3. Capitolo III – Il secondo periodo di riforme (1847 1848) –
3.6. Il Progetto di Regolamento organico dell’ordine giudiziario nel Foro laico
La seduta del 28 agosto 1842 si aprì con la lettura del progetto di Regolamento organico giudiziario redatto dal Piacentini su incarico della seconda sezione legislativa302.
Il progetto si componeva di 127 articoli ed era suddiviso in undici Titoli303.
La prima parte del Regolamento contenente le
“Disposizioni generali” stabiliva che la giustizia nello Stato
pontificio era amministrata in nome del Sommo pontefice (art. 1). Nelle cause civili vi erano tre gradi di giudizio e la giustizia veniva amministrata dai giudici municipali, detti giudici conciliatori, dai pretori, dai tribunali di prima istanza, dai tribunali di appello, e dal Tribunale di Cassazione (art. 2).
Due sentenze conformi costituivano la cosa giudicata, e in materia civile di regola competeva l’appello nei confronti di una sentenza di primo grado, eccezion fatta per le sentenze che la legge dichiarava inappellabili. Quando nasceva una disputa sull’appellabilità di una sentenza, il tribunale a cui si devolveva per diritto la cognizione della causa nel merito la decideva inappellabilmente (art. 3).
Nelle cause penali la giustizia era amministrata dai giudici municipali e dai pretori, dai tribunali di prima istanza, dai tribunali di appello, dai tribunali militari e dal tribunale di Cassazione (art. 4).
302 Seduta del 28 agosto 1848. ASR, Consiglio di Stato (1848-1849)…
cit.
303 Il Progetto di Regolamento organico nel Foro laico si trova in ASR,
Consiglio di Stato (1848-1849) “Progetto di Regolamento organico nel Foro laico”, b. 2.
Le sentenze in materia penale non potevano essere appellate ma poteva essere accordato il rimedio della revisione in merito (art. 5).
Al Tribunale di Cassazione spettava il giudizio, sia in materia civile che penale, sui ricorsi per manifesta violazione di legge, tanto nel merito, quanto nell’ordine dei giudizi (art. 6).
Presso ciascun tribunale collegiale vi era un Pubblico Ministero, con il compito di vigilare sull’osservanza delle leggi e dei regolamenti pubblici (art. 7).
I giurati erano ammessi solamente nei reati di stampa (art. 8), e presso i tribunali di prima istanza era istituita una camera d’accusa che confermava o revocava gli arresti ed ordinava la prosecuzione o la sospensione del processo (art. 9).
Tanto nei giudizi civili, quanto in quelli penali, la discussione era sempre pubblica, eccezion fatta per i casi nei quali poteva essere compromesso il pubblico pudore o l’ordine pubblico (art. 10).
Nei giudizi penali dopo una sommaria istruzione scritta, il processo sarebbe stato orale (art. 11) e tutti gli atti, le difese e le sentenze dovevano essere redatti in lingua italiana (art. 12).
Era obbligatorio il tentativo di conciliazione presso i giudici conciliatori prima di procedere con il giudizio ordinario, ad eccezione dei casi in cui la legge permetteva di citare d’urgenza, come nelle questioni commerciali (artt. 13-14).
I giudici municipali dovevano avere compiuto i venticinque anni di età, mentre i pretori e i giudici dei tribunali collegiali dovevano aver compiuto l’età di trent’anni (art. 15)304. Per poter
ricoprire il ruolo di giudice bisognava aver conseguito la laurea dottorale in Giurisprudenza e i giudici municipali dovevano
304 Sulla norma che prescriveva che i trent’anni di età per i pretori si aprì una nuova votazione in quanto l’avv. Sturbinetti proponeva di estendere il requisito del venticinquesimo anno di età anche ai pretori, qualora fosse stata provata la loro “maturità di ingegno, di sapere e prudenza.” A maggioranza venne approvata tale modifica al testo in tal senso.
inoltre aver svolto la pratica per due anni, mentre i pretori e i giudici dei tribunali collegiali per cinque anni (art. 16)305.
L’ufficio del giudice, compresi i giudici municipali e i pretori, era incompatibile con l’esercizio di qualunque altro impiego tranne con l’insegnamento (art. 17). Era inoltre fatto divieto ai giudici di “immischiarsi” nelle amministrazioni sia pubbliche che private, e per questa ragione essi non potevano essere amministratori, economisti o tutori, ad eccezione soltanto della tutela legittima. Allo stesso modo era fatto loro divieto di partecipare ad appalti esattorie ed amministrazioni cointeressate (art. 18)306 né essi potevano ricoprire la carica di
compromissario o di arbitro (art. 19) né tantomeno potevano “compromettere” un intero tribunale, tranne quello di ultima istanza (art. 20).
