3. Capitolo III – Il secondo periodo di riforme (1847 1848) –
3.5. La discussione in seno al Consiglio di Stato sulle basi di un nuovo regolamento di giustizia
3.5.7. Sui tribunali speciali e sul contenzioso amministrativo
Sui tribunali speciali e sul contenzioso amministrativo il dibattito fu piuttosto breve.
Il Consiglio di Stato aveva già, sempre su invito dei Consigli deliberanti, intrapreso una discussione sull’eventuale abrogazione dei tribunali e delle commissioni eccezionali278. Il
dubbio era stato mosso dall’entrata in vigore dello Statuto in quanto l’art. 4 di questo prevedeva l’uguaglianza di tutti i sudditi al cospetto della legge279, e l’art. 69 che dichiarava
abolita ogni legge anche indirettamente contrastante con lo Statuto280.
In quell’occasione si era deciso di abolire le leggi concernenti i servi di pena, le rapine notturne, e i delitti politici contenuti negli artt. 555 e seguenti del Regolamento di procedura criminale del 5 novembre 1831 (quelli attinenti ai delitti di Lesa Maestà, per i quali si procedeva sempre in via sommaria a mezzo di ministri nominati dalla Segreteria di
278 ASR, Consiglio di Stato (1848-1849)…cit. Tornata del 7 luglio 1848
proferita dal signor professor Pasquale De Rossi, Ministro di grazia e giustizia, sull’abolizione dei tribunali eccezionali.
279 Art. 4: «Non saranno istituiti tribunali o commissioni straordinarie. Ognuno in materia tanto civile quanto criminale sarà giudicato dal tribunale espressamente determinato dalla legge: innanzi alla quale tutti sono eguali.»
Statuto fondamentale pel governo degli Stati di S. Chiesa, in Raccolta delle leggi… cit., pp. 22 e ss.
280 Art. 69: «Rimangono in vigore tutte le disposizioni legislative, che non sono contrarie al presente Statuto. E similmente vogliamo e decretiamo che nessuna legge o consuetudine preesistente, o diritto quesito o diritto dei terzi, o vizio di correzione o surrezione possa allegarsi contro le disposizioni del presente Statuto; il quale intendiamo che debba essere quanto prima inserito in una Bolla Concistoriale, secondo l'antica forma, a perpetua memoria» Ibidem.
Stato). Si era però deciso di non metter mano alla materia ecclesiastica.
Adesso il Consiglio tornava a discutere sulla conservazione dei tribunali eccezionali e di privilegio, in particolare l’attenzione dei consiglieri era rivolta proprio ai tribunali ecclesiastici, le cui eventuali riforme incontravano l’opposizione degli ecclesiastici. In particolare Monsignor Palma, citando l’articolo 36 dello Statuto ai numeri 1 2 3281, difendeva il
privilegio del Foro ecclesiastico, come materia immune da ogni possibile riforma da parte del corpo rappresentativo laico.
Per quanto riguardava i cosiddetti “affari misti” monsignor Morchini avvertiva che lo Statuto se ne occupava all’art. 37 sia attraverso la preventiva richiesta di un parere consultivo dei Consigli deliberanti, e sia, successivamente, attraverso la decisione dell’autorità suprema282.
Neanche in questa occasione dunque si riuscì ad intaccare il privilegio del Foro ecclesiastico, che costituiva ormai uno dei maggiori ostacoli alla piena realizzazione di un sistema moderno di amministrazione della giustizia, e dopo che già la Consulta di Stato si era pronunciata per una sua completa abolizione.
Il sistema dei tribunali commerciali e militari venne discusso brevemente. Per quanto riguarda i primi il Bonacci ne suggeriva l’abolizione, in quanto poiché in questi casi il giudizio era rimesso ai commercianti, che spesso erano a digiuno degli elementi di diritto, conoscendo solamente la materia commerciale, spesso ciò era causa di decisioni arbitrarie e poco garantiste. Il Pagani era invece il maggior sostenitore della abolizione dei tribunali militari. In sede di votazione, tuttavia si decise per la conservazione dei questi ultimi, mentre i tribunali commerciali vennero dichiarati aboliti.
281 Art. 36 «I Consigli non possono mai proporre alcuna legge: 1. Che riguardi affari ecclesiastici o misti, 2. Che sia contraria ai canoni o discipline della Chiesa, 3.che tenda a variare o modificare il presente statuto.» Ibidem.
