Il 14 giugno 1846, Giovanni Maria Mastai Ferretti entrò in conclave, l’ultimo riunitosi al Quirinale. Tre giorni dopo venne eletto papa, con il nome di Pio IX. Fu l’inizio di un lungo e controverso pontificato durato fino al 1878, secondo per durata, fino a quel momento, solo a quello di San Pietro.
Il regno di Pio IX iniziò nel pieno della rivolta, lo Stato pontificio attraversava infatti in quel periodo una grave crisi, destinata a produrre una vasta eco anche sul piano internazionale. Nonostante questo, l’ascesa di Pio IX fu accolta con grande soddisfazione ed entusiasmo sia a Roma che nelle Legazioni341; il nuovo Pontefice infatti appariva come l’uomo
giusto per il rinnovamento dell’identità nazionale342.
Anche gli Stati esteri, la Francia, l’Austria, la Germania, apprezzarono l’elezione del nuovo Pontefice, sia perché confidavano nella personalità prudente e moderata del nuovo Papa, sia perché la rapidità dell’elezione aveva sventato possibili "torbidi politici" nelle Legazioni343.
341 Così scriveva il Ludolf, ambasciatore napoletano a Roma il 13 giugno 1846: «Una buona parte del volgo di questa capitale si è dichiarata con applausi e scritti sui muri di voler per Papa il cardinal Micara. Si vuole che anche a Bologna si sia manifestato lo stesso spirito.» E. CIPOLLETTA,
Memorie politiche sui conclavi da Pio VII a Pio IX, Milano 1823, p. 233; In
realtà quando la mattina del 17 venne annunziato il nome del nuovo Papa, la folla, rimase delusa e lo accolse piuttosto freddamente e questo «sia perché i più ritenessero ancora essere stato eletto il cardinale Gizzi, che chiamossi per quei pochi momenti che lo si credette eletto, il Papa d’Azeglio, sia che il suo nome non fosse abbastanza cognito per fatti amministrativi o governativi.» G. SPADA, Storia della rivoluzione di Roma e della
Restaurazione del Governo dal Primo giugno 1846 al 15 luglio 1849, Firenze
1868, vol. I, p. 50.
342M. CARAVALE – A. CARACCIOLO, Lo Stato pontificio da Matino V a
Pio IX, della Storia d’Italia diretta da G. GALASSO, Torino, 1978, vol. XIV, p.
641.
Fin dal Memorandum del 1831, infatti, le grandi potenze premevano sul governo pontificio per indurlo alle riforme, e questo non tanto per assicurargli l’amore dei sudditi, ma più che altro per scansare ogni motivo legittimo di reclamo344.
Pio IX appariva come il simbolo dell’innesto tra le istanze riformatrici tradizionali e quelle più moderne, spingenti verso un radicale rinnovamento dello Stato, e l’attenzione per le leggi e i proclami di Governo si univa a quella per le richieste, le sollecitazioni, e le pressioni che tutt’intorno si levavano345. A
questo proposito il Farini ci ricorda un giovane Marco Minghetti che dalle colonne del giornale Il Felsineo discorreva di argomenti economici e morali, e forniva considerazioni intorno a riforme amministrative, e Massimo D’Azeglio, che pubblicava una lettera nella quale dava consigli prudenti e raccomandava la moderazione. Ma tanti altri erano coloro che scrivevano sulle finanze, i municipi e le riforme giudiziarie346.
La grande popolarità di Pio IX cominciò con le grandi manifestazioni di entusiasmo da parte delle popolazioni, e le risposte di Pio IX ai suoi sudditi non tardarono ad arrivare.
E' opinione che la politica riformatrice di Pio IX inizi con la concessione dell’amnistia ai detenuti; fu un provvedimento che le popolazioni dello Stato già da tempo aspettavano, ma fu un atto coraggioso, perché con esso si rimettevano in libertà decine di cospiratori in piena crisi dello Stato. Poco dopo il Pontefice nominò Segretario di Stato il cardinale Pasquale Gizzi, anche qui tanta fu la pubblica soddisfazione, perché ritenuto “amico delle riforme347”. Seguì l'Editto sulla censura, l'atto attraverso il quale
si regolamentavano le pubblicazioni a mezzo stampa, e con il quale si ebbe un allargamento dei temi trattati nei fogli politici già esistenti e si diffusero nuovi giornali.
344 A. M. GHISALBERTI, Cospirazioni del Risorgimento, Palermo, 1938, pp. 8-10.
345M. CARAVALE – A. CARACCIOLO, op. cit., p. 642.
346 L. C. FARINI, Lo Stato romano dall’anno 1815 al 1858...cit., p.100. 347 Ibidem, p.91.
Queste novità si inseriscono in quello che è stato definito il primo periodo della politica riformatrice di Pio IX, caratterizzato dall'assenza di provvedimenti tali da implicare soluzioni di tipo rappresentativo, alla quale seguirà poi quella delle riforme istituzionali con la creazione della Consulta di Stato e del Consiglio di Stato348.
In entrambe queste fasi, che si riferiscono al primo periodo del pontificato, è evidente e concreto l’impegno del pontefice a trovare soluzioni tali da condurre a un rinnovamento e a un rimodernamento dello Stato, in linea con le tendenze diffuse tra gli altri sovrani nel resto d’Europa.
Nonostante questi interventi e dimostrazioni di apertura verso nuove prospettive culturali, il successivo giudizio su Pio IX non terrà conto di questi primi momenti e finirà per configurarsi come complessivamente negativo.
Pio IX passerà infatti alla storia come colui che proclamò il dogma dell’Immacolata concezione e, aprendo il Concilio Vaticano Primo, quello dell’infallibilità papale; il papa dell’enciclica Quanta cura contenente il Sillabo, uno dei più gravi attacchi al pensiero laico e moderno; il papa che fino all’ultimo non si rassegnò alla perdita del potere temporale ordinando il non expedit ai fedeli.
