) o nei confronti del creditore (art. 1176 cod. civ.) la condotta cauta e corretta dell'uomo normale172.

L'individuazione di unico standard di valutazione per la colpa contrattuale ed extracontrattuale porta ad abbandonare la concezione soggettiva della colpa aquiliana a cui si ancora l'idea della graduabilità173.

Tuttavia una parte della dottrina ha continuato a sostenere la necessità di una valutazione soggettiva della colpa sia mantenendo l'unicità del criterio misuratore174, sia appoggiando nuovamente la graduabilità della colpa175.

É stata altresì elaborata una linea di pensiero, che potremmo definire intermedia rispetto alla teoria oggettiva e soggettiva della responsabilità. La colpa presenta due

171Relazione del ministro guardasigilli (Grandi) alla maestà del re imperatore, presentata nell’udienza del

16 marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del codice civile, n. 794: «(…) Nel nuovo codice si è tenuta presente l’unità del criterio misuratore della colpa, sia contrattuale, sia extracontrattuale. Per entrambe si ha riguardo al comportamento dell’uomo di media o normale diligenza e cioè del buon padre di famiglia, che va adeguato, come si è detto (n. 559), alla natura del rapporto cui si ricollega il dovere di condotta».

172L.BARASSI,Teoria generale delle obbligazioni, III, Milano, 1948, 16.

173 M.FRANZONI, L'illecito, cit., 1090: «La c. d. concezione oggettiva della colpa, si rifà all'esigenza –

sollevata dalla stessa Relazione al codice in antitesi alla “teoria della graduabilità”- di affermare l'unità del criterio misuratore della colpa sia contrattuale sia extracontrattuale avendo riguardo al comportamento dell'uomo di media e normale diligenza, cioè del “buon padre di famiglia”».

174 A.DE CUPIS, Il danno, cit., 183.

175 D. BARBERO,Sistema del diritto privato italiano, II, Obbligazioni e contratti, VI ed. riveduta e

aumentata, Torino, 1965, 60 ss: « La ragione del distinguere c'è e può essere così indicata: quando un soggetto entra in rapporto, contrattuale, con un altro, sceglie il proprio debitore, così come quest'altro sceglie il proprio creditore (…). Nell'altra ipotesi non c'è scelta: l'obbligo di non ledere grava indistintamente su tutti e per tutti(...). Così, mentre nel primo caso (…) il creditore è minacciato da una data persona (…) e può difendersi ovviando, se avverte un manco di diligenza, con l'aumentare la propria vigilanza, nel secondo caso ciascuno è minacciato da tutti e non c'è aumento di accortezza che possa difenderlo adeguatamente, se tutti non mettono dal canto loro la massima diligenza nell'evitare ogni offesa. É giusto perciò che la legge – e in questo caso credo che risieda la saggezza dell'antica massima- faccia carico a ciascuno anche della colpa lievissima».

componenti: un elemento oggettivo e un elemento soggettivo. L'elemento soggettivo è rappresentato dalla coscienza e volontà della condotta posta in essere da un soggetto capace di intendere e volere (le disposizioni di riferimento sono: l'articolo 42, comma 1, cod. pen., 85 cod. pen. e 2046 cod. civ.). La componente oggettiva corrisponde alla necessità di valutare la condotta in termini di negligenza ed imprudenza. Si tratta di una valutazione che non può in ogni caso prescindere da una concretizzazione del giudizio, necessaria perché la colpa mantenga la sua connotazione psicologica e soggettiva176.

Sulla necessità di mantenere il criterio di graduabilità della colpa aquiliana, è opportuno segnalare l'opinione della Visintini, per la ricchezza dell'analisi effettuata. In particolare, l'Autrice critica l'indagine basata su formalismo e concettualismo, che ha allontana gli interpreti dalla reale intenzione del legislatore. Intenzione che coincide con la volontà di mantenere ampi spazi ed evitare dunque interpretazioni restrittive, permettendo, quindi di estendere l'applicazione dell'articolo 2043 cod. civ. a qualsiasi tipo di imprudenza anche non previamente codificata177.