282 Art. 37 «Negli affari misti possono in via consultiva essere interpellati i Consigli.» Ibidem.
Un’attenzione maggiore bisogna riservare al sistema del contenzioso amministrativo in quanto, come vedremo, le decisioni sulla sua conservazione o meno furono piuttosto altalenanti.
Anche in questo caso la Francia viene generalmente considerata la patria del contenzioso amministrativo A differenze della Gran Bretagna infatti, che incarna l’idea di un’amministrazione senza giudici speciali, la Francia costituisce l’alternativa opposta, quella in cui è presente un giudice speciale, ma non separato dall’esecutivo283.
E’ opinione comune che il modello del contenzioso amministrativo che si sviluppò nel corso dell’Ottocento anche negli altri Stati europei ricalchi quello delineato da Napoleone all’inizio del secolo. Egli creò all’interno del potere esecutivo un complesso di istanze giurisdizionali che rimanevano però separate dalla macchina esecutiva, a garanzia di una certa terzietà tra Stato e privati284. Figli di questa nuova concezione,
che prevedeva organi collegiali distinti rispetto alla catena degli amministratori attivi, furono i due organi più importanti dello Stato amministrativo ottocentesco, il Consiglio di Stato e i Consigli di Prefettura285. L’istituzione di questi organi
rappresentò la presa d’atto che l’attività amministrativa includeva in se anche il momento giudiziale, che richiedeva l’impianto di organismi specifici per poter esplicare al meglio questa ulteriore funzione286.
Con l’avvento dei Francesi in Italia il sistema amministrativo napoleonico si diffuse e si innestò nella penisola, 283 P. AIMO, La giustizia nell’amministrazione dall’Ottocento a oggi, Roma-Bari, 2000, pp. 6-10.
284 L. MANNORI-B. SORDI, Storia del diritto amministrativo, Roma- Bari, 2000, p. 264.
285 Sul funzionamento di questi organi, per tutti C. GADOBLE, C. PIERNET, Pluviose an VIII : les débuts du Conseil de Préfecture, in «Revue
internazionale d’histoire politique et constitutionnelle», XIV, 1950, pp. 110 ss;
F. PONTEIL, Le Régime autoritarie et les grandes lois organiques de l’an VIII, in «Revue internazionale d’histoire politique et constitutionnelle», XV,1959, pp. 226 ss.
286 L. MANNORI - B. SORDI, Storia del diritto amministrativo...cit., p. 258.
in particolare nel Regno Italico e nel Regno di Napoli, dove si ebbe l’adesione al modello napoleonico incentrato sul Consiglio di Stato insediato nella capitale, e un insieme di tribunali di primo grado operanti nelle province.287 La caduta di Napoleone
non trascinò dietro di se l’impianto del modello amministrativo, che riuscì a stare in piedi proprio in ragione della sua proclamata efficienza. Il modello organizzativo francese infatti poteva agevolmente adattarsi alla nuova strategia di controllo adottata dai sovrani restaurati288.
Nel panorama italiano successivo al 1815 troviamo così da una parte il Ducato di Parma, lo Stato pontificio, il Regno delle due Sicilie, il Piemonte e la Toscana, nei quali il sistema amministravo venne perlopiù conservato; dall’altra il Lombardo- Veneto e il Ducato di Modena, che rappresentavano invece un’eccezione al principio di conservazione di questi giudici speciali289.
Nel Ducato di Parma, aveva operato un Consiglio di Stato come giudice amministrativo nel periodo di dominazione francese. Con il ritorno all’assolutismo dinastico, il Consiglio di Stato fu mantenuto in funzione, anche con compiti di natura contenziosa, e venne riorganizzato a partire dal 1814290. Esso
successivamente fu diviso in tre sezioni, delle quali la seconda giudicava in seconda istanza, mentre in terza istanza giudicavano le sezioni unite.
Nel Regno delle Due Sicilie, in un primo momento, dopo la Restaurazione, il Consiglio di Stato venne soppresso e le sue competenze vennero trasferite alla Gran Corte dei Conti. Gradualmente poi il modello francese venne ripristinato e perfezionato; la legge del 21 marzo 1817 prevedeva un sistema basato su due livelli, uno centrale presieduto dalla Corte dei 287 Sull’amministrazione della giustizia nell’Italia napoleonica si rimanda a G. ASTUTI, L’unificazione amministrativa del Regno d’Italia, Napoli, 1966.
288 P. AIMO, La giustizia nell’amministrazione dall’Ottocento a oggi...
cit., p. 30.
