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Il Consiglio dei ministri nei lavori preparatori Con moto proprio del 12 giugno 1847 Pio IX riuniva i cap

2. Capitolo II Riforme al sistema giudiziario nella prima fase del pontificato di Pio IX (1846 1847)

2.3. Il Consiglio dei ministri nei lavori preparatori Con moto proprio del 12 giugno 1847 Pio IX riuniva i cap

dei dicasteri più importanti dello Stato pontificio e istituiva un Consiglio dei ministri. Ma il processo che avrebbe portato alla nascita di questo importante organo era iniziato già nel settembre del 1846, quando la Segreteria di Stato, nella persona del Cardinal Gizzi Segretario, informava il Sovrano della necessità di formare un Consiglio o Congregazione dei ministri affinché si procedesse ad un ragionato riparto di materie tra le amministrazioni dello Stato allo scopo di eliminare la

confusione, i conflitti e le divergenze da sempre fonte di grave pregiudizio per la cosa pubblica.

Il 30 settembre 1846 il cardinal Gizzi faceva rapporto al Pontefice chiedendo la formale istituzione di una commissione a cui affidare il compito di predisporre un progetto contenente il riparto delle competenze e la divisione della materie tra i diversi dicasteri.

Membri della commissione sarebbero stati l’Uditore della Camera, monsignor Governatore di Roma, il Tesoriere delle Armi, il Segretario di Consulta, e monsignor Giovanni Rusconi, con funzioni di Segretario della commissione, oltre a due sostituti della Segreteria di Stato130.

130 Si trascrive il rapporto del Cardinal Gizzi a Sua Santità per l’udienza del 30 settembre 1846: «Uno dei provvedimenti più necessari e più utili al buon andamento degli affari dello Stato è quello di formare un Consiglio o Congregazione dei Ministri facendo tra di essi un ragionato riparto di materie e di attribuzioni atte ad eliminare la confusione, i conflitti e le divergenze che sono sempre di grave pregiudizio alla cosa pubblica.

In questo Consiglio di cui sarà presidente il Cardinal Segretario di Stato pro tempore si dovranno proporre e discutere tutti gli affari di qualche importanza per sottoporre quindi alla sovrana decisione di Nostra santità l’opinamento o deliberazione del Consiglio stesso.

Da questa situazione, che trovasi in ogni ben regolato governo, qualunque ne sia la forma deriveranno importanti vantaggi: 1° per ciascun Ministro in particolare, 2° per gli affari da trattarsi, 3° per lo Stato e pei sudditi, 4° infine per la stessa Santità Vostra.

Per ciascun ministro in particolare vi sarà il grande vantaggio di non essere solo a portare la responsabilità degli affari del suo dicastero delle risoluzioni che prendesse da se e delle relazioni che da se solo facesse al Sovrano. Sarà inoltre coadiuvato dai lumi dei suoi colleghi riuniti in Consiglio e profitterà della luce che sortirà dalla discussione delle materie.

Per gli affari ancora vi sarà vantaggio poiché verranno discussi e ponderati in Consiglio con più di maturità e di imparzialità di quello che con la maggior volontà del mondo possa farsi da un solo Ministro che per la molteplicità delle sue incombenze può facilmente cadere in errore e più facilmente ancora essere ingannato da subalterni ed estranei maneggi.

Vi guadagnerà lo Stato perché i sudditi compiranno quella fiducia che nasce spontanea dal sapersi che gli affari pubblici non vengano trattati da un solo Ministro, o decisi in seguito di un individuale rapporto di lui, ma sebbene in forza di un serio e ponderato esame di tutto il Consiglio e dietro la ragionata relazione che in nome del Consiglio stesso deve farsene al Sovrano. E questa certezza dissiperà quella ingiuriosa diffidenza che è purtroppo invalsa presso di molti, cioè che in alcuni dicasteri si agisca talvolta per prevenzione, per impegni e per fini meno lodevoli con discapito della giustizia.

Finalmente la santità Vostra vi troverebbe maggior quiete di animo, perché baserebbe le sovrane sue decisioni sul ragionato parere che sarebbe frutto di matura ed imparziale disanima. Di più si allontanerebbe il pericolo di aver risoluzioni che non fossero in perfetta consonanza fra loro.