Il fatto di modellare un modello unitario di colpa valido in entrambi i campi viene concepito dall'Autrice come privo di qualsiasi fondamento razionale, sopratutto a livello dei dati legislativi e delle prospettive storiche. La volontà di ridurre ad unità il concetto di colpa porta, secondo la Visintini, ad una pluralità di conseguenze negative; prima tra tutte la ricerca di un obbligo giuridico violato, cioè di un comportamento antigiuridico da cui far scaturire la colpa. Da ciò deriverebbe la tipizzazione degli illeciti in base all'elemento soggettivo e la combinazione tra elemento soggettivo e oggettivo, che appare lontana dagli obiettivi previsti dal legislatore178.

L'interpretazione che la Visintini offre dell'articolo 2043 cod. civ. in armonia con quanto detto finora è la seguente: «se dalle proprie azioni deriva un danno ad altri, si

176M.FRANZONI, L'illecito, cit., 1090: «Vi è innanzitutto una imprescindibile componente soggettiva (…)

che si concretizza nell'imputabilità di una condotta posta in essere da un soggetto capace di intendere e di volere (…). Sulla componente soggettiva si innesta una componente oggettiva, insita in un giudizio, che è non di mera riprovevolezza, ma che mira a qualificare come negligente e imprudente (…) la condotta del soggetto stesso».

177G.VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile.,

III ed., Padova, 2005, 62 ss.

178G.VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 65: «Infatti l'esasperato concettualismo e lo

sforzo di ridurre ad unità il concetto di colpa comporta la ricerca della violazione di un obbligo preciso da cui far scaturire l'antigiuridicità della condotta danneggiante e avvia un processo di tipizzazione degli illeciti con riferimento all'elemento soggettivo, e alla combinazione tra elemento soggettivo e oggettivo, palesemente in contrasto con la direttiva legislativa».

deve risarcirlo anche se non si è voluto causarlo e se l'azione è improntata ad una minima leggerezza o trascuratezza» 179.

L'opinione espressa strenuamente dalla Visintini non ha, però, alcun riscontro normativo e nemmeno risponde ad esigenze di razionalità. Non vi è alcuna ragione razionale per far gravare su un soggetto un obbligo di diligenza nella vita di relazione, maggiore rispetto a quello richiesto nei rapporti obbligatori180.

Inoltre, è opportuno chiarire che la normale diligenza è sempre una diligenza di grado elevato. Il riferimento al buon padre di famiglia e nei rapporti professionali al buon professionista (ex art. 1176, comma 2 cod. civ.) è uno standard che può essere assunto a modello di condotta, che è ben lontano dall'idea di mediocrità181.

Il ruolo della colpa nella responsabilità contrattuale tra teorie oggettive e soggettive.

Nell'atto illecito sia esso contrattuale o extracontrattuale l'elemento soggettivo è rappresentato principalmente dalla colpa e a volte dal dolo. La colpa è considerata, infatti, sufficiente a perfezionare l'atto illecito, mentre il dolo rileva solamente in materia di illecito contrattuale per ciò che concerne il risarcimento dei danni imprevedibili (art. 1225 cod. civ.)182.

In ambito contrattuale, però, si sono formate diverse opinioni dottrinali sul ruolo della colpa nell'imputazione della responsabilità, dando vita a teorie oggettive e soggettive della responsabilità.

Secondo l'articolo 1218 cod. civ. «Il debitore che non esegue esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile».

Questa disposizione stabilisce la regola di imputazione dell’inadempimento. La fattispecie dell’inadempimento ha, infatti, una diversa rilevanza giuridica a seconda che sia o meno imputabile al debitore. L’imputabilità, secondo quanto stabilito dall’articolo 1218 cod. civ., determina la responsabilità del debitore, che è obbligato al risarcimento al

179G.VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore. Artt. 1218-1222, in P.SCHLESINGER (fondato e già

diretto),F.D.BUSNELLI (continuato da), Cod. civ. com., Milano, 2006, 166.

180C.M.BIANCA, La responsabilità, cit., 582. 181C.M.BIANCA, La responsabilità, cit., 582.

danno. Laddove, invece, l’inadempimento non sia imputabile, il soggetto obbligato non è responsabile ed è liberato dall’obbligazione, ma non può godere dei vantaggi connessi all’esatta esecuzione della prestazione183.

