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Il moto proprio del 29 dicembre 1847 sul Consiglio dei ministr

2. Capitolo II Riforme al sistema giudiziario nella prima fase del pontificato di Pio IX (1846 1847)

2.7. Il moto proprio del 29 dicembre 1847 sul Consiglio dei ministr

Il 29 dicembre 1847 Pio IX emanò un nuovo moto proprio sul Consiglio dei ministri146 in quanto a seguito della istituzione

della Consulta di Stato e del Comune di Roma147 era necessario

fissare nuove disposizioni per il Consiglio dei ministri, in modo tale da coordinare la sua attività con quella dei nuovi organi.

Venne pertanto stabilito che le funzioni di ogni dicastero fossero nuovamente disciplinate e chiaramente individuate in modo tale da stabilire la responsabilità di ogni ministro e di ogni altro impiegato subalterno, la quale, si diceva, «desse al Governo quella generale guarentigia cui debbono sottostare tutti coloro nelle mani dei quali resta affidata l’amministrazione della cosa pubblica».

145 Art. 13 «Nei giudizi criminali vi sono due gradi ordinai di giurisdizione pei delitti minori e pei delitti capitali: per tutti gli altri delitti vi è un solo grado.»; art. 16 «Il rimedio della revisione consiste nella facoltà di implorare dai Tribunali superiori l’annullamento della sentenza sia per violate forme sostanziali, sia per falsa applicazione di legge penale, sia per eccesso di potere.»

146 Moto proprio della Santità di nostro Signore Papa Pio IX sul

Consiglio dei ministri del 29 dicembre 1847, in Raccolta di leggi e di disposizioni... cit., vol. I, pp. 335-369.

Inoltre si instituì un corpo di uditori al Consiglio dei ministri con l’intento di far sì che gli incarichi ed uffici di governo fossero affidati a persone di competenza. Il problema dell’affidamento degli incarichi era infatti molto sentito nello Stato pontificio e ogni anno si dispensavano ingenti somme in incarichi statali che spesso risultavano mal distribuiti148. Nel

prologo del moto proprio si annunciava a tal proposito la necessità di regolare con leggi certe tutto ciò che era riferito a questo aspetto essenziale della pubblica amministrazione. Scopo dichiarato era quello di iniziare a porre le basi per un Regolamento disciplinare in materia di pubblico impiego.

Il capo primo del moto proprio trattava dell’organizzazione dei ministeri, specificando che tutte le amministrazioni dello Stato erano ripartite nei seguenti ministeri: Estero, Interno, Istruzione pubblica, Grazia e Giustizia, Finanza, Commercio- Belle arti - Industria - Agricoltura, Lavori pubblici, Armi, Polizia (art. 1).

La ripartizione ministeriale non poteva essere modificata nel senso dell’ampliamento, la tendenza da seguire doveva essere quella della graduale riduzione dei ministeri, ove possibile, anche attraverso la loro concentrazione (art. 3).

Il Segretario di Stato oltre a mantenere la carica di presidente del Consiglio dei ministri aggiungeva anche la carica di ministro degli Esteri. Egli doveva sempre essere un cardinale e nella sua azione era coadiuvato da un prelato con il titolo di sostituto (artt.5-6). Le attribuzioni dei ministri erano in parte generali e comuni a tutti i ministri, in parte speciali, ossia proprie di ciascuno di essi (art. 8).

Tra le attribuzioni generali vi erano innanzitutto quelle di proporre progetti di legge e redigere regolamenti relativi ai propri ministeri, sorvegliandone l’esecuzione. Ai ministri era poi affidato il compito di provvedere alla nomina, promozione, e

148 Sulla questione degli impieghi pubblici nello Stato pontificio si veda G. FRIZ, Burocrati e soldati dello Stato pontificio, 1800-1870, Roma, 1974.

destinazione degli impiegati149; oltre a ciò essi dovevano

preparare ogni anno i conti preventivi e consuntivi e rimetterli al Ministero delle Finanze affinché egli potesse redigere un unico conto consuntivo annuale valido per tutto lo Stato; ciascun ministro doveva inoltre sopraintendere all’amministrazione del proprio dicastero e renderne conto, ordinariamente, ogni anno per mezzo di consuntivi, e straordinariamente, tutte le volte che il Pontefice o il Consiglio dei ministri lo avessero richiesto; i ministri dovevano infine riformare e all’occasione revocare gli atti delle autorità subalterne e organizzare i propri dicasteri promuovendo nuovi sistemi quanto più utili e spediti, vigilando attivamente sui diversi rami delle amministrazioni mantenendo l’ordine e la disciplina tra gli impiegati (art 9).

Nel proporre e trattare gli affari i ministri dovevano uniformarsi a quanto disposto dagli articoli 23 e 25 del moto proprio sulla Consulta di Stato, che elencavano tutte le materie in cui era necessario prima della discussione in Consiglio che la Consulta esprimesse il proprio voto150 (art. 10).

Ogni ministro era responsabile per tutto ciò che riguardava la direzione, l’andamento, l’amministrazione del proprio Ministero, restando però a carico dei singoli impiegati subalterni la responsabilità personale relativa alla gestione dei compiti loro affidata (art. 12).