I giudici municipali erano nominati dal Consiglio dei rispettivi municipi, e la loro nomina veniva approvata dal Sovrano, mentre i pretori, e gli altri giudici erano tutti di nomina sovrana (art. 20).
Il Titolo II, trattava “Dei giudici municipali e conciliatori”. L’art. 22 stabiliva che in ogni municipio vi fosse un giudice col titolo di giudice conciliatore, non era però vietato che più municipi avessero il medesimo giudice conciliatore, qualora fosse stato sufficiente, avuto riguardo ai luoghi e alle distanze.
Nei grandi comuni potevano esservi più giudici conciliatori in ragione del numero elevato della popolazione e in base a decisione del Consiglio (art. 25). I giudici municipali agivano come giudici conciliatori nelle cause minori di competenza dei 305 La discussione che intervenne su questo articolo riguardò il criterio cronologico in base al quale si sarebbe dovuto in primo luogo conseguire la laurea e in solo successivamente dedicarsi alla pratica. A maggioranza perciò si decise di aggiungere all’articolo in esame l’inciso “dopo compiuto il corso teorico”.
306 L’avv. Sturbinetti premeva per l’addizione di una pena e la declaratoria di nullità degli atti compiuti in violazione dell’articolo in esame, ma l’avv. Bonacci ritenne che un eventuale pena da comminare al giudice trasgressore sarebbe dovuta esser contenuta nel regolamento disciplinare. Ad ogni modo la votazione sull’emendamento per introdurre nell’articolo l’inciso “è vietato, sotto le pene che verranno stabilite dal regolamento disciplinare, lo immischiarsi…” venne respinta a maggioranza.
pretori, mentre nelle cause maggiori, il ruolo di giudice conciliatore veniva svolto dai pretori (art. 24). Le conciliazioni che si concludevano dinanzi al giudice conciliatore avevano la clausola esecutiva, ma potevano essere ugualmente rescissi o annullati nel giudizio ordinario per gli stessi motivi con i quali potevano rescindersi o annullarsi le transazioni (art. 25).
I giudici municipali, oltre ad occuparsi delle conciliazioni, erano anche competenti in via economica: in tutte quelle cause che non eccedevano il valore di venti scudi, nelle cause relative a provvisioni alimentari307 per un periodo di tempo non
maggiore ai tre mesi purché l’assegno mensile non fosse superiore a tre scudi. Erano inoltre competenti ad ordinare i sequestri di urgenza di cose mobili o di altri effetti che potessero essere nascosti o sottratti in frode degli aventi interesse, nell’apporre, riconoscere e togliere i sigilli nei casi determinati dalla legge e nei luoghi nei quali non risiedeva il pretore esclusa la cognizione delle vertenze che potevano insorgere dopo l’apposizione, o all’atto di ricognizione, in quanto tali vertenze dovevano discutersi innanzi al giudice o tribunale competente in ragione del valore della lite, nei provvedimenti da adottarsi nei luoghi ove non vi fosse il pretore nei casi di “deposito miserabile occasionato da incendio, rovina, naufragio o altro infortunio”, e da ultimo nelle questioni che insorgevano nell’esecuzione dei contratti in tempo di fiera o mercato nel territorio del comune o comuni nei quali erano addetti (nei luoghi però dove erano residenti i pretori spettava a questi ultimi il giudicare le relative questioni, salvo le disposizioni speciali per la fiera di Senigallia).
307 L’inciso provvisioni alimentarie è interlineato e sostituito con “somministrazioni alimentarie per diritto di sangue ed in via provvisoria (riservato il giudizio sull’azione in genere al giudice e tribunale competente)”. Il Consiglio ritenne infatti di non voler estendere la giurisdizione dei giudici municipali alle provvisioni alimentari dipendenti da atto tra vivi o di ultima volontà e fu per questo che la competenza venne limitata alla questioni riguardanti le sovvenzioni alimentari dovute per legge e per un periodo di tempo non superiore a un trimestre. ASR, Consiglio di
Sia i giudici municipali che i pretori, quando giudicavano le suddette questioni, assumevano due “probe” persone308, con
voto consultivo, nella stessa fiera o mercato, e il giudizio aveva luogo purché l’istanza fosse stata proposta durante la fiera o il mercato e fossero presenti le parti contendenti. Avverso tali giudizi competeva l’appello solamente in devolutivo (art. 27). Inoltre, sempre i giudici municipali, nei cosiddetti “danni dati campestri” eccedenti la somma di venti sudi, erano incaricati di istruire il processo e di trasmetterlo al giudice o tribunale competente (art. 28)309.
