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Sull’ istituzione del Pubblico Ministero

3. Capitolo III – Il secondo periodo di riforme (1847 1848) –

3.5. La discussione in seno al Consiglio di Stato sulle basi di un nuovo regolamento di giustizia

3.5.4. Sull’ istituzione del Pubblico Ministero

L’origine storica del Pubblico Ministero resta alquanto controversa e trova i suoi antecedenti già nel diritto romano, anche se l’istituto inizia ad assumere la forma a noi nota solamente nella Francia del XIV secolo258. Secondo la prevalente

opinione «è nell’ingerenza prima e più diretta del monarcato francese nella vita della Nazione che si dee ricercare l’origine del Ministero pubblico259», anche se vi è chi sostiene che

«l’origine del M. P. non deve rintracciarsi né in questo né in quello Stato. Questa istituzione è un prodotto dell’esperienza storica: è l’effetto di un bisogno che, in date condizioni di civiltà sentì ogni Stato: è il portato di quella evoluzione sociale, che nel mondo moderno produsse nuove potenze ed organi nuovi260».

L’istituto del Pubblico Ministero in Italia, è stato modellato su quello Francese. La Francia conosceva già tale figura prima della Rivoluzione, quando era ancora un’emanazione del potere regio e da questi completamente dipendente. L’assemblea costituente votò per la conservazione di questo istituto, e ne conservò la nomina regia, ma lo rese indipendente accordandogli l’inamovibilità. Le funzioni del Pubblico Ministero vennero divise tra quelle sue proprie e quelle del Pubblico Ministero accusatore; mentre quest’ultimo era eletto dal popolo e aveva la missione di sostenere innanzi alla giuria le e accuse e di esercitare la vigilanza su tutti gli uffici di polizia giudiziaria del suo dipartimento, al primo era riservato solamente il compito di chiedere, dopo la pronuncia del verdetto, la pena, e di curare l’esecuzione delle condanne. Dopo non poco tempo il Pubblico Ministero di nomina regia venne abolito e rimase solo il 258 Una ricostruzione delle tesi avanzate dai vari studiosi circa l’origine del Pubblico Ministero è offerta da A. CASSIANI, Il potere di avocazione.

Profili ordinamentali dell’ufficio di Pubblico Ministero, Padova, 2008, pp. 1-

19.

259 G. BORTOLOTTO, Ministero pubblico (materia penale), in Dig. It., vol. XV, 2, Torino, 1904-1911, pp. 524-604.

260 F. SCARLATA, Ministero pubblico, (ordinamento giudiziario,

Pubblico Ministero accusatore. Napoleone soppresse la figura dell’accusatore pubblico trasferendo le sue funzioni ai commissari di governo261. Solamente col Code d’instruction

criminelle vennero cristallizzati i principi inerenti al Pubblico

Ministero riassunti nella dipendenza di questo dall’esecutivo, e stabilendo che tale ufficio fosse comprensivo di due funzioni, quella di polizia giudiziaria e quella di titolare dell’azione penale. Il sistema francese era basato comunque su una struttura piramidale, al vertice della quale stava il ministero di giustizia, vi erano poi i procuratori generali e i loro sostituti, gli avvocati generali e i loro sostituti che dipendevano a loro volta dai procuratori generali, sistema che ispirò anche i codificatori italiani nel ridisegnare il sistema della pubblica accusa262.

In Italia, le legislazioni preunitarie furono in buona parte influenzate dal modello codicistico romagnosiano del 1807, che aveva recepito uno schema processuale tendenzialmente misto e caratterizzato da una fase istruttoria rigorosamente segreta e un dibattimento orale; il modello del Romagnosi riecheggiava nel codice di procedura criminale del Regno di Sardegna del 1847 e in quelli di procedura criminale del ducato di Parma del 1820 e di procedura penale del ducato di Modena del 1855 ed anche nella legislazione leopoldina, nelle leggi di procedura ne’ giudizi penali del Regno delle due Sicilie, mentre il regolamento di procedura gregoriano del 1832 era scevro di riferimenti alla cessata esperienza napoleonica in Italia263.

La legislazione dello Stato pontificio era infatti, quella che forse aveva recepito meno di tutte l’istituto del Pubblico Ministero. Nel Regolamento gregoriano del 1831 si trovano confuse le funzioni di Pubblico Ministero con quelle 261 F. SCARLATA, Ministero pubblico, (ordinamento giudiziario,

procedura penale e civile), in Enc. Giur. It., vol. X, Milano, pp. 999- 1109.

