La tecnica del confronto
5.1 Padroneggiare una tecnica
Il triplice confronto tra comprensione musicale e comprensione linguistica, articolato nel capitolo precedente, conduce a un’apparente biforcazione tra carattere tautologico del tema musicale e sua dipendenza dal contesto linguistico e culturale. A tal proposito, abbiamo specificato i termini del confronto tra musica e linguaggio facendo riferimento al concetto di gesto, in cui si può vedere l’intima unità dell’espressione in sé compiuta e dello sfondo culturale su cui va a inserirsi ogni nuova incorporazione del nostro linguaggio. Così come nel concetto di gioco rientrano attività molto diverse e variamente imparentate, allo stesso modo sotto la categoria di gesto possiamo ordinare forme espressive affini ma distinte: un cenno del capo, un’esclamazione, un’aria d’opera, pur nella loro diversità, sono considerate da Wittgenstein forme gestuali non incommensurabili. Il concetto di gesto (come quello di gioco, di linguaggio e di regola63) è un termine retto da somiglianze di famiglia; la sua tessitura aperta prevede un’estensione non soggetta a condizioni di appartenenza necessarie e sufficienti ma contempla al contrario la possibilità di sviluppi molteplici e indeterminati. In questo modo è possibile rintracciare, tanto in una proposizione quanto in un tema musicale, un carattere gestuale affine, fermo restando il rispetto della loro differente forma espressiva.
Nel Libro marrone, poco prima di istituire il confronto tra comprensione musicale e comprensione linguistica, Wittgenstein si interroga sul significato di una melodia e sul particolare modo in cui essa deve essere eseguita. L’espressione
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appropriata – come per esempio un crescendo graduale, una cesura improvvisa – trova una giustificazione nel paragone con altri processi simili:
Infatti, in certi casi io posso giustificare, spiegare, l’espressione particolare con cui suono, mediante un paragone, come quando dico: «A questo punto del tema vi sono, per così dire, due punti», o: «Questo è, per così dire, la risposta a ciò che veniva prima», etc. (Questo, noto di passaggio, mostra come siano una “giustificazione” ed una “spiegazione” in estetica) (BrB II, 17).
Nella spiegazione estetica, dunque, il confronto istituisce somiglianze: a un tema musicale può essere accostata «una forma d’espressione verbale che io consideri il contrappunto verbale del tema» (Ibidem). Scrive P. Niro:
La spiegazione e la giustificazione si concretizzano nella possibilità di istituire paragoni, di vedere connessioni, di inventare membri intermedi, in definitiva, una procedura indirizzata verso quella che in estetica può essere considerata, in stretto collegamento con la comprensione delle ordinarie espressioni del linguaggio, la necessità di una rappresentazione perspicua (NIRO 2008, p. 64-65).
La spiegazione estetica di cui parla Wittgenstein non scopre affinità già date in precedenza né cerca nei singoli fenomeni un tratto comune che li possa ricondurre a una tipologia stabilita; al contrario, essa prevede l’istituzione di confronti e l’invenzione di esempi tratti da campi eterogenei dell’espressività. In questo senso un’espressione verbale fa da contrappunto a un tema musicale per il fatto stesso che si è stabilito un confronto e non perché la proposizione in questione traduca in modo più o meno appropriato un contenuto musicale che, come abbiamo visto in
PU §531, non può essere sostituito da alcun processo isomorfico. Come ha notato
Niro, le riflessioni di Wittgenstein sulla musica conducono a un’indagine relativa alla comprensione: «l’importanza del comprendere il significato si proietta sull’importanza del significato del comprendere» (NIRO 2008, p. 71). La proposta che avanziamo è che Wittgenstein, partendo dalla spiegazione estetica,
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tenti di estendere il carattere comparativo all’intero fenomeno della comprensione. Tale relazione tra confronto e comprensione è sorretto dall’analisi grammaticale dei due termini:
La grammatica della parola “sapere” è, come si vede facilmente, strettamente imparentata alla grammatica delle parole “potere” ed “essere in grado”. Ma è anche strettamente imparentata [verwandt] a quella della parola “comprendere”. (“Padroneggiare” una tecnica) (PU, §150).
Come nota C. Chauviré, il termine “comprendere” si presta a diversi usi ed è intimamente legato – per mezzo di somiglianze di famiglia64 – ad altre espressioni grammaticalmente affini, come “sapere” e “padroneggiare una tecnica”; in quest’ottica il comprendere necessita di una competenza più pratica che cognitiva65. La tecnica del confronto è un caso peculiare della padronanza di cui parliamo: lungi dall’indicare un tratto comune immediatamente visibile, la pratica comparativa è un’attività che richiede addestramento, il che presuppone una comunità all’interno della quale vi siano usi condivisi, presupposti comuni – vale a dire una cultura66. Al di fuori di una data comunità, alcune pratiche come l’ascolto di un brano di musica classica rimangono quasi del tutto incomprensibili poiché l’individuo estraneo a una cultura è privo dell’addestramento attraverso il quale viene appresa la tecnica della comprensione: chi si trovasse ad ascoltare una musica aliena non saprebbe letteralmente quali confronti istituire, immaginerebbe al massimo di trovarsi alle prese con un linguaggio, ma non saprebbe proporre alcun confronto tra uno specifico elemento musicale e un particolare gesto della voce67.