Ma allora chi era in realtà Pio IX, fu davvero quel sovrano illuminato costretto a trasformarsi, sotto le spinte esterne, in un bieco conservatore pur di salvare quello Stato pensato come da sempre perfetto e non bisognoso di alcuna revisione di sorta? la risposta a questo interrogativo parte da una distinzione primaria: il sovrano e il pontefice, un corpo e due anime, come è stato definito349. Tutti conoscono il pontefice, ma se volessimo
riferirci al sovrano, dovremmo pensare a colui che detiene il potere, ed il potere si identifica con la giustizia, perché
348 ARA A., Lo Statuto fondamentale della Chiesa…cit.
349 P. PRODI, Il sovrano Pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia
l’amministrazione della giustizia da sempre costituisce la funzione essenziale, la ragion d’essere del potere costituito350.
Se si guarda al sistema giudiziario dello Stato pontificio, così come appariva nel XIX secolo, ci si rende conto di come esso fosse uno dei più complessi tra gli Stati preunitari, nonché dei più arretrati. Con il tempo le magistrature e i tribunali avevano infatti sovrapposto le proprie competenze le une alle altre e la rete di autorità giudiziaria era così intricata da poter esser definita un vero e proprio “groviglio giurisdizionale”. Conseguenze di questo stato di cose erano ovviamente confusione, mancanza di garanzie e incertezza del diritto.
Con Pio IX parte un’opera di risistemazione delle ossificate strutture giudiziarie e costituzionali spesso sottovalutata, perché non del tutto compiuta, ma che non trova precedenti “moderni” nello Stato pontificio. Tutto ciò possibile soprattutto se si considera la realtà vivacissima che fa da sfondo alla Roma di metà Ottocento, composta da un gran numero di giuristi, avvocati, filosofi, scrittori, desiderosi di innovare radicalmente le fondamenta dell’apparato giurisdizionale dello Stato pontificio, protagonisti di un dibattito giuridico dal quale traspare tutto il fervore per i mutamenti culturali e politici che stavano interessando la maggior parte degli Stati italiani nel medesimo periodo.
E così subito, 1846, nomina della Commissione per la revisione dei codici, che darà vita in breve tempo ad un
Regolamento organico sull’ordine giudiziario, che riuniva e
semplificava i Regolamenti gregoriani in materia civile e penale; gennaio 1847, nuove norme in materia di “punitiva giustizia”, iniziava la riduzione dei tribunali romani, con la concentrazione del Tribunale del Campidoglio e quello dell’Uditorato della Camera nell’unico Tribunale del Governo; e ancora giugno 1847, i capi dei dicasteri più importanti venivano riuniti in un 350 P. ALVAZZI DEL FRATE, Appunti di Storia degli ordinamenti
giudiziari. Dall’assolutismo francese all’Italia Repubblicana. Roma, 2009, p.
Consiglio dei ministri, nasceva il Ministero di Grazia e Giustizia, affidato all’Uditore della Camera, che cessava però da ogni funzione giurisdizionale, sancendo così per la prima volta anche nello Stato pontificio la distinzione tra funzioni esecutive e giudiziarie. E poi ancora nel 1847 la Consulta di Stato, quel “piccolo parlamentino” composto da ventiquattro consultori nominati dal sovrano su terne di candidati scelti dai consigli provinciali, che ebbe il compito di “coadiuvare alla pubblica amministrazione” e che diede un segnale di liberalismo all’attività amministrativa di cui volle essere espressione, cercando di vedere a fondo nei bilanci, nell’ordinamento di comuni e province e dando vita a quell’organo che di lì a poco sarebbe stato il suo successore: il Consiglio di Stato. Quest’ultimo sarebbe stato l’organo incaricato di redigere i progetti di legge, i regolamenti di pubblica amministrazione, di fornir pareri su particolari materie, e anche di occuparsi del contenzioso amministrativo. Le sue funzioni erano “costituzionalizzate”, in quanto previste dallo Statuto del 1848, la carta ottriata che Pio IX concesse ai suoi sudditi sull’esempio degli altri Stati italiani. Nell’ambito della sua funzione consultiva il Consiglio di Stato, composto di membri in prevalenza laici, elaborò il Progetto di regolamento organico nel
Foro laico che avrebbe introdotto nell’ordinamento giuridico
dello Stato pontificio grandi novità. Tra queste, abbiamo visto, il Tribunale di Cassazione, il Pubblico Ministero, la Giuria, il principio del contraddittorio e l’abolizione di ogni giurisdizione eccezionale. Concetti e istituti che, trasportati dall’ondata rivoluzionaria francese, stavano attecchendo e si stavano diffondendo in gran parte dei territori europei, ma che senza dubbio assumono un significato diverso se riferiti allo Stato pontificio.
Non vi fu il tempo di far germogliare i semi dell’innovazione. L’impegno del pontefice nella vita amministrativa dello Stato non coincise con quello nella vita
politica. Il papa rifiutò il suo appoggio al re di Sardegna nella guerra contro l’Austria e di lì a poco fu solo l’incalzare degli eventi: l’uccisione del Rossi, la fuga a Gaeta, e l’imperdonabile Repubblica romana.
Con la Restaurazione altre commissioni furono nominate, altre riforme furono avviate, e altri moderati occuparono cariche di governo di rilievo. Ma l’immobilismo del papa, stretto in quella morsa del “non posso, non debbo non voglio”, unito a quell’ intimo sentimento di dovere di difesa dello Stato della Chiesa, segnarono per sempre la fine di quel sogno di modernità per un attimo intravisto dallo Stato pontificio.