Onde raggiungere questo scopo, ho l’onore di proporre alla Santità Vostra di una Commissione la quale si occupasse di preparare un ben inteso

Pio IX approvava la nomina della commissione confermando tutti i membri proposti dal cardinal Gizzi. Essi avrebbe dovuto occuparsi in particolar modo di migliorare il riparto delle materie fra i diversi uffici della Pubblica Amministrazione e predisporre la pianta organica del nuovo Consiglio dei Ministri; oltre a ciò la commissione avrebbe dovuto disciplinare il metodo con il quale si sarebbero tenute le periodiche riunioni del Consiglio medesimo131. Iniziavano

dunque i lavori della Commissione che avrebbero portato già nel

progetto da sottoporre alla sanzione di Vostra Santità intorno alla divisione delle materie e delle attribuzioni fra i diversi dicasteri all’impianto di un Consiglio di Ministri o altra denominazione che voglia adottarsi e al metodo da tenersi nelle regolari periodiche riunioni del medesimo e a tutt’altro che fosse relativo all’oggetto di cui si tratta.

Proporrei inoltre di chiamare a far parte di tale commissione, se così piacesse a vostra santità, i Monsignori Uditore della Camera, Governatore di Roma, Tesoriere delle Armi, Segretario di Consulta, Monsignor Giovanni Rusconi che avrebbe anche le attribuzioni di segretario della Commissione e i due sostituti della Segreteria di Stato.

Sarebbe poi opportuno di riunire la Commissione suddetta più presto che fosse possibile e di porre mano al lavoro onde condurlo sollecitamente al suo termine.

Firmato, Cardinal Gizzi, il 30 settembre 1846.» ASR, Miscellanea del

periodo costituzionale, b. 1, fasc. 3.

131 Si trascrive il biglietto di nomina a membro della Commissione inviato dalla Segreteria di Stato a monsignor Matteucci, presidente della S. Consulta. «La Santità di Nostro Signore, persuasa che uno dei provvedimenti più necessari ed utili al buon andamento degli affari dello Stato sia quelli che essi si trattino e compino con maturità d’esame , consonanza di sistemi ed uniformità delle leggi, e che fra le diverse pubbliche amministrazioni vi sia un ragionato riparto di materie e di attribuzioni atto ad eliminare confusione e divergenze sempre pregiudizievoli alla cosa pubblica si è degnata di stabilire una commissione presieduta dal sottoscritto Cardinale segretario di Stato coll’incarico di preparare un progetto da rassegnarsi alla sovrana sua sanzione. Primo- per una migliore divisione delle materie e delle attribuzioni fra i doversi uffici di pubblica amministrazione, secondo- per l’impianto di un Consiglio dei Ministri nel quale si propongono e discutano tutte le materie che in ogni ramo governativo rassegnandone l’opinamento o la deliberazione alla sovrana decisione. Inoltre per il metodo da tenersi nelle regolari periodiche riunioni del Consiglio medesimo e per tutt’altro tendente a raggiungere la provvida mente del Santo Padre. I componenti di detta Commissione sono stati dalla Santità sua nominati i Monsignori Uditore della R.C.A., Governatore di Roma, Tesoriere generale, Presidente delle armi, e Segretario della S. Consulta, nonché, due sostituti della Segreteria di Stato e Monsignor Giovanni Rusconi colle attribuzioni anche di Segretario della Commissione

Trovandosi Monsignore Segretario della S. Consulta annoverato tra i componenti la enunciata Commissione si partecipa al medesimo la sovrana disposizione per di lui intelligenza e regola prevenandolo che quanto prima riceverà avviso del giorno in cui avrà luogo la prima riunione.» ASR,

marzo del 1847 ad un Regolamento provvisorio per il Consiglio

dei Ministri132.

2.4. Il Ministero di Giustizia

Il giorno 3 febbraio 1847 il cardinale Camillo Ormini, Massimo Prefetto generale delle Acque e delle Strade rimetteva a Pio IX il foglio contenente gli argomenti che sarebbero stati discussi nella prossima adunanza del Consiglio dei ministri (in

nuce) che si sarebbe tenuta il sabato seguente alla presenza

dello stesso Pontefice133. La materia era di particolare interesse

poiché riguardava l’istituzione del Ministero di Giustizia, nella stessa seduta, inoltre, si sarebbe deciso se creare un solo dipartimento o Ministero della Giustizia, riunendo la soprintendenza dei due rami giudiziali, il civile e il criminale, e a quale prelato affidare il prestigioso incarico. Nel caso in cui si fosse stabilito che uno solo avesse ricoperto la carica di ministro della Giustizia occorreva stabilire da chi sarebbero dipese le carceri, i luoghi di pena nonché le darsene e i rispettivi impiegati134.

