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re con continui e lunghi rinvii, a causa della scarsa partecipazione, in modo par- par-ticolare quella dei delegati dello Stamento ecclesiastico, arroccati in difesa dei

Nel documento a cura di Giovanni Murgia (pagine 31-38)

pesca e il commercio del corallo nei paesi della Corona d'Aragona al tempo di Alfonso il Magna-nimo, in "Atti del XVI Congresso Internazionale di Storia della Corona d'Aragona", a cura di G. D'Agostino e G. Buffardi, Napoli, 2000, vol. II, pp. 1133-1145.

55 Cfr. ASC, AAR, Parlamenti, vol. 169, c. 33.

56 Le convocatorie, firmate dal viceré, contenevano l'invito a presentarsi personalmente o a farsi rappresentare da speciali procuratori. Il loro invio doveva rispettare scrupolosamente il protocollo delle precedenze, che prevedeva la consegna di esse innanzitutto ai rappresentanti dello Stamento ecclesiastico e, successivamente, ai membri dello Stamento militare e del Reale.

Le convocatorie venivano consegnate da corrieri che, alla presenza di testimoni, attestavano il ricevimento dell'invito. Su queste procedure cfr. J. COROLEU Y INGLADA, J. PELLA Y FORGAS, Las cortes catalanas. Estudiojurídico y comparativo de su organización y reseria analitica de todas sus legislaturas, Barcelona, 1876, p. 53, e A. MARONGIU, I Parlamenti sardi. Studio storico istitu-zionale e comparativo, Milano, 1979. Sulla prassi parlamentare seguita nel Regno di Valenza cfr.

GUIA MARIN L., Cortes del Reinado de Felipe IV, II, Cortes Valencianas del 1645, Valencia, 1984.

propri privilegi e decisi a strappare ulteriori e píù consistenti concessioni nel controllo delle sacas", delle prelazie, dei titoli e delle pensioni, seguito in questa rivendicazione anche dai delegati degli Stamenti reale e militare. Lo Stamento ecclesiastico, ad esempio, vincolando la votazione del donativo all'accoglimento delle proprie richieste, piú d'una volta ricorrerà all'ostruzionismo scegliendo di non partecipare alle riunioni parlamentari, che pertanto subivano ripetuti rinvii.

Su questo versante la battaglia fra ceti privilegiati e Corona sarà particolar-mente intensa e più serrata rispetto al passato, in quanto si puntava decisamen-te alla rivendicazione degli uffici, laici ed ecclesiastici, con la sola eccezione della prelazia cagliaritana e del reggente la Real Cancelleria", a condizione però che per i due posti i naturales trovassero compenso negli altri regni della Corona.

Ma, sebbene tra i ceti la convergenza in materia di uffici sembri diradare conflittualità e tensioni al loro interno, di fatto «il processo di coesione tra gli interessi dei ceti», su questo versante, «trova però un limite nel fatto che al loro interno si vengono delineando due diverse linee di condotta rivendicati-va. Entrambe avendo di vista il raggiungimento in sostanza dei medesimi obiettivi, l'una linea ritiene che la battaglia rivendicativa vada tenuta entro la prassi contrattuale tradizionale, mentre l'altra si fa sempre piú aperta sosteni-trice della necessità di rivederla e rifondarla»".

Su queste due linee, «lealista la prima e revisionista o piú propriamente parlamentarista la seconda», andrà progressivamente ristrutturandosi quella frattura che fino ad allora aveva caratterizzato la contrapposizione cetuale in termini geo-amministrativi, e più dí recente all'interno dello Stamento milita-re, nel contrasto fra piccola e grande nobiltà.

Nel dibattito che si sviluppa nel Parlamento la voce piú robusta è certa-mente quella del ceto ecclesiastico, numericacerta-mente il meno rappresentato, che sarà anche l'ultimo a votare il donativo concordato. Meno combattivo appare il ceto feudale, attraversato da una profonda crisi interna soprattutto derivante dalle intricate situazioni finanziarie in cui si erano venuti a trovare i capi dei due schieramenti: il marchese di Laconi da un lato e il marchese di Villasor dall'altro.