262 A. CASSIANI, Il potere di avocazione… cit., pp. 15-18.

263 M. NATALE, Una riflessione sul Pubblico Ministero nei principali

sistemi processuali italiani dell’Ottocento. Ruolo, funzioni e problematiche della pubblica accusa nel primo quarantennio di unità nazionale, in M.

FIORAVANTI, Culture e modelli costituzionali dell’Italia repubblicana, Cosenza, 2008, pp. 193-222.

dell’istruttore per le caratteristiche del sistema inquisitoriale allora vigente nei territori pontifici. La figura che più si avvicinava a quella del Pubblico Ministero era quella del procuratore fiscale, residente in ogni capoluogo di provincia e corrispondete col procuratore generale del Fisco residente a Roma; il Regolamento gregoriano prevedeva anche un avvocato del Fisco, con funzioni relative all’attività patrimoniale del papato, ma nemmeno questa figura poteva paragonarsi completamente a quella del Pubblico Ministero.

La discussione proseguiva allora sul quinto quesito: “Se debba o no stabilirsi il Ministero pubblico, ed in caso affermativo in quali tribunali264.”

Monsigor Morchini, presa la parola, obiettava che non vi erano motivi per ritenere che il Pubblico Ministero avrebbe riscosso più fiducia dei giudici, che erano sempre scelti dal governo tra i migliori quanto a preparazione e onestà; egli sosteneva che “il popolo lo vuole, perché mai l’ebbe, ed inclina a vagheggiar cose nuove. Ma deve guardarsi alla convenienza e all’economia”; aggiungeva poi come la sua istituzione avrebbe certamente compromesso il prestigio dei magistrati che in quel modo sarebbero stati posti sotto sorveglianza.

Il Pagani riteneva che il potere giudiziario influiva sui beni, sull’onore e sulla vita dei cittadini, per queste ragioni era necessario impedirne il più possibile l’abuso e garantire dei metodi di sorveglianza.

Monsignor Morchini osservava come nel Regno d’Italia, al tempo in cui si discuteva sull’ introduzione dei codici, si fosse proposto di istituire il Ministero solamente nei tribunali d’appello, con l’obbligo di sopraintendere anche ai tribunali subalterni, eliminando così l’impiego dei giudici fiscali e dei presidenti, con una conseguente contrazione della spesa. Le attribuzioni del Pubblico Ministero consistevano nell’esercizio

264 Quesito discusso nella seduta del 25 luglio 1848. ASR, Consiglio di

della “polizia giudiziaria”, nel condonare le cause dei comuni, dello Stato e delle persone privilegiate, nel dirigere le procedure compilate in camera di istruzione, con il relativo risparmio dell’utilizzo dei fiscali anche in cause riguardanti il “regio demanio”.

Notava però monsignor Morchini che mentre i fiscali, che erano di regola persone del luogo si accontentavano di un piccolo assegno mensile, il Pubblico Ministero ne avrebbe richiesto uno di certo superiore, nonostante il suo ruolo si limitasse solamente ad osservare il corretto svolgimento delle udienze.

Il Bonacci riconosceva al Pubblico Ministero l’utilità di sopraintendere all’esatta applicazione della legge nel Foro, “perché se le parti si acquietano, o per ignoranza o per interesse, all’applicazione di non ricevuta dottrina, egli reclamava al supremo ordine l’osservanza dei retti principi.”

Il Pagani aggiungeva il fatto che in caso di contrasto tra poteri era compito del Pubblico Ministero ricondurre ciascuno di essi nell’ambito dei propri confini e quanto al problema economico monsignor Ruffini riteneva che si sarebbe verificato un compenso di spesa con il risparmio di due funzionari (il fiscale l’assessore camerale) in quanto i loro uffici si sarebbero concentrati nel Pubblico Ministero.

Si passava perciò alla votazione sulla massima: “deve o no stabilirsi il ministero pubblico nei tribunali collegiali?” alla votazione seguiva l’unanimità dei voti favorevoli.

Il sesto quesito era “se nei giudizi criminali debba ammettersi o no una Camera d’accusa265.”

Il Giuliani ne mostrava l’evidente utilità dovuta soprattutto ai continui lamenti contro l’ arbitrio dei giudici processanti, dai quali dipendeva la buona o cattiva sorte del reo. Egli però rendeva noto ai propri colleghi che in realtà l’istituzione della

Camera d’accusa era già prevista nel progetto del codice di procedura penale che si stava redigendo contemporaneamente.

Senza ulteriori discussioni il quesito venne sottoposto ai voti che furono unanimemente concordi nell’ammissione.