I giudici municipali erano competenti anche in materia penale, relativamente alle contravvenzioni e agli ordini emanati dal Consiglio o dal magistrato locale, e nel caso di furto (quando il valore della refurtiva non fosse superiore ai due scudi310), e nei
casi di ingiuria semplice (art. 29).
Le sentenze dei giudici municipali, in materia civile, potevano essere appellate dinanzi ai pretori per l’annullamento, la revoca o la riforma, in materia penale invece si rimandava a quanto stabilito dal codice di procedura penale (art. 30).
Nei luoghi dove non risiedevano i pretori, i giudici municipali erano altresì incaricati di ricevere le denunce e le querele per qualunque delitto commesso entro i limiti del proprio circondario e di rilevare, attraverso un processo verbale, le tracce dei delitti assicurando il corpo del delitto e le ulteriori prove, di raccogliere gli indizi e le prove che esistevano contro gli imputati, di procedere all’arresto dei colpevoli colti in flagranza o “inseguiti dalle grida come autori del delitto”, e di
308 Si decise di specificare meglio i requisiti propri delle persone indicate, affiancando all’aggettivo “probe” quello di “esperte”. ASR, Consiglio
di Stato (1848-1849)…cit. Adunanza del 9 settembre 1848.
309 Al fine di migliorare l’istituzione dei giudici municipali sia nel ramo civile che in quello penale, l’avv. Bonacci dava lettura di alcuni articoli del “Codice italico” di procedura civile, e il Consiglio incaricava l’avvocato Piacentini di giovarsene per riformare il titolo relativo ai giudici conciliatori.
310 Sostituito con “cinque” scudi, per sgravare le magistrature superiori dalla conoscenza di cause di lieve entità. ASR, Consiglio di Stato (1848-1849)
inviare gli imputati, insieme alla copia del processo verbale (art. 31)311.
Da ultimo i giudici municipali esercitavano la giurisdizione volontaria negli atti e nei contratti che non eccedevano il valore di 300 scudi e nei modi che venivano determinati dalla legge (art. 32). Presso ciascun giudice municipale vi era un attuario nominato dal Consiglio e che faceva le veci di cancelliere (art. 33). I giudici municipali e i pretori oltre all’onorario ricevevano un premio determinato per legge e pagato dalle parti in causa, per ogni controversia che fossero riusciti a conciliare (art. 34).
Il Titolo II conteneva la disciplina “Dei Pretori”. In ogni comune capoluogo di un circondario e nei luoghi dove risiedeva un tribunale di prima istanza vi era un pretore. (art. 35). A Roma c’erano quattro pretori e uno di essi esercitava le funzioni di giudice dei mercenari, giudicando le cause sulle merci, le opere e le caparre relative a lavori campestri svolti nell’Agro romano. A Bologna c’ erano due pretori (art. 36).
Ogni pretore aveva un supplente che ne faceva le veci in casi di assenza o di altro impedimento (art. 37); i pretori decidevano inappellabilmente sui reclami contro le sentenze dei giudici municipali, salva la possibilità di ricorrere in Cassazione per incompetenza o per eccesso di potere. Erano inoltre competenti a giudicare in prima istanza le cause di valore superiore ai 20 scudi e fino ai 300 scudi e le cause riguardanti le provvisioni alimentari di qualunque titolo purché non eccedenti l’assegno mensile di quindici scudi312, le cause di momentaneo e
311 Il sig. Presidente, riteneva troppo delicati questi incarichi per essere affidati ai giudici municipali, nonostante il risparmio di spesa che si sarebbe ottenuto, come sostenuto dagli altri consiglieri. L’avv. Piacentini replicava ricordando che anche quei giudici dovevano possedere i medesimi requisiti previsti dall’art. 16 del progetto (previsti per i giudici ordinari). ASR,
Consiglio di Stato (1848-1849)…cit. Adunanza del 9 settembre 1848.