L'adesione alla Uni6n de armas, con la partecipazione diretta alla Guerra dei Trent'anni, aveva prodotto sul ceto feudale dei contraccolpi decisamente negativi. Se il marchese di Villasor, don Biagio Alagón, convinto sostenitore

57 Le sacas erano le licenze di esportazione, riferite soprattutto al commercio del grano, che venivano rilasciate dall'autorità regia soltanto quando le necessità annonarie del Regno erano state soddisfatte.

58 La Real Cancelleria aveva il compito di redigere, di registrare o di rilasciare i documenti sottoscritti dal sovrano. Al riguardo cfr. A. MARONGIU, Il Reggente la Real Cancelleria primo ministro del governo viceregio in Sardegna. 1487-1847, in A. Marongiu (a cura di), Saggi di sto-ria giuridica e politica sarda, Padova, 1975, pp. 185-201.

59 B. ANATRA, La Sardegna dall'unificazione aragonese ai Savoia, cit., p. 379:

della politica dell'Olivares, si trovava costretto ad indebitarsi per provvedere alle spese necessarie ad equipaggiare un corpo militare da inviare in Catalogna a sue spese, il marchese di Laconi don Giovanni Castelvì si dibatteva ugual-mente in notevoli ambasce finanziarie, dovendo ancora in parte estinguere il debito di 6 mila scudi contratto per la liberazione del fratello don Giacomo Artal, ora procuratore reale, che nel 1636, catturato dai mori en estos mares mentre si recava a servir Su Magestad, si trovava prigioniero a Biserta60

.

L'Alagén troverà soccorso nei propri feudi, ricorrendo all'aiuto dei suoi vassalli che si dichiareranno disposti ad assumersi la obligadó o fian92 del pre-stito da contrarre, in modo che più facilmente potesse reperire i 2 mila scudi necessari ad armare una compagnia di soldati da inviare ín soccorso della Corona', a condizione però che venisse sottoposta a profonda revisione tutta la normativa riguardante i rapporti politico-istituzionali ed economico-fiscali tra signore e comunità.

È in questo contesto politico che le comunità ricadenti sotto la giurisdi-zione feudale dei due marchesati, di Laconi e Villasor, stipuleranno in quegli anni, con i reciproci baroni, importanti convenzioni, meglio conosciute con il nome di Capitoli di grazia". Stipulati a partire dal secolo XV, vengono riconfermati, ampliati e sottoposti a revisione a scadenze periodiche, in coin-cidenza di solito con la presa di possesso del feudo da parte del nuovo signo-

60 Don Giacomo Artal de Castelvì veniva catturato da una galeotta de Moros nel tratto di mare tra la costa sarda e l'Asinara, mentre accompagnava su un'altra nave il reggente sardo nel Consiglio Supremo d'Aragona Francesco Vico di rientro nell'isola da Barcellona, dopo aver fatto scalo a Genova. Inviato in Sardegna da Filippo IV per "la cobra de tigro, atúnes y otras provisiones y leva de soldatos" da inviare in Catalogna, il Vico "con su mujer y hijos" riusciva a scamapre fortunosamente all'attacco corsaro, mentre la nave su cui viaggiava il Castelvì assie-me a "los criados, y assie-menaje de casa" del Vico veniva invece catturata e predata del carico; l'e-quipaggio con i passeggeri a bordo e lo stesso Castelvì venivano fatti prigionieri. Per il riscat-to della servitù e del corredo di casa il Vico sarà costretriscat-to a sborsare ben 10 mila ducati (Cfr.

AFINM, Consejos suprimidos, Patronato de Aragón, legajo 19873, cit., vedi fascicolo a stampa contenente alcune note biografiche sul Vico).

