Il Regolamento legislativo e giudiziario per gli affari civili era composto di 1806 paragrafi ed era diviso in tre parti, la prima dedicata, seppur in modo frammentario, alla legislazione civile sostanziale, la seconda riguardante la disciplina dell’ordinamento giudiziario e la terza relativa alla disciplina della procedura civile101.
101 Regolamento legislativo e giudiziario per gli affari civili del 10
novembre 1834, in Raccolta di leggi e disposizioni di pubblica amministrazione... cit.
Il programma di Pio VII traspariva in maniera evidente dal preambolo, contenente la massima, di matrice illuminista e già presente nel moto proprio del 1817 secondo la quale «ottime quelle leggi le quali attribuiscono ai giudici il minimo arbitrio senza violentare la loro coscienza; ed ottimi i giudici i quali attribuiscono il minimo possibile arbitrio a loro stessi102».
La lettura del Regolamento gregoriano offre molti spunti di riflessione, soprattutto per quanto riguarda la parte generale, del tutto assente nei precedenti “codici” e per il processo di semplificazione delle strutture giudiziarie che sembra timidamente intraprendere103.
In linea con la nostra ricerca ci soffermeremo in particolare sul Titolo II del Regolamento relativo alla distribuzione dei tribunali (paragrafi 267-394), tralasciando l’analisi della parte sostanziale e procedurale104.
Il Regolamento legislativo e giudiziario al Titolo II distingueva l’amministrazione della giustizia a seconda che questa fosse esercitata nel Foro laico ovvero nel Foro ecclesiastico.
La giustizia civile nel Foro laico era amministrata dai governatori, dai Tribunali civili, dai Tribunali di commercio, dai Tribunali di appello, dal Tribunale del Senatore di Roma, dal Tribunale dell’A. C., dal Tribunale della Sacra Rota, dal Tribunale della piena Camera, dal Tribunale supremo di Segnatura. Nelle cause di competenza del Foro ecclesiastico, la giustizia veniva amministrata dai Tribunali Vescovili, Arcivescovili, e Metropolitani, dal Tribunale del Vicariato di Roma, dal Tribunale dell’A. C. e dalla rispettiva Congregazione
102 Ibidem, Proemio.
103 Cfr. Regolamento giudiziario per gli affari civili di Gregorio Papa
XVI 1834, Testi e documenti per la Storia del processo, a cura di N. PICARDI,
A. GIULIANI, II sez.: Codici degli Stati preunitari, Milano 2004, Prefazione, pp. IX-XXX.
104 Uno degli studi più importanti del Regolamento gregoriano del 1834 resta quello di F. MENESTRINA, Il processo civile nello Stato pontificio, pub. In Riv. It. Per le scienze giuridiche, 1907, pp. 147-210, e ristampato in il
Regolamento giudiziario per gli affari civili di Gregorio Papa XVI... cit. pp. 2-
prelatizia; dai Tribunali di “misto foro”, ossia di nuovo il Tribunale della Sacra Rota e il Tribunale supremo di Segnatura. Per questi tribunali valevano le medesime leggi di procedura proprie dei tribunali laici.
Tutte le altre magistrature venivano espressamente abolite dal Regolamento (artt.274-275). Allo stesso modo venivano dichiarati aboliti tutti i giudici particolari o privativi e veniva ripristinato l’uso della lingua italiana negli atti giudiziali e nelle sentenze, ad eccezione dei Tribunali della Segnatura, della Rota e della Piena Camera, nei quali si conservava l’uso della lingua latina. Si richiamava inoltre l’obbligo di motivazione delle sentenze e la nomina sovrana di tutti i giudici, ufficiali, impiegati e addetti all’ordine giudiziario (artt. 281-283)105.
Giudici e tribunali nel Foro laico
Nei capoluoghi delle Legazioni di Ravenna, Forlì, Bologna e Ferrara colui che esercitava le funzioni giudiziarie singolarmente veniva detto giusdicente, nelle Delegazioni assessore legale, nei Governi governatore (artt. 283-284)106.
I governatori, gli assessori e i giusdicenti decidevano in prima istanza le cause di valore non superiore ai duecento scudi purché queste non fossero state di natura ipotecaria e non riguardassero divisioni, rendimento dei conti, cittadini stranieri, assenti o materie commerciali e ad alcune questioni relative agli affari del pubblico erario. Erano inoltre competenti, a prescindere dal valore, per le cause relative a provvigioni alimentari, stipendi dovuti ad operai giornalieri, ai domestici e alle persone di servizio, per le cause di “danno dato” nei rispettivi territori e per le cause di “momentaneo e sommarissimo possessorio” (artt. 285-287)107.
