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Il progressivo aumento dei diritti feudali e delle imposizioni di varia natu- natu-ra suscitava forti reazioni in tutti i villaggi in quanto i privilegi concessi dai

Nel documento a cura di Giovanni Murgia (pagine 91-94)

161 Cfr. A. MATTONE, L'amministrazione delle galere, in "Società e storia", cit.

162 Su questa forma di verifica amministrativa cfr. J. LALINDE ABADIA, La "purga de taula", in AA. VV., Homenaje a J. Vicens Vives, Barcelona, 1965.

163 Cfr. ASC, AAR, Parlamenti, vol. 170, cc. 394-400.

164 Cfr. ASC, AAR, Parlamenti, vol. 168, cc. 986-988, e G. Tore (a cura di), Acta Curiarum Regni Sardiniae. Il Parlamento del viceré Marchese di Bayona (1631-1632), cit.

sovrani aragonesi non consentivano la modifica unilaterale dei rapporti tra signore e vassalli''.

Nel 1629 il viceré Bayona, dando esecuzione all'ordine regio, aveva alie-nato, per la durata di una vita, l'amministrazione di quel territorio, composto da otto villaggi, a Francesco Vacca, figlio del segretario della Procurazione reale, che assumeva il titolo di governatore. Per ottenere tale privilegio l'ac-quirente aveva pagato ben 5448 ducati.

La popolazione del Mandrolisai, anticamente governata dai giudici d'Ar-borea e successivamente da un ufficiale della Corona, con un atto pubblico, sottoscritto dai rappresentanti di 5 comunità, ne aveva deplorato la cessione, poiché fino ad allora aveva usufruito di notevoli margini di libertà e di parti-colari privilegi. Il timore di ritrovarsi governata da un avido amministratore si rivelò fondato. L'alienazione delle rendite ad un nobile non "naturale" del luogo, sia pure "per una vita", mutò rapidamente íl quadro della situazione.

Don Angelo Fa, rettore delle ville di Sorgono e Atzara, eletto sindaco dalle 5 comunità di villaggio del Mandrolisai, protetto dallo status ecclesiastico e dal privilegio del foro, si faceva portavoce del loro malcontento presentando in Parlamento un dettagliato elenco delle illegalità compiute dal nuovo gover-natore, con la richiesta al viceré di riconfermare all'Incontrada alcuni capito-li di Corte per evitare ai sudditi di patire ulteriori soprusi.

Il governatore veniva accusato di aver modificato i pesi e le misure utiliz-zati nella riscossione dei tributi in natura; di far pagare ai pastori per diritti di officialia non una forma piccola di formaggio, come era tradizione, ma una pezza che pesava il triplo; di aver elevato le multe sul bestiame sorpreso a pascolare in zone vietate; di aver ordinato arresti per fatti irrilevanti; di aver accresciuto il numero dei giurati e impegnato costoro nella celebrazione di processi che venivano "composti" soltanto a seguito del pagamento di forti somme; di aver obbligato con la forza i vassalli a numerosi e onerosi servizi di carattere personale facendosi portare legna, pietre e tegole.

La commissione giudicante, dopo aver attentamente esaminato le ragioni del ricorso, con voto unanime — il viceré come consuetudine si schierava con la maggioranza — lo ricusava, motivando tale decisione con il fatto che non sussisteva alcun gravamen curiae, cioè responsabilità oggettiva riconducibile all'esercizio del potere viceregio.

Con motivazioni diverse, nella stessa seduta, veniva respinto anche íl dis-sentiment presentato dal sindaco di Oristano, don Angelo de Moncada, avverso all'assegnazione a Diego Mulargia dell'incarico di veguer della città

165 Per le cerimonie di infeudazione e i rapporti tra signori e vassalli nella Sardegna moder-na, tra gli altri, si vedano: A. MATTONE, Il fendo e la comunità di villaggio, cit., pp. 346 ss; G.