61 Cfr. ASC, AAR, Parlamenti, vol. 170, c. 674.

62 Cfr. G. MURGIA, Capitoli di grazia e lotta antibaronale nella Sardegna moderna, in ASMO-CA, 11-13, cit., pp. 287-309; ID.,Una fonte per lo studio della società feudale nella Sardegna moderna: i Capitoli di grazia di Villasor, in "Annali della Facoltà di Magistero dell'Università di Cagliari", vol. V, parte II (1981), pp. 107-145; ID., I Capitoli di grazia, in La società sarda in età spagnola, vol. I, cit., pp. 30-38; ID., Signori e vassalli nella Sardegna di Filippo II, in Sarde-gna, Spagna e Stati italiani nell'età di Filippo II, cit., pp.327-336; ID., Comunità e baroni. La Sar-degna spagnola (secc. XV-XVII), Roma, 2000; ID., Comunità e baroni nella SarSar-degna spagnola durante la guerra dei trent'anni, in Sardegna, Spagna e Mediterraneo. Dai Re Cattolici al Secolo d'Oro, cit., pp. 465-479; G. G. ORTU, Villaggio e poteri signorili in Sardegna, Bari, 1996, e A.

MATTONE, Il feudo e la comunità di villaggio, in Storia dei Sardi e della Sardegna, cit., pp. 346 ss.. Per una esauriente approfondimento sulla realtà rurale nella Sardegna medievale cfr. il recente studio di C. FERRANTE, A. MATTONE, Le comunità rurali nella Sardegna medievale (secoli XI-XV), in "Studi Storici", n. 1 (2004), pp. 169-243.

re o con la richiesta del donativo a favore della Corona in occasione della celebrazione delle Corti generali del Regno o, più ancora, con i momenti di sanatoria che risolvono annose vertenze e frizioni fra baroni e vassalli su disci-pline diverse, quali l'amministrazione della giustizia, la gestione del potere civico, il controllo della terra e i tributi feudali. Speculari, per certi versi, ai capitoli di Corte, che erano leggi pazionate del Regno e frutto di una sorta di contratto fra Corona e ceti privilegiati, non potevano essere modificati senza íl pieno consenso e l'accordo tra i due contraenti, i baroni e le comunità.

In realtà l'adesione alla politica dell'Unión da parte del ceto nobiliare, con la conseguente costosa mobilitazione militare per combattere i barbareschi e soffocare gli eretici, per questo ceto si stava rivelando troppo onerosa sia sul piano dell'impegno economico sia su quello politico, in quanto ad essere coinvolti e messi in discussione erano anche i tradizionali e consolidati rap-porti di potere all'interno dello Stamento militare.

La mobilitazione militare della feudalità sarda per la difesa degli interessi della Corona sembra, in questo frangente, assolvere ad una funzione di ammortizzatore delle stesse tensioni interne a questo ceto. Non è un caso, ad esemplo, anche se le contingenze del momento giocano un ruolo non secon-dario, che la stessa tradizionale e consolidata rivalità fra le due famiglie degli Alagón e dei Castelvì sembri stemperarsi.

Al marchese di Laconi, che all'interno dello Stamento militare poteva con-tare su una maggioranza relativa, verrà infatti affidato, senza ostacoli da parte del partito capeggiato dal marchese di Villasor, il delicato e difficile compito di presentare al sovrano, prima della votazione del donativo, il pacchetto delle richieste approvate all'unanimità dai tre ordini in sede parlamentare, mentre di contro all'Alagón, senza alcuna opposizione da parte del Castelvì, su proposta viceregia, verrà promessa la nomina a capitano generale della cavalleria del Regno con il riconoscimento anche di un appannaggio mensile pari a 200 scudi, oltre al titolo di grande di Spagna".

Nel ricomporre comunque, almeno temporaneamente, le tensioni interne allo Stamento militare, arroccato su due fronti di interessi rappresentati l'uno dalla nobiltà di origine iberica e l'altro da quella sarda, che dall'adesione alla Unión erano convinti di poter trarre cospicui vantaggi economici, i primi con il controllo dei traffici che seguendo la "via delle isole" si svolgevano fra la Spagna e l'Italia", e i secondi con l'accesso agli uffici sia nel settore militare

63 Cfr. ACA, Consejo de Aragón, leg. 1234, cit., lettera del viceré Fabrizio Doria inviata in data 24 giugno 1642 a Filippo IV perché conceda "grazie" ai rappresentanti stamentari che maggiormente si sono distinti nel servire la Corona.