Al termine della seduta del 6 febbraio venne stabilito che uno solo dovesse essere il dipartimento di Giustizia e che le carceri, i bagni e i luoghi di pena andassero riuniti e posti alle dipendenze del Ministero della Giustizia135.

La decisione su chi proporre come ministro venne invece sospesa per ordine di Sua Santità che ordinò che una speciale commissione venisse incaricata di esprimere un rapporto sulla persona alla quale affidare l’incarico e sulle modalità e sui tempi di attivazione di quel Ministero. Membri della commissione furono nominati il cardinal Gizzi, Segretario di Stato e 132 Il progetto di questo Regolamento è presente nelle tre copie inviate dalla Segreteria di Stato a monsignor Matteucci, in ASR, Miscellanea del

periodo costituzionale, b. 1, fasc. 3.

133 ASR, Miscellanea del periodo costituzionale, Sull’istituzione di un

Ministero di Giustizia, b. 1, fasc. 3.

134 ASR, Miscellanea del periodo costituzionale, b. 1, fasc. 3.

135 Sul Ministero di Grazie e Giustizia e il suo Archivio si veda C. LODOLINI TUPPUTI, L'archivio riservato del Ministero di Grazie e Giustizia

presidente della commissione, monsignor Grassellini, Governatore di Roma, Antonelli, Tesoriere generale della R.C.A., Santucci, sostituto della Segreteria di Stato per la seconda sezione e monsignor Matteucci, Segretario di Consulta e Segretario della commissione.

La commissione anzidetta si riunì la sera del 10 febbraio e i componenti della stessa, dopo una discussione sull’argomento, votarono nel seguente ordine: due in favore della creazione del Ministero di Giustizia presso l’Uditore della Camera, uno per affidare l’incarico al Segretario della Consulta, e due per conservarlo, almeno per il momento, presso la Segreteria di Stato. Il cardinal Gizzi, che propendeva per quest’ultima soluzione, non prese parte alla discussione, mentre partecipò all’adunanza monsignor Fiscale Bartoli.

Seguiamo il dibattito che interessò i membri della commissione.

«...I due rispettabili membri che inclinavano per l’Uditore della Camera, giovandosi delle solite riflessibili ragioni, cioè che essendo quel prelato il primo in grado e dignità era poi il solo cui non appartenga alcun Ministero o dipartimento proprio, ed il solo ancora al quale o si riguardi la primiera sua istituzione o si badi al suo officio, meglio converrebbe che l’importantissima sopraintendenza della civile e criminale giustizia venisse affidata.

Chi stava per il Segretario della Consulta istituiva un paragone ben dettagliato delle spese ed impiegati bisognevoli tra questi e l’Uditore della Camera. E indicato che il Segretario della Consulta ha già un ufficio ed un Ministero suo proprio diceva che all’Uditore della Camera doveva farsi tutto nuovo e tutto con grandi spese mentre coll’altro, fornito come si trova d’impiegati di segreteria e fin d’uditori, poco o nulla doveva spendersi di più per unirgli alla giustizia criminale, cui già sopraintende, anche l’altra civile.

Chi finalmente pensava di lasciare il Ministero della Giustizia almeno per ora presso la Segreteria di Stato protestava che tale opinamento si induceva in lui non dall’escludere per massima da la tal Ministero sia l’Uditore della Camera sia il Segretario della Consulta ma dal vederli oggi cogli attuali regolamenti e colle attribuzioni giuridiche

che godevano incompatibili entrambi. Incompatibile il Segretario della Consulta perché presiede e giudica un tribunale criminale. Incompatibile l’Uditore della Camera perché se non realmente, virtualmente anche esso è capo di un tribunale, e quel che più osta di un tribunale di prima istanza a cui se non da il giudizio presta certo il suo nome, intitolandogli tutti gli altri e da lui segnando lui le sentenze, lasciando lui i mandati, essendo lui il superiore immediato di quegli impiegati e prendendo fino da lui il nome il Luogotenenti, i Consiglieri, gli Assessori, l’Uditore, i Cancellieri, e pure i Cursori, i quali, dicendosi tutti dell’ A. C., indicano assai chiaramente esser propri e appartenere effettivamente al Tribunale Auditor Camerae.