289 Ibidem, p. 44. 290 Ibidem.
Conti, e uno periferico, composto dai consigli di intendenza, in qualità di tribunali di prima istanza. Venivano così rispettati i principi cardini del dell’ideologia francese, nella quale la giustizia ordinaria era rigidamente separata dal potere esecutivo e la giurisdizione amministrativa affidata ad organi speciali e distaccati dall’amministrazione attiva291; Si trattava,
come può immaginarsi, di un sistema molto avanzato, in quanto il criterio di riparto prevedeva la simultanea presenza di due elementi: uno oggettivo, cioè che la questione toccasse una delle materie di pubblica amministrazione tra quelle elencate, l’altro soggettivo, vale a dire che uno dei contendenti doveva comunque essere un organo della pubblica amministrazione292.
Nel Regno di Sardegna, con l’editto Roccheggiani Carlo Alberto aveva dato vita a un Consiglio di Stato che aveva solo il compito di esprimere pareri. Esso doveva diventare il principale strumento di attuazione di quel progetto di monarchia consultiva con cui si intendeva raggiungere un compromesso con la borghesia sul terreno della partecipazione alle decisioni politiche293. L’organo quindi, nato in un primo momento come
semplice alto collegio amministrativo, col tempo acquisì attribuzioni secondo una tradizione risalente all’epoca napoleonica, fino a quando, con le leggi dell’ottobre 1847, vennero istituiti tribunali amministrativi di stampo francese, che prendevano il posto dell’autorità esercitata dagli intendenti di decidere le controversie tra amministrazione e privati294.
In Toscana la giurisdizione spettava ai magistrati ordinari, seppur con due limitazioni, la prima riguardava le liti per i contratti di appalto e di strade pubbliche, conferite ai Consigli di Prefettura di acqua e strade, con diritto di appello innanzi al 291 A. DE MARTINO, La nascita delle intendenze. Problemi
dell’amministrazione periferica nel Regno di Napoli (1806-1815), Napoli,
1984, p. 114.
292 G. S. PENE VIDARI, La giustizia nell’amministrazione dall’Ottocento
a oggi… cit., p. 47.
293 A. DE MARTINO, La nascita delle intendenze…cit., p. 114.
294 F. SHUPPER, I precedenti storici del diritto amministrativo vigente
in Italia, in, Primo Trattato completo di diritto amministrativo italiano,
Consiglio di Stato; la seconda riguardava le liti relative alle pensioni, che erano decise dalla Corte dei Conti con l’appello di una Commissione speciale del Consiglio di Stato295.
Per quanto riguarda invece gli altri due Paesi nei quali non si riuscì a conservare il sistema di giustizia amministrativa, nel Ducato di Modena, il regime instaurato da Francesco IV d’Austria-Este si connotava in modo apertamente assolutistico e si contrapponeva a quello dell’immediato passato. In assenza di tribunali specifici il contenzioso era rimesso alla stessa pubblica amministrazione e in particolare ai ministri competenti296. Nel
Lombardo-Veneto invece, inizialmente la macchia amministrativa napoleonica sopravvisse quasi intatta per almeno due anni, e così anche le prefetture e i consigli di prefettura. Tuttavia ben presto il sistema di contenzioso alla francese venne soppresso e si tornò al periodo del riformismo Settecentesco. Scartata l’ipotesi di creare appositi tribunali amministrativi ci si orientò verso un dualismo istituzionale potenzialmente meno garantista per i privati297.
Nello Stato pontificio le attribuzioni della Autorità amministrativa avevano sorgenti infinite diverse e spesso contraddittorie. Ancora si faceva riferimento alla Bolla Boni
regiminis e talvolta alle disposizioni, ai decreti della Sacra
Consulta e anche a Bartolo e alla Glossa298. Vi erano inoltre
innumerevoli disposizioni che si intralciavano a vicenda, tra cui leggi, motu propri e circolari e non era stabilita alcuna procedura299.
295 M. S. GIANNINI, A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa e
giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. Dir., XIX, Milano 1970, pp. 568 e ss.
296 P. AIMO, La giustizia nell’amministrazione dall’Ottocento a oggi...
cit., p. 44.
297 Ibidem.
298 V.E. ORLANDO, Il Contenzioso amministrativo, in Dig. It., VIII, p.881.
299 L. MANNORI, I contenziosi amministrativi degli Stati preunitari e il
modello francese. Riflessioni e spunti per un possibile studio comparato, in Jaharbuch fur europaische verwaltungsgeschichte, II, 1990, p. 139.