312 Su questo punto, l’uditore Ballanti proponeva di estendere la competenza dei pretori a giudicare le cause relative a prestazioni alimentari qualunque fosse la somma o il titolo con sentenze interlocutorie “non ledente il merito” anche in conformità a quanto previsto negli artt. 513 e ss. del codice di procedura civile. L’articolo venne modificato su indicazione della commissione nel senso di ricomprendere le “cause di alimenti qualunque ne sia il titolo e la somma in via provvisoria, salvo ai tribunali competenti il giudizio definitivo sul merito dell’azione”. ASR, Consiglio di Stato (1848-
sommarissimo possessorio con riguardo al solo possesso e qualunque fosse stato il valore del fondo, le cause di possesso pieno quando il valore del fondo non fosse stato superiore ai 300 scudi, le questioni che insorgevano in tempo di fiera o mercato nel luogo di residenza, in base a quanto stabilito dagli artt. 26 e 27 del Regolamento in questione (art. 38).
I pretori erano anche competenti nel ramo penale per tutti quei delitti che la legge dichiarava di competenza pretoriale, eccetto quelli riservati ai giudici municipali come all’art. 29 (art. 39). I pretori inoltre esercitavano la giurisdizione volontaria entro i limiti del loro circondario relativamente agli atti e ai contratti di valore superiore ai trecento scudi (art. 40).
Il Titolo III trattava la disciplina “Dei Tribunali di prima
istanza”, siti in ogni capoluogo di Provincia, competenti a
giudicare le cause sia civili che penali (art. 41).
A Roma il Tribunale di prima istanza era composto da quattordici giudici313 compreso il presidente e il vice presidente
ed aveva quattro giudici supplenti; era diviso in quattro sezioni, le due sezioni civili erano composte dal presidente o vice presidente, e due giudici, le altre due penali erano composte dal presidente o vice presidente e tre giudici (art. 4).
A Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna, il tribunale di prima istanza era composto da un presidente, un vice presidente e cinque giudici, aveva due giudici supplenti e si divideva in due sezioni; negli altri luoghi invece si componeva di un presidente e tre giudici più un supplente (art. 43).
I tribunali di prima istanza nelle cause civili giudicavano con il concorso di tre giudici, mentre nelle penali con il concorso di quattro giudici (art. 44). Nei tribunali divisi in sezioni ogni giudice entrava a far parte a turno di ciascuna sezione, negli altri tribunali ogni giudice si asteneva per un turno dal giudicare le cause civili (art. 45).
1849)…cit. Adunanza del 9 settembre 1848.
313 Inizialmente il numero di giudici previsto per il Tribunale di Roma era pari a dieci.
In materia civile erano di competenza di detti tribunali le cause che non avevano valore certo314, e quelle di valore
superiore ai 300 scudi (art. 46); in materia penale erano di loro competenza i delitti maggiori eccedenti la giurisdizione dei pretori (art. 47), e le azioni di avocazione e remissione di cause tra pretori della stessa provincia (art. 48). Se la questione di competenza verteva fra pretori di province diverse comprese nella giurisdizione di uno stesso tribunale di appello, il giudizio spettava a quest’ultimo, altrimenti era competente il tribunale di ultima istanza (art. 49).
Le sentenze in materia di avocazione e remissione erano inappellabili (art. 50). Da ultimo, i tribunali di prima istanza giudicavano in grado di appello le cause civili e in via di revisione nel merito le cause penali giudicate dai pretori (art. 51).
Il Titolo IV trattava la disciplina “Dei Tribunali di Appello”, che nello Stato pontificio erano eretti uno a Roma, un altro a Bologna e un terzo a Macerata315 (art. 52) L’art. 53 apriva con
una riserva nella quale era stabilito che fino a quando non fosse stata emanata una nuova legge di riparto territoriale, la competenza del tribunale di Roma si sarebbe estesa alla Comarca e alla province di Velletri, Spoleto, Viterbo, Rieti, Civitavecchia, Orvieto, Frosinone e Benevento. La giurisdizione del tribunale di appello di Bologna si estendeva alle Legazioni di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna (art. 54), mentre la giurisdizione del tribunale di appello di Macerata
314 L’inciso “cause che non hanno valore certo” venne moderato con “cause che hanno valore non determinato”. La modifica accolta era stata proposta dal Presidente, il quale riteneva che la nuova definizione avrebbe ricompreso anche quelle cause che sunt praetio insetimabilis, come ad esempio i diritti di servitù attiva.
315 Monsignor Morchini avanzava la proposta di abolire il tribunale di appello di Macerata, perché troppo “povero di cause” e di lasciare solamente i tribunali di Roma e Bologna che secondo lui ben potevano soddisfare ai bisogni di tre milioni di abitanti. I professori Betti e Orioli e il sig. Presidente si opponevano alla soppressione del tribunale di Macerata ricordandone l’antica istituzione e rilevando come l’esigenza di economia dell’Erario non potesse realizzarsi a discapito della retta amministrazione della giustizia.
ricomprendeva le province di Macerata, Urbino, Fermo, Ascoli, Camerino e il Commissariato di Loreto (art. 55).