G. Onvu, Villaggio e poteri signorili, cit., pp. 90 ss, e G. MURGIA, Comunità e baroni, cit., pp.

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per il biennio entrante, in quanto da parte viceregia si era di fatto contravve-nuto alla relativa normativa, codificata nei privilegi reali e nei capitoli di Corte riconosciuti alla stessa. Per poter ricoprire tale ufficio, veniva rimarca-to, era infatti indispensabile aver ricoperto l'incarico di consigliere in capo o in seconda almeno due anni prima ed essere stato sottoposto a terna per la nomina, che doveva avvenire sei mesi prima dell'insediamento, fissato per il giorno di Pasqua. Il Mulargia invece era stato nominato veguer il 29 agosto 1640, quasi due anni prima che si concludesse il biennio del veghierato, e quando non era stato ancora eletto consigliere in seconda della città, carica che ricopriva da appena un anno. Inoltre, ribadiva il de Moncada, il Mular-gia non poteva occupare tale incarico in quanto ricopriva attualmente quello di mostazzaffol". Tra i due incarichi sussisteva infatti incompatibilità, poiché le ordinaciones che i consiglieri inviavano al mostazzaffo dovevano essere fir-mate dal veguer. Il de Moncada sollecitava quindi il viceré a procedere all'an-nullamento di tale designazione. La commissione giudicante, invece, ascolta-ta la denuncia e lette attenascolta-tamente le relative carte allegate, all'unanimità emetteva una sentenza di diniego, firmata dallo stesso viceré, motivandola col fatto che con questa nomina non si era arrecato se non un danno di poca rile-vanza alla città e che il Mulargia era di fatto consigliere in seconda della medesima'.

Il 19 gennaio, alla ripresa dei lavori, il viceré ancora una volta sollecitava gli Stamenti a provvedere con celerità alla nomina dei sei delegati, due per ciascuno di essi, i quali, entro quattro giorni, avrebbero dovuto presentargli i capitoli da sottoporre all'approvazione del sovrano.

A sorpresa l'Ecclesiastico presentava al viceré un'istanza perché i delegati dei tre Stamenti potessero riunirsi in assemblea generale nella sede arcivesco-vile prima di presentare i rispettivi capitoli. Il procedere a ranghi completi avrebbe evitato disparità nella loro decretazione e soprattutto avrebbe impe-

166 La figura del mostazzaffo o amostassen, introdotta in Sardegna nel primo periodo della dominazione aragonese come istituzione municipale annonaria, nel corso dei secoli andò sem-pre più allargando il campo delle sue funzioni, fin quasi a ricoprire competenze anche in campo igienico-sanitario. I nomi assunti da questo funzionario presentano diverse varianti les-sicali, anche se derivanti da una matrice linguistica comune: almudazaf in Aragona, almudafas in Catalogna. Nell'isola entrò in uso quello di mostaaff, termine derivato dalla definizione di officium mostassaffie, data alla magistratura nel suo documento istitutivo. Cfr. ACC, Sezione Antica, Pergamene, n. 39; R. Di TUCCI, Il libro verde, cit., pp. 145-154, e E. GESSA, Istituzioni alimentari nella Cagliari aragonese: il mostazaffo, in "Quaderni bolotanesi", a. XVIII, n. 18 (1992), pp. 301-317. Sul ruolo e le funzioni svolte da questa figura nelle ville feudali e nell'am-bito del municipio catalano cfr. G. MURGIA, Un feudo, una famiglia. La contèa di Mara e gli Aymerich, in G. Murgia (a cura di), Villamar, una comunità, la sua storia, pp. 160-352, Dolia-nova, 1993 e M. BAJET i Rovo, Els mostassaf de Barcelona i les seves funcions en el segle XVI:

edició del "Llibre de les ordinacions", Lleida, 1994.

167 Cfr. ASC, AAR, Parlamenti, vol. 170, cc. 401-404v.

dito l'eventuale l'approvazione di atti lesivi delle prerogative di autonomia

Nel documento a cura di Giovanni Murgia (pagine 91-94)

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