105 Regolamento legislativo e giudiziario... cit., Titolo I, Disposizioni
preliminari, artt. 267- 283.
106 Ibidem, Tiolo II, sez. I, Dei governatori, artt. 284-288.
107 Quando la competenza dei governatori o degli altri giusdicenti non fosse stata certa, sia per ragioni di materia che di valore, era competente il
Nei comune dove non vi erano tribunali di commercio i giudici singoli giudicavano tutte le controversie nascenti dalla esecuzione dei contratti “in tempo di fiera o mercato” osservando le leggi e le consuetudini mercantili. La stessa giurisdizione era esercitata dai governatori, assessori o giusdicenti, anche nei comuni ove risiedevano tribunali civili che facevano le veci dei tribunali di commercio (art. 288).
I Tribunali civili erano istituiti uno in ogni capoluogo di provincia. Nei capoluoghi delle quattro Legazioni di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna erano composti di un presidente, un vice presidente, quattro giudici e quattro supplenti ed erano divisi in due turni, ciascuno composto di tre giudici, compresi il presidente e il vicepresidente; i tribunali che risiedevano negli altri luoghi erano composti di un presidente e due giudici (artt. 289-290).
Questi tribunali decidevano in prima istanza le cause maggiori di duecento scudi, o di valore indeterminato, le cause di qualunque somma che riguardavano l’interesse dei comuni e delle Province, le cause che riguardavano l’interesse dell’Erario, le cause di qualunque somma relative alla liberazione dei fondi dai vincoli e dalle ipoteche, le cause di azioni ipotecarie di graduatoria o di concorso universale e particolare, le cause riguardanti giudizi di divisioni e di rendimento dei conti, le cause concernenti le successioni (nei casi determinati dalle leggi di procedura, le cause riguardanti i giudizi contro stranieri o assenti dello Stato pontificio (art. 293).
Come giudici di secondo grado i Tribunali civili giudicavano tutte le cause decise in primo grado dai giudici singoli108.
I Tribunali di commercio erano sette tribunali in tutto lo
Stato, situati nelle città di Bologna, Ferrara, Rimini, Pesaro, Ancona, Foligno, e Civitavecchia; a questi si aggiungeva il
Tribunale di Commercio di Roma che continua ad essere
tribunale civile Ibidem, § 431.
108 Regolamento legislativo e giudiziario... cit., Tit. II, Sez. II, Dei
disciplinato dall’ Editto dell’8 luglio 1831. I Tribunali di commercio erano tribunali eccezionali, la loro giurisdizione si estendeva a tutte le cause ad essi esplicitamente attribuite dall’art. 601 del Libro IV del Regolamento commerciale, ancorché la competenza non eccedesse il valore di duecento scudi, ed erano competenti per tutte le obbligazioni e contrattazioni nascenti tra negozianti, mercanti e banchieri nonché per ogni altra controversia relativa agli atti di commercio stipulati tra le altre persone109.
Ai Tribunali di commercio era inoltre attribuita la competenza relativa alle azioni contro agenti, commessi dei mercanti o loro subalterni per i traffici effettuati dal mercante dal quale essi dipendevano; oggetto della loro giurisdizione erano inoltre i biglietti emessi da ricevitori, pagatori, percettori, e da coloro che maneggiavano denaro pubblico, i depositi, il bilancio e i registri del commerciante dichiarato in stato di fallimento, il riconoscimento e alla verifica dei crediti, le opposizioni al concordato, quando le ragioni dell’opponente fossero fondate su atti ed operazioni la cui cognizione era attribuita dalla legge ai giudici dei tribunali di commercio, l’omologazione del trattato tra il fallito e i suoi creditori.