Come si è visto precedentemente, il gesto convoglia in sé immediatezza espressiva e mediazione culturale: in esso vi è un coefficiente di autonomia e un
64 Per un’esposizione della logica articolata dalle somiglianze di famiglia si rimanda al paragrafo
5.2., La logica familiare del confronto.
65 Cfr. CHAUVIRÉ 2004, cap. 2. 66
Si veda a tal proposito il commento a Z, §161 proposto nel paragrafo 4.4.
67 «Quando discutiamo di una parola, ci domandiamo sempre come ci è stata insegnata. […] La
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coefficiente di contestualità. Usando un’espressione di Chauviré, possiamo parlare di “gesto inculcato”68
, immortalando in quello che pare un ossimoro la duplice natura – culturale e autonoma – di ciò che rappresenta un criterio di comprensione69. In diversi passi, infatti, Wittgenstein sostiene che comprendere vuol dire saper rispondere in maniera appropriata, producendo quello che Leonardo Distaso chiama «il “gesto” originario della comprensione» (DISTASO 1999, p. 81). Nelle valutazioni estetiche «una parola [viene] usata quasi come un gesto» ma «per avere idee chiare sulle parole estetiche bisogna descrivere modi di vita» (LC, I, 35). Si profila così il rapporto circolare tra giochi linguistici e forme di vita:
Ciò che appartiene a un gioco linguistico è un’intera cultura. Nel descrivere il gusto musicale devi descrivere se i bambini danno concerti, se li danno le donne oppure solo gli uomini ecc., ecc. (Ivi, I, 26).
La tecnica del confronto richiede dunque competenze specifiche, maturate in seno a una cultura attraverso pratiche condivise. La comprensione, secondo Bertrand Goyet, si compone di «une gamme de techniques auxquelles il faut être dressé» (GOYET 2011, p. 157). L’addestramento necessario riguarda tanto la forma di vita quanto le peculiari regole che caratterizzano una disciplina. «In musica» scrive Wittgenstein «questo ha più rilievo. Supponiamo che ci sia una persona che ammira e ama ciò che è riconosciuto buono, ma che non sa ricordare le più semplici melodie, non sa quando subentra il basso ecc.» (LC, I, 17). La mera reazione non è assunta come unico criterio di comprensione: di fatto, ciò comporterebbe una riduzione del fenomeno a un meccanismo di tipo stimolo- risposta. Viceversa, la reazione appropriata comporta l’argomentazione, il rendere
ragione70 proponendo confronti con altre espressioni. Davanti a un brano musicale
68 Cfr. CHAUVIRÉ 2003, p.102.
69 Riguardo alla nozione di criterio nella seconda filosofia di Wittgenstein si veda CAVELL 1979,
cap. 1.
70 Per un’analisi della distinzione tra cause e ragioni si veda il paragrafo 2.6 del presente lavoro. Si
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ci si chiede: «È come una frase ma a quale frase somiglia?». Risponde Wittgenstein:
Per quanto si possa vedere, la perplessità di cui sto parlando si può risolvere solo con un genere particolare di confronti, per esempio con l’arrangiamento di certe sequenze musicali, confrontando il loro effetto su di noi. […] Quale potrebbe essere il criterio per giudicare che hai indicato la cosa giusta? […] Un criterio potrebbe essere che, quando hai trovato questo qualcosa, ne sei soddisfatto (LC, III, 9).
Siamo di fronte a uno schema «estetico-pragmatico», in cui comprendere è eseguire. Come scrive Antonia Soulez «performer ce qui est entendu ne se distingue pas de comprendre, car la compréhension elle-même s’avère en acte» (SOULEZ 2012a, p. 72). L’attività propria del comprendere è dunque una “esecuzione di somiglianze”: la creatività implicata in tale pratica non si trova solamente dalla parte di chi parla (o di chi suona) ma anche dalla parte di chi ascolta e, comprendendo, esegue una partitura di confronti indefinitamente moltiplicabili. L’idea secondo cui il significato coincide con l’uso viene formulata in un campo come quello linguistico che, almeno potenzialmente, presuppone una parità tra parlanti, una intercambiabilità tra emittente e ricevente; in campo musicale, dove – almeno in alcune culture – la specializzazione e la professionalizzazione del musicista hanno condotto a una asimmetria tra artista e ascoltatore, l’idea wittgensteiniana della comprensione come esecuzione di un confronto consente di mantenere almeno in una certa misura l’equivalenza tra significato e uso. Come il parlante, anche l’ascoltatore diventa in tal modo un artista esecutore71.
Nel gesto, inteso come termine retto da somiglianze di famiglia, il tema e la proposizione mostrano la loro affinità; il carattere gestuale di tali forme espressive ci ha condotti a un’analisi della pratica comparativa, intesa come attività imparentata alla comprensione. In essa l’aspetto tecnico acquista un particolare
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rilievo, mettendo in luce l’importanza dei processi di addestramento, il loro radicamento culturale, la condivisione di una forma di vita. Avendo preso in esame l’idea di comprensione come esecuzione di somiglianze non precedentemente date, si rende ora necessaria l’esplicitazione della logica costruttivista che viene dispiegata dall’adozione del concetto di somiglianze di famiglia.