I tribunali di appello erano composti da undici giudici, compresi il presidente e il vice presidente e due supplenti, e si dividevano in due sezioni, una composta dal presidente o dal vice presidente e da quattro giudici (per le cause civili), l’altra composta dal presidente e dal vicepresidente e cinque giudici, (per le cause penali) (art. 56).
L’art. 57 richiamava espressamente l’art. 45, sulla rotazione delle sezioni. I tribunali d’appello giudicavano in secondo grado le cause giudicate in primo grado dai tribunali di prima istanza ed in terzo grado quelle decise dai tribunali di primo grado con sentenze difformi rispetto a quelle pronunciate dai pretori (art. 58); da ultimo, i tribunali d’appello erano competenti, in grado di revisione nel merito, nelle cause penali giudicate dai tribunali di prima istanza e nelle questioni di avocazione e remissione di cause tra i tribunali di prima istanza compresi nella loro giurisdizione (artt. 59-60). Infine se le questioni di avocazione e remissione vertevano tra tribunali appartenenti a giurisdizioni diverse il giudizio spettava al tribunale di ultima istanza (art. 61).
Il Titolo V conteneva la materia propria “Del Tribunale di
ultima istanza”, eretto a Roma e composto da un Presidente, un
vice presidente, dodici giudici e due supplenti e diviso in due sezioni (art. 62). Questo tribunale giudicava in terzo grado le cause decise con sentenze difformi dai tribunali di prima istanza e dai Tribunali di appello (art. 63), e sulle avocazioni e remissioni di cause fra i tribunali di prima istanza soggetti a giurisdizioni diverse e i tribunali di appello (art. 64)316.
316 Lo Sturbinetti, in considerazione del copioso numero di giudici che avrebbe composto il tribunale di ultima istanza, in relazione alla discreta quantità di cause che esso sarebbe stato chiamato a decidere, proponeva la riunione di quest’ultimo tribunale con quello di Cassazione. Il Presidente proponeva anch’egli la creazione di un unico tribunale, suddiviso in tre sezioni, ciascuna di esse composta da quindici giudici, una operante come tribunale di ultima istanza, l’altra in sede di cassazione e l’ultima in sede di revisione. Monsignor Morchini rilevava però l’ingente spesa che tale soluzione avrebbe comportato per l’Erario pubblico. Al termine della
Con il Titolo VI si apriva la parte relativa al “Tribunale di
Cassazione”. Era stabilito a Roma e si componeva di un
presidente, sei giudici e un giudice supplente (art. 63)317.
Apparteneva a questo tribunale il giudizio sui ricorsi per manifesta violazione di legge, sial nel merito che nell’ordine giudiziario (art. 66). Nei casi di violazione di legge in merito, poteva ricorrersi al tribunale di Cassazione solo contro le sentenze inappellabili (art. 66), mentre le sentenze preparatorie o interlocutorie non erano suscettibili del rimedio della cassazione, eccezion fatta per le sentenze riguardanti la competenza, contro le quali poteva aver luogo il ricorso immediato prima della sentenza sul merito (art. 68)318.
Quando il tribunale di Cassazione annullava una sentenza per violazione di legge dell’ordine giudiziario rinviava la causa allo stesso giudice o tribunale che l’aveva pronunciata (art. 69) mentre, se l’annullava per violazione di legge nel merito, rinviava la causa ad un altro tribunale dello stesso grado (art. 70).
La sentenza del tribunale di ultima istanza, annullata per violazione di legge in merito, veniva inviata all’altra sezione del tribunale (art. 71).
Le sentenze venivano annullate per violazione di legge nell’ordine giudiziario qualora vi fosse stato difetto di citazione, giurisdizione o mandato, se il giudice o il tribunale avesse discussione sulla questione controversa venne deciso di conservare distinto dal Tribunale di Cassazione il Tribunale di ultima istanza, così come veniva praticato anche nelle altre Nazioni.
317 Monsignor Ruffini propose di aumentare il numero dei giudici a dodici compresi il presidente e il vicepresidente e la proposta venne accettata dal Consiglio. ASR, Consiglio di Stato (1848-1849)…cit. Adunanza del 9 settembre 1848.
Nel testo vi è un’aggiunta relativa alle sezioni del tribunale: ne furono create due, con l’indicazione che nelle cause civile un giudice si sarebbe