109 Regolamento di commercio del primo giugno 1821 già in vigore
nelle Province delle Romagne, delle Marche e dell’Umbria, rist., Bologna,
1864. Al successivo § 602 si stabilisce che per “atti di commercio” debbano intendersi : «...qualunque compra di derrate e mercanzie per rivenderle, sia in natura, sia dopo averle lavorate e poste in opera, ed anche per locarne semplicemente l’uso; ogni impresa di manifattura di commissione, di trasporto per terra o per acqua; ogni impresa di somministrazioni, di agenzie istituite a comodo pubblico, di stabilimenti, di vendite all’incanto, di spettacoli pubblici; ogni operazione di cambio, di banca e senseria: ogni operazione di banche pubbliche; tutte le obbligazioni tra negozianti, mercadanti e banchieri; le lettere di cambio, o rimesse di denaro fatte di piazza in piazza tra ogni sorta di persone. La legge reputa parimenti atti di commercio ogni impresa di costruzione, ogni compra, vendita o rivendita di bastimenti per la navigazione interna ed esterna; ogni spedizione marittima ogni compra e vendita di attrezzi, arredi e vettovaglie; ogni noleggio e imprestito a cambio marittimo; ogni associazione o altro controllo riguardante il commercio di mare; ogni accordi e convenzione, o altro contratto riguardante il commercio di mare; ogni accordo o convenzione per salari e stipendi di equipaggio. Ogni arrolamento di gente e di mare pel servigio dei bastimenti di commercio.»
Le cause pendenti innanzi ai tribunali di commercio che non riguardavano espressamente le persone e gli oggetti contemplati dalla legge dovevano essere rimesse, anche d’ufficio, al giudice o tribunale competente.
Nel caso in cui la competenza del tribunale fosse stata dubbia, per ragioni di materia o di valore, anche in questo caso, come per i giudici singoli, doveva ritenersi competente il tribunale civile.
I Tribunali di commercio erano composti da un presidente giureconsulto e quattro giudici commercianti, che in caso di impedimento erano sostituiti da i commercianti più anziani dell’albo della camera di commercio eccezion fatta per il tribunale di Senigallia (operante solamente in tempo di fiera) che era presieduto dal governatore della città, e per il Tribunale di Roma composto (in base a quanto stabilito dall’editto dell’8 luglio 1831) da un giureconsulto e da due commercianti che lo presiedevano a vicenda anno per anno.
La giurisdizione dei tribunali di commercio si estendeva a tutta la provincia o distretto dipendente dalla città in cui essi erano stabiliti. Nelle Province o distretti in cui non erano presenti tribunali di commercio le loro funzioni erano rimesse ai tribunali civili i quali, nell’esercizio delle loro funzioni, si attenevano alle leggi e ai regolamenti vigenti in materia commerciale110.
I Tribunali di Appello erano due in tutto lo Stato, uno a
Bologna, comprendente le Province di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna, e l’altro a Macerata, comprendente le Province di Macerata, Urbino, Pesaro, Ancona, Fermo, Ascoli e Camerino. Entrambi erano composti da un presidente, un vice-presidente, sei giudici e quattro supplenti. Questi tribunali, generalmente, erano giudici di secondo grado per tutte le controversie giudicate in prima istanza dai tribunali civili, ma potevano anche
110 Regolamento legislativo e giudiziario... cit., Tit. II, sez. III, artt. 294- 300.
essere giudici di terzo grado per le cause giudicate, con sentenze difformi, in primo grado dai governatori, assessori e altri giusdicenti, e in secondo grado dai tribunali civili.
Il Tribunale di Bologna era anche competente per tutte le cause, di qualunque valore, giudicate in prima istanza dai tribunali di commercio delle quattro Province che gli erano soggette mentre, le cause commerciali rientrati nella giurisdizione del Tribunale di Appello di Macerata, venivano giudicate da quell’unico Tribunale di Appello per le cause commerciali istituito ad Ancona nel 1830 dal Pontefice Pio VIII.
Da ultimo i tribunali di appello erano competenti per le cause giudicate con sentenze difformi in primo grado dai governatori, assessori e altri giusdicenti e in secondo grado dai tribunali civili111.
Il Tribunale del Senatore, detto anche del Campidoglio, esercitava la propria giurisdizione cumulativamente con il Tribunale dell’A. C. nelle cause tra o contro meri laici della città di Roma e dell’agro romano. Questo tribunale era composto dal Senatore di Roma, che aveva il titolo di presidente, dai due collaterali, dall’Uditore pro-tempore del Senatore, dal giudice dei mercenari e da un giudice aggiunto. I due collaterali e l’uditore del Senatore esercitavano la stessa giurisdizione attribuita ai governatori; il giudice dei mercenari era competente per le cause di Roma e dell’agro romano non maggiori di duecento scudi concernenti i prodotti agricoli, le caparre, le anticipazioni o prestazioni date per cause di lavori di campagna. I due collaterali e l’uditore del Senatore formavano un tribunale collegiale per conoscere e giudicare in primo grado le cause maggiori di duecento scudi e quelle attribuite ai tribunali civili dal § 291, n. 3, e in grado di appello le cause giudicate da ciascuno di essi e dal giudice dei mercenari112.
