Figuratività e ineffabile: due possibili percorsi estetic
3.1 La teoria isomorfica di S K Langer
Il progetto di S. K. Langer, iniziato con Philosophy in a New Key (1942) e proseguito con Feeling and Form (1953), ha come obiettivo l’allargamento del campo d’azione dell’indagine relativa all’espressione simbolica, posto al centro del dibattito dallo sviluppo della logica e dell’epistemologia. Come riconosce l’autrice, «la teoria logica sulla quale tutto questo studio dei simboli è basato, è essenzialmente quella proposta da Wittgenstein, nel suo Tractatus logico-
philosophicus» (LANGER 1942, trad. it. p. 113). La teoria cui si fa riferimento è
evidentemente la teoria raffigurativa del linguaggio, sintetizzata dalla proposizione 2.1 «Noi ci facciamo immagini dei fatti», immagini che condividono con i relativi fatti una specifica forma logica. Ma, andando oltre la concezione di Wittgenstein, Langer ritiene che «anche ciò che esula dal linguaggio nel senso tecnico definito in logica può avere “il carattere dell’espressività simbolica”» (MARTINELLI 2012, p. 175). L’indagine di Langer intende dunque sottrarre all’ambito dell’ineffabile e dell’inarticolato tutto ciò che, come il rito, il mito e l’arte, presenta un’articolazione simbolica della vita interiore, pur non essendo a rigore identificabile come linguaggio discorsivo. La questione si concentra su ciò
74
che Wittgenstein, Russell e Carnap indicano come «strutture pseudo-simboliche che non hanno reale significanza ma sono liberamente usate come se significassero qualcosa» (LANGER 1942, trad. it. p. 118). Se i logici, e Carnap in particolare, negano a tali costrutti alcun valore simbolico facendone semplici
sintomi della vita interiore, di per sé impensabile in quanto esterna al campo di
validità del simbolismo, Langer propone al contrario un’estensione del concetto di simbolo e una sua particolare modulazione: accanto al simbolo linguistico- discorsivo, infatti, esisterebbe una particolare tipologia di «simbolo presentazionale» (Ivi, p. 134), che si applicherebbe a tutto ciò che dalla logica wittgensteiniana viene derubricato alla categoria dell’indicibile, del mistico. Come scrive Langer, «oltre i limiti del linguaggio discorsivo vi è una possibilità di semantica genuina» (Ivi, p. 122). Bisognerà dunque rintracciare un’articolazione simbolica laddove la logica non vede altro che l’ineffabilità del nonsenso; tale articolazione non sarà caratterizzata dalla generalità del simbolo discorsivo ma dalla diretta presentazione di un oggetto individuale, in qualche modo significativo.
Tratteggiando il progetto di una semantica non linguistica del simbolo presentazionale, Langer dedica molta attenzione alla musica, intesa come sistema simbolico «peculiarmente adatto alla spiegazione delle cose “ineffabili”, benché esso manchi della virtù cardinale del linguaggio, che è la denotazione» (Ivi, p. 138). Il capitolo dedicato al significato della musica esprime una tesi netta: la forma musicale ha una sua semantica, esprime un contenuto emozionale nello stesso modo in cui il linguaggio esprime il suo contenuto concettuale –
simbolicamente. In sostanza la musica è espressione logica dei sentimenti: « […]
la musica non è autoespressione ma formulazione e rappresentazione di emozioni […], un “ritratto logico” della vita senziente e responsiva […]» (Ivi, p. 286). La musica articola simbolicamente le emozioni umane in un modo precluso al linguaggio; ciò è possibile poiché la forma musicale esibisce la stessa forma
logica dell’oggetto – dell’emozione – che rappresenta. La comunanza di forma
logica tra brano ed emozione è un evidente richiamo alla teoria raffigurativa di Wittgenstein: come la proposizione è immagine di un fatto in virtù di una forma
75
logica comune, così, fuori dal campo del dicibile, le emozioni non si presentano confuse e inarticolate ma sono strutturate secondo una forma logica che è possibile rintracciare nell’articolazione musicale, simbolo presentazionale del vissuto emotivo. Tale simbolo non presenta, ovviamente, una corrispondenza punto per punto tra elemento dell’emozione ed elemento musicale – un vocabolario musicale è impossibile – ma esso riesce a presentare globalmente, in maniera indivisibile, il proprio contenuto, articolando «forme che il linguaggio verbale non è in grado di esprimere» (Ivi, p. 298). La musica non esprime un sentimento particolare ma presenta in generale la morfologia del sentimento, offrendo un’immagine logica del suo decorso. Essendo priva di una denotazione assegnata stabilmente, la musica può offrire liberamente significati di volta in volta cangianti: per questo motivo si può dire che essa è «un simbolo inconsumato. La sua vita è l’articolazione, ma non l’asserzione; l’espressività, non l’espressione» (Ibidem).
Il contributo di Langer ha il merito di aver aperto la strada a un interessante dibattito, interno all’estetica analitica, sul rapporto tra musica ed emozioni; le tesi presentate sono infatti diventate un punto di riferimento imprescindibile e hanno trovato approfondimento nei lavori di P. Kivy, D. Matravers, J. Levinson, R. Scruton, autori che incontreremo lungo il nostro percorso nei capitoli successivi41. Non è possibile in questa sede proporre un’analisi più accurata della riflessione di Langer, peraltro oggetto di lavori specificamente dedicati42, né seguire più dettagliatamente il dibattito analitico che trae origine dalla proposta teorica relativa alla musica come simbolo isomorfico delle emozioni43. Allo stesso modo non possiamo pretendere di prendere parte al dibattito, entrando nel merito e proponendo una critica della teoria di Langer: anche in questo campo non aggiungeremmo nulla ai più recenti contributi44. Ciò che qui interessa è
41
Per un confronto tra la riflessione di Wittgenstein e l’estetica musicale di matrice analitica, cfr. cap. 6.
42 Per un’analisi dettagliata della teoria di S. K. Langer, cfr. PIANA 1986; DEMARTIS 2004. 43 Una mappatura del dibattito analitico sulla teoria isomorfica del significato musicale viene
presentata in LENTINI 2011.
44 Sulle argomentazioni contro la teoria isomorfica di S. K. Langer, cfr. PIANA 1991; ARBO
76
confrontare la teoria di Langer, ampiamente debitrice nei confronti della teoria raffigurativa wittgensteiniana, con la sua fonte dichiarata: il Tractatus logico-
philosophicus. Tale confronto permetterà non solo di contestualizzare in maniera
appropriata la proposta teorica della filosofa americana ma metterà in luce anche le vistose divergenze tra una teoria considerata abitualmente di derivazione wittgensteiniana45 e quella che, nei capitoli precedenti, abbiamo individuato come una lettura corretta della riflessione del filosofo austriaco relativamente ai temi dell’ineffabile e dell’estetica come visione sub specie aeterni. Riportare la teoria di Langer alla sua fonte – il Tractatus – vorrà dire dunque valutare il reale rapporto tra Wittgenstein e una teoria estetica abitualmente accostata al suo pensiero e, al contempo, vedere per contrasto l’originalità della posizione che attribuisce alla musica un carattere tautologico.