Il fondatore della teoria oggettiva della responsabilità è stato Osti. L’Autore sotto il codice civile abrogato affermava che «La responsabilità per inadempienza delle

obbligazioni non ha per fondamento la colpa, bensì è immediatamente collegata al momento oggettivo dell'inadempienza, ed è esclusa solo dall'impossibilità obiettiva ed assoluta di adempiere che non sia imputabile a colpa dell'obbligato» 184.

Finché la prestazione è possibile in senso obiettivo ed assoluto, il debitore è responsabile per il solo fatto dell'inadempimento. Nel caso, invece, in cui la prestazione divenga oggettivamente e assolutamente impossibile, il debitore non è responsabile, a meno che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione non gli sia imputabile per colpa185.

L'impossibilità è idonea a determinare il caso fortuito, laddove presenti i requisiti di assolutezza e oggettività. Ciò significa che gli impedimenti di natura soggettiva e le semplici difficoltà di esecuzione non hanno alcuna efficacia liberatoria a favore del debitore186.

Il ruolo della colpa è limitato alla responsabilità per impossibilità sopravvenuta della prestazione, che deve essere necessariamente oggettiva ed assoluta. L'elemento soggettivo non svolge, di conseguenza, alcun ruolo nell'ambito della responsabilità per inadempienza187.

Un ruolo preponderante viene, invece, svolto dalla colpa nell’ambito della responsabilità extracontrattuale. Qui la colpa è effettivamente, secondo Osti, il

183 C.M.BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., 13.

184 G.OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, in Riv. dir. civ. 1918, 469. Nel

codice civile abrogato le disposizioni di riferimento in materia di responsabilità debitoria erano gli articoli 1224 ss. cod. civ.

185 G.OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, cit., 344.

186 G. OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, cit., 343: «Che poi

l'impossibilità sia ritenuta idonea a costituire il fortuito solo in quanto sia obiettiva ed assoluta e che quindi non abbiano efficacia liberatoria gli impedimenti di carattere subiettivo né le semplici difficoltà di prestazione che non costituiscano impossibilità se non in senso relativo (…) il più delle volte è esplicitamente affermato come principio corrispondente alla communis opinio».

187 G.OSTI, Revisione critica della teoria sull'impossibilità della prestazione, cit., 344: «Ciò significa che

il realtà la colpa è ritenuta fondamento non della responsabilità per inadempienza, bensì della responsabilità per sopravvenuta impossibilità (obiettiva ed assoluta) della prestazione; e l'equivoco dottrinale, al quale più sopra accennavo, dipende da ciò, che là dove l'inadempienza è determinata da impedimenti che non danno luogo a impossibilità assoluta ed obiettiva della prestazione, si introduce una mera finzione di colpa».

fondamento della responsabilità. In campo extracontrattuale il dovere generico di

neminem laedere comporta che ogni persona debba regolare la propria condotta, in modo

da evitare lesioni all’autonomia patrimoniale e personale degli altri soggetti. Per affermare la responsabilità di un soggetto non è, però, sufficiente, constatare la lesione all’integrità altrui, bensì è necessario analizzare intrinsecamente il comportamento dannoso per constatarne l’imputabilità o meno all’agente188.

La posizione di Osti è stata recepita chiaramente nella nuova formulazione del codice civile (articoli 1218 cod. civ. e 1256 cod. civ.), con riferimento particolare al collegamento tra impossibilità sopravvenuta obiettiva ed assoluta della prestazione e responsabilità del debitore.

Ciò si evince chiaramente dalla relazione al codice civile del Ministro Guardasigilli189 e viene ribadito da Osti nei contributi successivi190. Deve essere, quindi, fatta una distinzione tra responsabilità derivante da inadempimento e la responsabilità del debitore causata da impossibilità sopravvenuta oggettiva ed assoluta della prestazione. In un primo caso, l'inadempimento riguarda un'obbligazione, che sia obiettivamente possibile, nel secondo caso, invece, la prestazione è divenuta obiettivamente impossibile. La colpa può essere un presupposto soggettivo imprescindibile solo nella misura in cui sia sopravvenuta un'impossibilità oggettiva della prestazione191.

Inoltre, l'inosservanza della diligenza, prevista dall'articolo 1176 cod. civ., costituisce elemento integrante dell'inesatto adempimento e non un presupposto soggettivo della responsabilità. Ciò significa che la mancanza della normale diligenza determina l'inesatto adempimento e di conseguenza l'applicazione dell'articolo 1218192.

