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Sub specie aetern

2.2 Con Schopenhauer, oltre Schopenhauer

L’influenza esercitata da Schopenhauer sull’autore del Tractatus è un argomento al contempo ben noto ma non adeguatamente approfondito26. Proveremo dunque a entrare nello specifico di un rapporto filosofico complesso, segnato da parallelismi evidenti ma anche da significative smarcature, da consonanze espressive e da sottili differenze concettuali.

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L’influenza della lettura di Schopenhauer sulla riflessione di Wittgenstein viene rilevata in ANSCOMBE 1959, p. 172; ENGEL, 1969; McGUINNESS 1988; LANGE, 1989, pp. 122-34; MAZZEO 1998.

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Nel secondo tomo de Il Mondo come Volontà e Rappresentazione27 Schopenhauer mette a fuoco «il passaggio dalla volgar conoscenza di singoli oggetti alla conoscenza dell'idea»; esso «avviene d'un subito, pel fatto che la conoscenza si scioglie dal servigio della volontà, e appunto perciò il soggetto cessa di essere semplicemente individuale, diventando soggetto puro della conoscenza, privo di volontà» (§34). In tale contemplazione vengono abbandonate le consuete coordinate spazio-temporali insieme al principio di ragion sufficiente e si perviene a un’intuizione dell’oggetto per ciò che esso è, senza relazione ad altro; a tale contemplazione corrisponde una trasformazione nel soggetto:

[..] ci si perde appieno in quell'oggetto, ossia si dimentica il proprio individuo, la propria volontà, e si rimane nient'altro che soggetto puro, chiaro specchio dell'oggetto, come se l'oggetto solo esistesse, senza che alcuno fosse là a percepirlo, né più è possibile separare colui che intuisce dall'intuizione stessa, poiché sono diventati tutt'uno, essendo l'intera coscienza riempita e presa da una sola immagine d'intuizione (Ibidem).

Per spiegare la natura di tale intuizione, Schopenhauer cita le parole di Spinoza: «Era la stessa verità che balenava a Spinoza quando scrisse: mens

aeterna est quatenus res sub aeternitatis specie concipit (Eth., V, prop. 31,

schol.)» (Ibidem). In tale visione sub specie aeternitatis «il puro soggetto della conoscenza e il suo correlato — l'idea — sono usciti fuori da tutte quelle forme del principio di ragione: il tempo, il luogo, l'individuo che conosce e l'individuo che viene conosciuto non hanno per essi alcun significato» (Ibidem); in essa dunque soggetto e oggetto finiscono per coincidere, compenetrandosi fino a divenire indistinguibili. Tale coincidenza determina il compimento del mondo come rappresentazione, offrendo l’intuizione del mondo come volontà; nell’intuizione del mondo sub specie aeternitatis, dunque, «la volontà […] conosce se stessa» (Ibidem). Andando oltre, quasi incidentalmente, Schopenhauer

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A. SCHOPENHAUER (1859) Die Welt als Wille und Vorstellung, Brockhaus, Lipzig (trad. it. Il

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mette in relazione l’intuizione sottratta al tempo, allo spazio e al principio di ragion sufficiente con l’arte:

Ma qual maniera di conoscenza studia ciò che stando fuori e indipendente da ogni relazione è in verità la sola cosa essenziale del mondo, la vera sostanza dei suoi fenomeni, a nessun mutamento soggetta e quindi in ogni tempo con pari verità conosciuta — in una parola, le idee, che sono l'immediata e adeguata oggettità della cosa in sé, della volontà? È l'arte, l'opera del genio. Ella riproduce le eterne idee afferrate mediante pura contemplazione, l'essenziale e il permanente in tutti i fenomeni del mondo; ed a seconda della materia in cui riproduce, è arte plastica, poesia o musica (Ivi, §36).

Come è noto, il pensiero musicale di Schopenhauer è ricco e complesso e non è possibile offrirne in questa sede una ricostruzione approfondita; ci si limiterà dunque a seguire l’indicazione di A. Arbo, il quale sottolinea l’importanza del §52 de Il Mondo come Volontà e Rappresentazione per la comprensione del pensiero wittgensteiniano28. Schopenhauer afferma che la musica si riferisce «alla più interiore essenza del mondo» e che essa «sta al mondo […] come rappresentazione sta al rappresentato»; d’altra parte tale rapporto di raffigurazione appare paradossale dal momento che «la musica vuole [esser] considerata come immagine di un modello, che non può direttamente venir rappresentato esso medesimo». Per Schopenhauer la musica «è dell’intera volontà oggettivazione e immagine, tanto diretta come è il mondo» e anzi, a differenza delle altre arti, «va oltre le idee […] e potrebbe in certo modo sussistere quand’anche il mondo non fosse».

Si può notare come la riflessione schopenhaueriana sulla musica sia direttamente connessa alla visione sub specie aeternitatis presentata nel §34: entrambe le esperienze, infatti, fanno riferimento a una contemplazione del mondo come totalità sciolta dai vincoli del contingente, mettendo a fuoco i caratteri

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L’individuazione del paragrafo 52 de Il Mondo come Volontà e Rappresentazione come fonte, diretta o indiretta, per una comprensione della riflessione musicale di Wittgenstein si trova in ARBO 2013, p. 40.

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essenziali e irrappresentabili della volontà. La ricostruzione dei passi schopenhaueriani ci consegna dunque un complesso di argomenti che rappresentano in qualche modo l’antecedente più illustre della riflessione wittgensteiniana sul mistico, ovvero sulla considerazione del mondo come tutto limitato. La valutazione di tale retaggio schopenhaueriano, tuttavia, pare piuttosto complesso. Come messo in evidenza da M. Mazzeo, Wittgenstein mantiene nei confronti del filosofo tedesco un atteggiamento ambivalente, lo stesso nutrito più in generale nei riguardi della metafisica (cfr. MAZZEO 1998). Se infatti il riferimento alla visione sub specie aeternitatis trova la sua ragione nell’influenza esercitata dalla lettura di Schopenhauer su Wittgenstein, nondimeno la valutazione complessiva dell’opera del filosofo tedesco appare piuttosto critica. Si legga a tal proposito la seguente annotazione, datata 1939-1940 (un ventennio dopo la stesura del Tractatus):

Schopenhauer, si potrebbe dire, è uno spirito molto rozzo. Ossia, ha una sua raffinatezza ma, a un certo livello di profondità, questa improvvisamente cessa e allora diventa rozzo quant'altri mai. Là dove comincia la vera profondità, la sua viene a mancare. Di Schopenhauer si potrebbe dire: non entra mai in se stesso (VB, trad. it, p. 76).

La costruzione metafisica di Schopenhauer viene accusata di rozzezza; il suo tentativo filosofico manca della profondità necessaria a una reale comprensione di ciò che dischiude la visione sub specie aeternitatis, la quale tuttavia non viene rifiutata a priori. Si può concludere dunque che la citazione schopenhaueriana acquisti nel pensiero di Wittgenstein una diversa valenza, dando luogo ad una modulazione originale e sottile – meno rozza – di quella del filosofo tedesco.

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