Uguale dunque anomalia diceva venire in diritto se si scegliesse il Segretario (come sta) della Consulta ed uguale se andasse preferito l’Uditore della Camera perché giudici ambedue.

Né per secondo gioverebbe riflettere che non giudica di per se stesso né prende parte ai giudizi imperocché se questa circostanza potesse valere a crearlo ministro della Giustizia verrebbe nella circostanza medesima vinto dal Cardinal Prefetto della Segnatura il quale né meno esso giudica né meno esso prende parte alle contestazioni litigiose mentre poi d’altronde trovassi a capo di un tribunale superiore a quel dell’A. C., di un tribunale infine il quale, tenendo giurisdizione per facoltà di attribuzioni tutti gli altri tribunali dello Stato, non esclusa la sua stessa Rota e la Camera, a se soggetti, darebbe molto più diritto a divenire Ministro della Giustizia quante le volte tal Ministro potesse affidarsi ad un capo di tribunale, il che per altro sarebbe mostruosità giuridica da non trovarsene esempio.

Né da tali riflessioni dissentiranno in genere gli altri membri i quali, sebbene in specie restassero l’uno per il Segretario della Consulta e gli altri due per l’Uditore della Camera, pure vennero anch’essi d’accordo in questa massima cioè che eletto l’uno o l’altro che fosse al Ministero della Giustizia dovesse innanzitutto spogliarsi di quella qualunque siasi ingerenza o vera o finta che abbia sul tribunale cui oggi appartiene dovendo il ministro, chiunque esso sia, divenire il capo e superiore di tutti quanti sono i Tribunali dello Stato e non l’uguale molto meno l’inferiore a qualcuno.

Come poi mandare ad effetto la cosa sia coll’Uditore della Camera sia col Segretario di Consulta, sia con l’altro prelato aggiunto alla Segreteria di Stato, la Commissione credette non fosse tra le sue attribuzioni discuterlo, molto meno determinarlo. Difettando ciò primamente della volontà sovrana della Santità nostra, quindi al sistema legislativo giudiziale che oggi discutesi presso apposita

commissione. Solamente si avvertì che essendo la nomina di un ministro della Giustizia troppo legata col sistema organico dei tribunali si dovesse o risolverla fin d’ora, e allora parteciperanno alla Commissione legislativa perché gli servisse di nomina al lavoro, o vero differirla, e in tal caso farla dipendere dal sistema che la detta Commissione andrà a proporre.

Ad ogni modo per agevolare unicamente una miglior cognizione dell’affare si vollero istituite tre diverse ipotesi sopra la spesa che ciascuna delle tre sopraindicate opinioni avrebbe importato.

E qui si vide che accogliendo tutta l’amministrazione della giustizia civile e criminale presso la Segreteria di Stato poteva la cosa condursi non solo senza variare il sistema organico del Governo pontificio, ma ancora con poca, anzi con minima spesa maggiore dell’attuale se pure non si eccettui la paga ad un terzo sostituto quante volte si ritenga necessario.

Che se viceversa ministro della Giustizia si creasse l’Uditore della Camera, togliendogli però e dando ad altri le attribuzioni giuridiche anche nominali che oggi gli spettano come capo del Tribunale dell’A. C., allora fu ritenuto che soltanto l’appannagio al ministro, la paga agli impiegati necessari per il nuovo Ministero potesse la spesa ascendere dai quattro ai cinquemila scudi all’anno senza calcolare quella d’impianto.

Che se finalmente in luogo del Prelato Uditore della Camera si desse il Ministero al Segretario di Consulta tutto il risparmio che tra questo e quello potrebbe ottenere volgerebbe in su i trenta o quaranta scudi al mese, somma che per la sua piccolezza non trasse li sguardi della maggioranza della Commissione la quale ritenne che delle tre ipotesi questa fosse la meno ammissibile.»