64 Cfr. G. TORE, Il Regno di Sardegna nell'età dell'Olivares (1620-1640). Assolutismo monar-chico e Parlamenti, in ASMOCA, 41-43 (1993), pp. 59-78 e ID., Il Regno di Sardegna nell'età di Filippo IV. Centralismo monarchico, guerra e consenso sociale (1621-1630), Milano, 1996.

che in quello civile, particolare merito va ascritto alla condotta del viceré don Fabrizio Doria.

Coadiuvato da un gruppo di collaboratori di grande prestigio culturale e professionale, oltre che profondi conoscitori della realtà politico-istituziona-le non solo del Regno di Sardegna, ma anche di quelli d'Aragona, ed i cui nomi rispondevano alle persone di Giovanni Dexart65, di Michele Bonfant e

65 Giovanni Dexart nacque a Cagliari il 22 ottobre 1590; studiò nel locale collegio gesuiti-co e nel 1615 si laureò in utroque all'Università di Pisa. Dopo aver esercitato per diversi anni l'attività forense, nel Parlamento del 1624 venne nominato avvocato dello Stamento militare e in tale veste difese in due memoriali gli interessi della nobiltà cagliaritana che accusava il viceré di aver violato i privilegi del Regno. Nel 1626 venne nominato jurado en cabo della città di Cagliari, senza dover percorrere, grazie alla sua notorietà, i gradi inferiori del consolato. In questo ufficio si dedicò a un'intensa attività amministrativa, correggendo molti abusi dei suoi predecessori e introducendo alcune innovazioni, dall'obbligo per i nobili e gli ecclesiastici di pagare le tasse municipali all'abolizione degli inutili doni del Comune al viceré. Ma il contri-buto più importante del Dexart durante la reggenza del Municipio si concretizzò nell'apertu-ra dell'Università di Cagliari: egli fu il compilatore delle Consti tuciones, modellate sugli statu-ti e sui regolamenstatu-ti delle università aragonesi, e in parstatu-ticolare di quella di Lerida, nei quali pre-vale il tipo di fondazione ad opera e cura del Municipio, anziché del principe o dei dignitari ecclesiastici. Il Dexart fu uno dei professori della facoltà di giurisprudenza, dove insegnò leyes ordinarias. Egli, inoltre, in questo periodo, continuò ad assolvere importanti incarichi: nel 1626, in qualità di cabeza dello Stamento reale, partecipò ai lavori del Parlamento straordina-rio Bayona. Nel dicembre dello stesso anno venne proposto dal viceré, don Girolamo Pimen-tel, nella terna per l'ufficio di avvocato fiscale patrimoniale: una carica delicata che faceva parte del Consejo de Patrimonio del Regno. Nel 1627 il re concesse al Dexart l'ambita plaga. In questo incarico mostrò notevoli capacità nell'esercitare la giurisdizione regia e nel difendere gli interessi del Tesoro reale dalle usurpazioni baronali. L'anno successivo venne nominato giu-dice criminale della Reale Udienza, il supremo tribunale d'appello del Regno. La dottrina, l'e-satta e imparziale amministrazione della giustizia gli valsero la nomina, il 30 novembre 1630, alla prestigiosa carica di giudice di corte en Io civil y criminal della Reale Udienza. Nel 1633, durante i lavori del Parlamento presieduto dal viceré marchese di Bayona, venne deliberato di affidargli il compito, non portato a termine dal giurista Monserrato Rossellò, morto nel 1613, di raccogliere e commentare i capitoli di Corte inediti, o non compresi nelle due precedenti raccolte di leggi parlamentari, quella di Francesco Bellit del 1572 e quella di Pietro Giovanni Arquer del 1591. Vi si dedicò con grande impegno, tanto che nel 1645 per i tipi della tipogra-fia di Antonio Galcerín, di Cagliari, venivano pubblicati i Capitula sive Acta Curiarum Regni Sardiniae sub invictissimo Coronae Aragorum imperio concordi trium brachiorum aut solius mili-taris voto exorata. In questi anni, comunque, non trascurò l'ufficio di giudice della Reale Udienza, collaborando, in varie occasioni, alle incombenze di governo. Per la sua profonda preparazione giuridica e per il suo equilibrio, oltre che per la conoscenza della realtà sarda, divenne un punto di riferimento indispensabile per i viceré, i quali si rivolsero a lui per le più delicate faccende di Stato. Nel 1642, ad esempio, il viceré don Fabrizio Doria lo incaricò di avviare le trattative con gli Stamenti per la concessione di un donativo annuale di 70 mila scudi, richiesto dalla Corona per far fronte alle gravi esigenze della guerra. Nel patrocinare la causa regia il Dexart mostrò particolare tatto, prudenza e una rara capacità di mediazione che gli consentirono di far approvare senza particolari contrasti la richiesta del sovrano. Nel 1645 per i suoi particolari méritos y servicios nei confronti della Corona Filippo IV gli concedeva la dignità di membro del Sacro Regio Consiglio di Napoli. Nell'autunno del 1646 il Dexart venne inviato dal Sacro Regio Consiglio in missione a Catanzaro, nella provincia di Calabria Ultra,