188G.OSTI, Revisione critica sulla teoria dell’impossibilità della prestazione, 121.

189 Relazione del ministro guardasigilli (Grandi) alla maestà del re imperatore, presentata nell’udienza del

16 marzo 1942-XX per l’approvazione del testo del codice civile, n. 571: «Ora l'articolo 1218, logicamente connesso all'articolo 1256 che disciplina l'estinguersi dell'obbligazione per impossibilità sopravveniente della prestazione, subordinando l'esonero da responsabilità alla condizione che l'inadempimento o il ritardo siano stati determinati da impossibilità della prestazione in sé e per sé considerata. (…) non può, agli effetti liberatorii, essere presa in considerazione l'impossibilità di adempiere l'obbligazione, originata da cause inerenti alla persona del debitore o alla sua economia, che non siano obiettivamente collegate alla prestazione dovuta; mentre d'altra parte, anche gli impedimenti che si verifichino nella persona o nell'economia del debitore dovranno vere rilievo quando incidano sulla prestazione considerata in sé e per sé, nella sua sostanza o nei suoi obiettivi presupposti (…)».

190 G.OSTI, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, in Riv.

trim. dir. proc. civ., 1954, 603.

191 G.OSTI, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, cit., 603. 192 G.OSTI, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, cit., 603:

Seguendo la tesi di Osti, quindi, la causa di impossibilità della prestazione è imputabile nella misura in cui venga a mancare la diligenza del buon padre di famiglia. Di conseguenza non si può rapportare la responsabilità contrattuale e la colpa contrattuale in un rapporto di causa - effetto.

A partire dalla formulazione di Osti sono state elaborate diverse teorie, che appaiono finalizzate a mitigare in qualche misura la rigidità dell'impostazione oggettivistica.

Si è ad esempio affermato che l'impossibilità che esonera il debitore da responsabilità è oggettiva, ma è relativa in relazione al rapporto obbligatorio cui si riferisce. Ogni rapporto obbligatorio esige, infatti, un'intensità di sforzo da parte del debitore differente a seconda della tipologia. L'unica ipotesi di impossibilità assoluta riguarda le obbligazioni per le quali viene richiesto uno sforzo maggiore, come nelle obbligazioni generiche193 . Detto ciò, l'impossibilità oggettiva è l'impossibilità di adempimento in relazione all'impegno di cooperazione richiesto dalla natura del rapporto obbligatorio194.

In questa linea di pensiero manca, però, l'individuazione del criterio in base al quale valutare l'impegno di cooperazione, che è il limite al sacrificio del debitore195.

Altri, invece, muovendo da una concezione oggettiva della responsabilità contrattuale, hanno elaborato l'equiparazione tra impossibilità ed inesigibilità della prestazione in base al giudizio di buona fede ex artt. 1175 e 1375 cod. civ. Nello specifico, è contrario al principio di buona fede e correttezza il comportamento del creditore, che esiga dal debitore l'adempimento con mezzi eccezionali o con uno sforzo non compatibile

obligatione costituisce inesatto adempimento: ma la “colpa del debitore”, intesa appunto come mancanza della diligenza dovuta, in questa ipotesi in cui la prestazione è in tutto o in parte costituita proprio da attività del debitore, è né più né meno che un elemento integrante dell'inesatto adempimento, vale a dire del presupposto obiettivo della responsabilità, non una condizione soggettiva che al presupposto obiettivo si aggiunga a costituire il fondamento di quella. (…) la violazione dell'articolo 1176 apre l'adito all'applicazione dell'art. 1218 (…) in quanto ne pone in essere la condizione obiettiva, inesatto adempimento, soggetto alla sanzione della stessa responsabilità che è collegata al totale inadempimento, salva naturalmente l'eventuale diversa estensione della medesima (…)».

193 E.BETTI, Teoria generale dell'obbligazione, I, Prolegomeni: funzione economico – sociale dei rapporti

d’obbligazione, Milano, 1953, 112 ss.

194 E.BETTI, Teoria generale dell'obbligazione, I, cit., 112: «(...) l'impossibilità giuridicamente rilevante in

confronto del creditore è solo quella oggettiva; ma essa è essenzialmente relativa al rapporto obbligatorio di cui si tratta. (…) tali rapporti richiedono una intensità di sforzo, di impegno, che varia secondo il tipo cui appartengono».

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