Coloro che erano a favore dell’Uditore della Camera sostenevano dunque che egli fosse l’unico prelato al quale non appartenesse alcun Ministero e ne ricordavano l’antica istituzione ed il prestigio; chi invece propendeva per il Segretario della Consulta argomentava la propria scelta evidenziando soprattutto il risparmio che si sarebbe ottenuto in considerazione del fatto che il Segretario della Consulta aveva già un proprio Ministero fornito di impiegati e di uditori136;

136 «Se ha a farsi il confronto sulla dignità della carica dell’Uditore della Camera con quella del Segretario della Consulta è certo che quella è molto superiore a questa ma, se deve vedersi a quale degli anzidetti prelati

coloro che infine propendevano per il Segretario di Stato, ragionavano per esclusione, ritenendo incompatibili sia l’Uditore della Camera che il Segretario della Consulta, il primo perché anche se soltanto “virtualmente”, comunque a capo di un tribunale di prima istanza, il secondo perché senza dubbio a capo di un tribunale criminale137.

più convenga il Ministero di Giustizia, io sono di avviso che debba preferirsi il segretario di Consulta e così rispondo al primo e secondo quesito.

Di fatti l’uditore della Camera ha esercitato fin d’ora la sua giurisdizione sui tribunali soltanto di Roma. La Sacra Consulta fino dalla sua istituzione di Sisto V l’ha esercitata, specialmente per il criminale su tutti i Governatori e su tutti i tribunali dello Stato e questa è stata anche aumentata con la circolare del gennaio 1847 la quale attribuisce alla medesima una speciale sorveglianza sui giudici sulle cause e sui carcerati. L’Uditore della Camera non ha tenuto mai il Ministro di Grazia lo ha bensì tenuto sempre il Segretario di Consulta il quale appositamente ha l’udienza ogni martedì dell’anno presso il Sovrano. D’altronde se l’Uditore della Camera deve avere il Ministero di Giustizia e riunire per conseguenza quello di Grazie, è di necessità che siagli impiantato un Ministero che importerebbe certamente un aggravio all’Erario di annui scudi ottomila circa.

Questo aggravio non lo muoverebbe certamente la Consulta perché ha già con se un sufficiente Ministero aumentato ancora colla menzionata circolare del primo gennaio. Credo poi che non debbasi attribuire nello stato attuale delle finanza maggiori aggravi al Governo anzi, sostengo che la prossima operazione del Governo dovrebbe essere quella di dar riparo al suo dissesto economico lo che non può ottenersi se non si cerca anche una diminuzione nella passività. Oggi dunque sul ramo di Giustizia tiene più la Consulta che l’Uditore della Camera, per cui poco si resterebbe a dare alla Consulta coll’unirle l’attribuzione civile e molto meno col darla all’Uditore della Camera, mentre gli si dovrebbe concedere tante attribuzioni che non tiene e tutto ciò con dispendio dell’Erario e con lo spoglio di quasi tutti gli attributi del Segretario della Sacra Consulta a cui non resterebbe che la facoltà di giudicare nel primo turno del Supremo Tribunale.

Ritengo pertanto che in riguardo dell’economia e della specialità della circostanza il Ministero di Giustizia debba darsi interamente al Segretario della Consulta dovendosi inoltre riflettere che nel mio assunto monsignor Uditore della Camera non verrebbe pregiudicato in nessuna delle attuali sue attribuzioni, resterebbe con la sua piena dignità e primazia e non si darebbe luogo a innovazioni delle quali non è bene far uso laddove non sono utili o urgenti.

Qualora poi non piaccia di preferire al Ministero di Giustizia il Segretario di Consulta io sono di avviso che un tal Ministero debba darsi all’Emo. Segretario di Stato piuttosto che a monsignor Uditore della Camera e così rispondendo al terzo quesito.

Imperocché l’amministrazione della giustizia è l’oggetto più interessante di un Governo. Dunque il relativo Ministero ha molta importanza, molta dignità, dunque può stare assai bene nelle mani dell’Eminentissimo Segretario di Stato.

Le tante brighe del Ministero interno ed esterno che occupano il sullodato Eminentissimo non possono essere di ostacolo. Di fatti come per gli affari esteri o interni è coadiuvato da due sostituti così nel Ministero di Giustizia potrà essere coadiuvato e rappresentato dal Segretario della Consulta anche per i rapporti di sua istituzione tosto che ne è Prefetto.

Nonostante i forti contrasti la scelta ricadde sull’ Uditore della Camera, l’unico a non avere alcuna interferenza con i tribunali dello Stato. Sui modi e sui tempi di attivazione di questo Ministero si decise di discuterne di concerto con i compilatori del codice, essendo la nomina del ministro troppo legata col sistema di ripartizione dei tribunali.

«Per la tanto necessaria unità voluta possibilmente in ogni cosa come uno deve essere il Ministro di Giustizia così a raggiungere il fine