149 Al Ministero di Grazia e Giustizia spettava la nomina dei presidenti e dei giudici dei tribunali, degli assessori legali e dei giusdicenti nelle Legazioni (art. 59 n. 4).

150 Art. 23: «Quindi la Consulta di Stato sarà intesa 1. Negli affari governativi che tocchino l’interesse o generale dello Stato o speciale di una o più province; 2. Nel compilare, riformare e modificare leggi, come pure redigere ed esaminare regolamenti amministrativi; 3. Nel creare ed ammortizzare debiti imporre togliere e diminuire dazi, alienare beni e diritti propri dello Stato; 4. Nel concedere nuovi appalti e confermare quelli esistenti; 5. Nel determinare le tariffe doganali e stabilire trattati di commercio; 6. Nell’esaminare i preventivi e rivedere i consuntivi tanto generali quanto delle singole amministrazioni dello Stato pronunciando sui medesimi le relative sentenze sindacatorie; 7. Nel rivedere, e riformare le attuali organizzazioni dei consigli comunali e provinciali.». Art. 25: «L’esame o deliberazioni degli altri affari non contenuti nell’art. 25 spettano alle singole sezioni; inoltre è nelle facoltà di ciascun ministro rimettere al parere della Consulta di Stato per mezzo del cardinale presidente della medesima qualunque affare proprio del suo dicastero, sebbene di interesse particolare e locale.»

Le attribuzioni speciali, quelle proprie di ciascun Ministero, erano indicate ciascuna in un diverso titolo del moto proprio. Al Ministero di Grazia e Giustizia era riservato il Titolo IV. Esso aveva il compito sopraintendere all’amministrazione della giustizia civile e criminale dello Stato, dipendevano da lui tutti i tribunali e i giudici civili e criminali, i governatori (relativamente alle loro competenze giudiziarie) le curie, le cancellerie, e gli ufficiali ministeriali con i relativi uffici. Il ministro della Giustizia aveva il compito di proporre le domande di grazia al Sovrano per la condonazione, la diminuzione, o la commutazione di pena, e le inchieste relative all’estradizione dei rei che necessitavano della partecipazione del ministro dell’Estero, oltre alle domande di abilitazione (artt. 25-27).

Le sedute del Consiglio dei ministri quando non erano convocate dinanzi al Sovrano erano presiedute dal Segretario di Stato ed in assenza di quest’ultimo dal ministro che tra quelli presenti “precedeva gli altri in dignità”. Le sedute ordinarie si tenevano di regola una volta alla settimana e ad esse potevano partecipare solamente i ministri, le sedute straordinarie invece si tenevano ogni qual volta ve ne fosse stato bisogno o lo stabilisse il sovrano (artt. 65-68).

Il presidente dirigeva la discussione, dopo che un ministro aveva esposto le propria relazione si procedeva con la votazione e in caso di parità il voto del presidente sarebbe stato determinante (artt. 69-70). Il Segretario del Consiglio dei ministri assisteva alla sedute e ne redigeva processo verbale. In esso erano riportati i nomi dei ministri presenti, il novero degli affari posti in discussione, i pareri emessi in consiglio, i termini precisi della deliberazione; copia del processo verbale veniva umiliata al sovrano dal Segretario del Consiglio, il quale effettuava pure la relazione su quegli affari che erano direttamente rimessi al Consiglio dei ministri mentre la relazione relativa agli affari propria di ciascun Ministero apparteneva ai singoli ministri (artt.71-74).

Le discussioni e le deliberazioni del Consiglio erano segrete e per diventare definitive necessitavano della sovrana sanzione (art. 75). Il sovrano qualora si trattasse di affari di gravissimo interesse, si riservava, prima di emettere la sua sanzione, di interpellare l’intero sacro Collegio dei cardinali.

Una volta intervenuta la decisione sovrana, nessun affare, e per qualsivoglia motivo sarebbe potuto riproporsi in Consiglio a meno che il Sovrano non lo avesse permesso attraverso un suo speciale rescritto diretto al cardinale presidente (artt. 76-78).

I soli a poter godere del privilegio dell’udienza sovrana erano i ministri mentre così non era più per tutti gli altri capi dei dicasteri subalterni. L’udienza era prevista una volta alla settimana per ciascun ministro salva diversa disposizione sovrana. Ogni ministro aveva il compito di presentare al Consiglio dei ministri entro il mese di marzo un progetto di Regolamento interno; questi progetti venivano poi esaminati da una apposita commissione la quale aveva il compito di formare un unico Regolamento generale per tutti i ministeri (artt. 89- 91)151.

Da ultimo, ogni ministro doveva passare al ministro dell’Interno copia di tutte le leggi, regolamenti, ed ordinanze di volta in volta emanate, in modo tale da permettergli ogni anno la pubblicazione di una raccolta di leggi (art. 95).

Era evidente il processo di accentramento avviato dal nuovo Governo, le antiche magistrature avevano ormai ceduto il passo alle nuove istituzioni e non sarebbero state mai più ripristinate152.