111 Ibidem, Sez. IV, Dei tribunali di appello, artt. 301-304.
Il Tribunale della Sacra Rota era composto da dodici prelati con il nome di Uditori di Rota, questi dovevano necessariamente appartenere a diverse Province dello Stato e ad altri Regni. Ogni membro estero veniva nominato dal Papa, chiamato a scegliere tra tre persone abili indicate dai rispettivi sovrani o senati e ciascun Uditore di Rota era assistito, nell’esercizio delle sue funzioni, da un avvocato e da due o più segretari.
Il Tribunale della Sacra Rota aveva competenza in secondo e in terzo grado di giurisdizione. Le cause ad esso affidate si distinguevano in cause maggiori e cause minori. Le prime erano quelle che oltrepassano il valore di cinquecento scudi romani o che non avevano un valore determinato, le seconde erano tutte le altre.
Come giudice di secondo grado la Sacra Rota decideva tutte le cause pronunciate in prima istanza da un tribunale civile o commerciale di Roma, Perugia, Foligno, Spoleto, Rieti, Viterbo, Orvieto, Civitavecchia, Velletri, Frosinone, e Benevento. Come giudice di terzo ed ultimo grado, decideva invece le cause giudicate in secondo grado dal turno rotale con sentenza difforme da quella pronunciata in prima istanza e le cause, sia maggiori che minori, giudicate con sentenze difformi in primo grado dai tribunali civili e commerciali delle Province comprese nella giurisdizione dei Tribunali di appello di Bologna e di Macerata e in secondo grado dagli stessi tribunali di appello di Bologna e Macerata. Sempre in secondo grado di giurisdizione la Sacra Rota giudicava le cause minori decise con sentenze difformi, in prima istanza, da uno dei due turni del Tribunale civile di Roma e in seconda istanza dall’altro turno; e le cause decise con sentenze difformi in primo grado dai tribunali civili di tutto lo Stato e in secondo grado dal Tribunale della Piena Camera.
Infine Il Tribunale della Sacra Rota, giudicava, in qualità di Tribunale Supremo in prima ed ultima istanza, le cause sul valore dei rescritti o chirografi pontifici rimesse con la clausola
de operatione oris e in grado di “restituzione in intiero” le cause
decise con sentenza passata in giudicato dai giudici e tribunali di Roma e delle Province, sia singolarmente che collegialmente.
Tutte le cause sia le maggiori che le minori erano decise in base a turni composti sempre da cinque giudici, ossia dal prelato ponente, che era il relatore, e dai quattro Uditori che sedevano alla sua sinistra. L’attore aveva la possibilità di scegliere il prelato ponente (coram quo) e di conseguenza il turno che avrebbe deciso la causa.
In un primo momento il prelato era semplicemente il giudice che riferiva la causa e non gli erano concesse facoltà di voto. Ciò comportava a volte dei problemi, quando i quattro giudici votanti si trovavano in situazione di parità. In questa ipotesi era infatti necessario proporre nuovamente la causa dinanzi ai giudici (iterum proponatur) e nel caso di ulteriore parità si aggiungeva un quinto ed un sesto prelato, procedendo verso sinistra. Qualora neanche questo fosse bastato a raggiungere una maggioranza di voti, attraverso il rescritto
videant omnes, l’intero uditorio era chiamato a decidere113.
Il Tribunale della Sacra Rota poteva anche operare in qualità di organo di giurisdizione straordinaria, in base a una delega sovrana, nelle cause sul valore dei rescritti pontifici, e nelle cause dei paesi esteri, quando erano portate innanzi alla suddetta corte114.
Il Tribunale Supremo di Segnatura era composto da un
cardinale Prefetto, sette prelati votanti, un prelato uditore del tribunale e da un togato uditore della prefettura, nonché da prelati referendari, i quali riferivano le petizioni e le istanze dei ricorrenti ed esprimevano il loro voto per fini meramente consultivi. Tutti i giudici e i tribunali dello Stato, compresi quello della Sacra Rota e della Piena Camera, erano soggetti a questo tribunale. Esso giudicava le cause in nome e in vece del
113 R. MARCHETTI, Notizia delle giurisdizioni... cit., p. 26 114 Ibidem, Sez. VII, Della Sacra Rota, artt. 321-327.
Sommo Pontefice e le sue competenze si estendevano alle domande di annullamento e circoscrizione degli atti giudiziali e delle sentenze; alle questioni di competenza tra giudici e tribunali; alle questioni sulla unione e sulla avocazione delle cause; le questioni relative alla ricusazione dei giudici per legittimo sospetto; alle domande di nuovo appello, pienamente devolutivo, in grado di restituzione in intiero.
