3. Capitolo III – Il secondo periodo di riforme (1847 1848) –
3.2. Il Regolamento organico dell’ordine giudiziario all’esame della Consulta di Stato
Il progetto di regolamento organico del 1846, compilato dalla cessata commissione per la compilazione dei codici, venne comunicato alla Consulta con dispaccio del ministro di grazia e giustizia in data 6 febbraio 1847213.
Cominciava quindi l’esame in Consulta del progetto di regolamento.
Il Lunati venne nominato deputato relatore; preoccupazione principale dei membri della sezione legislativa era quella di discutere in via preliminare l’impianto del nuovo progetto.
Nella seduta del 10 febbraio si discussero solamente le questioni fondamentali, che potevano riassumersi nei seguenti punti: se nei giudizi civili bisognava garantire un terzo grado di giudizio, se si doveva creare un tribunale supremo di cassazione e in caso affermativo indicandone le norme di disciplina e le attribuzioni, se dovevano conservarsi o meno i tribunali speciali, (cioè i commerciali, i contenziosi amministrativi e gli ecclesiastici), se doveva stabilirsi il Pubblico Ministero e in caso affermativo in quali tribunali, se doveva ammettersi o meno nei giudizi penali una camera d’accusa, se il processo doveva
212 Ibidem, pp. 261-262.
213 ASR, Consulta di Stato, Verbali sezione legislativa, Seduta del 10
basarsi su prove scritte ovvero doveva essere orale e se doveva concedersi o meno l’appello214.
La discussione riprese in Consulta il giorno 14 febbraio 1848 e si aprì la discussione sul primo quesito relativo all’ammissione, nei giudizi civili, di un terzo grado di giudizio215.
Il Lunati sosteneva che era necessario, oltre che più semplice, adottare un impianto di due soli gradi di giurisdizione. Quando le parti contendenti non si accordavano su un fatto o sull’interpretazione di una legge, doveva esservi un tribunale composto da dotte ed oneste persone, nel quale riposasse la fiducia pubblica, e che decidesse senza che vi fosse ulteriore revisione. Egli faceva l’esempio delle altre nazioni “civilizzate” che limitavano la giurisdizione a due soli gradi essendo quel metodo il più spedito e il più sicuro. L’inconveniente del sistema dei tre gradi era che in nessuno dei tre gradi riposava la fiducia pubblica.
Il Piacentini argomentava allora che se era un tribunale di secondo grado a decidere la controversia era inutile che vi fosse il primo, lamentando l’incongruenza di far prevalere la sentenza di secondo grado su quella di primo.
Il Lunati riconosceva l’utilità del primo grado nella formazione del processo e attribuiva la prevalenza del secondo grado alla maggior fiducia nella ricerca della verità che dava un tribunale superiore composto da maggior numero di persone.
Il De Rossi riteneva che la maggior affidabilità del tribunale di secondo grado derivava dalla discussione e dalla cognizione di causa con cui esso giudicava.
Un inconveniente del sistema dei due gradi veniva rilevato dal Benedetti e consisteva nel fatto che spesso le parti i causa non si curavano di completare gli atti nel giudizio di primo grado, riservando tutta la difesa al secondo, ove in concreto veniva decisa la controversia.
214 Ibidem. 215 Ibidem.
Il Lunati e il De Rossi credevano che poteva ovviarsi in parte a tale inconveniente con l’obbligare i giudici di secondo grado ad esprimere il loro giudizio sulla base del solo processo compilato in prima istanza, rimanendo loro vietata la possibilità di prendere cognizione, anche stragiudiziale, di qualunque altro documento; inoltre sarebbe dovuto essere a carico della parte che li produceva, la spesa per i documenti nuovi non esibiti in prima istanza.
Dopo la discussione tutti convenivano nel mantenere il sistema dei due gradi.
Il secondo quesito riguardava la creazione e le eventuali norme di disciplina del Tribunale di Cassazione. I membri all’unanimità ritenevano necessaria l’esistenza di questo tribunale supremo, soprattutto in conseguenza dell’adozione del sistema dei due gradi di giudizio. Per quanto riguardava le attribuzioni, queste dovevano essere quella di cassare i giudicati per violazione di legge e di pronunciarsi sulle altre questioni che esulavano dalla competenza dei tribunali ordinari.