di Antonio Canales, giudici della Reale Udienza; di Francesco Cartro, giudi-ce di corte; don Diego de Aragall", governatore e riformatore del Capo di Cagliari e Gallura; di don Giacomo Artale Castelvì, procuratore reale; di don Antonio Masons, maestro razionale; di don Vincenzo Baccallar, reggente la Tesoreria generale, e di Giovanni Lopez de Baylo, avvocato patrimoniale, coordinati dal segretario don Monserrato Vacca, il viceré Doria, scegliendo la via del confronto e del dialogo con i ceti, ascoltandone ed annotandone ogni richiesta ed esigenza, e dimostrandosi sempre disponibile a sostenerle presso il Supremo, anche se ciò avrebbe comportato tempi più lunghi per la conclu-sione delle Corti e la votazione del donativo, riuscirà infatti a condurre in porto un Parlamento che fin dalle sue prime battute si era presentato irto di difficoltà, e a far accettare al sovrano un donativo di 70 mila scudi, compre-so il condono dei ratei non compre-soluti relativi al donativo offerto nel 1632, venen-do in questo movenen-do incontro alle richieste dei ceti e soddisfacenvenen-do almeno in parte le attese del Regno.

per far fronte a una situazione giudiziaria estremamente deteriorata, e qui moriva il 18 dicem-bre dello stesso anno. Sulla figura e l'opera del Dexart cfr. P. MARTINI, Biografia sarda, Caglia-ri, 1837, ad vocem; P. TOLA, Dizionario degli uomini illustri di Sardegna, cit.,vol.II, pp. 42-49;

D. E. TODA Y GOELL, Bibliografia espafiola de Cerdejia, Madrid, 1890, ad vocem, pp. 106-108, ma soprattutto A. MATTONE, Dexart Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 39, Roma, 1991, pp. 617-622.

66 Don Diego de Aragall (1604-46), cavaliere dell'ordine di Santiago, alla morte del Vivas, avvenuta a Sassari nel 1625, assumeva temporaneamente, fino alla nomina del nuovo viceré, la reggenza del Regno di Sardegna, carica che ricoprì anche nel 1631 dopo la morte del Bayona.