Solamente con l’Editto Gamberini del 25 luglio 1835 si inizia a porre in termini moderni la questione del contenzioso amministrativo anche nello Stato pontificio300. Questo editto
riordinò completamente la materia del contenzioso amministrativo stabilendo come regola la competenza delle autorità amministrative, collegialmente ordinate. Esso fissava il quadro organizzativo dei tribunali del contenzioso, stabilendo che la risoluzione delle liti di interesse locale fosse affidata alla Congregazione governativa, con possibilità di appello al Legato pontificio, mentre quelle di rilievo più generale rientravano nella Competenza della Congregazione camerale e, in secondo grado, della Congregazione di revisione. Era previsto anche un Consiglio Supremo competente a giudicare in terzo grado. Si trattava di organi che non si distinguevano né si svincolavano dal potere esecutivo.
Veniva inoltre data una definizione di atto amministrativo, indicando come tali gli atti dei dicasteri o delle magistrature a cui era affidata la cura degli interessi pubblici e attribuendo perciò la risoluzione delle controversie relative a tali atti alla giurisdizione contenziosa del potere amministrativo stesso.
Si trattava, in parte, una risposta politica a soddisfare la richiesta sempre più crescente di un migliore funzionamento della pubblica amministrazione, ed in seguito a quest’atto il potere dei giudici del contenzioso fu ampliato da successivi provvedimenti.
300 Sul contenzioso amministrativo nello Stato pontificio così come disciplinato dall’Editto Gamberini si vedano M. S GIANNINI, A. PIRAS,
Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della Pubblica amministrazione, in Enc. Dir., XIX, Milano, 1970, pp. 232 ss; E.
ESPOSITO, Il contenzioso amministrativo nello Stato pontificio, in Studi in
occasione del Centenario, Scritti sull’amministrazione del territorio romano prima dell’Unità, vol. I, Amministrazione provinciale di Roma, Milano, 1970,
pp. 217 e ss.; L. MANNORI, Giustizia e amministrazione tra antico e nuovo
regime, in Magistrati e potere nella storia europea, a cura di R. ROMANELLI,
Bologna, 1997, pp. 39-65; G. SANTONICI, Il contenzioso amministrativo nello
Stato pontificio tra riordino del potere amministrativo, organizzazione dei codici, revisione dell’ordinamento giudiziario, e riforme costituzionali,
Dunque nello Stato pontificio a metà Ottocento esisteva un sistema di giustizia amministrativa separato da quella ordinaria, ma questo impianto stava per essere messo in discussione dai membri del Consiglio di Stato.
Monsignor Morchini riteneva dovesse mantenersi il sistema del contenzioso amministrativo, poiché reputava conveniente il dare una forma spedita ed economica ai giudizi di tal natura
La molteplicità degli atti amministrativi avrebbe formato oggetto di grave imbarazzo e ritardo per i tribunali ed arresto e dispendio agli interessi amministrativi. Non era a dirsi però che nelle cose comuni l’Erario pubblico dovesse fuggir dalla via ordinaria dai Tribunali ma solo nelle cose speciali e distinte dall’azienda per le quali era necessario un Codice specifico, regolatore degli appalti e de contratti di utilità statistica sotto l’azione del Ministero, siccome si pratica in Francia ed in Inghilterra, tranne il Belgio che già lamenta la sua riforma.
Il Betti proponeva di ritenere che il Consiglio di Stato, venisse dichiarato idoneo dallo Stato a definire simili materie.
Dubitava il Ciofi che mal conveniva il proporre se stessi, sebbene si tratti di sottomettersi spontaneamente ad un altro gravissimo peso. Si formulava dunque la proposta: “salvo il disposto dell’articolo 36 dello Statuto, si proponeva di escludere i tribunali eccezionali e di privilegio meno il militare e quello che riguarda il contenzioso amministrativo301.”
Il Piacentini protestava che il Consiglio di Stato aveva la volontà abituale di discutere tutto quello che non era vietato dalla legge statutaria e per conseguenza non doveva proporsi una limitazione che non si era in facoltà di disciplinare.
Proponeva pertanto di togliere quella riserva. E la proposta votata fu esclusa con undici voti contrari contro tre favorevoli.
Sottoposta al partito la proposta, munita della riserva e colla sola eccezione del tribunale militare, per poi aggiungere
301 Quesiti discussi nella seduta del 25 luglio 1848. ASR, Consiglio di
l’altra del contenzioso amministrativo, fu approvata ad unanimità.
Votata la seconda eccezione nove votarono a favore, cinque la rigettarono, onde fu approvata a maggioranza.
3.6. Il Progetto di Regolamento organico dell’ordine