Il terzo quesito riguardava la conservazione dei tribunali speciali, vale a dire i commerciali, gli ecclesiastici e quelli del contenzioso amministrativo.
Il Lunati era del parere che dovessero abolirsi i tribunali commerciali trovando fuori luogo che negozianti, ai era per lo più sconosciuto il diritto, dovessero giudicare cause che richiedevano una conoscenze approfondita della materia giuridica; inoltre, se ai giudici fosse mancata qualche particolare conoscenza, essi potevano farsi assistere da esperti in materia, come era praticato anche presso i giudici ordinari.
Tutti i membri della sezione concordarono col parere del Lunati sempre ad unanimità si ritenne prioritaria l’abolizione dei tribunali ecclesiastici per quanto riguardava le persone, conservando la loro giurisdizione solamente ragione materia.
Molto discussa dalla sezione fu la questione se abolire o conservare i tribunali del contenzioso amministrativo.
Il Lunati, convinto sostenitore della necessaria abolizione di ogni forma di eccezione, suggeriva di deferire tutte le cause alla cognizione dei tribunali ordinari, ove le parti trovavano sempre maggiori garanzie.
Il Benedetti, di contro, credeva che dovessero conservarsi soprattutto perché le procedure dei tribunali ordinari avrebbero ritardato di troppo l’azione del potere amministrativo.
Il Lunati controbatteva ritenendo che il ministero potesse agire liberamente nell’esecuzione dei suoi disegni, salva facoltà concessa al privato di ricorrere contro il “pubblico Erario” in via devolutiva dinanzi ai tribunali ordinari.
Il De Rossi e il Benedetti, facevano notare che in quel modo si apriva la strada agli arbitrii del ministero e che il privato non avrebbe potuto facilmente difendersi da tali abusi una volta verificatisi, nonostante il Lunati evidenziasse che posta la vera responsabilità del ministero verso l’Erario e dell’Erario verso i privati sarebbe stato assai difficile il verificarsi di suddetti abusi. Dopo la discussione il Benedetti rimaneva fermo sulle proprie ragioni mentre tutti gli altri convenivano con il Lunati.
Sul quarto quesito, che concerneva l’istituzione del Ministero Pubblico, destinato “a contenere i giudici nei limiti della legge”, tutti concordavano con la sua istituzione nei tribunali collegiali.
L’unanimità si ebbe anche sull’istituzione di una camera di accusa, con la quale si sarebbe meglio garantita la libertà individuale dei cittadini, e posto un freno a quanto accadeva nel sistema vigente, ove bastava un solo giudice processante per mettere il cittadino in stato di accusa.
Contrasto di opinioni si ebbe sul sesto quesito, sul processo orale o scritto e sulla possibilità di appellare le cause penali
Il Piacentini considerava indispensabile il processo orale nel tribunali di prima istanza, ma riteneva utile adottare in appello le forme del processo scritto e con tale opinione concordavano il Benedetti e il Santucci.
Di contro, gli avvocati Lunati, De Rossi e Ciofi credevano che sarebbe stato impensabile ammettere una forma di processo in primo grado e un'altra in appello. Le cause maggiori potevano essere definite senza ulteriore revisione dai tribunali di appello dello Stato, ponendo i tribunali di prima istanza come camere di accusa, ovvero accordando la revisione a tutte le cause maggiori; doveva però mantenersi il processo orale sia in prima e che in seconda istanza con il trasporto dei testimoni e dei rei. Il Tribunale di cassazione non doveva mai assumere le funzioni di tribunale di appello ma giudicare soltanto le violazioni della legge.
Si discusse infine se i medesimi giudici dovevano occuparsi delle questioni sia civili che penali ma ad unanimità si concluse per la negativa.
Sempre ad unanimità si decise infine l’introduzione dei giudici di pace, per i grandi vantaggi che tale istituzioni avrebbe comportato in seno alla magistratura municipale.