Accusato di operazioni poco limpide durante tale incarico fu costretto a recarsi a Madrid per discolparsi. Nel 1633 fu riconosciuto innocente e tornò in Sardegna con le funzioni di presi-dente del Regno; nel 1637 guidò le truppe che si opposero vittoriosamente allo sbarco france-se ad Oristano. In france-seguito assunfrance-se per altre due volte le funzioni di presidente del Regno impe-gnandosi sempre per la costruzione di opere di difesa dell'isola. Considerato l'irrefrenabile svuotamento della propria giurisdizione, in qualità di governatore del Capo di Cagliari e Gal-lura, a favore della Reale Udienza, tentò di poter perlomeno partecipare alle sedute con solo parere consultivo, al pari degli uditori di rota. Fallito questo passo, l'unica possibilità di riac-quistare prestigio per lui restava nell'interim della viceregia. Ma dovette fare i conti con l'o-rientamento del Supremo d'Aragona, il quale nel 1632, alla morte del Bayona, si era espresso contro la prassi del suo conferimento a los gobernadores, pretextando ser naturales. Solo la sua insistenza a che glielo si desse corno gratia riuscì a far breccia nel Supremo, ma para una sola vez. Morì a Cagliari il 1° agosto del 1646, ultimo della famiglia. Cfr. G. DEXART, Capitula sive Acta Curiarum Regni Sardiniae, cit., vol. I, lib. III, tit. I, pp. 439-441: vedi Privilegium mune-ris Praesidentiae, et Capitaniae generalis, concessum Illustmune-rissimo Don Diego de Aragall Guber-natori, et Reformatori Capitum Calaris, et Gallurae, concessogli da Filippo IV in data Madrid 30 marzo 1640; P. TOLA, Dizionario biografico, cit, torno I, p. 93; G. PILLITO, Memorie tratte dall'Archivio di Stato di Cagliari riguardanti i regi rappresentanti che sotto diversi titoli governa-rono l'isola di Sardegna dal 1610 al 1720, Cagliari, 1874; J. LALINDE ABADIA, La gobernación generai en la Corona de Aragón, Zaragoza, 1962, pp. 208-210; J. MATEu IBARS, Los virreyes de Cerdefia, cit., vol. I, pp. 43-47; B. ANATRA, La Sardegna dall'unificazione aragonese ai Savoia, cit., p. 394, e E FLORIS, Feudi e feudatari in Sardegna, Cagliari, 1996, vol. II, p. 539.

Nel pacchetto di richieste da sottoporre all'approvazione della Coro-na, affidato al marchese di Laconi, dagli Stamenti, data l'estrema povertà dell'isola, veniva inserita anche quella relativa a che nella quota del nuovo donativo venissero inclusi gli emolumenti spettanti al reggente sardo del Supremo d'Aragona. Al riguardo la risposta sovrana, quanto mai decisa e perentoria, non lasciava adito ad alcun margine di trattati-va. La placa del reggente nel Supremo era stata istituita e riconosciuta su pressione degli stessi Stamenti, che si erano impegnati a provvedere inte-ramente al salario annuale ed agli altri oneri aggiuntivi, per cui la conti-nuità o meno di quell'ufficio dipendeva esclusivamente dalla loro volontà".

Il cartello delle rivendicazioni avanzate al sovrano si presentava estrema-mente nutrito ed articolato, affrontando, nel complesso, i problemi della società sarda senza tralasciare tutti gli altri aspetti che coinvolgevano piú direttamente i rapporti fra ceti privilegiati e Corona.

Rilievi poco lusinghieri, ad esempio, venivano espressi sugli indirizzi gene-rali della politica perseguita dall'Olivares, mirata esclusivamente a drenare risorse per alimentare il pozzo senza fondo delle spese militari.

Venivano cosí denunciati gli effetti deleteri prodotti sull'economia del Regno da una politica finanziaria e monetaria incentrata sul monopolio degli asientos e sulla massiccia immissione nel mercato di moneta di rame senza valore. Il che si ripercuoteva negativamente sugli scambi commerciali, scari-cando quasi esclusivamente sulle campagne le tensioni di un mercato debole ed in mano a pochi speculatori.

Veniva pertanto sollecitata una profonda e radicale riforma degli asientos,

Veniva pertanto sollecitata una profonda e radicale riforma degli asientos,

Nel documento a cura di Giovanni Murgia (pagine 31-38)

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