Anche le cause che si proponevano dinanzi a questo tribunale si distinguevano in maggiori e minori. Erano maggiori quelle che oltrepassano il valore di duecento scudi, o di valore indeterminato, erano minori tutte le altre.
Le cause maggiori erano decise dall’ Adunanza plenaria del tribunale; la medesima procedura era prescritta anche per le cause minori qualora si fossero riferite a domande relative alla ricusazione dei giudici o ad una richiesta di nuovo appello, ad affari del pubblico Erario, ad affari dei comuni e delle Province.
Il prelato Uditore della Segnatura esercitava le funzioni di Segretario e dunque interveniva alle adunanze e teneva il registro dei rescritti, cioè delle risoluzioni. Egli era competente ad esercitare anche funzioni giurisdizionali nel decidere le cause minori non ricomprese tra quelle che per legge dovevano essere decise dall’intero tribunale, nel destinare la proposizione delle cause dinanzi al tribunale, nel rendere esecutivi i rescritti, nel tassare e liquidare le spese, danni ed interessi in sequela dei rescritti resi esecutivi, nel conoscere e giudicare le controversie circa la liquidazione, qualora la somma liquidata non superasse i duecento scudi115.
Giudici e tribunali del foro ecclesiastico
Tribunali Vescovili, Arcivescovili e Metropolitani. I Vescovi,
gli Arcivescovi e per essi i loro Vicari generali erano, in ciascuna Diocesi, giudici ordinari di prima istanza sia per ragioni di 115 Ibidem, Sez. IX, Del tribunale supremo di Segnatura, artt. 335-345.
materia che di persona, e la loro competenza non era limitata a nessuna somma o valore. Essi giudicavano anche le altre cause fra laici, qualora fosse stata loro volontariamente rimessa la vertenza.
Gli Arcivescovi e i giudici metropolitani erano anche giudici di seconda istanza in tutte le cause giudicate in primo grado dai Vescovi suffraganei della loro provincia, tuttavia la parte soccombente poteva anche decidere di appellarsi direttamente alla Santa Sede, ossia ai tribunali di Roma116.
Il Tribunale del Vicariato di Roma era composto dal
cardinale vicario di Roma e del suo distretto, da un prelato vice- gerente, da un prelato luogotenente civile. Ciascuno dei due prelati giudicava, anche per mezzo del suo privato uditore, in prima istanza le cause di Roma e del suo distretto che nelle diocesi erano di competenza dei vescovi e dei vicari generali e le cause tra meri laici, o promosse da ecclesiastici contro meri laici, che non eccedevano il valore di 25 scudi. Al cardinal vicario di Roma era invece riservata una giurisdizione di secondo grado (che egli esercitava per mezzo del suo uditore privato) per tutte le cause non maggiori di cinquecento scudi giudicate in primo grado dai due prelati vice-gerente e luogotenente. Inoltre il cardinal Vicario giudicava, sempre in seconda istanza, tutte le cause che non oltrepassavano il valore di cinquecento scudi e che in prima istanza erano state giudicate dal giudice deputato per le cause ecclesiastiche.
Gli uditori privati del cardinal Vicario e dei prelati vice- gerente e luogotenente erano competenti per tutte le cause fino alla sentenza che decideva nel merito. Questa doveva però essere sottoscritta dal cardinal Vicario o da uno dei due prelati, previo il visto dell’Uditore che aveva esaminato la causa.
Il Tribunale del Vicariato aveva inoltre giurisdizione per le cause che riguardavano gli alimenti, per le cause non
116 Ibidem, Tit. III, Dei giudici e tribunali per le cause appartenenti al
commerciali degli ebrei e dei neofiti e per le altre cause al medesimo riservate dalle Costituzioni Apostoliche117.
Il Tribunale dell’Auditor Camerae per le cause
ecclesiastiche era composto dal prelato Uditore della Camera, da due assessori togati e un giudice uditore (che ne facevano le veci), e dalla Congregazione civile formata dai soli prelati